PIERANTONIO COSTA

 

UN GIUSTO TRA I GIUSTI

 

SALVÒ 375 BAMBINI RUANDESI DA MORTE CERTA

 

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

Cartina del Ruanda

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

ROMA: AL TEATRO ELISEO PER RICORDARE IL

SEDICESIMO ANNIVERSARIO DEL GENOCIDIO

aprile 12th, Roma 2010

Teatro Eliseo pieno, pubblico proveniente da tutta Italia e nutrita presenza di media e istituzioni. E’ così che Roma ha voluto ricordare il genocidio del 1994 alla presenza dei sopravvissuti e dei membri della comunità ruandese. L’associazione Bene Rwanda, che ringrazia per la calorosa partecipazione, ha pubblicato sul proprio sito i documenti relativi all’evento di commemorazione oramai giunto alla sua sesta edizione e divenuto appuntamento fisso per la città di Roma. (Vedere qui)

Mai più, è il grido di dolore, sgomento, speranza che ho ascoltato sabato da Valens, ventiseienne ruandese, al Piccolo Eliseo, in un incontro organizzato dall’associazione Bene Rwanda. Eravamo lì, io, Valens e tante belle persone (a dire il vero, non sapevo neanche esistesse una così folta comunità ruandese, a Roma), a commemorare la sedicesima giornata internazionale dell’Onu per il genocidio in Rwanda.

Invitiamo i nostri lettori a vedere il video dedicato alla manifestazione da Rai International cliccando il seguente link , da Rai Due al seguente link e da Telestense cliccando il seguente link e a leggere il bel post pubblicato da Alfredo Borrelli sul sito di Estrogeni:

 

La storia

Nell’estate del 1994, mentre l’attenzione mediatica internazionale era concentrata sui mondiali di calcio negli Stati Uniti, in Rwanda si consumava una delle più grandi tragedie della storia moderna: nel giro di tre mesi, tra il 6 aprile e il 19 luglio 1994, un milione di cittadini appartenenti all’etnia minoritaria Tutsi veniva trucidata dagli estremisti Interahamwe appartenenti alla maggioranza Hutu. Un omicidio ogni dieci secondi avveniva sotto gli occhi indifferenti della comunità internazionale che ignorò le invocazioni d’aiuto del Generale Romeo Dallaire, comandante della missione di pace dell’Onu. La maggior parte degli organi d’informazione preferì riferire di un semplice “scontro tribale tra selvaggi”. Ma la realtà era un’altra, intricata e profonda, e aveva a che vedere principalmente con la complessità dell’eredità post-coloniale.

 

 

Pierantonio Costa al Giardino dei Giusti di Milano, 5 maggio 2009

 

Celebrata la "Giornata in onore dei Giusti di tutto

 il mondo": il discorso del Sindaco Moratti

 

 

Sapete chi è Pierantonio CoSta?

Un paio di settimane fa sulla Raiuno ho visto un programma interessante. Diciamo che il mio intervento potrebbe concludersi qui, perché una frase del genere ha già il suo perché. Un programma interessante su Rai Uno? Non è sconcertante? Sì, lo è. Comunque tranquilli, era notte.

Fonte web

Sapete chi è Pierantonio Costa?Dicevo, fanno questo film documentario. Parla della mostruosa carneficina che ci fu in Ruanda nel 1994. In questo paese ci sono due etnie, gli Hutu e i Tutsi, i primi per così dire i più disgraziati e gli altri l’aristocrazia. Un retaggio del passato, che i conquistatori belgi cercarono in ogni modo di esasperare, e non era necessario. Gli Hutu a un certo punto decidono di sterminare i Tutsi e lo fanno in modo sistematico con un’arma da taglio da film dell’orrore, il machete.  Armati di questi ben affilati oggetti smembrano con scientifica crudeltà un intero popolo, bambini compresi. Anzi, soprattutto i bambini, perché per estinguere una stirpe si rende indispensabile eliminare la nuova generazione.  Tutto ciò si svolge davanti allo sguardo assente della comunità internazionale, che non può non sapere ma in ogni caso non sa. Non ho mai capito perché al telegiornale, quando succede un fatto si sangue in un paesino, asseriscono che tutta la cittadinanza è sconvolta. Che te ne importa se in una via lontana dalla tua è morto qualcuno che non conosci? Perché ti dovrebbe interessare di più uno sconosciuto compaesano di un estraneo è morto a mille o più chilometri dal tuo orto? Non si capisce. Uno vicino muore, sconvolgimento generale. C’è una carneficina di proporzioni bibliche lontana, non se ne accorge nessuno. Sarà mai possibile?

AIUTO - Comunque lì in Ruanda ammazzano brutalmente mezzo popolo e non interessa a nessuno.  C’è il console italiano, Pierantonio Costa. Ricco, imprenditore si successo, affermato. Lui vede e non riesce a far finta di niente. Aiuta in molti modi, si prodiga, si dedica. Verbi in disuso, che però esistono. Tra le molte cose che vede, c’è questa. Ci sono centinaia di bambini in un orfanotrofio. Gli Hutu sono fuori che aspettano di entrare per macellarli tutti. Pierantonio Costa organizza un viaggio assurdo e suicida. Prende 375 bambini, li infila dentro un piccolo convoglio di pullman e parte. Fuori ci sono i soldati pronti a far fuori tutti, lui compreso, ma lui riesce a passare. Durante quell’intervista non racconta come ha fatto, ma l’unico modo logico che aveva era corromperli. Ha dato loro dei soldi. In seguito con il suo denaro corromperà molte volte, per salvare molte vite. Una specie di Oskar Schindler, insomma, che rischia la vita e mette del suo perché vede l’abisso aprirsi intorno al mondo che credeva di conoscere e decide di lottare per tenere insieme una minima scintilla del bene che dovrebbe illuminare l’essere umano. Ci tiene, a quella scintilla, perché comprende che se si spegne è il buio assoluto. Il buio innesca una reazione a catena di oscurità che non risparmia nessuno. Lui lo capisce per tempo.

Sapete chi è Pierantonio Costa?TESTIMONIANZE – Gli altri partecipanti al salvataggio insieme a lui raccontano quello che accadeva in quei giorni, tutti con un groppo alla gola, ma senza prosopopea, con la disperazione di chi dopo quella volta non è più stato uguale. Lo si dice come se fosse una mancanza, non tornare più uguali dopo aver sperimentato l’umanità in tutti i suoi significati, nei crimini più efferati di cui si può macchiare e nei gesti di generosità con cui si può salvare. Invece cambiare di fronte al male è una virtù. Ah, se potessimo non essere più uguali a ciò che siamo. Pierantonio Costa commenta il suo gesto eroico dicendo che di fronte a cose del genere non si può fare diversamente. Lui lo sa che si può, perché deve averne vista un bel po’, di gente che si è comportata diversamente. Non può non averla vista, e il groppo ce l’ha anche per quel motivo.  Pierantonio Costa è candidato al Premio Nobel per la pace 2010. Non so se lo vincerà, e comunque scelte come la sua non premiano, usualmente, perché ti condannano a pensare per sempre non solo ai bambini e a tutti coloro che hai accompagnato al confine, alla salvezza, ma inevitabilmente a quelli che hai lasciato lì a morire.  Andate a questo indirizzo a vedere chi è Pierantonio Costa. Andate a conoscere un uomo che ha una coscienza.

 

 

Pierantonio Costa

 

 

LA BIOGRAFIA

Fonte web

Pierantonio è il penultimo di sette fratelli, nasce a Mestre il 7 maggio 1939, studia a Vicenza e a Verona e a quindici anni raggiunge il padre emigrato nello Zaire. A Bukavu, nel 1960, fa la prima esperienza di guerra africana e, con alcuni suoi fratelli, si prodiga per traghettare sull’altra sponda del lago Kivu gruppi di profughi congolesi.
Quando scoppia la rivoluzione mulelista, Pierantonio decide di trasferirsi nel vicino Rwanda, il paese dalle mille colline, che ha da poco ottenuto l’indipendenza. Il 5 maggio 1965 ottiene il primo permesso permanente di residenza in Rwanda e da allora fino al 1994 risiede a Kigali. Qui ha sposato Mariann, una cittadina svizzera, e ha avuto tre figli: Olivier, che vive ancora in Rwanda, Caroline, che vive in Germania, e Matteo che vive con la madre a Bruxelles. Oggi Costa fa la spola tra il Rwanda e Bruxelles.
Imprenditore di successo, allo scoppio del genocidio ha in attività quattro imprese.
Per quindici anni, dal 1988 al 2003, l’Italia gli affida la rappresentanza diplomatica.
Nei tre mesi del genocidio, dal 6 aprile al 21 luglio 1994, Costa porta in salvo dapprima gli italiani e gli occidentali, poi si stabilisce in Burundi, a casa del fratello, e da lì comincia una serie incessante di viaggi attraverso il Rwanda per mettere in salvo il maggior numero di persone possibile. Costa usa i privilegi di cui gode, la rappresentanza diplomatica, la sua rete di conoscenze e il suo denaro per ottenere visti di uscita dal paese per tutti coloro che gli chiedono aiuto.
“Decisi che avrei operato così. Mi sarei vestito sempre allo stesso modo per essere riconoscibile: pantaloni scuri, camicia azzurra, giacca grigia. Distribuite nelle tasche – e sempre nello stesso posto – avrei messo banconote da 5000 franchi rwandesi (circa 20 euro), da 1000, da 500 e, infine, da 100 franchi, per essere sempre pronto a estrarre la cifra giusta, senza dover contare i soldi: la mancia dev’essere data nella misura giusta, se dai troppo ti ammazzano per derubarti, se dai troppo poco non passi. Nella borsa avrei avuto costantemente con me alcuni fogli con la carta intestata del consolato d’Italia, e sul fuoristrada ci sarebbero state le immancabili bandiere italiane. Quanto alla durata delle incursioni oltre confine, avrei evitato il più possibile di dormire in Rwanda e di viaggiare col buio”.( cfr. La lista del console, pag. 113).
Aiutato dal figlio Olivier, Costa agisce di concerto con rappresentanti della Croce Rossa e di svariate Ong, e alla fine del genocidio avrà perso beni per oltre 3 milioni di dollari e salvato quasi 2000 persone, tra cui 375 bambini di un orfanotrofio della Croce Rossa.
Verrà insignito della medaglia d’oro al valore civile per gli italiani portati in salvo e analoga onorificenza riceverà dal Belgio.
Nei cento giorni del genocidio rwandese, Costa, che non è un missionario votato al sacrificio, ma un noto imprenditore con famiglia che si fa guidare dalla sua coscienza, decide di rischiare la sua vita, compiendo azioni straordinarie mettendo semplicemente a disposizione del prossimo la sua umanità e i suoi beni. “In mezzo a tanta violenza e sofferenza, qualcosa avevo fatto. Solo questo. Questo e niente di più”, ma col costante rammarico che si poteva fare di più.
Il giornalista che ne ha raccolto la testimonianza, Luciano Scalettari, commenta così: Secondo me, è un giusto, nel senso che danno a questo termine gli ebrei”. Risponde Costa: ”Ho solo risposto alla mia coscienza. Quello che va fatto lo si deve fare”. Pierantonio Costa è tra i candidati al Premio Nobel per la Pace 2010.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Genocidio del Ruanda

Il genocidio del Ruanda fu uno dei più sanguinosi episodi della storia del XX secolo. Dal 6 aprile alla metà di luglio del 1994, per circa 100 giorni, vennero massacrate sistematicamente (a colpi di armi da fuoco, machete e bastoni chiodati) una quantità di persone stimata tra 800.000 e 1.071.000.

 

PIERANTONIO COSTA SU FACEBOOK

Candidato al Premio Nobel per la Pace 2010: 2010 NOBEL PEACE PRIZE TO RWANDA'S RIGHTEOUS. Cari amici, questo è un invito ad aderire e sostenere il Nobel per la Pace 2010 ai GIUSTI del RWANDA.