Cosa è successo tra il 1980 e il 1995 in Italia:

  1. Eliminazione della moneta di stato.Il 16 marzo 1978 Aldo Moro fu rapito e ucciso il 9 maggio successivo da appartenenti al gruppo terrorista denominato Brigate Rosse; subito dopo l’Italia smise di emettere cartamoneta di Stato.
  2. Lo Stato soccombe al capitale.Nel luglio 1981 iniziava, dieci anni fa (31 anni fa, ndr), un nuovo regime di politica monetaria. Si inaugurava, infatti, il cosiddetto “divorzio” fra Tesoro e Banca d’ Italia: una “separazione dei beni” che esimeva la seconda dal garantire in asta il collocamento integrale dei titoli offerti dal primo.Su iniziativa di Andreatta e Ciampi (appena asceso al soglio di Governatore della Banca d’Italia), la nostra Banca centrale venne esonerata dall’obbligo di acquistare i titoli del debito pubblico che fossero rimasti invenduti in asta. Quell’obbligo, in pratica, significava che lo Stato poteva indebitarsi al tasso desiderato, perché tutti i Buoni del tesoro che i privati non avessero acquistato finivano alla Banca centrale. Era il modo in cui lo Stato “comandava” il capitale monetario. Con il divorzio, invece, lo Stato venne costretto a indebitarsi ai tassi d’interesse correnti sul mercato, i quali giusto in quel periodo schizzavano verso l’alto a causa della svolta monetarista impressa da Paul Volcker all’azione della Federal Reserve, la banca centrale americana. Subito dopo esplodeva il debito pubblico Italiano.
  3. I sindacati dalla parte dei padroni. La Marcia dei 4000 Quadri Fiat: è una manifestazione svoltasi a Torino il 14 ottobre 1980. Migliaia di impiegati e quadri della FIAT scesero in piazza per protestare contro le violente forme di picchettaggio che impedivano loro di entrare in fabbrica a lavorare, da ormai 35 giorni. La manifestazione, secondo l’analisi di molti storici, segnò un punto di svolta nelle relazioni sindacali: il sindacato a breve capitolò e chiuse con un accordo favorevole alla Fiat la vertenza, iniziando una progressiva perdita di potere ed influenza che si protrasse per tutti gli anni ottanta non solo in Fiat ma nel paese.

  4. Congelamento dei salari. Tra il 1984 e il 1992, è abrogata la scala mobile: i governi di Bettino Craxi e Giuliano Amato, con l’accordo degli stessi sindacati; giustificarono l’abrogazione sostenendo che aveva generato un circolo vizioso che contribuiva una continua crescita dell’inflazione. In realtà la scala mobile era uno strumento economico di politica dei salari, volto ad indicizzare automaticamente i salari all’inflazione e all’aumento del costo della vita secondo un indice dei prezzi al consumo. Era cioè uno strumento utile al fine di mantenere inalterato il salario reale dei lavoratori, e dunque il loro potere di acquisto; entrava in azione se l’inflazione cresceva; mentre Craxi, Amato, e i sindacati (e tutta la stampa nazionale) sostenevano che era la scala mobile a creare inflazione, un poco come dire che viene a piovere se esci con l’ombrello. Ludwig von Mises (definito l’incontrastato decano della scuola austriaca economica) sosteneva che, poiché l’aumento salariale non comportava una variazione della base monetaria ma soltanto una riduzione dell’utile delle imprese, che veniva redistribuito ai lavoratori, sia da escludere un legame tra scala mobile e inflazione.

  5. Studio di una Strategia per una privatizzazione selvaggia: II 2 giugno 1992 si svolgeva una riunione semisegreta tra i principali esponenti della City, il mondo finanziario londinese, ed i manager pubblici italiani, rappresentanti del Governo di allora e personaggi che poi sarebbero diventati ministri o direttori generali nei Governi Amato, Dini, Ciampi, Prodi, D’Alema (ma anche Berlusconi, per quanto riguarda la centrale figura di Mario Draghi). Oggetto di discussione: le privatizzazioni. Questa riunione si tenne a bordo del panfilo della Corona inglese, il “Britannia”in navigazione lungo le coste siciliane.In quella riunione si decise di acquistare le aziende italiane e la Banca d’Italia, e come far crollare il vecchio sistema politico per insediarne un altro, completamente manovrato dai nuovi padroni. A quella riunione parteciparono anche diversi italiani, come Mario Draghi, allora direttore delegato del ministero del Tesoro, il dirigente dell’Eni Beniamino Andreatta e il dirigente dell’Iri Riccardo Galli.Gli intrighi decisi sulla Britannia avrebbero permesso agli anglo-americani di mettere le mani sul 48% delle aziende italiane, fra le quali c’erano la Buitoni, la Locatelli, la Negroni, la Ferrarelle, la Perugina e la Galbani. La stampa martellava su “Mani pulite”, facendo intendere che da quell’evento sarebbero derivati grandi cambiamenti. Nel giugno 1992 si insediò il governo di Giuliano Amato. Si trattava di un personaggio in armonia con gli speculatori che ambivano ad appropriarsi dell’Italia. Tutto era pronto e favorevole, bisognava solo trovare un pretesto per convincere l’opinione pubblica italiana che fosse necessario privatizzare. Il pretesto lo crea ad arte George Soros.

  6. Attacco speculativo alla Lira:L’attacco speculativo del settembre 1992, condotto da George Soros, portò ad una svalutazione della lira del 30% ed al prosciugamento delle riserve della Banca d’Italia, che fu costretta a bruciare 48 miliardi di dollari nel vano tentativo di arginare l’attacco speculativo. La crisi portò anche allo scioglimento del Sistema Monetario Europeo. A seguito dell’attacco speculativo contro la lira e della sua immediata svalutazione del 30%, la privatizzazione,delle aziende italiane, sarebbe stata fatta a prezzi stracciati, a beneficio della grande finanza internazionale e a discapito degli interessi dello stato italiano e dell’economia nazionale e dell’occupazione. Stranamente, gli stessi partecipanti all’incontro del Britannia avevano già ottenuto l’autorizzazione da parte di uomini di governo come Mario Draghi, di studiare e programmare le privatizzazioni stesse. I complici italiani furono il ministro del Tesoro Piero Barucci, l’allora Direttore di Bankitalia Lamberto Dini e l’allora governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi. Altre responsabilità vanno all’allora capo del governo Giuliano Amato e al Direttore Generale del Tesoro Mario Draghi. Alcune autorità italiane (come Dini) fecero il doppio gioco: denunciavano i pericoli ma in segreto appoggiavano gli speculatori. Amato aveva costretto i sindacati ad accettare un accordo salariale non conveniente ai lavoratori, per la “necessità di rimanere nel Sistema Monetario Europeo”, pur sapendo che l’Italia ne sarebbe uscita a causa delle imminenti speculazioni.