ANNO DELLA FEDE:

ATTENTI ALLA MUTAZIONE GENETICA CHE L'ANNUNCIO

CRISTIANO HA SUBITO NEGLI UNTIMI DECENNI, AD

 OPERA DI TEOLOGI, PRETI, VESCOVI E CARDINALI.

 

I NOVISSIMI SONO SPARITI E AL LORO POSTO C'È LA CITTÀ DELL'UOMO

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

La crisi della Chiesa è prima di tutto una crisi della fede

 

 

L’INQUISIZIONE MODERNISTA

di P. Giovanni Cavalcoli, OP

Fonte web

Se guardiamo alla storia della Chiesa di questi ultimi cinquant’anni, è ormai possibile notare un graduale e sistematico rafforzamento al suo interno della corrente modernista, le cui finalità sono sempre più chiare e che essa stessa del resto esprime apertamente, sentendosi ormai sicura di poter dominare la Chiesa e ridurla ai suoi scopi.

Tutto è cominciato, come ormai si è appurato da recenti studi storici, con l’infiltrazione di elementi criptomodernisti ben organizzati a livello mondiale soprattutto tra i periti del Concilio Vaticano II, personaggi che per lo più erano stati censurati dal vigilante Pio XII, ma che sotto il pontificato del Beato Giovanni XXIII, ingannando lo stesso Papa, ebbero per oscure ed astute manovre, la possibilità di collaborare ufficialmente ai lavori del Concilio.

Si è trattata di una vera e propria rivalsa del mai sopito modernismo, che a suo tempo era stato condannato da S. Pio X. Questa volta esso pensò che fosse giunto il suo momento approfittando del fatto che uno degli scopi principali del Concilio, per espressa dichiarazione di Papa Giovanni, era quello di un confronto con la modernità.

Ovviamente il Papa intendeva tale progetto come confronto critico, sulla base del precedente immutabile patrimonio della dottrina cattolica, tenendo conto degli errori già condannati. Alla luce di tale sacro ed intangibile patrimonio si doveva fare un vaglio sapiente, prudente e coraggioso, onde assumere il positivo e respingere il negativo, così come l’organismo sano, quando si alimenta assume ciò che lo nutre ed evacua gli elementi inutili o dannosi.

Naturalmente i modernisti al Concilio dovettero agire con somma circospezione per non farsi scoprire, ma più volte ebbero l’audacia di proporre apertamente i loro piani, cosa che naturalmente suscitò l’opposizione dei membri più saggi ed equilibrati dell’assemblea conciliare, sicchè questi piani furono sventati. E del resto, come poteva essere altrimenti, data la presenza nell’aula conciliare della luce dello Spirito Santo?

Così avvenne che i modernisti finirono per dare un contributo positivo senza che fosse stato loro possibile far deviare, come avrebbero voluto, la barca di Pietro, ma consentendo al Concilio quell’impostazione tipicamente progressiva o, per dir così, sanamente progressista, che è stato uno dei suoi meriti principali e per la quale esso è rimasto alla storia: far avanzare la Chiesa nella conoscenza della verità e nello sviluppo della santità, cosa del resto obbligatoria per ogni buon cattolico, guidato da Cristo “alla pienezza della verità”. Il Concilio così ci insegna ad essere moderni, ma nel contempo ci preserva proprio con una sana modernità dalle insidie diaboliche del modernismo.

Ma che è successo dopo il Concilio? Le cose sono ormai note a tutti: questi modernisti, che allora si facevano chiamare “progressisti” per darsi un’etichetta accettabile, cominciarono gradatamente, ancora cautamente, ma con estrema determinatezza, ad uscire allo scoperto, approfittando di un clima di ingenuo ottimismo che si era diffuso nell’episcopato, generalmente convinto che ormai era giunta l’era del dialogo e della conciliazione della Chiesa col mondo moderno. Per questo si abbassarono le difese e chi ancora ricordava la necessità di vigilare contro l’errore, cominciò ad essere visto o come un seccatore “profeta di sventura” o come un attardato, superato dalla storia e fermo al preconcilio, chiuso al soffio dello Spirito Santo, che ormai avrebbe avviato una “nuova “Pentecoste”.

In tal modo, gradatamente ma irresistibilmente, in gran parte a causa di un mancato discernimento e per conseguenza di un mancato intervento da parte dell’episcopato, timoroso di esser considerato come retrogrado o reazionario, ha cominciato a crearsi una specie di chiesa nella Chiesa, in quanto, se nell’immediato postconcilio ci fu la famosa sbracata “contestazione” della gioventù scatenata, di singoli preti che convolavano a nozze, religiosi chiassosi e teologi ribelli, soprattutto con le cosiddette “comunità di base”, un fenomeno barbarico che destò unanime disapprovazione per la sua evidente sconcezza, finchè si giunse addirittura al terrorismo rosso degli anni ’70, a partire dagli anni ’80 i modernisti cambiarono tattica.

Mantennero in sostanza i princìpi rivoluzionari e sovversivi che avevano animato il ’68, ma, al fine di attirare la stima dell’episcopato e dei cattolici normali, cominciarono a fingere un’ingannevole moderazione affettando disprezzo per gli estremisti, ma in realtà rafforzando un’azione sovversiva, adesso più insidiosa e pericolosa, di demolizione e falsificazione della Chiesa cattolica con l’intento di sostituirla con una finta “chiesa” di marca gnostica e massonica, come ho denunciato in un precedente articolo apparso su questo sito.

In tal modo il modernismo cominciò a infiltrarsi, oltre che nel basso clero, tra i religiosi e tra la gente, anche negli ambienti della cultura cattolica, soprattutto teologi ed esegeti, ed infine, negli anni recenti, tra Vescovi e Cardinali. Lo scopo dei modernisti, dichiarato già dal famoso Bonaiuti dei tempi di S.Pio X, era ed è quello di “convertire Roma”. Si ripete il disegno di antichi eretici, come per esempio quello di Giordano Bruno, il quale dall’estero venne in Italia con l’intento di convincere il Papa delle sue teorie. Si è creato così quella specie di “magistero parallelo” del quale parlava Paolo VI: sostituire ai vescovi i teologi e gli esegeti, secondo una prospettiva, del resto, di origine protestante.

Oggi un Giordano Bruno probabilmente insegnerebbe con qualche precauzione, oggetto di qualche sorpresa ma non più di tanto, in qualche Facoltà Pontificia, o sarebbe invitato a parlare nel Cortile dei gentili. Ma allora gli è andata come gli è andata e, come Domenicano suo confratello, devo dire sinceramente che mi dispiace.

Oggi i modernisti, che hanno raggiunto posizioni di potere un po’ dappertutto, si sentono in dovere di esercitare anche loro, in alternativa alla Congregazione per la Dottrina della Fede, da loro giudicata ormai superata e preconciliare, un potere coercitivo che ai loro occhi riflette veramente la volontà di Dio e la voce dello Spirito Santo.

In tal modo, e ormai molti di noi cattolici, fedeli al Magistero e al Papa, cominciamo a farne le spese, è iniziata una nuova inquisizione che, se non dispone di strumenti di tortura fisici, tuttavia si vale delle arti psicologiche più raffinate per diffamare, calunniare, emarginare e distruggere moralmente quei poveri cattolici che non desiderano altro che servire Cristo e le anime, nella fedeltà alla vera Chiesa e al Papa e continuando a contare nell’aiuto e nell’efficacia della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Tra la CDF e l’inquisizione modernista ci sono delle somiglianze, ma più grandi sono le differenze, anzi i contrasti diciamo pure radicali: entrambe si propongono di difendere una dottrina; entrambe, all’occorrenza, ricorrono alla coercizione. Tuttavia, mentre la CDF difende la fede contro l’eresia, l’inquisizione modernista difende l’eresia contro la fede. Quanto ai metodi disciplinari, la differenza sta nel fatto che mentre la CDF gode della pienezza del diritto e quindi agisce alla luce del sole, nel rispetto delle norme approvate dalla Chiesa, l’inquisizione modernista manca di qualunque fondamento giuridico, e a causa di ciò non esita a ricorrere alla violenza e a misure ingiuste, mentre i modernisti si vantano di essere gli uomini del dialogo, del pluralismo e dell’apertura alla diversità.

Così ormai accade che la forza avversa più temibile che la CDF deve affrontare è questo contropotere modernista, che si avvale di strutture interne alla Chiesa stessa. E’ questa la struttura più pericolosa che occorre abbattere affinchè il Popolo di Dio sia protetto dall’eresia e la CDF possa svolgere efficacemente il proprio lavoro.

Certo sembra di trovarsi davanti ad una lotta impari. Le potenze demoniache imperversano, con la diffusione di “dottrine diaboliche” e demòni mascherati da angeli della luce (II Cor 11,14). Siccome poi molti non credono all’esistenza del demonio, mancano le difese, per cui diventano, magari senza accorgersene, degli strumenti di Satana, fossero anche Vescovi o Cardinali. Solo il Papa resiste, e non potrebbe esser altrimenti, ma pochi sono i suoi veri collaboratori: un manipolo di eroi assediato da forze che sembrano prevalere.

Il sogno dei modernisti è lo stesso di quello di Giordano Bruno e di Ernesto Bonaiuti: poter convincere (ossia turlupinare) il Papa. Ma questo disegno satanico (come quando il demonio tentò di far cadere Cristo), disegno che è il massimo dell’empietà, del sacrilegio e dell’illusione, sarà sventato da Dio, se essi persistono, con un castigo terribile. Stiamo stretti anche noi attorno al Vicario di Cristo, oggi sofferente per il tradimento di certi suoi stessi collaboratoti, sosteniamolo, obbediamogli a qualunque costo al di sopra di qualunque superiore che ci ordini il contrario o ci dia cattivo esempio, e scamperemo alla strage.

I modernisti sono spavaldi, prepotenti, sicuri di sé: guai a chi loro disobbedisce, perché impregnati a volte di dottrine idealistico-panteiste, si ritengono o la divinità o comunque un’apparizione (“teofania”) della medesima divinità, soggetto dello “sguardo divino”, come in Hegel o Severino, mentre per loro il Papa, il Magistero e la CDF contano come il due di briscola. Ma forse che questo stato di cose è destinato a durare ancora a lungo? Forse che Dio dal Cielo sta solo a guardare o si è dimenticato della sua Chiesa, del grido dei poveri e degli oppressi e della salvezza dell’umanità?

 

 

"Moriremo protestanti? Istruzioni per evitare la morte del Cattolicesimo"

 

 

NON PREDICANO I NOVISSIMI, NON ASCOLTATELI!

Fonte web

Per la salvezza eterna dell'uomo, di ogni uomo, e non per renderlo cosciente di una salvezza già avvenuta: per questo c'è la Chiesa.

La differenza sta tutta qui. Ormai il Cattolicesimo in mezzo a noi ha preso un'altra forma, questo fatto è sotto gli occhi di tutti. La preoccupazione non è più la salvezza delle anime. Chi frequenta ancora le chiese, difficilmente sentirà predicare questo che è il cuore del cristianesimo: Nostro Signore Gesù Cristo è l'unico Redentore, occorre pentirsi e cambiare vita, essere battezzati e accostarsi ai sacramenti, occorre vivere in grazia di Dio per la salvezza dell'anima nostra. No, di tutto questo non si parla più. E lo vedremo in questo “Anno della fede”, nel quale, ahimè, si sarà preoccupati di celebrare le date della Chiesa, ma non si affermerà la preoccupazione della salvezza delle anime.

Perché tutto questo? Semplicemente perché dopo il Concilio si è di fatto prodotta una mutazione della fede cattolica, i cui tragici frutti cogliamo pienamente in questi tempi.

Hanno in testa molti, troppi, quasi tutti, che la salvezza delle anime è già avvenuta, e che ora bisogna solo rendere coscienti gli uomini di questo dono dall'alto. È una Chiesa, questa, che ha spostato tutto sull'umano, sull'antropologia, sul benessere della persona, sulla ricerca della felicità.

Ma questo è ancora Cristianesimo? Gesù non è venuto perché senza di Lui non possiamo salvarci? Non è morto in Croce per liberarci dal potere del Demonio e per riaprirci il Paradiso? Non ha comandato ai suoi discepoli di predicare il Vangelo sino agli estremi confini della terra e di battezzare?: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato” ...non è scritto così?

Invano attenderete, nei dibattiti televisivi sul Concilio, che l'ecclesiastico di turno vi parli della questione della salvezza eterna. Ma se non è in gioco questo, che ci sta a fare l'ecclesiastico di turno e la Chiesa stessa? Capita di vedere un Cardinale, quello di Milano, su “LA7”, sfoderare un irenismo ridicolo e cieco sulla situazione della Chiesa (“Quando visito le chiese, sono sempre piene”... “Non è vero che c'è crisi”), sentirlo parlare di un fumoso cristianesimo in un discorso che assomiglia più ad una lezione di antropologia, reagire infastidito alle chiare affermazioni del Prof. De Mattei sulla spaventosa crisi seguita al Vaticano II, mentre il laico di turno, nel caso Giuliano Ferrara, ricorda che occorre parlare anche dell'Inferno, oltre che della “pienezza umana” portata da Cristo. Siamo a questo punto: quelli fuori della Chiesa ricordano alla Chiesa l'essenziale, che essa non predica più.

Ma attenti tutto questo è più che drammatico, perché cambiare la prospettiva vuol dire cambiare tutto.

Se lo scopo è rendere migliore, più cosciente la vita di quaggiù, e non la salvezza eterna, siamo di fronte ad una modificazione profonda del Cristianesimo, siamo di fronte ad una nuova religione, che non è più quella di Nostro Signore Gesù Cristo. Siamo di fronte alla religione dell'uomo, e non alla religione di Dio.

Un grande sacerdote santo, il Père Emmanuel Andrè, chiamava tutto questo “Naturalismo”: tutto è ridotto alla natura, all'uomo. È il più grande e devastante cancro del Cattolicesimo. E lo stesso Pére Emmanuel diceva che occorre, di fronte a questo male, essere “uomini di Dio, uomini di reazione”: entrambe le cose... di Dio e di reazione. Sì: occorre PREGARE E REAGIRE, dire basta!, non avere più a che fare con coloro che stanno affossando la Chiesa e la fede Cattolica.

Sono nostri pastori coloro che custodiscono il cattolicesimo, non coloro che lo svendono trasformandolo in antropologia religiosa per entrare nei salotti culturali di questa stanca società occidentale. Come fare per sapere se i pastori sono degni di essere ascoltati e seguiti? È semplice: se parlano ancora della salvezza eterna, se parlano dei Novissimi: Morte, Giudizio, Inferno, Paradiso. Se nel loro parlare tutto questo non compare mai, diffidate, hanno già cambiato la fede.

 

 

SITUAZIONE ATTUALE DELLA CHIESA

Commento di Padre Livio

 

 

I frutti della Primavera del Concilio

Fonte web

Ma dov'è la primavera del Concilio? Dove sono i suoi frutti?

C'è un dogmatismo nuovo, che non riguarda i dogmi di sempre, le verità eterne rivelate da Dio e custodite dalla Chiesa nel suo Credo; è un dogmatismo di opinione, su una questione che ti vietano di discutere: i frutti della primavera del Concilio. Si può variare quasi tutto nella Chiesa di oggi: le verità di fede ti concedono di reinterpretarle.

Se i comandamenti ti stanno stretti, una schiera di teologi e pastori ti suggeriscono di situazionarli nel contesto attuale, così da addolcirli. Se poi obbedire non ti va, puoi sempre scoprire un nuovo carisma che ti cada su misura. Puoi fare tutto o quasi, tranne mettere in discussione la primavera del Concilio.

La senti questa affermazione sulla bocca di molti addetti ai lavori, dei pastoralisti, la senti come mannaia tranciante se esprimi il desiderio di tornare alla grande Tradizione della Chiesa. Ti concedono una messa antica, purché tu riconosca i frutti del Concilio, senza discutere.

E di fronte a questa propagandata certezza, anche i perplessi stanno zitti, per paura di essere esclusi da tutto. Se poi, come nella favola del re nudo, uno con l'anima di fanciullo osa alzare la voce e gridare: ma dove sono questi frutti? Io non li vedo!... il silenzio si fa assordante e minaccioso.

Cari amici, dite un po', dove sono i frutti? È forse aumentata la pratica della vita cristiana? C'è più gente a Messa alla Domenica? I comandamenti sono maggiormente osservati? Le famiglie danno più esempio di fedeltà e virtù? Sono aumentate le vocazioni sacerdotali? E quelle religiose di frati e suore? Si aprono nuovi conventi? La gioventù ama di più Nostro Signore? La gente prega meglio e di più? Molti nelle terre di missione si convertono abbandonando le false religioni e le sette? Molti missionari partono per portare la grazia di Dio e la fede sino ai confini della terra?

Diteci, quali sono allora i frutti della primavera del Concilio?

In alcuni momenti la Chiesa, nelle nostre terre, appare un grande cantiere in vendita, coperto con la facciata di grandi assemblee, fatte per intrattenere i fedeli illudendo sulla situazione.

Certo che c'è sempre molto bene nella Chiesa, bene per lo più umilmente nascosto, ma questo non giustifica dal non guardare la situazione generale.

Al bambino che grida: il re è nudo!, ci si affretta a dire che il disastro sopra descritto è causato dal mondo, dalla società che è cambiata. I tempi sono cambiati, allora i frutti della primavera del Concilio saranno più interiori e meno visibili. Si affretteranno a dire che è volontà di Dio questo radicale cambiamento, che a noi sembra proprio un grande crollo.

Troppo comodo questo modo di procedere, così ci si sottrae a qualsiasi verifica! Stiamo ai fatti, siamo realisti!

Quando non si vuol discutere una cosa è perché è già diventata ideologia.

La colpa di questa terribile crisi della fede e della pratica cristiana non può essere imputata principalmente alla modernità... questa c'era già prima di questa strana primavera che ha bruciato nel gelo tanti boccioli di santità.

La modernità atea e agnostica, laicista e anticlericale c'era già da tanto tempo, ma la vita cristiana non fu fermata da essa, anzi, nella lotta si fortificava e accoglieva nel suo seno tante anime che si convertivano.

No, qualcosa di terribilmente ingannevole è successo: si è deciso che questa modernità senza Dio non era più da combattere, ma da abbracciare. Si è detto che da questo abbraccio doveva sbocciare una fiorente stagione per il cristianesimo e per il mondo... ma tutto questo non è avvenuto. E le profezie che non accadono, lo sappiamo dalla Sacra Scrittura, non venivano da Dio.

C'è ancora chi dice che è troppo presto valutare questa primavera conciliare, e che 50 anni sono pochi! Quante vittime nella fede dovremo ancora vedere per poter dare un giudizio?

Nella Chiesa i dogmi sono le verità di fede rivelate da Dio e trasmesse e custodite dalla Magistero.

Contrariamente dagli slogan delle opinioni ecclesiastiche, che non diventeranno mai dogmi, anche se pronunciate da chi ha un posto di riguardo nella Chiesa. I dogmi li rivela Dio e li trasmette la Chiesa. Le opinioni sulle situazioni storiche, queste dobbiamo avere il coraggio di sottoporle a verifica, pena il combinare un grande e tragico pasticcio nella fede.

 

 

Paolo VI alle prese col 68', modernismo e crisi nella Chiesa

 

 

LA CRISI DELLA CHIESA OGGI. “L’INDEBOLIMENTO DELLA VERITÀ

PORTA IN MEZZO AGLI UOMINI LA SCOMPARSA DELLA SANTITÀ”.

Fonte web

Secondo il calendario liturgico cristiano, stiamo vivendo i giorni di Pentecoste, il “battesimo della Chiesa”, come lo ha definito qualche giorno fa il Santo Padre. Proprio in questi giorni però stiamo assistendo a una dirompente crisi delle gerarchie della Chiesa, quelle specificamente “romane”. Ma questa crisi non è “romana”; è universale, come la Chiesa. È la società umana che è in crisi (esiste qualche campo dell’attività umana che non sia in crisi?), sembra che tutto stia per crollare intorno a noi, specie in Occidente, specie in Europa, soprattutto in Italia.

Ma la crisi è universale anzitutto all’interno della Chiesa stessa. Pensare che il peggio stia a Roma, in Vaticano, è pura illusione. Le gerarchie di altri Paesi, specie europei e americani, così come il semplice clero e i religiosi, vivono una crisi ben più profonda e grave di quella specificamente vaticana: non mi riferisco solo all’aspetto morale (scandali, pedofilia, latrocini, miserie umane), ma anzitutto alla spaventosa ribellione teologica e liturgica che ovunque da decenni, come un cancro incontenibile, sta infettando il corpo mistico di Cristo nella sua parte umana.

Tutti lo sanno, pochi lo dicono: decine di vescovi, cardinali, teologi e pseudotali, religiosi cialtroni, suore femministe, preti sindacalisti e insurrezionalisti, molto poco hanno ormai conservato del Depositum Fidei, anzi, lo contrastano quotidianamente, aderendo, in differenti maniere e a differenti livelli, al mondo laicista e anticristiano dei loro rispettivi Paesi.

Parecchi lo sanno, nessuno lo dice: Austria, Germania, Francia, Belgio, Canada, parte degli USA, zone dell’America Latina (e altrove): in questi Paesi per una consistente parte del clero lo scisma da Roma non è più solo una prospettiva concreta, è ormai una realtà quotidiana, di cui ogni tanto giungono echi devastanti. Molto probabilmente, c’è chi attende solo di vedere chi sarà il futuro pontefice per compiere il passo definitivo e ufficiale della rottura con Roma.

E a Roma, che tutti e tutto sanno, dove dovrebbero essere tutti uniti intorno al Santo Padre per fronteggiare la principale vera terribile minaccia che sovrasta la Chiesa, quella dello sgretolamento teologico e dottrinale, quella dello scisma ripetuto e mondiale, che fanno? Fanno Vatileaks. Fanno Kara hiri. In un accecamento collettivo generale da ultimi giorni di Costantinopoli.

Sembra che un destino avverso rovini i festeggiamenti delle grandi “conquiste della modernità” in Italia.

Nel 2011 siamo stati costretti a festeggiare i 150 anni dell’unificazione statuale italiana con una caterva di retorica patriottarda degna del miglior fascismo ventennale. In questo stesso anno, negli stessi giorni dei festeggiamenti e delle chiacchiere, poteri sovrastatuali e incogniti hanno spodestato il governo eletto dal popolo italiano e posto un nuovo governo non eletto da alcun italiano, sancendo di fatto ciò che già da decenni stava avvenendo sotto i nostri occhi: la fine progressiva della sovranità nazionale degli italiani sul loro Stato, quindi dell’Italia sovrana. Vale a dire, il fallimento evidente dello scopo dichiarato del Risorgimento.

Il 2012 segna i 50 anni dal Concilio Vaticano II. Ma sembra che la Chiesa stia vivendo, proprio in questi giorni, momenti di dissoluzione spirituale, morale e anche politico-strutturale. A 50 anni dal Concilio viviamo una crisi devastante, che solo la certezza delle parole di Cristo stesso (“… e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa”) può aiutarci ad affrontare e superare.

In un suo articolo di qualche giorno fa, il prof. Roberto de Mattei ha denunciato il legame ideale e in qualche modo umano che esiste fra la crisi attuale del clero e della Chiesa stessa e la grande opera di rinnovamento voluta dal Concilio (sintetizzata nell’Enciclica Gaudium et Spes) e concretata in maniera ancor più radicale dei suoi presupposti negli anni del post-concilio.

Qualcuno si è subito lamentato, asserendo che non vi sarebbe alcun legame fra gli errori degli uomini attuali e il Concilio e che non si può incolpare il Concilio di tutto. Asserendo che in tutti i tempi gli uomini di Chiesa “ne hanno combinate di tutti i colori”, che non vi è nulla di nuovo sotto al sole.

Queste osservazioni sono in sé vere, ovviamente: chiunque conosca anche poco la storia della Chiesa, sa benissimo quanto marcio umano vi sia stato anche nei secoli passati, al punto da far divulgare la celebre asserzione secondo la quale la prima prova della indistruttibilità della Chiesa risiede proprio nel fatto che essa resiste perfino alle malefatte dei suoi uomini.

Ma se sono vere, non sono però affatto sufficienti a spiegare i nostri giorni. Oggi, in rapporto alla Chiesa dei secoli trascorsi (la famigerata “Chiesa Costantiniana”, cioè in realtà la Chiesa dei più grandi Pontefici, teologi, santi, fondatori e mistici di tutti i tempi), c’è qualcosa di differente, di drammaticamente e profondamente differente dal passato. Oltre al fatto che nel passato vi erano, oltre a grandi peccatori di ogni genere, anche, come appena detto, schiere di santi e teologi a tutt’oggi insuperati e se si vuole inimmaginabili per i nostri giorni, non si può non notare che la differenza essenziale consiste proprio nel “fatto innovativo”, nel “quid novi”, del Concilio in sé.

Non è assolutamente mia intenzione voler entrare nella vexata quaestio della “ermeneutica della continuità”. Costituisce evidenza storica e teologica il fatto che la gran parte dei documenti conciliari possono e devono essere letti alla luce della continuità della millenaria Tradizione della Chiesa, come Benedetto XVI ci ha chiaramente indicato. Ma costituisce altrettanta evidenza storica e teologica (e pure liturgica) il fatto che – per un numero forse minoritario ma sicuramente rumoroso, potente e prepotente dei padri conciliari durante, e di decine e decine di ecclesiastici e teologi dopo il Concilio – questo stesso (e parte dei suoi documenti) doveva divenire momento di rottura definitiva con quella che veniva ormai sancita come la “Chiesa del passato”, con il suo spirito, con la sua tradizione, la sua liturgia, la sua lingua, con la sua storia fatta anzitutto di pecche di cui vergognarsi.

Se l’ermeneutica della continuità può essere necessaria per la comprensione “positiva” del Concilio, la comprensione piena e reale di questo non sarebbe possibile chiudendo gli occhi sulla realtà dei fatti dei decenni post-conciliari, ancora in corso. Realtà che noi tutti, al di là di quello che diciamo, scriviamo e facciamo, conosciamo molto bene (la viviamo ogni giorno).

L’immenso, devastante, sconcertante, tentativo di questi ultimi 45 anni di scardinare non solo tutta la tradizione della Chiesa di sempre ma anche la sua stessa dottrina, teologia e perfino struttura umana, non può non aver pesato e pesare drammaticamente sui cristiani odierni, a partire proprio dal clero stesso.

Sappiamo tutti molto bene (senza dover riprodurre un elenco interminabile di guai ed eresie sia a livello teologico che pratico) che tutto quanto accaduto finora dopo il Concilio non era mai avvenuto prima in 19 secoli di storia della Chiesa. Mai era accaduto che gran parte della Chiesa sentisse tutto questo bisogno incontrollabile di “novità”: “nuova Chiesa”, “nuova teologia”, nuova morale, nuova politica, “nuova Messa”, nuova lingua, nuova architettura, nuova musica, per un “nuovo uomo” e una “nuova società”. Insomma, proprio quel “prurito di novità” sempre accoratamente denunciato dai pontefici precedenti.

Mai era accaduto tutto questo e per di più in poche decine di anni. Inutile nasconderselo: ciò costituisce il vero “quid novi” dello spirito conciliare e post-conciliare. Se è vero che il Concilio, come insegna Benedetto XVI, deve essere letto alla luce dell’intera Tradizione cattolica, è altrettanto vero che i decenni post-conciliari sono stati infetti da germi eretici e sovversivi che hanno aperto la porta (anzi, “le finestre”) alla dissoluzione teologica, spirituale e morale (e quindi anche “comportamentale”) di cui tutti siamo vittime.

E non si può pensare che tutto questo non pesi sui comportamenti del clero odierno.

Se è vero che in tutti i tempi gli uomini di Chiesa si sono macchiati di gravi colpe, è altrettanto vero che risolvere la situazione odierna con il sorriso ironico di chi vuol far finta di essere troppo smaliziato dalla vita per scandalizzarsi (facendo quindi passare gli altri per ingenui o visionari) è non solo troppo comodo, ma troppo poco serio. Gli uomini sono sempre peccatori, in tutti e tempi e luoghi, ma anche nel peccato risentono dello spirito del loro tempo. “Chi semina vento, raccoglie tempesta”, è sentenziato nelle Sacre Scritture e insegnato da Nostro Signore.

Siamo a Pentecoste. Spirito di Vita, Spirito di Amore, Spirito di Verità. Di Verità, appunto. Iniziamo a dirci la verità, senza infingimenti, che ormai è tempo. L’ottimismo pentecostale di Giovanni XXIII (“Una nuova Pentecoste attende la Chiesa”, e da questa ottimistica previsione partì il Concilio Vaticano II) fu subito drammaticamente smentito come tutti sappiamo dalla realtà dei fatti, al punto che solo dopo dieci anni, a Concilio finito e a Sessantotto in corso, il suo successore, Paolo VI, dovette ricredersi amaramente, ammettendo pubblicamente che “il fumo di Satana” stava entrando dalle finestre della Chiesa, per la quale sembrava ormai essersi avviato – parole sue – un processo di “autodissoluzione” (e tale funesta dichiarazione più volte in altri termini è stata ribadita sia da Giovanni Paolo II che da Benedetto XVI). Un ottimismo irrealistico che si è rivelato una sorta di suicidio assistito del lato umano della Chiesa.

È innegabilmente evidente che l’attuale crisi ha le sue radici anche (non solo) nello spirito di innovazione buonista partito dal Concilio Vaticano II e accresciutosi senza fine nei decenni post-conciliari. Se Dio perdona tutto e tutti, se il mondo in fondo è bello e buono, se dobbiamo divenire graditi al mondo, se dobbiamo smettere di denunciare il male e il peccato, allora il cambiamento diviene anche, come prima detto, antropologico. E riguarda anche gli stessi uomini di Chiesa. Anzi, loro per primi.

Ciò costituisce oggi l’immane e drammatica differenza con il passato, e rende gli errori di oggi più pericolosi di quelli di ieri, perché, come ha scritto quel grandissimo maestro di spiritualità che fu il padre certosino François Pollien, «L’indebolimento della verità porta in mezzo agli uomini la scomparsa della santità» (La vita interiore semplificata, 173).

Un cambiamento così radicato e pervasivo che gli ultimi due pontefici, in oltre 30 anni, poco hanno potuto fare per contrastarlo, nonostante i loro perseveranti e illuminanti sforzi, i loro pressanti richiami (scritti e orali), il loro indiscusso esempio personale fornito, le loro continue inascoltate denunce, i loro (sebbene pochi a dire il vero) provvedimenti disciplinari.

Per festeggiare veramente e positivamente i 50 anni del Concilio Vaticano II, occorre al contrario ritrovare e riproporre quanto di esso, anzitutto nei documenti dottrinali ufficiali, era realmente in “continuità” con la Tradizione della Chiesa di sempre, dell’unica immutabile Chiesa di Gesù Cristo Dio: il Concilio Vaticano II, pastorale non dogmatico, acquista valore solo in ciò per cui (e nella misura in cui) è indissolubilmente legato alla Tradizione perenne delle verità immutabili insegnate dalla Chiesa in tutti i tempi e in tutti i luoghi, in primis dai Papi. E questo non solo a livello teologico, ma anche mentale e comportamentale.

Al contrario di quanto affermano i sostenitori della necessità di un “Concilio Vaticano III” (che ci porterebbe, nelle loro speranze, alle estreme conseguenze di quanto sopra denunciato e quindi alla rovina definitiva), solo ritrovando, con l’aiuto dello Spirito Santo, quello spirito di fede vera e disinteressata, quell’amore sincero alla Chiesa di sempre, ai Papi, alla Tradizione cattolica, alla civiltà cattolica millenaria, che tanti santi hanno avuto nel corso dei secoli trascorsi, solo rivivendo con rinnovata adesione il Depositum Fidei che i nostri antenati ci hanno lasciato intatto dai tempi degli apostoli, solo riscoprendo pienamente l’immutabile e sempre nuovo spirito della Chiesa “magistra gentium”, potremo vivere non una “nuova Pentecoste” per una “nuova Chiesa”, ma un rinnovamento della nostra adesione all’unica Pentecoste, necessario per ritrovare le fila del nostro amore a Cristo e del nostro servizio alla sua unica Chiesa di sempre.

È questa azione invincibile dello Spirito Santo, immutabile in eterno, che nell’ora delle tenebre più nere ci fa già intravedere la Stella del Mattino, che nelle sue apparizioni degli ultimi due secoli ci ha preannunciato questi terribili giorni, ciò che ne seguirà, come anche il trionfo finale del suo Cuore Immacolato nella storia. È questa azione invincibile dello Spirito Santo che ci fa vedere da un lato l’accecamento di tanti uomini di Chiesa che hanno tradito se stessi e il loro Signore, ma dall’altro anche la viva fede di tanti ecclesiastici e religiosi, uomini e donne, noti o sconosciuti, nel mondo o in clausura, fedeli ogni giorno allo spirito della loro chiamata: questi non mancano, tutt’altro, vivono silenziosi e laboriosi in ogni parte del mondo, anche in Vaticano, e a loro deve andare tutto il nostro appoggio spirituale e materiale.

È questa azione invincibile dello Spirito Santo che ci fa vedere, negli ultimi anni, dopo decenni di svuotamento di chiese, di deviazione teologica e spirituale, tra le ciarle eretiche dei dotti e dei sapienti propalate nei loro disertati convegni, nelle loro sovversive riviste e – purtroppo – nei seminari ai giovani in formazione, milioni di fedeli laici popolare ogni giorno i santuari più importanti del mondo, rosario alla mano, per ore in ginocchio dinanzi a Cristo Sacramento, alla ricerca della verità nella carità e nell’umiltà, o centinaia di migliaia di uomini e donne marciare in difesa della vita contro la cultura della morte, segno inequivocabile, come detto, che l’alba non è lontana, e che, ancora una volta, Cristo vincerà tramite gli umili.

Tutto questo richiede il nostro forte sostegno agli sforzi che il Papa compie in tal senso, e l’espressione della nostra piena solidarietà alla sua persona in questi difficilissimi giorni. Che passeranno, però, perché, accada quel che accada, «Portae Inferi non praevalebunt».

 

 

APPENDICE

Messaggio di Cristo contro i modernisti

all'interno della Sua Chiesa

Fonte web

3 agosto 2012 – Ai dissidenti della Chiesa Cattolica: profanate le Leggi Della Mia Chiesa e sarete puniti.

Mia amatissima figlia, la terra sta per tremare ora che la collera di Mio Padre sta per riversarsi su quelle nazioni che sfidano le Sue Leggi. Nessuna pietà sarà concessa poiché la Sua pazienza è stata spinta al limite. I loro peccati comprendono l’aborto, l’omicidio, le leggi che tentano di minare la Cristianità, il matrimonio omosessuale e l’adorazione di falsi dei. Poi ci sono quei dissidenti all’interno della Mia Chiesa che minacciano di sconfessarMi. Quando cercano di prendere le distanze dalla Mia chiesa e di creare nuove leggi in disprezzo della Mia Santa Volontà, essi mi rinnegano.

Io ora li respingo per la loro mancanza di lealtà. I loro tentativi di introdurre leggi basate sul peccato di orgoglio, di concupiscenza e di ambizioni mondane, non saranno tollerati. Pensavano forse di poter allontanare i figli di Dio dalla Mia Chiesa sulla terra ed evitare la Mano di Mio Padre? Pensavano di essere al di sopra delle Leggi di Dio? Essi non amano Dio, ma solo loro stessi. Il loro pubblico rigetto, per mancanza di umiltà, delle Leggi della Chiesa Cattolica, Mi disgusta. Le loro richieste vergognose in cui cercano di forzare la Mia Chiesa ad accettare leggi che Mi offendono, dimostrano che si sono gettati loro stessi nelle tenebre.

I loro voti religiosi sono senza valore. La loro promessa di onorare la Mia Chiesa e di obbedirLe è stata infranta. A meno che essi si pentano e ritornino nel Mio Corpo, la Mia Chiesa sulla terra, non hanno il diritto di proclamarsi servitori della Mia Chiesa. Siete stati avvisati: vi getterò nel deserto. Profanate le Leggi della Mia Chiesa e sarete puniti.
Il vostro Gesù.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Diario Vaticano / Chi rifiuta il peccato originale

 

Nei circoli cattolici progressisti si tende a negare la sua realtà, o a trattarlo alla stregua di un "mito". Il Concilio non ne ha fatto il nome, ma Paolo VI ha spiegato perché. Gli ultimi sviluppi della disputa.