AFGHANISTAN E

URANIO IMPOVERITO:

LA FRODE DELLA DEMOCRAZIA E DELLA RICOSTRUZIONE

UN PAESE INQUINATO A CAUSA DELL'URANIO IMPOVERITO DEI PROIETTILI

DELLA COALIZIONE. A FARNE LE SPESE: BAMBINI, SOLDATI E CIVILI.

 

 

Bambino colpito dagli effetti dell'uranio impoverito

usato dagli occidentali in Afghanistan.

 

 

INTRODUZIONE

 

Napolitano, l’Afghanistan

e la storia vera

Fonte web

Ore 11.34 di ieri, parla Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica: “L’intervento italiano in Afghanistan si realizza nel pieno rispetto dei principi e delle circostanze stabiliti dall’articolo 11 della nostra Costituzione. Siamo in Afghanistan non per recare offesa alla libertà di un altro popolo, né per risolvere con la guerra una controversia, ma per rispondere all’appello di quelle organizzazioni internazionali impegnate ad assicurare la pace e la giustizia tra le nazioni cui la Costituzione fa esplicito riferimento”.

Beh, no. Cioè, non proprio: non è proprio andata così, visto che (Wikipedia, certo) “fallite le trattative tra governo statunitense e talebani, domenica 7 ottobre 2001 alle ore 20.45 circa dell’Afghanistan (le ore 16.15 circa italiane), le forze armate statunitensi e britanniche iniziarono un bombardamento aereo sull’Afghanistan, con l’obiettivo di colpire le forze talebane e di al-Qāida”. Perciò la guerra afghana inizia in maniera del tutto unilaterale. Solo nel 2006 “una forza internazionale di assistenza per la sicurezze (ISAF) della NATO iniziò a rimpiazzare truppe statunitensi nell’Afghanistan meridionale come parte dell’Operazione Enduring Freedom”.

Dunque è vero, attualmente la guerra in Afghanistan è condotta sotto mandato sovranazionale. Ma non iniziò così, non furono questi i motivi, non è questa la storia. Rivendicare il nostro impegno in centroasia in occasione della giornata nazionale delle Forze Armate è probabilmente opportuno: sicuro è invece che la storia vada raccontata per intero. Altrimenti vuol dire che si ha qualcosa di cui vergognarsi (Vergognarsi forse di essere solo dei servi che eseguono ordini altrui?!?).

Intanto dalla NATO fanno sapere che le truppe occidentali se ne andranno entro il 2014. La realtà è che non sanno più come saltare fuori dal pantano asiatico senza perdere la faccia, mentre nel frattempo la guerra si incrudelisce ancora di più e a farne le spese saranno le popolazioni civili, bambini compresi!

 

 

Laboratorio Afghanistan - La frode dalla

ricostruzione e della democrazia

 

 

L’Espresso svela la guerra

segreta degli italiani

Fonte web - 16/10/10

«I guerriglieri hanno paura dei “veicoli neri” della Folgore mentre non temono le jeep color sabbia degli americani e delle forze occidentali. Il capo dell’intelligence locale ritiene che questo terrore nasca dalle perdite che la Folgore ha inflitto ai miliziani nelle ultime operazioni». E’ la “guerra segreta” dei soldati italiani in Afghanistan, che ora l’Espresso mette in copertina. «Un segreto di pulcinella: tutti sapevamo, noi ne parliamo da quattro anni», scrive “PeaceReporter”. Ma attraverso “L’Espresso”, la denuncia affronta ora i numeri dei media a grande diffusione: ci raccontano che i nostri soldati lavorano solo per aiutare la popolazione? In realtà, combattono e uccidono, con raid dal cielo e tra le case.

Afghanistan italiani EspressoLa missione, scrive “L’Espresso”, deve fare i conti con traditori e doppiogiochisti, militari afghani addestrati dalla Nato che invece aiutano i talebani, e col sospetto che «centinaia di milioni di euro di aiuti pagati anche dall’Italia per la ricostruzione del Paese» siano letteralmente «scomparsi nei ministeri di Kabul». Una cronaca dura: reparti con la bandiera tricolore che «sparano migliaia di proiettili in centinaia di battaglie, sfidando le trappole esplosive e le imboscate, convivendo con il terrore dei kamikaze che rende ogni auto una minaccia, mentre gli elicotteri Mangusta esplodono raffiche micidiali, incassando spesso i razzi dei talebani». E’ la “guerra segreta” degli italiani: “L’espresso” è in grado di ricostruirla per la prima volta grazie ai nuovi documenti concessi da Wikileaks, l’organizzazione creata da Julian Assange che raccoglie atti riservati e li diffonde sul web.

Mangusta«Si tratta di oltre 14.000 rapporti dell’intelligence americana non ancora noti», dossier che documentano scontri spietati ed episodi misteriosi: funzionari italiani che sparano contro uomini dei servizi afghani e vengono poi arrestati da questi ultimi, un presunto terrorista prigioniero degli americani che viene consegnato al nostro governo e trasferito a Roma. «Sono tutti documenti ufficiali, raccolti dai comandi Usa, in cui i reparti italiani spesso compaiono con i loro nomi di battaglia, Lupi, Fenice, Vampiri, Cobra, Tigre, Lince, o con gli acronimi delle loro Task Force, Center, North, South, TF45: resoconti in codice che raccontano l’orrore di battaglie e spesso anche la correttezza degli uomini che rischiano la pelle per non coinvolgere civili negli scontri».

Un diario impressionante, aggiunge “L’Espresso”, in cui sono elencate diverse centinaia di combattimenti, con decine di italiani feriti in modo più o meno grave di cui non si è mai saputo nulla. Un quadro aggravatosi nel 2009, quando rinforzi e nuove regole d’ingaggio hanno provocato l’escalation delle operazioni tricolori. «Tra maggio e dicembre, la Folgore ha cambiato il volto della presenza italiana in Afghanistan». Sostenuti da elicotteri da combattimento Mangusta e dai blindati dei bersaglieri, i parà «sono andati alla caccia dei talebani per riprendere il controllo di territori sperduti». In più, «hanno cominciato ad operare fianco a fianco con gli americani, oltre che con le truppe afghane». I dossier segnalano oltre 200 scontri in cui sono stati coinvolti i nostri soldati.

Italian army AfghanistanUno dei combattimenti più discussi avviene il 31 maggio 2009 intorno alla base di Bala Murghab, sulla frontiera occidentale, settore strategico per esportare l’oppio che finanzia i talebani. «Un confine invisibile: i files segnalano inseguimenti che proseguono nel territorio turkmeno». Al tramonto, sulle postazioni italiane cominciano a piovere razzi. I parà rispondono anche con mortai e granate, poi arriva una coppia di elicotteri Mangusta che spara almeno un missile Tow «neutralizzando gli avversari». Il primo rapporto del comando italiano sostiene che siano stati uccisi 25 guerriglieri: 20 dai mortai e cinque dal missile, poi si contano anche un civile ucciso e due feriti. Tutto ciò a pochi giorni da una autentica mattanza, sempre a Bala Murghab, con 11 soldati afghani morti, 12 finiti nelle mani dei fondamentalisti, un civile ucciso e uno ferito, tre italiani colpiti in modo non grave. Si stima che 20 talebani siano stati ammazzati e dieci feriti.

A-129 MangustaIl 2 luglio, uno scontro confuso. Per liberare agenti “amici” intrappolati in un edificio, parà italiani intervengono con la copertura di due elicotteri Mangusta, che spazzano il campo nemico con cannoni e missili. Nessuna valutazione delle vittime. Il giorno dopo, un kamikaze si lancia contro un blindato italiano: due soldati feriti. Il 4, piovono razzi sul quartier generale italiano di Herat. L’indomani una colonna viene bersagliata. Gli scontri continuano fino al 14 luglio, quando una bomba colpisce un Lince e uccide il mitragliere Alessandro Di Lisio. Tra bombe e razzi, la battaglia continua giorno per giorno, mietendo vittime tra i civili, compresi i bambini.

«Il nostro mese di fuoco – aggiunge “L’Espresso” – si chiude con una giornata di sangue». Il 25 luglio un’autobomba ferisce 4 italiani, mentre a Bala Baluk una compagnia in ricognizione cade sotto il tiro incrociato di razzi, mortai e mitragliatrici. Scatta la reazione, i talebani riaprono il fuoco, i parà rispondono coi mortai, un elicottero d’assalto lancia un missile, la battaglia si protrae. Bilancio finale: 25 morti. Arma letale, proprio i Mangusta: le “cannoniere volanti” made in Italy, corazzate e armate di razzi e cannoni a tiro rapido, sono spesso invocate anche dagli americani: «Non si capisce perché il ministro Ignazio La Russa ponga la questione delle bombe sugli aerei: basterebbe aumentare il numero degli elicotteri». I talebani cercano in tutti i modi di abbatterli, ma non ci riescono.

Afghanistan italiani Espresso 2Spesso, la popolazione afghana avverte gli italiani della presenza di talebani. Ma se poi scatta lo scontro, la sproporzione di mezzi offensivi messa in campo dagli americani rischia di far crollare il prezioso appoggio dei civili. Due giorni dopo Natale, nuovo scontro coi parà della Folgore, “risolto” dall’aviazione Usa: bombe e razzi sulle case. La stima: 25 guerriglieri colpiti, ma controllare è pericoloso. L’indomani, due bambini feriti si presentano alla base italiana: dicono che la madre è stata ammazzata. Il rapporto diffuso da Wikileaks è raggelante: la famiglia era tenuta in ostaggio dai talebani e «si ritiene che la bomba sganciata contro la casa confinante l’abbia uccisa».

Tra le file afghane, esercito e polizia, regna il caos: paura, scarsa preparazione, infiltrazioni. «C’è il sospetto che l’attentato in cui è stato ammazzato un artificiere italiano sia stato organizzato con la complicità di poliziotti». Molti di loro, aggiunge “L’Espresso”, pagano però con la vita il sostegno agli occidentali: due agenti decapitati a Chin, un ufficiale “punito” con l’uccisione della figlia, mentre da un camion emergono i corpi di 12 civili, «rapiti e assassinati perché lavoravano per gli americani» e gli stessi talebani reclutano anche bambini da impiegare come kamikaze. Attivissima l’intelligence italiana: nel solo 2009, sono 255 i rapporti che segnalano la minaccia di agguati. «La missione di pace è un ricordo remoto», conclude “L’Espresso”, che propone un dossier completo sulla «guerra tenuta nascosta agli italiani», in cui «ogni giorno quasi quattromila militari combattono e rischiano la vita per portare a termine il compito che gli è stata assegnato da governo e Parlamento»

 

 

Lo scudo che salva i cattivi soldati

 

"L'Italia Chiamò" Intervento di Maurizio Torrealta

 

Uranio impoverito: tutta la verità

 

 

Uranio impoverito: il governo

regala l’impunità

Fonte web

Migliaia di militari sono malati a causa del metallo pesante, altamente tossico e radioattivo, utilizzato nelle missioni all’estero. Sono già morti centinaia di nostri concittadini. La colpa, da oggi, è di nessuno.

uranioimpoverito Uranio impoverito: il governo regala limpunitàNon è punibile a titolo di colpa per violazione di disposizioni in materia di tutela dell’ambiente e tutela della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro, per fatti commessi nell’espletamento del servizio connesso ad attività operative o addestrative svolte nel corso di missioni internazionali, il militare dal quale non poteva esigersi un comportamento diverso da quello tenuto, avuto riguardo alle competenze, ai poteri e ai mezzi di cui disponeva in relazione ai compiti affidatigli”. E’ questa norma, il comma 4 dell’articolo 9 del decreto legge sulle missioni internazionali, approvato oggi in via definitiva alla Camera, a calare un vero e proprio scudo protettivo per i militari responsabili di gravi danni all’ambiente e alla salute. Non c’è più tempo di rimediare. E’ fatta.

NESSUN COLPEVOLE - E’ il deputato del Partito Democratico Jean Leonard Touadi a sollevare, inascoltato, dubbi sul disegno di legge di conversione del decreto del primo gennaio, avente ad oggetto “disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e disposizioni urgenti per l’attivazione del Servizio europeo per l’azione esterna e per l’Amministrazione della Difesa”. L’onorevole non usa mezzi termini per bollare il provvedimento passato col favore di maggioranza e di opposizione (sono stati 260 i sì, 2 i no e 30 gli astenuti): “Nel silenzio dei media – ha detto Touadi – la maggioranza ha dato il via libera ad una norma scandalosa che decreta un vero e proprio scudo per gli alti gradi dell’esercito nel caso di violazioni di disposizioni in materia di ambiente e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nel corso di missioni internazionali. Una disposizione che deresponsabilizza i vertici delle Forze Armate e lascerà nell’ingiustizia le vittime presenti e future dell’uranio impoverito”.

USO FREQUENTE - In effetti, quella sostanza, con la sua costante e diffusa utilizzazione, di guai seri ne ha creati parecchi negli ultimi decenni. Agli stranieri, soprattutto, ma anche ai nostri concittadini. L’uranio impoverito, usato in campo militare a causa della sua elevata densità e della capacità di accendersi spontaneamente, ha destato l’interesse delle forze armate statunitensi fin dagli anni ‘60. Ci sono, infatti, prove del suo utilizzo dagli eserciti occidentali durante la Guerra del Golfo, in Bosnia, nella guerra del Kosovo e nella Operazione Enduring Freedom, seppur in misura minore. L’utilizzo di uranio impoverito da parte delle forze armate italiane, pur essendo stato ripetutamente negato in documenti ufficiali dei Ministri della Difesa nonché dai vertici militari, è sospettato da molte organizzazioni della società civile e da periodiche notizie di stampa, anche alla luce dei numerosi casi di tumore (tra cui il linfoma di Hodgkin), che si sono verificati sia tra il personale militare che tra quello civile, nelle basi militari.

introg jpg Uranio impoverito: il governo regala limpunitàPROIETTILI E CORAZZE - Il contatto diretto e prolungato con munizioni o corazzature all’uranio impoverito può causare effetti clinici nefasti. Nel momento in cui il proiettile di uranio o una parte di un carro dello stesso materiale va in frantumi basta che una di quelle pesanti particelle che si liberano venga inalata, ingerita, o posta a contatto di ferite, per subire gravi danni. Peraltro, entrare in contatto con una di esse non è affatto difficile: esplosioni di test e studi sul campo hanno mostrato che la maggior parte della polvere prodotta dagli impatti (costituita dal proiettile ed in maggior proporzione dal bersaglio, le corazze di uranio) finisce per depositarsi entro un raggio di 50 metri dal bersaglio. La tossicità chimica dell’uranio impoverito rappresenta la fonte di rischio più alta a breve termine, ma anche la sua radioattività può causare problemi clinici nel lungo periodo (anni o decenni dopo l’esposizione).

CENTINAIA DI MORTI ACCERTATE - Molte le vittime italiane. I più recenti dati ufficiali della Sanità Militare, agli atti delle Commissioni parlamentari, parlano di 171 morti. Ma si tratta sicuramente di una cifra al di sotto di quella reale, fanno sapere le associazioni delle vittime attraverso il sito Vittimeuranio.com, perché il documento reso noto registra l’ultimo decesso il 25 settembre del 2006, e non comprende il personale non più in servizio al momento della morte o della comparsa della malattia. Non comprenderebbe nemmeno coloro che hanno operato nei poligoni presenti sul territorio nazionale e tutti i reduci dalle missioni in Iraq, in Somalia, in Bosnia, tutte missioni nelle quali i militari italiani erano sprovvisti, a differenza di quelli americani di adeguate protezioni, come apposite tute, maschere e occhiali. Si tratta, comunque, di un numero in continua crescita rispetto a quanto trapelato precedentemente dalla stessa fonte. Tre anni fa il Ministro della Difesa Arturo Parisi, in una sua audizione, aveva parlato di 77 vittime dell’uranio accertate. Almeno duemila sarebbero, invece, i malati. Che ora sanno chi dover incolpare. Di questo scempio, da oggi, in Italia, è il destino l’unico responsabile.

 

 

 

 

 

 

 

Afghanistan, una verità nascosta

Fonte web - 18 maggio 2010

Vauro SenesiOggi abbiamo appreso della morte di due nostri soldati in Afghanistan, uccisi dallo scoppio di uno I.E.D. mentre sopra un mezzo corazzato Lince partecipavano alla Campagna in Afghanistan. Altri due militari italiani sono rimasti feriti (203 i militari della coalizione internazionale caduti in guerra dall’inizio dell’anno).
Di fronte a questa ennesima tragedia, il Governo ha ribadito con fermezza che l’obiettivo non cambia.E che l’Italia non se ne andrà. Purtroppo non solo si prospetta una guerra senza nessuna via di uscita, per la quale ormai gli obiettivi civili sono nettamente minoritari e prevalgono quelli militari, alla faccia dell’articolo 11 della Costituzione italiana.

La nostra sicurezza è ogni giorno messa in forse da una strage di innocenti, che crea risentimento e disapprovazione nella comunità musulmana internazionale, il bene degli afghani che vorremmo difendere in quanto portatori di diritti e di democrazia è ormai solo un ricordo, dato che da tempo la popolazione afghana ha girato le spalle ad un governo corrotto, quello di Karzai, e a truppe internazionali che hanno seminato morte, terrore e distruzione.

E’ dal 2002 che le popolazioni afghane subiscono  bombardamenti aerei che spesso colpiscono in modo indiscriminato anziani, donne, bambini, civili che hanno come unica colpa quella di trovarsi al momento giusto nel posto sbagliato.

A volte non si tratta nemmeno di trovarsi in mezzo alle bombe è sufficiente essere nati in un luogo dove è stato usato munizionamento all’uranio impoverito. La pericolosità di tale sostanza è ormai conosciuta da anni tra i militari che, dopo le morti per tumori tra coloro che avevano partecipato alle guerre nei Balcani e in Iraq, hanno cominciato a prendere le dovute precauzioni per la propria salute non preoccupandosi però delle conseguenze legate alla contaminazione dell’ambiente nelle zone in cui sono state impiegate.

In Afghanistan, un centro di ricerca canadese, l’Uranium Medical Research Center (UMRC) ha condotto alcuni anni fa delle analisi in zone che in passato erano state soggette a bombardamenti. Il rapporto di ricerca, pubblicato nel 2005 con il titolo The Quantitative Analysis of Uranium Isotopes in the Urine of the Civilian Population of Eastern Afghanistan after Operation Enduring Freedom, ha evidenziato in molti casi una concentrazione da 1000 a 4000 volte superiore alla norma di elementi radioattivi derivanti dalla dispersione nell’ambiente (suolo, falde acquifere, etc.) di uranio impoverito.

Le fotografie che seguono, scattate dal Dr. Mohammad Daud Miraki, un ricercatore afghano che si è laureato negli USA,  mostrano inequivocabilmente il grado di sofferenza e di distruzione che la guerra ha portato in quello sfortunato paese. Sono immagini molto dure, che riguardano le persone più innocenti di questo mondo: i bambini.

In questo dossier sono riportate immagini che testimoniano gli effetti sui nascituri dei bombardamenti con l’Uranio impoverito in Afghanistan. L’autore delle foto è il Dr. Mohammad Daud Miraki, un ricercatore afghano che si è laureato in America ed ha insegnato alcuni anni presso l’Università di Chicago. Le seguenti immagini sono sconsigliate a minori e persone troppo sensibili. Cliccare sulle foto per vedere il resto...

 

Abbiamo scelto le foto meno raccapriccianti anche se a confronto queste sono foto "normali"!

 

Afghanistan: Effetti collaterali? - I bambini

 

 

Uranio impoverito e business della guerra:

un affare per pochi, un disastro per tutti

Tra giochi di alta finanza, nucleare e accordi internazionali, ecco come l’uranio impoverito sta acquisendo un ruolo importante nel mercato degli armamenti. Uno dei più redditizi del nuovo millennio

Fonte web

soldier

Molti sono stati i soldati che, tornati dai luoghi di guerra, sono morti a causa della Sindrome dei Balcani

«La preoccupazione immediata di medici, rappresentanti delle organizzazioni umanitarie e di chi dà lavoro agli esuli sul posto è la minaccia di una vasta contaminazione da uranio impoverito in Afghanistan.» Con queste parole terminava, nel 2002, un rapporto di 130 pagine intitolato Mystery Metal Nightmare in Afghanistan? (Incubo da metallo misterioso in Afghanistan?) di Dai Williams, ricercatore britannico e psicologo del lavoro per il The Eos Life ~ Work Resource Centre. In esso, l’autore denunciava l’enorme concentrazione di radiazioni di uranio – di molto superiori alla norma – misurate in Afghanistan dopo l’operazione Enduring Freedom del 2001, nella quale gli Stati Uniti scesero in campo contro le organizzazioni talebane presenti sul territorio in seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001. Lo studioso era arrivato a concludere che un tale tasso di radioattività è giustificabile solo in seguito all’esplosione di parecchie tonnellate di materiali bellici caricati con uranio impoverito.

La ricerca di Williams potrebbe essere completata con le analisi dei dati rilevati in altre località, teatri di guerra negli ultimi 15 anni: prima Guerra nel Golfo (1991), Bosnia (1995), Kosovo (1999). In ognuno di questi paesi vi è il dubbio che le forze nemiche in campo abbiano fatto grande uso di armi all’uranio impoverito, con conseguenti danni all’ambiente, alla popolazione e agli stessi militari in missione, spesso ignari della reale portata distruttiva dei mezzi in dotazione.

L’uranio impoverito o depleted uranium (DU) si ottiene come scoria radioattiva dalla lavorazione dell’uranio arricchito, più

Missile al DU: l'esplosione satura l'aria di nanopolveri tossiche

 spesso prodotto nelle centrali nucleari a scopi civili per la fornitura di energia. Per la sua alta densità e un relativamente basso punto di fusione, pari a 1132° C, il DU è impiegato a scopo bellico come ottimo componente a basso costo e facile da lavorare per munizioni anticarro e per missili di abbattimento di bersagli sotterranei in roccia o cemento armato. Inoltre, il DU è piroforico, ovvero ha una carica cinetica molto elevata che gli consente d’incendiarsi se sottoposto a sollecitazione.

Queste caratteristiche fanno dell’uranio impoverito una componente particolarmente devastante: missili e proiettili al DU sono in grado di forare qualunque tipo di corazzatura e, una volta colpito l’obiettivo, esplodono per effetto della densità e dell’alta energia cinetica. Tutto viene polverizzato in infinitesimi frammenti, incandescenti fino a 3000° C e della misura di 1,5 micron. Dunque respirabili. Infatti dopo una deflagrazione l’aria si satura di una fitta polvere nera, o nanopolvere di ossido di uranio, possibile fonte di tossicità interna per l’organismo. In effetti, sembra che l’assorbimento di nanopolveri all’ossido di uranio per via orale o aerea sia la principale causa della formazione di neoplasie quali, il linfoma di Hodgkin, e poi cancro, tumore, leucemie, gravi stati depressivi e altre patologie particolarmente invasive e mortali, più comunemente note con la definizione di Sindrome dei Balcani. In Italia, si ricordi il caso del soldato Salvatore Vacca, uomo perfettamente sano, morto subito dopo il suo ritorno dalla Bosnia nel 1999, per una forma fulminante di leucemia. Dopo di lui si ammalarono altre 500 persone, 45 mortalmente.

I casi italiani non sono gli unici. Le morti sospette di militari deceduti in seguito alla Sindrome dei Balcani si riscontrano in tutti gli eserciti degli Stati membri UE e della NATO. Tuttavia, le autorità dei rispettivi paesi hanno sempre negato l’impiego di armi chimiche nei conflitti. Inoltre, ad oggi,  non esistono ricerche scientifiche inoppugnabili che dimostrino il legame di causa-effetto tra l’esposizione a nanopolveri velenose e le patologie riscontrate da soldati e popolazione nativa, il che ha prodotto una grave lacuna nell’impianto legislativo internazionale intorno al divieto dell’uso di armi chimiche in guerra. Lo stesso Codice UE, pur fornendo delle linee guida in materia di commercio d’armi ed una Lista Militare Comune di equipaggiamenti concessi alle forze armate, da cui sono escluse le armi chimiche, non prevede alcun vincolo legale, ma solo uno status di accordo politico, tanto diplomaticamente corretto, quanto aggirabile dalle politiche interne dei singoli paesi.

Borsa

Esiste uno stretto legame tra Finanza, legislazioni governative e traffico d’armi

L’Italia, in questo senso, potrebbe rappresentare un esempio positivo poiché la legge n. 185 del luglio 1990, che regola la materia delle autorizzazioni per la produzione, il finanziamento e  il traffico d’armi, è stata strutturata su un principio di totale trasparenza. In essa, lo Stato si pone come la sola figura giuridica autorizzata a concedere i permessi necessari alle industrie d’armi e ai loro enti finanziatori per il commercio di risorse belliche, grazie ad un Registro di imprese certificate dai Ministeri della Difesa, degli Affari esteri e delle Finanze. Inoltre, la 185/90 pone dei severi divieti all’esportazione d’armi verso paesi considerati a rischio come i paesi belligeranti, responsabili di pesanti violazioni dei diritti umani, che ricevono aiuti economici dall’Unione o dalla NATO o che sono in rapporti commerciali con altri paesi in guerra. Tuttavia, in seguito alla formazione dell’Unione Europea, lo Stato ha esteso i criteri di autorizzazione con la legge n. 148 del giugno 2000. Lo scopo era di allineare l’Italia ai termini dell’accordo quadro tra i Paesi membri: in esso la produzione e il commercio d’armi è modulato in base alle esigenze belliche di uno o più paesi alleati, nonché “relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le attività dell’industria europea per la difesa, fatto a Farnborough il 27 luglio 2000”. (art. 13, L.185/90).

Secondo l’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo, attualmente l’Italia è il primo produttore ed esportatore di armamenti nel mondo, con un trend di mercato in continua crescita dal 2005. Nel 2008, il nostro Paese ha incassato la cifra record di 5,7 miliardi di euro solo nel rilascio di autorizzazioni per l’esportazione d’armi. Nella lista degli stati a cui è stato concesso di comprare dalle aziende italiane certificate figurano Turchia, Kuwait, Africa, Cina, Arabia Saudita, India, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Libia e altre località considerate a rischio. Ogni scambio è perfettamente legale, in deroga alla legge.

Questo sistema è abbondantemente sponsorizzato da istituti di credito nazionali ed internazionali e, tra le banche più

Nuclear

Le banche che finanziano armamenti investono anche nel nucleare a scopi civili, prima fonte di scorie d'uranio

 esuberanti in fatto di finanziamenti bellici, spiccano ancora nomi italiani: Gruppo Intesa San Paolo, Unicredit e Ubi Banca. Ognuna di esse è in possesso di regolare autorizzazione ministeriale definitiva ed è coinvolta in investimenti che si aggirano intorno ai 200 milioni di euro l’anno. Tra le imprese beneficiarie di tali somme, emergono le aziende Fincantieri e Finmeccanica. Quest’ultima in particolare, insieme alle sue controllate, fattura circa 15 miliardi di euro lordi l’anno e conta tra i suoi azionisti anche il Ministero dell’Economia, per una quota di capitale pari al 30,2%. Solo nel 2008, lo Stato italiano ha incassato in dividendi circa 70 milioni di euro.

Così, lo Stato si è riservato un ruolo di monopolio nelle attività di import-export di armi poiché, se da una parte mantiene la sua funzione di controllore e distributore di autorizzazioni, dall’altra è il primo a trarre profitto da uno dei traffici più lucrosi. E non è il solo, poiché ogni Paese membro e la NATO sono coinvolti nella corsa per la “ristrutturazione” della propria industria bellica, stimolando un sistema che anche quando non finanzia direttamente la guerra, ne favorisce le condizioni.

Non basta. Spesso le banche attive in area armamenti, finanziano con altrettanta vivacità il nucleare a scopi civili. Intesa San Paolo ha accordato un finanziamento di 800 milioni di euro alla Slovenske Elektrarne, primo produttore in Slovacchia, e secondo nell’Europa centro-orientale, di energia elettrica equamente ripartita in nucleare, termoelettrica ed idroelettrica. Nel febbraio del 2005, la Slovenske Elektrarne è stata acquistata per il 66% dalla ENEL energia che a sua volta ha sborsato 1,8 miliardi di euro per il completamento di una centrale nucleare a Mochovce. Quando i due reattori dello stabilimento saranno ultimati (fine prevista per il 2013), Intesa San Paolo e ENEL saranno tra i primi fornitori di scorie radioattive al DU in territorio europeo e, potendo reintrodurle facilmente nel mercato degli armamenti, risolveranno anche il problema dello stoccaggio dei rifiuti tossici, contribuendo ad inquinare il pianeta.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

 

Uranio impoverito, progetto Usa per sostituirlo

 nei proiettili a medio calibro

 

La decisione legata a fattori di tossicita' nella produzione e nel trattamento delle armi contenenti il materiale. Secondo la International Coalition to Ban Uranium Weapons (Icbuw), organizzazione per la messa al bando delle armi all'uranio impoverito, gli Stati Uniti sarebbero in procinto di abbandonarne l'utilizzo nei proiettili a medio calibro. La fonte della Icbuw e' la Maneuver Ammunition Systems, l'ente del governo Usa che si occupa dell'approvigionamento delle munizioni per l'esercito.

 

Tumori e bimbi deformi, il martirio

infinito di Falluja

Bambini deformi o affetti da gravi forme di tumore. E’ l’eredità della guerra a Falluja, la città irachena dove nel 2004 si scatenò la devastante violenza militare degli Usa, che colpirono anche la popolazione civile col micidiale fosforo bianco, come rivelò una clamorosa inchiesta di “RaiNews 24”. L’emergenza-tumori a Falluja è ora documentata dal quotidiano britannico “The Guardian”: neurologi e ostetrici denunciano la continuità della strage, in una città dove non ha precedenti il fenomeno dei bambini che nascono già malati di tumore o con gravissime malformazioni, conseguenza del bombardamento e delle spaventose condizioni imposte dalla guerra.

 

Uranio impoverito e soldati italiani abbandonati

Gia' dopo la prima Guerra del Golfo, si inizio' a sospettare che in Iraq fosse successo qualche cosa di terribile. Decine di migliaia di soldati Usa tornarono a casa accusando gravi malattie... Si inizio' a parlare dei proiettili anticarro ricoperti di uranio impoverito e di avvelenamento causato da sostanze chimiche. Dopo la morte di centinaia di reduci il movimento civile inizio' a mobilitarsi in tutto il mondo. Intanto dall’Iraq iniziarono ad arrivare notizie tragiche su malattie e nascite deformi nelle zone dove erano stati impiegati questi proiettili.

 

L'Italia non ripudia la guerra, ecco le nostre

guerre, i costi, Ghedi e altro ancora

 

La Costituzione Italiana in tema di guerra parla molto chiaro, l'articolo 11 recita: L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà  degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità  con altri Stati, alle limitazioni di sovranità  necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Nel rispetto di tale articolo, l'unica possibilità  per l'Italia di intervenire militarmente all'estero è quella di agire sotto l'egida di un organismo internazionale di cui condivide le finalità  e sinteticamente in tre casi: intervento umanitario e di evacuazione, mantenimento della pace alla fine di un conflitto (peace keeping), ristabilimento della pace che prevede anche l'uso della forza (peace enforcing).