A M E R I C A

1929 = 2009

SUPER CRISI IN ARRIVO

 

La rovina economica è VICINA. È dunque urgente «generare» una «crisi internazionale», ultimo  scatto per uscire dal buco nero... E in America la stampa alternativa già parla di una possibile guerra per salvare l'economia.

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

PROFEZIA SULL'AMERICA

"Si, Bambina Mia, sto facendo cadere in basso l’America, e quando vedrai cadere tutto intorno a te, ricordati di queste parole. Vi ho benedetti. Vi ho fatto potenti. Ma voi amate il dono e non il Donatore del dono. Quindi vi setaccerò come il grano, le pule nei fuochi di distruzione e il grano nei fuochi di raffineria...

Si, Bambina Mia, come hai parlato sinceramente, le maledizioni di Deuteronomio 28 sono sull’America. Quindi, quando vedrai succedere tutte queste cose, sappi che è il Mio Giudizio. Avete calpestato i Miei Comandamenti. Avete sputato le Mie Parole. Avete canzonato e deriso i Miei Veri Profeti. Avete adorato idoli. Avete cercato strani déi.

Strapperò il vostro benessere e lo darò ad altri, perché avete nuotato nella prosperità come grassi porci. Distruggerò i vostri raccolti abbondanti e brucerò con malattie e piaghe quello che sarà rimasto, e il granaio del mondo diventerà una piaga cancerosa. Vi ho benedetti in abbondanza, ma voi avete maledetto la mano che l’ha fornita. Manderò il fuoco alle vostre chiese. Manderò la spada e le distruggerò e spargerò il gregge, perché sono nauseato dell’odore marcio delle persone mediocri e poco entusiaste...

Si, quando vedrete nemici nelle strade, e moltissimi cadere per spada, fuoco, pestilenza e malattie, sappiate che sto giudicando questa malvagità. E moltissime, moltissime persone Mi odieranno e si gireranno da Me e periranno nella loro malvagità. Ma sappiate che coloro che amano Me e staranno nella via della virtù saranno salvati..." (da: "From the Mountain", messaggio celeste ad una mistica americana datato 2003).

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

LA GUERRA COME VIA D'USCITA?

 

di Claudio Prandini

 

Cosa sanno costoro che noi non sappiamo? Questa non è gente che parla di cose sentite al bar oppure ascoltate nei demenziali reality televisivi italiani o americani. Sono personaggi che abitano da molti anni ai piani alti della politica americana e che quindi sanno quello che dicono, o almeno dovrebbero saperlo. Come possono spiegarsi altrimenti certe affermazioni di questi giorni riferite da Joe Biden, Collin Powell e Madeleine Albright?

 

Ma andiamo con ordine...

 

Joe Biden, una vita in politica, concorre alla vicepresidenza per il partito democratico. Se Obama vincerà le elezioni il 4 novembre prossimo lui diventerà il vice presidente degli Stati Uniti d'America. L'altro giorno, durante un discorso tenuto a un gruppo di democratici, Biden ha detto: «non passeranno sei mesi prima che il mondo metta alla prova Barack Obama come fece con John Kennedy». E ancora:  «Ricordate quel che vi ho detto in piedi qui se non ricordate nessun altra cosa che ho detto. Badate, stiamo per avere una crisi internazionale, una crisi provocata, per mettere alla prova la stoffa di quest’uomo».

 

Provocata da chi? E di che tipo? Militare, economica o terroristica?

 

Pure Colin Powell, segretario di Stato al tempo dell'invasione dell'Iraq, si spinge a prevedere un grave scenario di crisi verso la fine di gennaio 2009. E come se non bastasse anche la Albright, anch'essa segretario di Stato sotto Clinton,  si mette a profetizzare come molto plausibile lo scenario di emergenza previsto da Biden, in un contesto che ai suoi occhi assume le sembianze di un mega-attentato terroristico.

 

Se queste cose fossero vere perché non fanno i nomi e le circostanze di come hanno saputo tutto questo? La sensazione è che purtroppo, ancora una volta, la vera origine di tutti questi "fatti" che dovrebbero accadere presto sia da ricercare proprio all'interno degli Stati Uniti stessi, in quel gruppo di potere neocon (cioè l'elite politico-finanziaria, industriale e militare del paese) che ha gestito il potere in questi anni bui e che prima di lasciare il potere potrebbe tentare il tutto per tutto. L'ipotesi, che non deve essere affatto scartata, è dunque di un mega attentato (forse anche ad Obama stesso) da attribuire (come false flag) a qualche potenza straniera per distogliere l'opinione pubblica dalla crisi economica, da una parte, mentre dall'altra tentare di far ripartire l'economia medesima attraverso una nuova guerra, come avvenne nel 1943. Bush, prima di andarsene, ha fatto stanziare per il Pentagono nel bilancio del 2009 più di 5 miliardi di dollari, con una crescita del 7,5% in più rispetto agli anni passati. La spesa più elevata dalla seconda guerra mondiale.

 

Che tale ipotesi non sia del tutto da scartare ce lo testimonia anche un economista americano il quale, in tempi non sospetti, siamo infatti nel 2004, ipotizzò che per sfuggire alla crisi economica "qualcuno" potrebbe scatenare una guerra, sia come diversivo che anche come appropriazione di una qualche sorgente di ricchezza. Freeman dice: «Come ultima risoluzione, resta il saccheggio. Quando il rimborso del debito di una nazione (come quello Usa, ndr) diviene così imponente che diventa impossibile rassicurare i creditori, questo paese deve cercare una qualche sorgente di ricchezza, non importa quale sia la fonte». Allora si crea un nemico contro cui combattere, costi quello che costi. Proprio in questi giorni "qualcuno" nei piani alti di Washington sembra ci stia pensando seriamente a questa possibilità (vedere qui).

 

E non è tutto... Già l'anno scorso avevamo segnalato il pericolo di un'involuzione della democrazia americana (vedere qui). Quest'anno questo pericolo è ancor più confermato soprattutto in occasione delle elezioni presidenziali. Infatti, se Obama si vedrà soffiare la presidenza per un paio di voti in molti grideranno alla "truffa" e soprattutto la gente di colore scenderà per le strade e sarà la rivolta "nera" a scoppiare in molte città americane (vedere qui). Dall'altra, se Obama dovesse vincere e diventare presidente i gruppi bianchi razzisti, in forte aumento in questi giorni, farebbero di tutto per uccidere Obama (vedere qui). Il pentagono, da parte sua, è già pronto per affrontare questa crisi interna, come pronto è anche Bush che negli anni dopo l'11 settembre ha fatto votare dal Congresso leggi ad hoc che gli consentiranno di arrivare anche ad imporre la legge marziale a tutto il paese se le circostanze lo richiedessero, nonostante che il suo mandato sia ormai scaduto. Così sarà compiuto il colpo di stato perfetto, con un fascismo modello Yankee (vedere qui).

 

 

 

 

 

 

Joe Biden, il probabile futuro vicepresidente degli Stati

Uniti che profetizza una super crisi per il 2009

 

 

 

 

 

 

JOE BIDEN: “ VI GARANTISCO,

ARRIVA UNA SUPERCRISI”
 

Fonte web

Certo che suona molto strano il discorso pronunciato lo scorso 19 ottobre a Seattle da Joe Biden, il candidato di Obama alla vicepresidenza USA. Biden profetizza con una certa enfatica disinvoltura che Barack Obama – una volta in carica come presidente - dovrà subito ballare al ritmo di una crisi internazionale di enormi proporzioni. Lo “garantisce”, addirittura. E aggiunge che «non passeranno sei mesi prima che il mondo metta alla prova Barack Obama come fece con John Kennedy». Ricordiamo che JFK dovette subito fronteggiare la crisi dei missili a Cuba, a un passo dal conflitto nucleare con l’URSS di Kruščëv.

Biden tiene a sottolineare davanti al pubblico lì presente: «Ricordate quel che vi ho detto in piedi qui se non ricordate nessun altra cosa che ho detto. Badate, stiamo per avere una crisi internazionale, una crisi provocata, per mettere alla prova la stoffa di quest’uomo».
Una crisi «provocata». In inglese la parola usata da Biden è «generated». Un vocabolo che comunque rimanda a un’idea di produzione consapevole e sofisticata di un fatto.
Biden insiste: «segnatevi le mie parole, segnatevi le mie parole», mentre aggiunge che dovranno essere prese decisioni «dure» e «impopolari» in materia di politica estera. E per chi non avesse percepito ancora la gravità del tono, ricalca: «Io prometto che accadrà». Biden sottolinea: «da studioso di storia e avendo collaborato con sette presidenti, io vi garantisco che sta per succedere».

“Garantire” è un altro concetto di grande peso e grandissime implicazioni, per il ben informato Biden. Se l’esordio della presidenza di George W. Bush fu segnato dagli eventi dell’11/9, cosa dunque è atteso - anzi, “promesso”, “garantito” – che accada nell’esordio della nuova Amministrazione?
Biden appartiene a un’élite in possesso di informazioni privilegiate, una classe di individui che reagisce alle crisi con strumenti concettuali e materiali diversi da quelli propri del senso comune e diversi dal velo banalizzante e bugiardo dei media più importanti. Le prospettive di crisi estrema sono tante, prese da sole o in combinazione. L’élite sa che la crisi finanziaria, ad esempio, è ben lungi dall’essersi conclusa. Così come l’11 settembre 2001 l'élite sapeva già prima degli altri che l’economia era in recessione, così già oggi guarda con sgomento alle prossime bolle della grande finanza (carte di credito e massa dei derivati in primis). Quale evento è pronto a farle precipitare? Altre crisi ci parlano di Iran, di Russia e Ucraina, di Venezuela, di conflitti potenziali che - una volta scatenati – cambierebbero l’agenda mondiale.

È degli stessi giorni una dichiarazione di tenore analogo a quella di Biden, pronunciata da un fresco sostenitore di Obama, l’ex Segretario di Stato repubblicano Colin Powell, che si è spinto a prevedere un grave scenario di crisi per fine gennaio 2009. Un altro membro dell’élite che parla, e fa quasi l’oracolo.
Come un altro ex Segretario di Stato, la democratica Madeleine Albright, la quale a sua volta ritiene molto plausibile lo scenario di emergenza previsto da Biden, un contesto che ai suoi occhi assume le sembianze di un mega-attentato terroristico.
E non è finita. Anche il rivale repubblicano di Obama, John McCain, cerca di decantare la necessità di mettere al comando supremo la propria esperienza proprio perché il nuovo presidente «non avrà tempo di abituarsi alla carica».

Mentre anche ai soldati USA vengono attribuiti compiti di ordine pubblico (è una tendenza planetaria), intanto che la tempesta finanziaria perfetta incombe, l’immensa potenza americana sembra essere condotta verso un profondo mutamento della sua natura. I segnali sono forti in questa direzione.
In tempi non sospetti, nel 2004, nell’osservare l’aumento eccessivo del debito che sormonta di gran lunga la solvibilità del paese, l’economista Robert Freeman si era chiesto quali possibili strategie avrebbe potuto usare l’amministrazione statunitense (“ Come How Will Bush Deal With the Deficits? Connecting the Dots to Iraq”, «CommonDreams.org»).
La prima strategia è aumentare le imposte, specie sui redditi elevati, e pagare i creditori. Non è ciò che fa l’amministrazione Bush.

La seconda è stampare dollari. L’abuso di una tale soluzione porterebbe però a un collasso economico.
Una terza soluzione strategica, secondo il modello imposto dall’FMI ai cosidetti ‘paesi in via di sviluppo’, è la privatizzazione degli asset nazionali e la loro vendita all’estero. Lasciando deprezzare il dollaro, l’Amministrazione USA dà così non solo respiro alle esportazioni: ma consente anche agli investitori diretti esteri di usare i loro capitali per acquistare aziende statunitensi. Alla cinese Lenovo che a suo tempo ha acquistato il ramo hardware di IBM è andata bene. Ai petrolieri cinesi che volevano acquistare la Unocal sono stati opposti invece ostacoli politici persuasivi. Ma la pressione ‘compradora’ dall’estero aumenterà.
Una quarta strategia è una sorta di ‘soluzione bolscevica’ come quando i rivoluzionari che assunsero il potere in Russia rifiutarono di onorare i debiti dello stato zarista. Per Robert Freeman, è una possibilità «molto più vicina di quello che possa immaginare la maggior parte dei cittadini americani». Possiamo sospettare le enormi implicazioni in termini di impoverimento generale e di fine del dollaro.
Ma secondo Freeman è una quinta strategia a essere in campo più di tutte. Freeman chiarisce:

«Come ultima risoluzione, resta il saccheggio. Quando il rimborso del debito di una nazione diviene così imponente che diventa impossibile rassicurare i creditori, questo paese deve cercare una qualche sorgente di ricchezza, non importa quale sia la fonte».

Il castello di carte starà in piedi fino a quando le banche centrali di Cina e Giappone compreranno titoli in dollari. L’alternativa è non pagarli, quei debiti. Sparigliare le carte. Giocare fino in fondo sul terreno che si domina con più mezzi di tutti, quello militare e della propaganda. Controllando prima di tutto lo scacchiere dell’energia (altro fronte in crisi), e muovendo tutte le pedine.
Sui media italiani non c’è quasi traccia delle dichiarazioni di Biden. Il massimo che dicono è che si tratta di un gaffeur. Ma stavolta non sembrava una gaffe. Solo che i media avrebbero dovuto fare qualche sforzo in più per descrivere un contesto complicato. Meglio banalizzare, in attesa della tempesta.

 

 

 

"Quando un complotto appare «troppo» ben concepito e coerentemente condotto fino al termine ultimo, nonostante la pochezza degli attori umani che paiono gestirlo (ma ne sono gestiti), credo si possa vedervi l’opera del Ribelle, del Lapidato, del padrone del mondo", ovvero del diavolo.

 

 

 

Il senso di quello che sta accadendo

Fonte web

(...) Tendo a «non» credere, questa volta, che la crisi che stiamo vivendo (abbiamo appena cominciato) sia l’opera di un complotto di una minoranza consapevole. C’è qualcosa di troppo incontrollato, mi pare che anche i potenti provino oggi una specie di panico;  il collasso sistemico è così grandioso, da travolgere tutto e tutti, e persino ogni «ricchezza» materiale in qualunque forma.

Persino l’oro rischia di non valere più, al fondo di questa implosione: con che cosa scambiarlo, se mancherà il cibo?

Sì, ci sono i manager delle banche d’investimento che, nel momento stesso del collasso delle loro banche o fondi, hanno arraffato una settantina di miliardi di dollari di emolumenti (noti: il 10% della cifra stanziata dal Piano Paulson per il salvataggio della finanza USA), e che stanno godendosi giorni di bisbocce e spese folli in certi grandi alberghi; ma sono comportamenti tipici da «fine di tutto»: avveniva nei tempi delle grandi epidemie, la peste infuriava e c’erano allegre compagnie che folleggiavano, dando fondo a tutto.

Quando il Titanic affonda, c’è chi arraffa l’ultima bottiglia di champagne, e chi si dà al sesso frenetico. E’ ancora, a suo modo, umano.

Ma ha ragione lei in un altro senso: lei sospetta un complotto in quanto vede, nei piani alti del potere, comportamenti ostinatamente e palesemente distruttivi ed auto-distruttivi, che negano la logica umana, anche quella  bassamente utilitaria. E’ vero, e lo constato anch’io. Ma questo si spiega, credo, con l’ideologia.

Sono abbastanza vecchio per aver visto simili comportamenti anche nel potere sovietico, dominato dall’ideologia marx-leninista. Che senso ebbe, nell’interesse stesso del partito, provocare una carestia inaudita, mai prima avvenuta nella fertile terra russa, nei primi anni ‘30, massacrando i coltivatori diretti ucraini a milioni?

Lo si fece perché l’ideologia dettava che la proprietà privata andava abolita, e in modo punitivo, con l’uso del «terrore proletario» contro chi faceva resistenza anche passiva.

In base a quale razionalità i capi del Partito caduti in disgrazia e incarcerati da Stalin, confessavano docilmente delitti, tradimenti e complotti anti-comunisti mai avvenuti, in processi-farsa?

Erano convinti che il Partito richiedeva da loro questo sacrificio, nell’avanzata verso il comunismo realizzato l’individuo non conta nulla, e la verità è quella che viene stabilita dal Comitato Centrale.

Che cosa indusse Stalin a fare una purga omicida di generali proprio nell’imminenza della seconda guerra mondiale, o gettare nel Gulag da 20 a 60 milioni di cittadini, senza che nessuno nel Partito osasse alzare una voce per evitarlo?

L’ideologia lo richiedeva; l’ideologia che era diventata «sistema» e governo, macchina burocratico-sterminatrice, e che nessuno poteva fermare; perchè per fermarla, sarebbe occorso pensare «fuori» dell’ideologia, e quelli non avevano alcuna capacità di pensare «fuori» dalla dottrina marx-leninista.

Era l’unica che conoscevano, era la loro fede, fuori di essa si sentivano semplicemente un nulla.

Sembra incredibile, ma fu proprio così; a studiare la mentalità dai capi comunisti nella cerchia interna di Stalin - essi stessi in pericolo continuo di eliminazione, e tuttavia ferocissimi eliminatori di altri membri del Partito, sempre pronti ad elevare accuse inventate - c’è da restare semplicemente sgomenti.

A forza di questo, alla fine, il sistema sovietico è crollato su se stesso, non perchè combattuto e vinto da forze esterne, ma vittima - come si dice - delle proprie contraddizioni.

Ora, il liberismo globalizzato e finanziario, assoluto e senza regole, è vissuto dalle classi dirigenti anglo-americane come  ideologia. Esattamente come i capi del PCUS vivevano la loro.

Ciò che fanno e ci stupisce e spaventa per la sua irrazionalità, viene da una visione del  mondo e della società che essi (come i marxisti) credono «scientifica», e quindi oggettiva e ineluttabile.

I comunisti si ritenevano in possesso del metodo per creare la «società senza classi», l’«uomo nuovo», il paradiso in terra; dunque, se la realtà o la natura resisteva a questo metodo, significava che la realtà era nemica dell’ideologia, e andava piegata o distrutta.

Gli ideologi seguaci di Adam Smith reinterpretato da Wall Street volevano instaurare il «mercato perfetto» (il loro paradiso in terra), dove la «mano invisibile» dava a ciascuno ciò che meritava;
il migliore sistema possibile per l’umanità, quello «scientificamente giusto».

Per instaurarlo, basta abolire ogni sovranità, ogni qualità non commerciabile (culture e religioni, valori etici e senso di dignità e nobiltà, tutti ostacoli al  consumo), ogni differenza nazionale e individuale, trasformare tutti gli uomini con le loro diversità, varietà e culture, in «consumatori-standard» perfettamente permeabili alla pubblicità, e in lavoratori-merce, liberamente spostabili, intercambiabili  e in concorrenza in base al loro «costo» salariale.

Se la realtà, sotto questo trattamento, scricchiola e geme, minaccia di crollare trascinando nel crollo anche loro, non se ne preoccupano: muoia la realtà, muoiano gli uomini, purchè l’ideologia viva. Ed oggi che il sistema implode devastando ricchezze, vite e generazioni, questi potenti non sanno che fare: sono prigionieri del «pensiero unico» che hanno imposto come «verità» (in russo: Pravda). Come i capi sovietici di ieri, credono alla loro stessa propaganda, e non hanno un’altra dottrina a disposizione.

I rimedi che tentano hanno qualcosa di tragico e di ridicolo, perchè cercano di sanare il disastro secondo la loro ideologia: la finanza con più finanza, le banche con più liquidità, e soprattutto pensano a salvare le banche e i corsi delle azioni... mentre sotto, l’economia reale si paralizza e si gela, producendo disoccupati e penuria.

Sì, quando scompare la fede in Dio come «senso comune» socialmente condiviso (con quel che comporta: l’esame di coscienza, la preghiera, il mettersi sotto l’occhio di Dio per farsi esaminare, il riconoscere i propri errori, il pentimento, la carità verso il prossimo) è quasi inevitabile che ad essa si sostituisca  l’ideologia.

L’ideologia è il surrogato tossico della fede; essa conquista proprio i cuori mediocri - ossia la maggioranza - per la sua semplicità e totalità. I cuori umani hanno bisogno di una fede totale a cui darsi, di una visione del mondo esaustiva.

Le aggiungo questo: benché ogni ideologia sia atroce e mortifera, una fase storica in cui un’ideologia cade e perde la sua presa sugli animi è pur sempre terribile. Se non interviene a riempire il vuoto la fede (e la fede uno «non se la può dare», specie l’uomo post-moderno) allora avanza la generazione del cinismo e dell’autodistruzione: come i nostri giovani che si devastano con la coca o con l’alcol, che si stordiscono e si uccidono per eccesso di velocità, alla perenne ricerca di «esperienze-limite».

Questa ricerca è essa stessa il surrogato di una pulsione ineliminabile al «più alto», alla «uscita da sé», all’esperienza dell’estasi e della Visione (o Liberazione, o nirvana) che il nostro mondo occidentale non sa più proporre, ma solo deridere.

Senza nè fede né ideologia, manca una ragione per vivere. E allora si cercano «pretesti» per riempire il vuoto. Il vuoto di soprannaturale, che è presente nel cuore umano e non può essere colmato.

Questo è il lato spaventoso dell’uomo, ed è anche la prova che non è una creatura puramente zoologica. L’uomo vuole «tutto», il Tutto; se non può concepirlo, come i grandi manager della finanza, vogliono - in mancanza di meglio - «tutti i soldi del mondo». E’ una forma di droga e di uscita dal limite, un altro surrogato. E ci dice che la civiltà è arrivata a un capolinea, se non interviene un Salvatore.

Naturalmente tutto ciò ha qualcosa di satanico.

Ecco, se dobbiamo additare un grande burattinaio dietro le azioni inumane ed autodistruttive dei potenti come dei giovani, incomprensibili anche in termini di tornaconto, può essere quello.

Quando un complotto appare «troppo» ben concepito e coerentemente condotto fino al termine ultimo, nonostante la pochezza degli attori umani che paiono gestirlo (ma ne sono gestiti), credo si possa vedervi l’opera del Ribelle, del Lapidato, del padrone del mondo.

 

 

 

 

The Spirit of '43 - La guerra è la sola rigenerazione possibile per far ripartire la “locomotiva” economica? Questa bestia immonda che si nutre di sangue per generare capitali!

 

 

 

Rispolverare la minaccia nucleare

per risolvere la crisi?

Fonte web

In questi giorni di crisi finanziaria (ma non ancora di crisi economica) tutti siamo spaventati dalle immagini del grande crack del 1929 dalle quali veniamo giornalmente bombardati. Vecchie foto in bianco e nero di persone in coda di fronte ad uno sportello bancario o di disperati in cerca di un lavoro o di uomini mal vestiti che aspettano una minestra calda, fanno da sfondo alle chiacchiere di esperti e politici.

Chi l'ha studiata a scuola, ricorda la crisi del '29 e la "grande depressione" come un capitoletto stretto tra il fascismo e l'avvento del nazismo: importante, ma in fondo poca roba da studiare e alle interrogazioni poi chiedevano sempre gli altri due argomenti.

Oggi chi parla della situazione può dire qualsiasi cosa ed il suo contrario: "stiamo bene" e "a noi non può succedere" o la puntigliosa precisazione -falsa, ma sempre sconvolgente- dei miliardi (di dollari o di euro) "bruciati dal mercato" ogni giorno.

Nessuno che vada ricercare le cause vere della crisi nella sperequazione estrema assunta come sistema di governance del mondo e che ha fatto della sopraffazione da parte dei pochi, l'unico strumento di guida del pianeta. Quando si sono ridotti i depositi obbligatori delle banche private presso quelle centrali e si è autorizzato anche un aumento folle del cosiddetto "moltiplicatore" (cioè: quante volte le banche possono prestare i soldi dei risparmiatori che hanno in deposito) nessuno ha pensato che mettere troppi soldi a disposizione dei soliti pochi (gli abitanti del cosiddetto primo mondo) avrebbe si scatenato una folle corsa all'acquisto - considerato dai soliti "guru" il bene supremo dell'economia - ma anche avrebbe spinto molti verso un indebitamento tutt'altro che fisiologico.

Oggi è facile la profezia che, dopo le banche dei mutui sub-prime, crolleranno le carte di credito e le finanziarie "al consumo": negli Usa -la nazione comunque "cocchiera" di queste situazioni- le famiglie sono mediamente indebitate per molto di più del loro reddito annuo. Fino ad ora il sistema ha retto perché di anno in anno, la crescita dell'economia garantiva il raggiungimento del debito o la possibilità di "portarlo a nuovo" con una certa sicurezza.

Il tenore di vita dell'occidente non è in discussione, a qualsiasi costo, questo è un presupposto incancellabile, lo abbiamo capito. Ma il limite sembra essere stato raggiunto: qui non si tratta di sottrarre materie prime ai paesi poveri lasciandoli nella loro disperata condizione, ecco una nuova forma di esclusione, una sorta di "razzismo economico".

Mors tua, vita (economica) mia, è un adattamento contemporaneo del motto latino, ma alla morte dei bambini nel Sud del mondo ci siamo ormai abituati, alla guerra per le risorse petrolifere anche, evidentemente questa crisi ci dice che non basta.

Quale sarà il prossimo passo? Una contrazione del tenore di vita? Un secco ridimensionamento della teoria economica basata sullo spreco? No, ormai viviamo di "obsolescenza programmata" e il nostro sistema basato solo sulla crescita morirebbe tutto insieme.

Per far fronte a tutto questo, potrebbe essere "economico" rimettere in piedi qualche vecchio arnese della "guerra fredda", ma non il confronto a parole e paroloni tra l'Occidente e una categoria di antagonisti più o meno identificabili verso oriente. Gli arnesi in questione sono oggetti concreti che stanno, come sono sempre stati negli ultimi cinquant'anni, ben protetti e mantenuti in perfette condizioni nelle viscere delle montagne. Da mezzo secolo, tutti i giorni tutto il giorno, i missili a testata multipla sono in stand-by. I loro equipaggi passano la vita a 65 piedi sotto terra nella "capsula" in attesa di un ordine. L'unica differenza rispetto a trent'anni fa è che la traiettoria dei rientri (cioè la rotta balistica con la quale le testate atomiche tornerebbero sulla terra sopra i loro obiettivi) non è pre-programmata. Il lancio non è così immediato come ai tempi del film The day after, ma la potenza è la stessa. Dalla fine del confronto con l'Urss, ci siamo scordati dei mostri nelle viscere di Cheyenne Mountain, Wyoming, di Vandenberg, California e dei loro fratelli nei sottomarini che navigano a largo negli oceani, ma loro sono sempre pronti.

Gli ufficiali addetti al lancio oggi, hanno meno di trent'anni, gente che non sa, che non ha vissuto la psicosi del missiles' gap, della "cortina di ferro" e tutto il resto. Sono pronti ad eseguire un ordine e -come si usa oggi- sono altamente responsabili e consapevoli della loro parte della procedura, non di quello che che succede dopo e non possono certo discutere le decisioni prese a monte.

Se domani a muovere la decisione del "comandante supremo" non fosse una minaccia militare immediata, ma la necessità di difendere a tutti i costi la sopravvivenza economica della nazione? Impossibile? Beh si, impossibile arrivare al gesto estremo, alla distruzione di qualcuno solo per ricattare gli altri, ma una specie di racket nucleare morbido è tutt'altro che impossibile. Dall'altra parte, la Russia di Putin, sta già facendo una specie di racket del gas e anche da parte sua le armi di distruzione di massa non mancano.

E forse l'incoscienza e la spregiudicatezza di qualcuno ci ha già pensato: basta trovare il modo di sostituire il concetto di sopravvivenza "fisica" della nazione con quello di sopravvivenza "economica". "Metti tutti i tuoi soldi nelle mie banche o ti cancello!" è il solito "O la borsa o la vita!" fatto più in grande, del resto quanti uomini delle istituzioni finanziarie e delle banche usano la porta girevole della politica?

Esiste ancora il concetto di conflitto di interesse quando le cifre in ballo sono queste? No, l'unica remora sta nella residua capacità di reazione dell'opinione pubblica. Residua, perché il "razzismo economico" è già molto forte. Le massaie occidentali sono ipnotizzate dalla vicenda del latte cinese, la televisione -più che i giornali che ormai sono solo il companatico della rassegna stampa televisiva- dopo aver terrorizzato tutti con l'aviaria, ora trova nella sofisticazione alimentare un altro feticcio. Qui da noi c'è l'abusivismo commerciale del vu-cumprà o del laboratorio cinese che produce falsi, è una sorta di "visione a tunnel" collettiva: si obbliga a far vedere solo quello che fa paura e il ragionamento si blocca. Quello che conta è instillare il terrore e la diffidenza per l'altro, saranno utilissimi quando l'altro diventerà l'antagonista economico verso il quale puntare le armi, anche quelle di Cheyenne Mountain, Wyoming.

 

 

 

"FIN CHE C'E' GUERRA..." Il presidente Usa Bush ha fatto stanziare per il 2009 una grossa somma affinche' il Pentagono possa continuare le guerre per il dominio mondiale essenziali a dar sicurezza agli investitori di tutto il mondo che evitano agli Stati Uniti di dichiarare bancarotta.

 

 

 

APPROFONDIMENTO

 

LA GUERRA PROSSIMA VENTURA

Non ci sarà bisogno d’armi atomiche, batteriologiche e chimiche perché l’obiettivo è altra cosa: è validare, con la grande distruzione bellica, le false cornucopie spacciate dai banchieri. La sola rigenerazione possibile per far ripartire la “locomotiva” economica, questa bestia immonda che si nutre di sangue per generare capitali.
 

 

RAND Lobbies Pentagon:

Start War To Save U.S. Economy

According to reports out of top Chinese mainstream news outlets, the RAND Corporation recently presented a shocking proposal to the Pentagon in which it lobbied for a war to be started with a major foreign power in an attempt to stimulate the American economy and prevent a recession.

 

Pearl Harbor: il grande inganno

dI Franklin Delano Roosevelt

 

Una storia che potrebbe ripetersi... Sull’11 settembre 2001 molti hanno suggerito spiegazioni complottiste. Pochi invece hanno parlato del grande inganno della Casa Bianca dietro l’attacco giapponese di Pearl Harbor, laddove i documenti dimostrano ampiamente come davvero – in quel caso – la presidenza americana volle, cercò ed ottenne un attacco proditorio da parte dei giapponesi per avere un casus belli in grado di trascinare l’intera nazione americana in un’avventura bellica. E l'entrata degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale significò anche il porre le basi della rinascita economica americana dopo la depressione degli anni trenta.

 

USA: bancarotta nell’estate 2009

Secondo il sito francese Europe 2020, avverrà entro l’estate 2009:  approfittando di «un week-end prolungato o di una chiusura amministrativa di banche e Borse sul territorio americano per più giorni», sarà «instaurato un New-Dollar», e i creditori degli Stati Uniti scopriranno «che i loro Buoni del Tesoro US e i Dollari US non valgono più che il 10%». La cessazione dei pagamenti da parte del governo americano è inevitabile, secondo il suddetto gruppo «di anticipazione politica», che ha spesso indovinato le previsioni.

 

"Non ci faremo comandare da un negro"

La candidatura di Barack Obama è stata una manna per il nostro movimento». Don Black, creatore del sito Internet suprematista bianco «Stormfront», è uno dei leader dei gruppi razzisti americani che sta traendo giovamento, in termini di raccolta di adesioni come anche di fondi, dal successo politico del candidato afroamericano alla presidenza...