LA VERA ARMA DI MASSA
STA PER ESPLODERE
NEI NOSTRI PORTAFOGLI
Eppure, vi ho lasciato
a denti asciutti in tutte le vostre città
e con mancanza di pane in tutti i vostri villaggi:
e non siete ritornati a me, dice il Signore (Amos 4,6)
(CON VIDEO INTERVISTA AL MINISTRO TREMONTI)
(a cura di Claudio Prandini)
INTRODUZIONE
di Eugenio Benetazzo
Il
miglior investimento che possiate fare nei prossimi semestri è acquistare azioni
di società che producono e vendono camper e roulotte. Perchè ve ne sarà sempre
più bisogno. Lasciatemi raccontare la ingloriosa fine che ha cambiato
profondamente la vita del mio collega corrispondente da Londra, L. Tessaro, che
tra di noi analisti chiamiamo scherzosamente in amicizia Tex.
Tex ha ricoperto il ruolo di Credit Strategist per una prestigiosa banca
d'affari, vivendo e lavorando per quasi cinque anni nella City, il famoso
distretto finanziario indipendente di Londra, il kilometro quadrato più costoso
al mondo in cui banche, fondi di investimento e grandi investitori istituzionali
decidono le sorti di popolazioni e nazioni nel pieno rispetto dell'unico dio a
cui prostrarsi: il profitto indiscriminato.
Tex
era (ma è tuttora) un grande analista, siamo stati spesso in videoconferenza
assieme a colleghi statunitensi ed inglesi: in più occasioni mi ha dato spunti
operativi da sviluppare durante i miei shows finanziari. Ma adesso Tex vive in
camper da quasi due mesi: la banca per la quale lavorava, un colosso del sistema
bancario mondiale, soffre, sta male, vacilla, è in agonia finanziaria ed ha per
questo iniziato a ristrutturarsi per ottimizzare i costi di gestione industriale
al fine di sopportare l'implosione del più grande bubbone finanziario
della storia economica, che presto affosserà per sempre i già malconci bilanci
bancari. Tex è una delle prime vittime colpite senza molto preavviso dalla
soluzione finale messa in atto nella City: licenziamenti di massa senza tanti
pensieri.
Tex
vive in un camper che ha preso a noleggio a lungo termine perchè in questo
momento non si può più permettere di pagare le rate del mutuo del suo piccolo
appartamento che ha messo tosto in vendita. Pariteticamente ha dovuto anche
riconsegnare alla concessionaria di automobili il fiammante suv con cambio
automatico e trazione integrale che aveva acquistato attraverso un contratto di
light leasing. L'ironia del destino non gli ha risparmiato proprio niente: quei
quattro risparmi che aveva messo da parte, nonostante una retribuzione piuttosto
corposa, si sono dissolti nell'aria a causa di un posizionamento eccessivamente
speculativo in prodotti finanziari sofisticati emessi proprio dalla sua stessa
banca!
Il
camper è una triste aspettativa per un giovane analista del mondo finanziario,
ma che altro non sa fare se non analizzare bilanci, azioni e grafici. Il mio
consiglio è sempre lo stesso: imparate un mestiere, piuttosto che cercarvi un
lavoro. D'improvviso la sua vita è cambiata, quasi scoppiata di mano a causa
proprio delle scelte di investimento del suo stesso datore di lavoro, la banca
presso cui lavorava. E in che cosa aveva investito pesantemente ingenti risorse
finanziarie il management di questa grande banca d'affari? In prodotti
denominati Credit Default Swaps ovvero CDS, per non dilungarmi eccessivamente
con terminologie tecniche troppo complesse o noiose possiamo considerare questi
strumenti derivati finanziari come sofisticate polizze assicurative che coprono
il rischio per un sottoscrittore di un obbligazione che la stessa non venga poi
onorata alla scadenza prestabilita.
Immaginate per farvi un esempio che tornando al caso della Parmalat vi fosse stato qualcuno che avesse garantito il pagamento delle loro emissioni obbligazionarie e qualcun'altro che si fosse assicurato nel caso in cui questo si fosse verificato. Ebbene questa disamina sarebbe ineccepibile se non ci fosse un elemento discriminatore sulla bontà di queste architetture finanziarie ovvero che non esistono metodi e soluzioni efficaci volte ad accertare la consistenza patrimoniale della società che si impegna ad assicurare un eventuale default di un prestito obbligazionario: questo è possibile in quanto questi diabolici strumenti derivati finanziari sono terra di nessuno e di tutti. Non vi voglio tediare con ulteriori sofisticazioni espositive che richiederebbero anche un sussidio visivo per comprendere l'utilizzo ed il funzionamento di questi prodotti, un tempo utilizzati per limitare il rischio, oggi commercializzati per finalità pesantemente speculative. Vi basti sapere che lo stesso Warren Buffet, il secondo uomo più ricco del pianeta, famoso per le sue performance a due cifre grazie al suo fiuto di contrarian trader, ha recentemente sentenziato di come il ricorso all'utilizzo speculativo dei contratti derivati sia peggiore di tutte le armi di distruzione di massa messe assieme. Considerate che lo stesso Buffet negli ultimi sei mesi è stato vittima di un bagno di sangue (finanziario) non essendo stato nemmeno lui, con i suoi strapagati top analists, in grado di evitare fenomeni di spiacevoli cancrene e contagi finanziari.
Le più grandi banche del mondo adesso stanno recitando
tutte in silenzio religioso il mea culpa, in quanto non sono riuscite a
comprendere quello che stava succedendo ai mercati finanziari, dando troppo
ascolto e potere a spregiudicati manager, clonati al pari di replicanti
frankenstein finanziari presso le tanto osannate business schools del pianeta (www.eugeniobenetazzo.com/recensioni.html).
I grandi gruppi bancari hanno fallito. Pesantemente fallito nel fare previsioni,
e pesantemente alcuni di loro sono destinati a fallire. Alcuni sono già falliti
per definizione: basta rendersi conto di come le esposizioni debitorie nel
passivo siano di gran lunga superiori agli assets detenuti nelle attività
patrimoniali, una volta depurate dalla voce farlocca dei crediti esigibili! La
ricerca del profitto indiscriminato, costi quel che costi, adesso sta
presentando il conto: lo stesso Tex ha iniziato ad avvisare ed allertare altri
colleghi e conoscenti di prepararsi a fare la sua stessa fine e di mettere in
preventivo altri default bancari, molto più pesanti di quelli che si sono
delineati recentemente nei mesi scorsi. Dura lex, sed lex, caro Tex.
USA - New York Stock Exchange - Traders
Sta per scoppiare la bolla derivati
Maurizio Blondet - 06 giugno 2008
Triste spettacolo: Henry Paulson, il
segretario al Tesoro USA, è andato per quattro giorni in Medio Oriente col
cappello in mano, a bussare alla porta dei fondi sovrani petroliferi e ad
implorarli: comprate pezzi di economia americana, i nostri meravigliosi istituti
finanziari, le belle banche d’affari; il momento è opportuno, vengono via per
poco.
Il ministro Paulson sta ipotecando l’America, scrive il Los Angeles Times (1). E
si domanda: «Cosa significherà per gli americani il fatto che le decisioni sui
nostri posti di lavoro, sui nostri mutui-casa, i mutui-scuola, eccetera,
dipenderanno in ultima istanza da governi stranieri? Cosa significa cedere il
controllo della nostra economia a creditori sovrani?». Domanda inutile.
Lo stesso Paulson, a novembre, finito il governo Bush, sarà un disoccupato.
Probabilmente sta già cercandosi un lavoro a Wall Street; e nel momento in cui
Wall Street sta per licenziare 25 mila strapagati genii della finanza, le sue
prospettive d’assunzione non sono eccellenti. I fondi sovrani hanno già
impegnato molto capitale nel salvataggio dell’America e della giostra
finanziaria globale.
Citigroup è stata salvata (per il momento) da 20 miliardi di dollari forniti da
un consorzio di fondi sovrani, Abu Dhabi (il più grosso, con in cassa 900
miliardi di dollari), Kuweit e Singapore. Merrill Lynch è stata salvata con 11
miliardi di dollari di Kuweit, Singapore e Sud Corea. Morgan Stanley da 5
miliardi forniti dal fondo sovrano della Cina. La UBS appartiene ormai a
Singapore per il 9%. E’ improbabile che facciano di più.
I fondi sovrani hanno già perso 25 miliardi di dollari nei loro investimenti
americani, ha rivelato David Rubenstein, il capintesta del Carlyle Group: è
stato un cattivo affare per loro investire in banche e istituzioni finanziarie
USA le cui azioni continuano a crollare perchè nascondono «enormi perdite non
riconosciute» e «molte di loro non sopravviveranno come istituzioni
indipendenti» (Rubenstein dixit) (2).
Ed ora, voci sempre più allarmate a Wall Street annunciano che sta per scoppiare
la bolla dei derivati. Se la bolla dei mutui subprime è stata feroce per milioni
di americani che hanno perso la casa, se il rincaro di greggio e grani ha
colpito miliardi di persone nel mondo, non avete ancora visto niente. Il mercato
dei derivati ha un valore nominale di 596 trilioni di dollari - una dozzina di
volte l’economia reale mondiale, cento volte più di tutto il capitale di tutti i
fondi sovrani messi insieme.
Le voci allarmistiche riguardano un’altra storica banca d’affari USA, la Lehmann
Brothers, che ha dovuto farsi prestare d’urgenza cifre enormi dalla Federal
Reserve (e lo nega), e probabilmente dovrà essere in qualche modo
nazionalizzata. Ora appare chiaro il motivo per cui la JP Morgan, qualche
settimana fa, ha salvato in tutta fretta la Bear Stearns, comprandola coi soldi
della FED: la JP Morgan era la controparte dei contratti derivati nascosti nella
pancia di Bear Stearns, e se quella fosse crollata, anche la Morgan sarebbe
andata nella spazzatura. Con l’acquisto, i contratti derivati tra le due banche
sono stati silenziosamente cancellati. Ma quante volte potrà ripetersi il
trucco?
Secondo Paul Volcker, ex governatore della Federal Reserve al tempo di Reagan,
il guaio è che oggi l’intero sistema finanziario è fondato sui derivati: sono il
modo nuovo con cui la speculazione ha creato moneta (pseudo-capitale) al di
fuori dalle regole bancarie, che impongono una proporzione tra capitale e
creazione di liquidità. Sono infinite promesse e impegni di pagamento
(sofisticatissime cambiali) che sono state rifilate dalla fantasia finanziaria
americana a infinite banche, fondi (anche fondi-pensione), grossi investitori
privati ed altri coglioni in giro per il mondo. Questi contratti non sono mai
scritti nei bilanci di nessuna entità, sono privi di ogni regolazione, e sono
stati per lo più comprati a credito.
Un mostruoso mercato nero di «valori» che nessuno capisce (anche Warren Buffett,
l’uomo più ricco del pianeta, lo ha confessato) e che la finanza ha accettato
come «valori veri», sui quali espandere il credito o chiedendo o facendo
prestiti. Ora queste «cose» sono nelle pance di infiniti enti, e non sono
negoziabili perchè il mercato assegna oggi loro valore zero (3).
Si noti che la bolla dei subprime e quella dei derivati sono intimamente
collegate; e così i derivati sono anche la causa del rincaro di greggio e
granaglie.
«Questa emergenza sul cibo», ha scritto il giornale inglese New Statesman, «è
cresciuta in un lampo... La ragione della cosiddetta ‘penuria alimentare’ è la
speculazione sui futures sulle materie prime dovuta al collasso del mercato dei
derivati. Gestori e amministratori, disperatamente alla ricerca di rapidi
profitti, stanno sottraendo trilioni di dollari dalle azioni e dalle
obbligazioni sui mutui e le gettano a comprare futures sui grani e sulle materie
prime. Si chiama a Wall Street ‘superciclo delle materie prime’, e porterà la
fame su scala epica».
Sono 580 trilioni di «valori» che stanno per scomparire. Per farsi un’idea:
l’intero patrimonio immobiliare del mondo è valutabile a 75 trilioni; il
prodotto interno lordo di tutto il pianeta non supera i 50 trilioni. Dunque i
derivati emessi sono dieci volte l’economia reale del mondo intero.
Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, si tratta di un valore
«nominale». Ma se questa bolla esplode, sottrae all’economia reale 11 trilioni
di dollari, circa come l’intero prodotto lordo USA (4).
Ecco perchè Warren Buffett ha chiamato i derivati «la vera arma di distruzione
di massa». E pensare che la cercavano in Iraq.
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1) Eric Weiner, «Mortgaging America», Los Angeles Times, 4 giugno 2008.
2) Ryan Donmoyer, «Rubenstein says enormous bank losses unrecognized», Bloomberg,
12 maggio 2008.
3) «The derivative market is unwinding», George Washington’s Blog, 4 giugno
2008.
4) Mike Whitney, «Economic depression in America: evidence of a withering
economy Is everywhere», GlobalResearch, 2 giugno 2008.
Ben Bernanke, capo della Federal Reserve americana
I SEI MESI DECISIVI
Maurizio Blondet - 28 giugno 2008
Il semestre da luglio a dicembre 2008 sarà,
per il pianeta, il tuffo nella fase d’impatto della crisi sistemica globale. E’
«l’alerte» lanciata dal Gruppo francese di analisi Europe 20/20 (1).
Apparentemente, la previsione si sta già avverando in USA - dove manca ogni
genere di ammortizzatore sociale o economico - con il crollo del Dow Jones di
oltre 30 punti, il petrolio a 140, Lehman Brothers vicina al tracollo; Goldman
Sachs che dà valutazioni in discesa di Merrill Lynch e Citigroup (e Merrill
Lynch che svaluta Goldman Sachs); American Express che denuncia l’accumulo di
arretrati dei loro clienti nel pagare i debiti, mentre Federal Express segnala
un netto rallentamento di ogni tipo di trasporto; United Airlines che licenzia
950 piloti (il 15% del totale), General Motors che ha visto un calo delle
vendite del 28%, e non può più fare offerte speciali per attrarre compratori a
rate, perchè la sua finanziaria, la GMAC, è schiacciata da insolvenze dei
clienti che l’auto l’hanno già comprata, e non riescono a pagarla.
E sì che l’auto sta diventando la casa in cui dormono sempre più famiglie della
classe media, che hanno avuto l’immobile pignorato non potendo pagare il mutuo.
Nella ricca e chic Santa Barbara, California, sono già 800 i pignoramenti delle
belle ville, e 800 famiglie hanno raggiunto i senza tetto nei parcheggi a loro
riservati. Questa è l’America, già oggi (2).
E quando toccherà al resto del mondo? Europe 20/20 risponde: «E’ nel corso del
semestre prossimo che convergeranno con il massimo d’intensità tutte le
componenti della crisi - finanziaria, monetaria, economica, strategica, sociale,
politica». E descrive i «otto fenomeni maggiori che segneranno i sei mesi futuri
in modo decisivo, e orienteranno gli anni 2009-2010».
Primo: «Il dollaro a perdere (per fine 2008, 1 euro sarà eguale a 1,75
dollari). Il panico del collasso della divisa USA assilla la psicologia
collettiva americana».
Secondo: «Rottura del sistema finanziario mondiale a causa
dell’impossibile tutela di Washington».
Ben Bernanke, capo della Federal Reserve, ha parlato di una volontà di
«rafforzare» il dollaro. Le sue parole risibili sono tutto quel che resta per
ritardare la presa di coscienza collettiva, da parte di tutti i detentori di
valuta USA, che Washington non ha più i mezzi per sostenere la sua moneta. Nel
2006 ancora la caduta del dollaro era una politica deliberata con lo scopo di
ridurre il deficit commerciale americano e il valore reale del debito USA verso
il mondo, che è ovviamente denominato in dollari. Ma ora questa tattica «si
rivolta contro i suoi inizatori, e si trasforma in una fuga generalizzata verso
l’uscita dagli USA».
Fra poche settimane, quando si vedrà che è impossibile organizzare a livello
mondiale un’azione qualunque per stabilizzare il dollaro, in quanto l’economia
USA affonderà sempre più in basso nella recessione, mentre il mondo è già
ingorgato di dollari di cui nessuno sa come liberarsi, «allora il sistema
finanziario globale esploderà in diversi sotto-sistemi che tenteranno di
sopravvivere alla meglio, in attesa che compaia un nuovo equilibrio finanziario
mondiale».
La teoria indicherebbe a Washington la via per stabilizzare il dollaro: dovrebbe
rialzare nettamente i tassi d’interesse (oggi al 2%) e ridurre drasticamente la
creazione di moneta dal nulla. Ma in pratica, ciò produrrebbe l’arresto
immediato, in poche settimane, dell’economia americana, quella finanziaria e
quella reale.
Il mercato immobiliare si ridurrebbe a zero, dato l’aumento rovinoso dei mutui a
tasso variabile (altri pignoramenti a migliaia) e per mancanza di credito a
basso costo; il consumo americano diventerebbe negativo, ritraendosi mese per
mese; i fallimenti di imprese sarebbero esponenziali, Wall Street crollerebbe
sotto il peso dei suoi debiti e sotto l’esplosione del mercato del CDS (collateralized
default swaps), i derivati sempre presentati come «un’assicurazione» contro i
rischi borsistici, ma che non assicureranno nessuna visto che le controparti
(che dovrebbero rifondere) saranno già vaporizzate dalla crisi.
In breve, applicare la ricetta che la teoria consiglia in questi casi è,
politicamente, inaccettabile per qualunque presidente USA, per i suoi effetti
sociali. D’altra parte il vecchio trucco americano, farsi prestare i soldi dai
suoi fornitori per poter restare il grande consumatore globale, non è più
praticabile. Solo dopo un rafforzamento del dollaro, con la cura da cavallo
imposta dalla teoria, la Cina e gli altri creditori tornerebbero a comprare i
Buoni del Tesoro USA; siccome questo non avverrà, ciascuno farà per sè. Ecco la
«rottura» del sistema globale.
Europe 20/20 ricorda, a questo proposito, che Pechino, massimo detentore di
riserve in dollari (su cui ha perso, da gennaio, 75 miliardi di dollari per il
calo della valuta USA), ha agito con moderazione fino ad ora, perchè vuole
garantire il successo delle sue Olimpiadi. Da metà agosto, questo freno non ci
sarà più: e la Cina può ricorrere ad «opzioni brutali».
Terzo fenomeno: il crollo dell’economia reale USA si manifesterà in tutta
la sua evidenza.
Quarto: «Unione Europea: la periferia cade in recessione mentre il nucleo
della zona euro rallenta solamente». L’Italia, è inutile dirlo, fa parte della
«periferia», con Spagna, Grecia, Portogalllo, Irlanda e Francia. La disparità
con i risultati della Germania sottoporrà l’euro a una tensione forse
insopportabile: come si è già notato, i BOT italiani, benchè in euro, devono
pagare un interesse più alto che i BOT tedeschi pure in euro.
Quinto: «L’Asia sotto il doppio colpo di bambù». Il primo colpo è
l’inflazione, il secondo è il calo decisivo delle esportazioni nel principale
mercato che assorbe le merci cinesi, coreane e giapponesi - gli USA - e un forte
rallentamento del secondo mercato, l’Europa. Una doppietta che farà molto male a
Paesi che hanno puntato tutto sulla riduzione dei costi del lavoro e sulla
competitività nell’export, e che oggi vedono aumentare i costi produttivi per il
rincaro delle materie prime (petrolio anzitutto) e dei salari (da inflazione, in
Cina sul 10%). Si aggiunga che nei giorni scorsi il Congresso degli Stati Uniti
- questi predicatori dell’apertura liberista - ha posto un dazio del 700%
sull’import di acciaio cinese.
Sesto: «America latina: difficoltà crescenti, ma crescita mantenuta per
gran parte della regione». Due le eccezioni: la crisi colpirà duramente il
Messico, direttamente legato all’economia USA che sarà in depressione, e
l’Argentina (di nuovo).
Settimo: «Mondo arabo - regimi filo-occidentali alla deriva». Europe
20/20 prevede «un miscuglio di disordini da fame (rincaro del cibo), di
esplosione dell’integralismo (il prestigio di Hezbollah, di Hamas e dell’Iran),
cui va aggiunta l’incapacitò di Washington e dei suoi alleati europei di una
politica che non sia militare». Previsione: «60% di rischi di esplosione
politico-sociale sull’asse Egitto-Marocco». Quanto alla probabilità di un
attacco USA o israeliano ad ottobre, il gruppo francese la pone al 70%.
La nomination di Barak Obama non fa che aumentare il rischio: l’uscente Bush,
repubblicano, potrebbe dare il via libera all’attacco fra l’eventuale vittoria
di Obama su McCain, e il suo insediamento effettivo.
Ottavo: «Le banche nella collisione delle bolle». Soprattutto le banche
mondiali americane e britanniche sono minacciate dall’esplosione di quattro
bolle speculative convergenti.
E’ dello stesso parere emesso dalla Barclay’s Bank, per voce del suo capo della
strategia azionaria, Tim Bond (3): ha avvisato i clienti a prepararsi a «una
tempesta finanziaria mondiale», dato che la credibilità di Bernanke è crollata
«sotto zero». «Siamo in un brutto ambiente; è entrato lo shock inflazionistico,
che sarà molto negativo per gli attivi finanziari. Facciamo come le tartarughe,
ritiramoci nella nostra corazza. Gli investitori si dovranno considerare
fortunati se riusciranno a preservare i loro beni».
Intanto, di cosa discutiamo furiosamente in Italia? Se prendere o no le impronte
digitali ai piccoli ladri zingari, che danno false generalità e non sono
punibili per età, e per questo sono mandati dai cari genitori a rubare al posto
loro. Oppure, ci dividiamo sulle scemenze che si dicono al telefono i ka... ni
che stanno ai posti di comando, pensando a veline e TV.
Con questo dato curioso: coloro che sono contro le impronte degli zingari perchè
«violano la privacy», sono gli stessi che si dichiarano a favore delle
intercettazioni a tappeto, che violano molto più la privacy. Senza contare che
anche gli zingari bambini e senza nome che mettono le mani nelle borsette,
violano alquanto la privacy. Fortuna che in Italia abbiamo il garante della
privacy.
Occorrerebbe un «garante della logica»: ma sarebbe solo una nuova poltrona a
spese del contribuente e a beneficio di qualche politico trombato.
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1) «Alerte LEAP/E2020: Juillet-Décembre 2008, le monde plonge au coeur de la
phase d’impact de la crise sistémique gloable», 15 giugno 2008.
2) Steven Pearlstein, «This recession, it’s just beginning», Washington Post, 27
giugno 2008.
3) Ambrose Evans Pritchard, «Barclays warns of a financial storm as Federal
Reserve’s credibility crumbles», Telegraph, 27 giugno 2008.
Tremonti parla della grande crisi in arrivo e cita la
denominazione massonica degli "illuminati" - Parte 1
Tremonti parla della grande crisi in arrivo - Parte 2
APPROFONDIMENTO
Il nostro arretramento pianificato
E’ il Washington Consensus - sempre quello - a cui la
Banca Centrale Europea sta obbedendo. A modo suo: mantiene interessi altissimi e
impone ai Paesi membri più sconquassati «tassi d’inflazione programmata»
ridicoli, raccomandando in più «moderazione salariale». Il lavoro italiano ha
produttività bassa, e quindi il suo potere d’acquisto deve adeguarsi alla
produttività.
Il Movimento Solidarietà pubblica un nuovo dossier per dimostrare che il processo di liberalizzazioni e privatizzazioni attuato in Italia dall’inizio degli anni Novanta non ha portato nessun beneficio al paese. Lo scritto iniziale, elaborato da Claudio Giudici, dimostra che:...
DOSSIER ECONOMIA
Un'altra economia è possibile....