CARDINAL MARTINI:

L'UOMO DALLA FEDE INQUIETA

 

Dentro e fuori i social network, la morte del cardinale Carlo Maria Martini ha innescato un acceso dibattito. La sua scelta di rifiutare l’accanimento terapeutico, l’omaggio di laici e non credenti, le sue prese di posizione su temi controversi come il celibato, le coppie omosessuali, la struttura del potere nella Chiesa, così come la sua profonda cultura biblica e la sua capacità di mettersi in dialogo con le istanze più complesse del mondo contemporaneo hanno messo in moto una discussione sul ruolo della Chiesa e sul suo rapporto con la società di oggi. Così ci è sembrato giusto, nel  nostro piccolo, aggiungere anche il nostro contributo...

 

(a cura  di Claudio Prandini)

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

1.

Fonte web - da Caterina63...

Come il cardinale Biffi ha avuto il coraggio di spiegare come Giovanni XXIII fu "buon pastore ma pessimo maestro", così si deve avere il coraggio di dire anche del cardinale Martini.... non fu un buon maestro se parliamo di quell'Atto di Fede nel quale si specifica che "crediamo tutto ciò che la Chiesa CI PROPONE A CREDERE".....
Martini andava controcorrente, lo sappiamo bene, e lui non lo ha mai nascosto...
Tuttavia è fuori dubbio che paradossalmente sia stato un buon pastore.... nel senso che non ha mai cercato di condurre il gregge ad un altra Chiesa e lui stesso, per quanto "contestatore" alla dottrina della Chiesa, alla fine si è sempre piegato ai "NO" dei Pontefici che ha cronologicamente vissuto....

Ho di lui delle meravigliose catechesi sulla Penitenza e sugli scritti di sant'Ambrogio, nel tempo in cui era arcivescovo di Milano.... scritti davvero ortodossi e profondi.... sempre finalizzati ad amare la Chiesa e alla virtù dell'obbedienza e come questa sia materia di confessione quando non la si esercita....

Credo che con la morte di Martini si chiuda davvero una grande pagina di storia del progressismo cattolico.... il vero pericolo non è lui, ma saranno i suoi discepoli nel modo in cui useranno i suoi scritti ed insegnamenti...
Fino a che questi rimarranno semplici voci di discussione, nessun pericolo, ma se dovessero diventare UNA EREDITA' applicativa, allora sarà da tremare, ma voglio confidare che sarà proprio lui, Martini, ad impedire che i suoi errori diventino ulteriori spine al fianco della Chiesa che lui ha amato, anche se in modo imperfetto, con quella imperfezione che contraddistingue anche ognuno di noi!
Chi è senza peccato, scagli la prima pietra....

Requiem aeternam dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis.

Rex tremendae maiestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.

(Re di tremenda maestà,
tu che salvi per tua grazia,
salva me, o fonte di pietà.)

 

2.

di Claudio Prandini

Faccio mio il primo punto dell'introduzione scritto da Caterina... In questo secondo punto invece vorrei dire una cosa per quanto riguarda il così detto "ottimismo" che il Card. Martini avrebbe manifestato riguardo ai tempi odierni nei quali la Chiesa si trova ad operare. Certamente la Chiesa si trova di fronte a fenomeni che la pongono al centro di grandi possibilità di evangelizzazione, pensiamo ad esempio a media come TV e Internet o alla facilità di spostamento tra un continente all'altro. Tutte possibilità che potrebbero far veramente da volano ad una nuova primavera della Chiesa, ma la realtà è purtroppo diversa. Per fare un esempio si guardi solo All'Europa. Dov'è il fiorire della Chiesa? Negli ultimi 50 anni abbiamo assistito ad una sempre più accentuata apostasia dei popoli europei dalla fede cristiana, sotto i colpi delle correnti marxiste e capitaliste entrambe figlie dell'Illuminismo e del positivismo dei secoli precedenti. La situazione era talmente grave che a Fatima la Madonna aveva messo in guardia l'umanità sulle conseguenze dell'apostasia, ma non fu ascoltata neppure dalla Chiesa. Non hanno voluto ascoltare la Madonna ne a Fatima ne in tutte le altre apparizioni distorcendo spesso la virtù della prudenza e abusando della loro autorità. Molti nella gerarchia hanno visto in queste apparizioni una indebita intromissione della Madre di Dio nella Chiesa da loro gestita. Così ci fu, come la Madonna aveva profetato, la seconda guerra mondiale e il proliferare di armi sempre più distruttive e capaci di distruggere l'intera umanità in poco tempo. E dopo decenni di falsa pace ora abbiamo anche un'acuta crisi economica e il pericolo di una feroce guerra in Medio Oriente, capace di far crollare l'economia già traballante dell'intero pianeta e di sconvolgere gli equilibri delle maggiori potenze, con il pericolo di una terza guerra mondiale. C'è ben poco ottimismo in tutto questo se non la Speranza che Dio stesso intervenga come promesso dalla Madonna a Fatima: "... alla fine il mio cuore Immacolato trionferà".

Oggi c'è un cancro all'interno della Chiesa che divora i pastori e che si estende al resto dei credenti: il razionalismo. Il razionalismo è la supremazia del pensiero umano sulle cose dello Spirito. E' l'appiattimento della Parola al pensiero umano. Capita così che i segni dei tempi non sono comprensibili, non sono visti nella loro reale drammaticità e bellezza. Proprio come dice Isaia: "Egli disse: «Va' e riferisci a questo popolo: Ascoltate pure, ma senza comprendere, osservate pure, ma senza conoscere" (Is 6,9). Così può capitare anche ai nostri pastori odierni: spiegare scientificamente bene la Parola e nello stesso tempo essere chiusi a ciò che lo Spirito dice ora alla Chiesa. Occorre allora chiedere che sia lo Spirito che parli attraverso di noi senza imporgli dei filtri umani. Occorre adottare dei paradigmi nuovi non desunti dalla cultura ma dalla Parola stessa. Uno di questi paradigmi è il concetto di "ultimi tempi", che aprirebbe la Parola ad una comprensione maggiore della realtà in divenire e darebbe maggior slancio alla pastorale. Da questo punto di vista non ha senso chiedersi se siamo progressisti (campo in cui molti hanno posto Martini)  o tradizionalisti, poiché queste sono ancora categorie umane. Mentre sarebbe più giusto chiederci se ascoltiamo in umiltà lo Spirito quando ci parla? Martini era dunque figlio del suo tempo, così com'è per ognuno di noi, e a me piace sapere che il Signore lo giudicherà soprattutto per la sua Carità che ha avuto in vita!

 

 

Il Cardinale Carlo Maria Martini intervistato da

don Massimo Mapelli - Ottobre 2009

 

 

CHIESA CATTOLICA: l’ottimismo ingiustificato del card. Martini

Fonte web -  8 settembre 2008

L’“Avvenire” di domenica 27 luglio ha dedicato un’intera pagina ad un articolo del cardinale Carlo Maria Martini dal titolo Quale cristianesimo nel mondo Postmoderno. Lo stesso testo era già stato pubblicato nel maggio scorso sulla rivista “America”, il settimanale fondato e diretto dai gesuiti degli Stati Uniti.

L’“Avvenire” di domenica 27 luglio ha dedicato un’intera pagina ad un articolo del cardinale Carlo Maria Martini dal titolo Quale cristianesimo nel mondo Postmoderno. Lo stesso testo era già stato pubblicato nel maggio scorso sulla rivista “America”, il settimanale fondato e diretto dai gesuiti degli Stati Uniti.

In questo articolo, l’ex Arcivescovo di Milano, che oggi ha 81 anni e dal 2002 risiede prevalentemente a Gerusalemme, esordisce con una domanda: «Che cosa posso dire sulla realtà della Chiesa cattolica oggi?».

La sua risposta è sconcertante: «Se dunque considero la situazione presente della Chiesa con gli occhi della fede, io vedo soprattutto due cose. Primo, non vi è mai stato nella storia della Chiesa un periodo così felice come il nostro. La Chiesa conosce la sua più grande diffusione geografica e culturale e si trova sostanzialmente unita nella fede, con l’eccezione dei tradizionalisti di Lefebvre; secondo, nella storia della teologia non vi è mai stato un periodo più ricco di quest’ultimo.

Persino nel IV secolo – continua il Cardinale – il periodo dei grandi Padri della Cappadocia della Chiesa orientale e dei grandi Padri della Chiesa occidentale, come San Girolamo, Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, non vi era un’altrettanto grande fioritura teologica. È sufficiente ricordare i nomi di Henri de Lubac e Jean Daniélou, di Yves Congar, Hugo e Karl Rahner, di Hans Urs von Balthasar e del suo maestro Erich Przywara, di Oscar Cullmann, Martin Dibelius, Rudolf Bultman, Karl Barth e dei grandi teologi americani come Reinhold Niebuhr – per non parlare dei Teologi della Liberazione (qualunque sia il giudizio che possiamo dare di loro, ora che ad essi viene prestata una nuova attenzione della Congregazione della Dottrina della Fede) e molti altri ancora viventi. Ricordiamo anche i grandi teologi della Chiesa orientale dei quali conosciamo così poco, come Pavel Florenskij e Sergei Bulgakov. Le opinioni su questi teologi possono essere molto diverse e variegate, ma essi certamente rappresentano un incredibile gruppo, come non è mai esistito nella Chiesa nei tempi passati».

L’ottimistico bilancio postconciliare tracciato dal card. Martini contrasta in maniera evidente con il quadro preoccupante tracciato, fin dal 1985, dall’allora card. Ratzinger, nel suo celebre Rapporto sulla fede. Le stesse preoccupazioni sono state più volte reiterate da Giovanni Paolo II e dallo stesso Benedetto XVI.

Negli ultimi quarant’anni la Chiesa ha conosciuto un impressionante calo delle vocazioni e un altrettanto massiccio allontanamento dei fedeli dalla pratica religiosa, mentre la “cristofobia” e la persecuzione laicista hanno raggiunto livelli preoccupanti.

Le responsabilità di questa situazione risalgono proprio ai teologi ricordati dal card. Martini nel suo articolo su “Avvenire”. Vale la pena di notare che molti di questi teologi, paragonati dal card. Martini ai Padri della Chiesa, non sono cattolici ma protestanti e ortodossi e che, tra i cattolici, il Cardinale si limita a menzionare gli esponenti della Nouvelle Théologie progressista. Da questi ambienti partì la fronda alla Humanae Vitae, l’Enciclica di Paolo VI, di cui ricorre il quarantesimo anniversario (cfr. CR 1053/01).

Sorprende che di domenica – giorno di maggior diffusione di copie per il quotidiano cattolico – “Avvenire” decida di occupare un’intera pagina con un articolo del genere, mentre il card. Stafford, su “L’Osservatore Romano” del 25.07.08 traccia un quadro antitetico a quello del card. Martini.

 

 

Carlo Maria Martini - IL CARDINALE NEL POZZO

 

 

BREVE RASSEGNA DI ARTICOLI USCITI

DOPO LA MORTE DI MARTINI

La scrittura e la parola

Enzo Bianchi

Fonte web

Se n’è andato accompagnato dalla preghiera di tutta la diocesi, dei suoi confratelli gesuiti, di quanti lo hanno amato e gli sono stati vicini durante il suo ministero pastorale e gli ultimi anni segnati dalla malattia e dal progressivo affievolirsi della voce e delle forze.

Se n’è andato accompagnato anche dal pensiero grato – forse anche dalla preghiera – di tanti che cristiani non sono e nemmeno credenti, ma che hanno trovato in lui un pastore, un padre, un amico, un confidente. Ci ha lasciato da un letto di malattia, luogo dove aveva voluto chiudere il suo ministero di vescovo a Milano: negli ultimi mesi del suo episcopato si recava ogni giorno, nel silenzio e nella discrezione, a salutare uno per uno i suoi presbiteri ammalati, andandoli a trovare nelle loro case, negli ospedali, nei luoghi di cura... Del resto, proprio dagli ammalati aveva voluto iniziare la sua missione a Milano: la prima parrocchia da lui visitata fu quella della Madonna di Lourdes, in occasione della giornata del malato: segno tangibile della sua consapevolezza di essere pastore in quanto discepolo fedele del Signore venuto come medico per i malati e non per i sani, sollecito verso i peccatori più che verso i giusti.

Uomo della Scrittura, tra i più autorevoli studiosi del Nuovo Testamento, è stato uomo della Parola nel senso più profondo del termine: letta, studiata, meditata, pregata, amata, la parola di Dio per Martini era «lampada per i suoi passi, luce per il cammino» ed era anche, e proprio per questo, chiave di lettura del proprio e dell’altrui agire, luogo di ascolto, di discernimento, di visione profetica. La sua prima lettera pastorale volle dedicarla a «La dimensione contemplativa della vita», a quella ricerca dell’essenziale attraverso uno sguardo lungimirante, desideroso di assumere la visione stessa di Dio sulle persone e sugli eventi, uno sguardo che solo l’assiduità con la parola di Dio arriva ad affinare. E uomo, cristiano, vescovo della Parola, Martini lo è stato anche per la sua grande capacità di ascolto: incontrarlo era sperimentare di persona cosa è un orecchio attento e un cuore accogliente, cosa significa pensare e pregare prima di formulare una risposta, cogliere il non detto a partire dalle poche parole proferite dall’interlocutore, capirne i silenzi. Dall’ascolto attento, della Parola e dell’altro, nasceva nel card. Martini la capacità di gesti profetici, la sollecitudine per la chiesa e per la sua unità, la vicinanza ai poveri, il farsi prossimo ai lontani, il dialogo con i non credenti fino a considerarli propri maestri cui affidare cattedre per la ricerca del senso delle cose e della dignità delle persone. E questa docilità alla Parola ha fatto di lui uno dei rari ecclesiastici in cui non si trovavano né tattiche, né strategie, né calcoli di governo, ma la parresia evangelica di chi si affida al Signore.

Tra i numerosi incontri avuti con lui nel corso di una lunga amicizia – nata nell’inverno del 1977, quando entrambi sostavamo a Gerusalemme – vorrei in questo momento ricordare l’ultima sua visita a Bose, quando le forze già cominciavano ad abbandonarlo senza minimamente intaccare la sua lucidità e la sua passione per il Vangelo e per la «corsa della Parola» tra gli uomini e le donne del nostro tempo. «Vedo ormai davanti a me la vita eterna – ci disse con grande semplicità e forza – sono venuto per darvi il mio ultimo saluto, il mio grazie al Signore per questa lunga amicizia nel Suo nome: conto sulla vostra preghiera e sul vostro affetto». E così, come un padre pieno di sollecitudine, ci parlò della morte e del morire, della risurrezione e della vita: «Si muore soli! Tuttavia, come Gesù, chi muore in Dio si sa accolto dalle braccia del Padre che, nello Spirito, colma l’abisso della distanza e fa nascere l’eterna comunione della vita. Nella luce della risurrezione di Gesù possiamo intuire qualcosa di ciò che sarà la risurrezione della carne. L’anticipazione vigilante della risurrezione finale è in ogni bellezza, in ogni letizia, in ogni profondità della gioia che raggiunge anche il corpo e le cose».

Sì, aver conosciuto e amato il card. Martini, aver avuto il grande dono della sua amicizia è stata occasione di questa letizia e gioia profonda, ha significato comprendere perché i padri della chiesa era soliti dire che i discepoli autentici del Signore sono sequentiae sancti Evangelii, brani del Vangelo, narrazioni dell’amore di Dio per l’umanità tutta. Per questo il sentimento di gratitudine al Signore per il dono che è stato padre Carlo Maria Martini, come semplicemente si faceva chiamare in questi ultimi anni, abita i cuori di tanti, ben al di là dei confini della diocesi ambrosiana.

 

 

Martini: i media creino ponti tra la gente

 

 

IO NON SONO MARTINIANO, SONO CATTOLICO. COSA

POSSIAMO FARE PER L’ANIMA DI CARLO MARIA MARTINI

Antonio Socci

Fonte web

Vedendo il mare di sperticati elogi ed esaltazioni sbracate del cardinale Martini sui giornali di ieri, mi è venuto in mente il discorso della Montagna dove Gesù ammonì i suoi così: “Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Luca 6, 24-26).

I veri discepoli di Gesù infatti sono segno di contraddizione: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo (…) il mondo vi odia. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 16, 18-20).

Poi Gesù indicò ai suoi discepoli questa beatitudine: “Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli” (Luca 6,20-23).

Una cosa è certa, Martini è sempre stato portato in trionfo sui mass media di tutto il mondo, da decenni, e incensato specialmente su quelli più anticattolici e più ostili a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.

Che vorrà dire? Obiettate che non dipendeva dalla sua volontà? Ma i fatti dicono che Martini ha sempre cercato l’applauso del mondo, ha sempre carezzato il Potere (quello della mentalità dominante) per il verso del pelo, quello delle mode ideologiche dei giornali laicisti, ottenendo applausi ed encomi.

E’ stato un ospite assiduo e onorato dei salotti mediatici fino ai suoi ultimi giorni.

O vi risulta che abbia rifiutato l’esaltazione strumentale dei media che per anni lo hanno acclamato come l’Antipapa, come il contraltare di Giovanni Paolo II e poi di Benedetto XVI?

A me non risulta. Eppure avrebbe potuto farlo con parole ferme e chiare come fece don Lorenzo Milani quando la stampa progressista e la sinistra intellettuale e politica diceva: “è dei nostri”.

Lui rispondeva indignato: “Ma che dei vostri! Io sono un prete e basta!”. Quando cercavano di usarlo contro la Chiesa, lui ribatteva a brutto muso: “in che cosa la penso come voi? Ma in che cosa?”, “questa Chiesa è quella che possiede i sacramenti. L’assoluzione dei peccati non me la dà mica L’Espresso. E la comunione e la Messa me la danno loro? Devono rendersi conto che loro non sono nella condizione di poter giudicare e criticare queste cose. Non sono qualificati per dare giudizi”.

E ancora: “Io ci ho messo 22 anni per uscire dalla classe sociale che scrive e legge L’Espresso e Il Mondo. Devono snobbarmi, dire che sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come uno di loro. Perché di loro non sono”, “l’unica cosa che importa è Dio, l’unico compito dell’uomo è stare ad adorare Dio, tutto il resto è sudiciume”.

Queste meravigliose parole di don Milani, avremmo voluto ascoltare dal cardinale, ma non le abbiamo mai sentite. Mai. Invece ne abbiamo sentite altre che hanno sconcertato e confuso noi semplici cattolici. Parole in cui egli faceva il controcanto puntuale all’insegnamento dei Papi e della Chiesa.

Tanto che ieri “Repubblica” si è potuta permettere di osannarlo così: “non aveva mai condannato l’eutanasia”, “dal dialogo con l’Islam al sì al preservativo”.

Tutto quello che le mode ideologiche imponevano trovava Martini dialogante e possibilista: “non è male che due persone, anche omosessuali, abbiano una stabilità e che lo Stato li favorisca”, aveva detto.

E’ del tutto legittimo – per chiunque – professare queste idee. Ma per un cardinale di Santa Romana Chiesa? Non c’è una contraddizione clamorosa? Cosa imporrebbe la lealtà?

Quando un cardinale afferma: “sarai felice di essere cattolico, e altrettanto felice che l’altro sia evangelico o musulmano” non proclama l’equivalenza di tutte le religioni?

Chi ricorda qualche vibrante pronunciamento di Martini che contraddiceva le idee “politically correct”? O chi ricorda un’ardente denuncia in difesa dei cristiani perseguitati?

Io non li ricordo. Preferiva chiacchierare con Scalfari e – sottolinea costui – “non ha mai fatto nulla per convertirmi”. Lo credo. Infatti Scalfari era entusiasta di sentirsi così assecondato nelle sue fisime filosofiche.

Nella seconda lettera a Timoteo, san Paolo – ingiungendo al discepolo di predicare la sana dottrina – profetizza: “Verranno giorni, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità, per volgersi alle favole” (Tm 4, 3-4).

Nella sua ultima intervista, critica con la Chiesa, Martini si è chiesto dove sono “uomini che ardono”, persone “che hanno fede come il centurione, entusiaste come Giovanni Battista, che osano il nuovo come Paolo, che sono fedeli come Maria di Magdala?”.

Evidentemente non ne vede fra i suoi adepti, ma nella Chiesa ce ne sono tantissimi. Peccato che lui li abbia tanto combattuti, in qualche caso perfino portandoli davanti al suo Tribunale ecclesiastico. Sì, questa è la tolleranza dei tolleranti.

Martini ha incredibilmente firmato la prefazione a un libro di Vito Mancuso che – scrive “Civiltà cattolica” – arriva “a negare o perlomeno svuotare di significato circa una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica”.

Ma il cardinale incurante definì questo libro una “penetrazione coraggiosa” e si augurò che venisse “letto e meditato da tante persone” (del resto Mancuso definisce Martini “il mio padre spirituale”).

Dunque demolire i dogmi della fede non faceva insorgere Martini. Ma quando due giornalisti – in difesa della Chiesa – hanno criticato certi intellettuali cattoprogressisti, sono stati da Martini convocati davanti alla sua Inquisizione milanese e richiesti di abiura.

Che paradosso. L’unico caso, dopo il Concilio, di deferimento di laici cattolici all’Inquisizione per semplici tesi storiografiche porta la firma del cardinale progressista. “Il cardinale del dialogo”, come lo hanno chiamato Corriere e Repubblica.

I giornali sono ammirati per le sue massime. Devo confessare che io le trovo terribilmente banali . Per esempio: “emerge il bisogno di lotta e impegno, senza lasciarci prendere dal disfattismo”.

Sembra Napolitano. Grazie al cielo nella Chiesa ci sono tanti veri maestri di spiritualità e amore a Cristo. L’altro ritornello dei media è sull’erudizione biblica di Martini. Senz’altro vera.

Ma a volte il buon Dio mostra un certo umorismo. E proprio venerdì, il giorno del trapasso di Martini, la liturgia proponeva una Parola di Dio che sembra la demolizione dell’erudizione e della “Cattedra dei non credenti” voluta da Martini, dove pontificavano Cacciari e altri geni simili.

Scriveva dunque san Paolo che Cristo lo aveva mandato “ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio.

Sta scritto infatti: ‘Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti’. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché… è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione… Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1, 17-25).

E il Vangelo era quello delle dieci vergini, dove Gesù – ribaltando i criteri mondani – proclama “sagge” quelle che hanno conservato la fede fino alla fine e “stolte” quelle che l’hanno perduta.

Spero che il cardinale abbia conservato la fede fino alla fine. Le esaltazioni di Scalfari, Dario Fo, “Il Manifesto”, Cacciari gli sono inutili davanti al Giudice dell’universo (se non saranno aggravanti).

Io, come insegna la Chiesa, farò dire delle messe e prenderò l’indulgenza perché il Signore abbia misericordia di lui. E’ la sola pietà di cui tutti noi peccatori abbiamo veramente bisogno. E’ il vero amore. Tutto il resto è vanità.

 

 

Carlo Maria Martini - SOCIETA' MALATA

 

 

Il mendicante con la porpora

Ferruccio de Bortoli - il Corriere della Sera

Fonte web

Se lo avesse voluto, magari attenuando qualche sua posizione riformatrice, avrebbe potuto varcare il soglio pontificio. Ma a Roma preferì Gerusalemme. E al potere, gli studi e la gente. Martini non è stato soltanto un grande arcivescovo di Milano, negli anni difficili del terrorismo e dello sgretolamento morale della Prima Repubblica. Non è stato soltanto il tenace promotore della cattedra dei non credenti, il teologo raffinato e anticonformista, l'oppositore creativo pur nella disciplina delle gerarchie ecclesiastiche. È stato soprattutto un padre comprensivo in una società che di padri ne ha sempre meno, pur avendone un disperato bisogno.

Nessuno avrebbe mai immaginato che l'algido rettore gesuita, scelto da Giovanni Paolo II alla fine degli anni Settanta come successore di Sant'Ambrogio, così aristocratico e apparentemente freddo, avrebbe parlato al cuore di tutti, non solo dei fedeli, con tanta concreta semplicità. Delle molte lettere alle quali Martini rispose, negli anni in cui tenne la sua rubrica sul Corriere , fino al giugno scorso, rubrica che spiacque a Roma, ne vorrei ricordare una sola. Di un non credente, convinto però che «quella cosa bellissima che è la vita non ha potuto crearla nessun altro che un essere straordinario». Martini rispose così: «Nonostante la differenza tra il mio credere e la sua mancanza di fede siamo simili, lo siamo come uomini nello stupore davanti al creato e alla vita». Sono parole bellissime che disegnano il senso profondo di un destino comune.

E interrogano la nostra coscienza, un «muscolo», diceva Martini, che va allenato. Nel suo libro Le età della vita , il cardinale ricordava un proverbio indiano che divide la nostra esistenza in quattro parti. Nella prima si studia, nella seconda si insegna, nella terza si riflette. E nella quarta? Si mendica, anche senza accorgercene. Il mendicante con la porpora ha avuto l'umiltà di dismettere i suoi abiti curiali e di condividere con noi timori e fatiche. E come un padre ha tentato di aiutarci a sciogliere i dubbi che ci assalgono «la notte, quando l'oscurità affina i sensi e l'immaginazione».

A rispondere a quelle domande sui valori della vita che assomigliano a tanti «sassi che cadono nel buio del pozzo» e ad insegnarci, da grande comunicatore qual era, le insostituibili virtù del dialogo e dell'ascolto. In Conversazioni notturne a Gerusalemme , scritto con Georg Sporschill, Martini affrontò molti argomenti scomodi per la stessa Chiesa: dalla contraccezione all'adozione dei single , dalla comunione per i divorziati alle tematiche del fine vita, forse tra le cause del suo isolamento ecclesiastico. E il rifiuto finale di un accanimento terapeutico, quasi un testamento biologico, farà discutere e riflettere.

Nell'ultimo colloquio che avemmo, Martini, ormai senza voce, soffriva per gli scandali che scuotevano la Chiesa (indietro di 200 anni, dice nell'ultima intervista che pubblichiamo) e, pur su posizioni diverse, manifestava tutto il suo affetto e la sua vicinanza al Pontefice.
Sarebbe un gesto altamente simbolico per l'unità della Chiesa, persino rivoluzionario, se lunedì in Duomo, per l'estremo saluto, ci fosse anche Benedetto XVI.

 

 

3 settembre 2012 - la figura del Card. Martini

 

 

Cardinal Martini, ovvero l'Antipapa

Patrizia Stella

 

Fonte web

Da vivo lo chiamavano l’Antipapa, per le sue posizioni in totale, chiaro e netto contrasto con le direttive papali. Ora che è morto, come per tutti i defunti, ma in particolare per quegli ecclesiastici montati e sostenuti da certa corrente massonica, è stato immediatamente canonizzato e il suo operato enfatizzato come se avesse salvato l’umanità da pericoli mortali. Si! Mi riferisco al Card. Martini, ovviamente e lo dico con le lacrime agli occhi tanta è l’amarezza che mi pervade il cuore.

 

Avevamo sperato in questi ultimi anni ad un suo ravvedimento, a una breve ma decisa dichiarazione di fede sicura in Gesù Cristo, nella Chiesa cattolica e nel Primato del Papa, e invece, silenzio quasi a riconferma di tutto; che Dio abbia misericordia di Lui e di noi, sempre e comunque!

 

Sta però di fatto che è doverosa e sacrosanta mantenere la verità almeno nella nostra testa, nelle nostre idee, nella nostra fede, perché un vero cristiano deve saper innanzitutto distinguere il bene dal male, la verità dall’errore, il peccato dal peccatore, senza condannare nessuno, ma anche senza cadere nel pericolo di conformarsi pedissequamente a tutte le iniziative, dichiarazioni, lezioni, scritti ecc. di coloro che, pur essendo Ministri di Dio, Sacerdoti, Vescovi, Cardinali, purtroppo non sono in piena sintonia con il Papa e con il Magistero della Chiesa.

 

Che si abbia almeno il coraggio di distinguere fra l’ossequio che si deve avere per i Ministri di Dio, e l’altro ossequio, assai più importante e doveroso che dobbiamo avere nei confronti di Gesù Cristo, Via, Verità e Vita, che ha manifestato sé stesso attraverso la dottrina perenne del Magistero della Chiesa, Magistero che non si realizza dalle idee di un solo Vescovo o Cardinale, ma dall’Unione del Papa con i Vescovi riuniti con Lui. (vedi Cat.Ch.catt.)

 

La sua posizione possibilista e qualunquista su tutto è stata chiara da sempre, sin da quando rivestiva il ruolo di Direttore dell’Istituto Biblico, poi con l’iniziativa della ‘Cattedra dei non credenti’ laddove invitava tutti, atei e credenti, a mettersi in discussione, i primi nel mettere in dubbio il fondamento del loro ateismo, e i secondi nel mettere altrettanto in dubbio i fondamenti della loro fede, senza però offrire loro motivazioni teologiche fondanti, ‘conditio sine qua non’ per l’approfondimento della propria fede, altrimenti di che cosa si va a discutere? Si corre solo il pericolo di scardinare quella poca fede rimasta in quel piccolo ‘resto’ della Chiesa cattolica che si sforza di proclamare le Verità di Fede contenute nel Credo e nella fedeltà al Papa, a costo di essere ancora derisa e forse, un domani, non è da escludere, anche minacciata di morte.

 

Il sacerdozio per le donne, il matrimonio per i sacerdoti, la possibilità di accettare una qualche forma legale di unioni omosessuali, l’apertura a qualunque esperimento genetico, omologo o eterologo, compresa certa forma di eutanasia, il dubbio sul Primato del Papa, il sostegno pubblico con dedica, offerto a certi teologi che vanno per la maggiore solo perchè mettono in dubbio sia la figura di Gesù Cristo come Figlio di Dio e quindi la Risurrezione, sia l’esistenza del peccato originale, ecc. Sono tutti argomenti che, da parte cattolica, gridano allo scandalo, e da parte mediatica-massonica dei credenti adulti, invece, possono costituire motivo di plauso, di onore e di futura, Dio non voglia, pretesa alla beatificazione! Tanta è la confusione che regna anche in seno alla Chiesa a motivo del ‘fumo di satana’ che, dalle parole di Paolo VI, è entrato ormai da decenni nel Tempio intossicando e accecando buona parte del Clero.

 

E allora mentre affidiamo alla misericordia di Dio questo Suo Figlio sacerdote, dobbiamo mantenere la nostra fede con coraggio, fedeli a nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, morto e risorto per ciascuno di noi, che ha voluto farsi conoscere non solo attraverso la Sacra Scrittura, la ‘Parola’, ma che ha voluto altresì rendersi perennemente vivo e presente nei Sacramenti della Chiesa Cattolica. E se è di basilare importanza approfondire ‘la Parola’, è ancor più importante, poi, viverla nei Sacramenti, altrimenti si rimane a metà dell’Oceano, in balia delle onde, e senza poter mai approdare a porto sicuro. E’ la posizione in pratica del protestantesimo in genere che tante lacerazioni ha creato dentro la Chiesa con il moltiplicarsi di ‘santoni’ che hanno creato chiesuole e chiesette. Altro che dialogo, altro che apertura! Quando si accetta che Gesù Cristo venga fatto a pezzi dalle ultime trovate pseudo-teologiche, staccandolo dalla Chiesa cattolica e dal Papa, si rischia grosso, qui sulla terra e nell’aldilà!

 

Mi spiace, Reverendissimo Cardinal Martini, pregherò per lei, questo si, però mi permetta di non unirmi alla grancassa roboante del solito coro dei suoi sostenitori ‘adulti’.

 

 

Carlo Maria Martini - Se gli tolgono la parola di Dio

 

 

«Martini anti-papa? Nella Chiesa la molteplicità

 di approcci è una ricchezza»

Intervista al cardinale Gianfranco Ravasi

Fonte web

«Martini era fedele alla dottrina tradizionale, aveva una fede rocciosa e forte. Sulla bioetica , l’attenzione del cardinale quella di vedere se non vi fosse qualche sfaccettatura che meritasse di essere considerata in maniera più attenta…». Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura, poco prima di entrare nel Duomo di Milano per i funerali dell’arcivescovo Martini, ha risposto alle domande di Vatican Insider.

Per molti anni il cardinale Martini è stato contrapposto a Papa Wojtyla. E ultimamente anche a Ratzinger. Che cosa ne pensa?

«Penso che sia un modo di interpretare la realtà sulla base di schemi tendenzialmente politici, una chiave di lettura mediatica e della cultura di massa. In realtà esiste una molteplicità di approcci – è la ricchezza della Chiesa – all’unica verità. Anche all’interno del Nuovo Testamento abbiamo la teologia di Giacomo e quella di Paolo, che sono differenti. Dunque non considererei quelle che lei cita delle contrapposizioni, ma piuttosto delle iridescenze degli stessi colori. Io stesso trovo consonanze nel messaggio di Benedetto XVI come ne trovo nel messaggio di Martini».

Nell’ultima intervista Martini ha detto che la Chiesa è indietro di duecento anni…

«Diversi giudizi storici sui contesti sono legittimi. La Chiesa è "semper reformanda", quindi sempre in cammino. Ci sono in una struttura così grande e in un orizzonte così vasto percorsi che sono più avanti, altri che sono più in attesa, con passi ancora da compiere. La Chiesa stessa abbraccia non solo tutti i territori, ma anche, paradossalmente, tempi diversi, perché neanche la società contemporanea è tutta uguale e ci sono ambiti culturali che sono ancora fermi».

Non negherà però che il cardinale Martini, in campo bioetico, sull’origine e sulla fine della vita, ha sostenuto pubblicamente posizioni che sono talvolta apparse come un controcanto rispetto alle posizioni ufficiali della Chiesa.

«Credo che anche in questo caso siamo di fronte a qualcuno che aveva ben chiara nel suo cuore la fedeltà alla dottrina tradizionale. Il cuore di Martini era fedele. Poi c’è la declinazione concreta di una molteplicità di aspetti: e questi possono ammettere qualche volta anche dei contrappunti. Ci possono essere diversità, quando si tratta di circoscrivere interamente il problema. Ma ripeto: Martini aveva una grande fede, molto rocciosa, forte, solida. L’orizzonte in cui si cala la verità è un orizzonte in cui ci sono tante dimensioni, pensiamo ad esempio agli aspetti scientifici. L’attenzione del cardinale quella di vedere se non vi fosse qualche sfaccettatura che meritasse di essere considerata in maniera più attenta. Senza necessariamente cambiare la sostanza: le sue parole contro l’eutanasia lo dimostrano chiaramente».

Ha colpito la grande partecipazione popolare di questi giorni, anche dopo dieci anni dalla sua partenza da Milano. Come la spiega?

«La sua figura era considerata talvolta fredda. Eppure a contare, in un deserto di grandi personalità qual è stato il tempo in cui è vissuto, non sono stati soltanto il suo messaggio e la sua parola, ma anche la sua persona in quanto tale. Ha inciso innanzitutto come persona e questo strascico ancora permane. Quante figure grigie, che magari hanno avuto anche successo mediatico, vediamo scomparire nell’oblio. Nel caso di Martini, invece, ci troviamo davanti a una persona che parla ancora».

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Martini e l'ex terrorista uniti nella preghiera

La morte del cardinale Carlo Maria Martini, ha risvegliato coscienze, riportato alla mente ricordi e memorie di un passato complicato e spesso tragico dell’Italia degli anni di piombo. E’ stato scritto molto in questi giorni anche dell’episodio, legato alla vita di Martini, della restituzione da parte di alcuni brigatisti di un arsenale di armi da guerra in arcivescovado a Milano.

 

“Cattedra dei non credenti ispirata da Ratzinger”

E se la «cattedra dei non credenti» di Carlo Maria Martini fosse stata ispirata da Ratzinger? A leggere quanto scriveva il porporato gesuita a cui oggi verrà dato l’ultimo saluto – già centomila persone, tra cui il premier Mario Monti, sono sfilate davanti alla sua bara – si direbbe proprio di sì. Martini ne aveva scritto nel 1997, in un volume in onore del cardinale bavarese, e lo aveva ripetuto sul «Sole 24Ore» subito dopo l’elezione di Benedetto XVI.