UNA PARTE DELL'AFRICA

SOTTO IL FLAGELLO DELLA SICCITÀ E DELLA GUERRA

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

Carestia nel Corno d’Africa, gli

occhi di una tragedia silenziosa

Fonte web

Una tragedia tanto acuta quanto silenziosa si sta vivendo nel Corno d’Africa, la penisola sul lato est del continente africano che comprende Somalia, Eritrea, Etiopia, Gibuti.
Una grave
carestia ha colpito la zona e in Somalia si sta protraendo sorda la violenza, incrementano l’esodo di massa sia all’interno della Somalia stessa sia oltre i confini del Paese.
A partire dal mese di gennaio, oltre 96.000 persone sono fuggite in Kenya, più di 74.000 in Etiopia e circa 2.500 a Gibuti, Paesi a loro volta colpiti dalla più drammatica siccità nella regione degli ultimi 60 anni.

In questa gallery raccogliamo gli occhi spaventati di bambini, madri, uomini disperati. Occhi grandi e persi, che sanno far male.

Sono quasi 40.000 i somali che nell’ultimo mese si sono riversati a Mogadiscio in cerca di cibo, acqua e assistenza.
Questi i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (
UNHCR
). Altri 30.000 si sono invece fermati in insediamenti a 50 chilometri dal centro della capitale.
Badbado, 9 chilometri ad ovest di Mogadiscio lungo la strada per Afgooye, è uno degli insediamenti più grandi con circa 5.000 famiglie presenti (28.000 persone), e ogni giorno continuano ad arrivare persone in fuga da siccità e carestia nelle regioni meridionali della Somalia. Altri vi vengono trasferiti - dalle autorità municipali - dagli insediamenti nel centro della città.

Il numero di sfollati in cerca di assistenza alimentare è in continuo aumento e le quantità di aiuti consegnate non sono sufficienti a soddisfare tutte le necessità. Ciò ha causato gravi assembramenti di folla e anche alcuni saccheggi. Il risultato è che alcune delle persone più deboli e vulnerabili restano senza niente, nonostante l’impegno profuso da agenzie umanitarie e organizzazioni caritatevoli.
L’Unhcr denuncia anche la criticità della situazione in Kenya e in Etiopia. In Kenya lunedì è partita l’operazione di trasferimento dei rifugiati somali che attualmente vivono ai margini dei campi di Dadaab verso il nuovo sito di Ifo Extension.
Qui sono state erette oltre 500 tende che possono ospitare famiglie di 5 persone - per un totale quindi di oltre 2.500 persone. Un secondo sito - Kambioos - sarà invece aperto nei prossimi giorni.

LEGGI anche: Somalia: arrivano gli aiuti, riprendono i combattimenti

In Etiopia poi resta preoccupante la situazione generale della nutrizione nei remoti campi per rifugiati di Dollo Ado, vicino al confine con la Somalia. Il livello di malnutrizione tra i nuovi arrivati è ancora elevato: un bambino su tre tra quelli con meno di cinque anni che arrivano dalla Somalia presenta uno stato di grave malnutrizione. Attualmente circa il 30% dei bambini con meno di cinque anni che si trovano nel centro di transito e nel campo di Kobe - uno dei tre campi del complesso di Dollo Ado - è in cura per grave malnutrizione. Nel campo di Malkadida la percentuale sale al 33%, mentre è del 22% nel terzo insediamento - Bokolmanyo.

 

 

Emergenza Corno d'Africa - la testimonianza di Filippo Ortolani di Oxfam

 

 

Corno d’Africa, la carestia colpisce 12 milioni

di persone. Vertice d’emergenza della Fao

La crisi alimentare ha colpito soprattutto la Somalia. Per l'Onu sono necessari 1,6 miliardi di dollari per aiutare le popolazioni e dalla Banca Mondiale arriverà uno stanziamento da 500 milioni. Secondo i movimenti contadini i prezzi delle derrate alimentari non devono più dipendere dalle fluttuazioni del mercato e dalle operazioni speculative

Fonte web

Una grave carestia sta colpendo l’Africa orientale. Le persone affamate sono almeno 12 milioni, di cui 3,7 nella sola Somalia. Per affrontare la crisi alimentare si è riunita oggi a Roma la Fao, l’agenzia dell’Onu che si occupa di agricoltura e alimentazione. L’incontro di emergenza è stato voluto dalla Francia, presidente di turno del G20, rappresentata dal ministro dell’Agricoltura, Bruno Le Maire, rientrato ieri da una missione in Kenya in alcuni dei campi profughi che accolgono decine di migliaia di persone in fuga dalla fame.

Secondo l’Onu, servono 1,6 miliardi di dollari per affrontare la carestia nell’intera regione. La Fao ha chiesto 120 milioni di dollari per interventi urgenti in Corno d’Africa, di cui 70 per la Somalia. Nel suo intervento nella conferenza, Le Maire ha detto che la comunità internazionale “ha fallito nel costruire la sicurezza alimentare nei paesi in via di sviluppo”.

“Se non vogliamo ritrovarci tra uno o due anni davanti alle stesse scene di disperazione – ha continuato Le Maire – dobbiamo cambiare metodo, non basta fornire aiuto finanziario, non basta portare milioni di dollari qua e là. Bisogna investire nell’agricoltura mondiale aiutare i Paesi in via di sviluppo a sviluppare la propria sicurezza alimentare”. Le Maire ha annunciato che tra due giorni, il 27 luglio, un’altra conferenza, più operativa, sulla carestia in Africa orientale si terrà a Nairobi, in Kenya.

Intanto gli appelli accorati delle Nazioni Unite e delle Ong internazionali, che già un mese fa avevano avvisato del rischio carestia, iniziano a sortire qualche effetto. La Banca Mondiale ha annunciato uno stanziamento di 500 milioni di dollari, di cui una parte (8 milioni) servirà per gli interventi di emergenza mentre il resto dovrebbe essere investito in progetti di lungo termine, ha spiegato il presidente Robert Zoellick. A questi fondi si aggiungono i 100 milioni di euro di contributi europei che secondo Le Maire hanno un grande e positivo impatto sul posto grazie al lavoro di Echo, l’Ufficio dell’Ue che coordina gli interventi umanitari.

La conferenza ha ascoltato l’appello del vicepremier del governo nazionale di transizione somalo, Mohammed Ibrahim, che ha descritto una situazione “con la popolazione disperata”. “Siamo testimoni di enormi sofferenze – ha detto Ibrahim –. E speriamo che la comunità internazionale sia in grado di aumentare gli aiuti”. Il vicepremier somalo non ha mancato di puntare il dito contro gli Shabab, la milizia di ispirazione islamista che controlla gran parte del Paese, specialmente il centro e il sud, le zone dove più duramente sta colpendo la carestia. Gli Shabab, che dal 2009 impediscono alle agenzie umanitarie internazionali l’accesso al loro territorio, hanno in questi giorni ribadito il divieto, nonostante la situazione sul campo stia precipitando rapidamente. Secondo Oxfam, una delle prime Ong internazionali a lanciare l’allarme, la carestia potrebbe estendersi nel giro di un paio di mesi ad altre zone della Somalia, a causa soprattutto della peggiore siccità dell’ultimo mezzo secolo, ma anche della difficoltà di far arrivare aiuti alle popolazioni colpite. Ibrahim ha chiesto alla comunità internazionale di intervenire per aprire “corridoi umanitari” attraverso cui far transitare gli aiuti indispensabili ad evitare una strage.

Dal punto di vista operativo, nel vertice di Roma, si è concordato che siano i governi dei sei Paesi colpiti dalla crisi a gestire la risposta. E’ stato anche sottolineato come ci sia ancora un margine per intervenire e rimettere in piedi i mezzi di sussistenza delle popolazioni colpite ed evitare, per quanto possibile, la costituzione di campi profughi difficili da gestire per l’alto numero di sfollati. “Gli effetti congiunti di siccità, inflazione e conflitti hanno causato una situazione catastrofica che richiede un urgente e robusto sostegno internazionale – ha detto il direttore generale uscente della Fao, Jacques Diouf -. Se vogliamo evitare future carestie e crisi alimentari nella regione, i Paesi e la comunità internazionale tutta devono con urgenza sostenere il settore agricolo ed accelerare gli investimenti nello sviluppo rurale”.

Il ministro francese Le Maire ha affermato: “Questa crisi mette in evidenza quanto sia urgente attuare il piano d’azione contro la volatilità dei prezzi agricoli adottato dai ministri dell’Agricoltura del G20 il 23 giugno scorso a Parigi, soprattutto per quanto riguarda il coordinamento internazionale delle politiche agricole, della produzione e della produttività del settore e la creazione di riserve alimentari d’emergenza per fare fronte alle crisi alimentari”. Proprio sulla regolazione del mercato agricolo mondiale, però, ormai da anni è in corso un braccio di ferro tra i governi, del nord e del sud del mondo, le grandi aziende dell’agrobusiness e i movimenti contadini. Il più importante tra essi, Via Campesina, da anni chiede politiche differenti, che sottraggano i prezzi delle derrate alimentari alle fluttuazioni del mercato e alle operazioni speculative e che sostengano la piccola proprietà contadina, che in gran parte dei Paesi del sud del mondo è la chiave di volta per garantire la sicurezza alimentare a centinaia di milioni di persone.

La Fao negli ultimi anni ha cercato di aprire il proprio meccanismo decisionale alle istanze dei movimenti contadini e ha cercato di accrescere la partecipazione delle organizzazioni della società civile ai forum internazionali in cui le politiche vengono decise. Nonostante questo sforzo, però, le posizioni rimangono molto distanti. Via Campesina, per esempio, accusa la Banca Mondiale di sostenere le politiche di land grabbing, ovvero l’acquisto di enormi fette di territorio agricolo nei Paesi del sud del mondo a favore di imprese o governi del nord del mondo. Una conferenza internazionale su questo tema è prevista a Nyeleni, in Mali, dal 17 al 20 novembre 2011. L’etichetta di progetti a lungo termine, dicono i movimenti contadini, spesso cerca di nascondere politiche di privatizzazione della terra che privano le comunità locali di risorse essenziali e impediscono un autentico sviluppo basato sulla sovranità alimentare e sulla piccola proprietà rurale. Quando come in Somalia si aggiungo i guasti causati dai cambiamenti climatici e i danni prodotti dalla guerra prolungata, accusano, la ricetta per il disastro è completa.

 

 

 

 

CORNO D'AFRICA:

LA PEGGIORE CARESTIA DA DECENNI

POTREBBE FAR ESPLODERE LA REGIONE

 

Fonte web

Il Corno d’Africa è ridotto alla fame. Sulla regione si è abbattuta la più grave carestia da decenni a questa parte e al momento si contano almeno 12 milioni di persone affamate, di cui quasi 3,7 milioni nella sola Somalia e 3,2 milioni in Kenya. Per affrontare la crisi alimentare, secondo la FAO, servono 1,6 miliardi di dollari, di cui 120 milioni (70 in Somalia) per interventi immediati e 300 milioni entro i prossimi due mesi. Al riguardo, la Banca Mondiale ha annunciato uno stanziamento di 500 milioni di dollari. 8 milioni saranno destinati agli interventi di emergenza mentre il grosso del contributo sarà investito in progetti a lungo termine, come ha spiegato il presidente Robert Zoellick. Altri 100 milioni di euro sono stati stanziati dall’Unione Europea per programmi affidati ad Echo, l’ufficio europeo che coordina gli interventi umanitari. Alla base di questo scenario apocalittico troviamo siccità, speculazione e conflitti. In Somalia la situazione è aggravata dal cronico stato di anarchia che pervade il Paese. Nelle ultime settimane, vari scontri e omicidi eccellenti hanno infiammato

Umidità del suolo nel Corno d'Africa, da aprile a metà luglio 2011 (dati satellitari SMOS). La colorazione arancione e giallo raffigura poca o nessuna umidità, mentre il verde e il blu rappresentano i livelli più elevati. Credits: CESBIO / ESA

Mogadiscio.  Dal 1991 manca un’autorità centrale e la milizia Shabab (di ispirazione fondamentalista), che controlla la parte Sud, dal 2009 impedisce alle ong umanitarie l’accesso al loro territorio. E il Sud è la regione più colpita dalla crisi.  Circa 2,8 milioni dei 3,7 milioni di affamati somali si trova lì. Secondo Mark Bowden, coordinatore umanitario Onu per la Somalia, è  probabile che “decine di migliaia di persone siano già morte, nella maggior parte bambini“. Ogni giorno tra le 1500 e le 3000 persone fuggono per dirigersi a Dadaab, località del Kenya a ridosso del confine somalo, dove si trovano i tre campi profughi di Dagahaley, Ifo e Hagadera. Si stima che negli ultimi due mesi oltre 10.000 persone siano morte nel tentativo di raggiungere il complesso. Per la verità Dadaab stessa è un ex campo profughi, progettato negli anni Novanta per ospitare 90.000 persone e che negli anni ha visto aumentare la sua popolazione fino a quota 380.000. Per l’80% si tratta di donne e bambini, e di questi uno su due è malnutrito. Siccità Le immagini dal satellite evidenziano le dimensioni della siccità in corso. Secondo l’IPCC (Centro Scientifico Intergovernativo per il Cambiamento Climatico) si tratterebbe una diretta conseguenza dei cambiamenti climatici, che proprio in Africa manifesterebbero gli effetti più devastanti. Parte della responsabilità viene attribuita alla Nina. Intanto, se nella parte orientale dell’Africa subsahariana la gente soffre la sete, in quella occidentale (in particolare Costa d’Avorio, Benin, Togo e Namibia) i raccolti sono a rischio per le incessanti alluvioni delle ultime settimane.

Carta di Laura Canali tratta da Limes 3/10 "Il Sudafrica in nero e bianco"

Speculazione Questa crisi testimonia quanto sia urgente predisporre il piano d’azione contro la volatilità dei prezzi agricoli adottato dai ministri dell’Agricoltura del G20 il 23 giugno scorso a Parigi. Tutta l’Africa sta subendo le conseguenze dell’aumento dei prezzi – peraltro una delle concause delle rivolte in Maghreb. Sulla regolamentazione del mercato agricolo mondiale è da anni in corso un braccio di ferro tra il Nord e il Sud del mondo, le multinazionali dell’agrobusiness e i movimenti contadini. Il più importante tra essi, Via Campesina, da anni chiede che i prezzi delle derrate alimentari siano svincolati dalle fluttuazioni del mercato così da metterli al riparo alle operazioni speculative. C’è un altro aspetto. L’etichetta di progetti a lungo termine spesso trasfigura politiche di privatizzazione della terra che assorbono la piccola proprietà terriera, sopprimendo così le economie di sussistenza. Ad esempio, Via Campesina accusa la Banca Mondiale di sostenere le politiche di land grabbing, ossia l’acquisizione di enormi latifondi a favore di imprese o governi del nord del mondo. Una conferenza internazionale su questo tema è prevista a Nyeleni (Mali) dal 17 al 20 novembre 2011. Sostenere la proprietà contadina può essere la soluzione per per garantire la sicurezza alimentare a milioni di persone nel Sud del mondo. Conflitti La crisi umanitaria in corso ha riacceso i riflettori su una regione da sempre afflitta dal cancro dell’instabilitàVent’anni di guerre interne hanno reso la Somalia un paese in ginocchio, mutilato dal punto di vista economico e sociale. Ma anche i vicini non se la passano meglio. In particolare lo Yemen è una polveriera pronta ad esplodere. Il regime di Saleh è sempre in bilico, le rivolte proseguono, le regioni degli Houti e dell’Hadramawat sono sempre più fuori controllo. E in questo contesto al-Qa’ida ha gioco facile nel rinfocolare la jihad globale. Poi c’è il Sudan, dal 9 luglio ufficialmente scisso in Nord e Sud, ma dove ancora si combatte per il possesso di Abyei – e per il petrolio che c’è sotto. Accanto ai conflitti accesi, ve ne sono almeno altri due latenti. A cominciare da quello (mai risolto) tra Etiopia ed Eritrea, che sta vivendo una nuova stagione di tensione, e quello (anch’esso mai risolto) tra la stessa Etiopia e l’Egitto per la ripartizione delle acque del Nilo.

Nello scenario così ricostruito, la fame non è che l’ennesima piaga che si abbatte su una regione che da troppo tempo non conosce pace. E dove non c’è pace, il terrorismo trova terreno fertile. Chi non imbraccia un fucile, emigra. Magari a Lampedusa. In ogni caso, senza un intervento mirato e per tempo gli effetti remoti dei disastro nel Sud del mondo prima o poi si ripercuotono anche nel Nord. Facendo tesoro della sconfortante esperienza di Restore Hope, possibilmente. L’Occidente è avvisato.

 

 

 

 

Catastrofe umanitaria nel Corno

d'Africa: la carestia dei bambini

Fonte web

“Bisogna salvare delle vite e reagire”. Questo l'appello lanciato dal segretario  generale dell'Organizzazione dell'Onu, Jacques Diouf, all'apertura dell'incontro straordinario della Fao tenutosi ieri a Roma. Il Corno d'Africa ha immediato bisogno di aiuti consistenti per far fronte alla “situazione catastrofica” in cui si trova.

Secondo Jacques Diouf  servono 1,6 miliardi di dollari (1,1 miliardi di euro) nei prossimi 12 mesi e altri 300 milioni in quelli successivi, per far fronte alla gravissima siccità. “Questa crisi non è solo il risultato di una siccità prolungata: è indispensabile pervenire alla pace”, ha affermato il direttore della Fao.

“La popolazione della Somalia è disperata. Lancio un appello affinché possiate aiutare la Somalia ad aprire dei corridoi umanitari per il trasporto degli aiuti alimentari”, ha dichiarato il vicepremier somalo Mohammed Ibrahim.

La siccità che colpisce il Corno d'Africa in questi mesi è la più grave degli ultimi 60 anni ed è già costata la vita a migliaia di persone e minaccia 12 milioni di abitanti della Somalia, Kenya, Etiopia, Gibuti, Sudan e Uganda. La situazione è particolarmente critica in Somalia, dove l'Onu ha decretato formalmente lo stato di carestia per due regioni del sud, controllate dai gruppi estremisti islamici shabab, che impediscono l'accesso alle ong.

La Banca mondiale, dal canto suo, ha deciso di stanziare 500 milioni di dollari per far fronte all'emergenza nel Corno d'Africa. L'annuncio è stato dato dall'istituzione poco prima dell'inizio del vertice Fao, per "portare un aiuto immediato a coloro che sono stati toccati dalla crisi".

Le principali vittime della carestia sono i bambini: dall'inizio del 2011 ne sono già morti oltre 400, con un tasso di mortalità dell'86% nelle regioni centro-meridionali. Nelle regioni meridionali di Bakool e della Bassa Shabelle, la malnutrizione acuta supera il 50%, con tassi di mortalità infantile superiori a 6 (su 10.000) al giorno in alcune zone. Secondo l'Unicef questa è soprattutto la carestia dei bambini: hanno meno di 18 anni la metà dei 3,7 milioni di persone colpiti dall'emergenza alimentare; 1 su cinque ha meno di 5 anni; circa 554.000 bambini sono malnutriti.

L'Unicef, insieme ai suoi partner, ha gia' curato quest'anno oltre 100.000 bambini affetti da malnutrizione acuta. Nelle aree maggiormente colpite, appena il 20% della popolazione ha accesso all'acqua potabile, mentre i dati a disposizione indicano che un bambino su 9 muore prima di compiere 1 anno di vita, uno su 6 prima del quinto compleanno.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Carestia e speranza nel Corno d’Africa

 

NAIROBI – Ancora una volta il Corno d’Africa è nella morsa della carestia. Oltre dieci milioni di persone lottano per la sopravvivenza, soprattutto le comunità di pastori sparse nelle aride regioni della Somalia, dell’Etiopia e del Kenya settentrionale. Ogni giorno giungono notizie di nuovi morti e di massicci afflussi di persone affamate nei campi profughi del Kenya, non lontano dal confine somalo. La causa primaria di questo disastro è evidente: da due anni non piove nelle aride regioni dell’Africa orientale. Questi sono luoghi dove l’acqua è talmente scarsa che la produzione agricola offre nella migliore delle ipotesi un limitato impatto economico.