CHIESA CATTOLICA

VERSO UN NUOVO SCISMA?

IL NUOVO LUTERO POTREBBE VENIRE DALL'AUSTRIA.

SE IL MOVIMENTO DEI NUOVI RIFORMATORI DOVESSE OLTREPASSARE

LE ALPI PER LA CHIESA SAREBBE UNA VERA CATASTROFE.

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

Otto parroci su dieci vorrebbero

l’abolizione del celibato

"La Chiesa di Roma corre il pericolo di uno scisma. Metti in guardia i tuoi sacerdoti. Fagli porre fine a quelle false teorie sull’Eucarestia, i sacramenti, la dottrina, il sacerdozio, il matrimonio e la pianificazione familiare. Sono stati sviati dallo spirito menzognero - da Satana - e confusi dalle idee del modernismo. Gli insegnamenti e le leggi divine sono valide per tutti i tempi e applicabili ad ogni periodo." (31 maggio 1965, messaggio della Madonna a Ida Peerdeman - Amsterdam - e destinato al Papa, a cui è rivolto questo suo appello. Queste apparizioni sono state ufficialmente riconosciute dalla Chiesa)

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Nel passato si era soliti identificare i nemici della Chiesa nel comunismo, nella massoneneria e, recentemente, anche nell'Islam radicale. Invece il vero nemico della Chiesa è tutto al suo interno e più precisamente nel suo clero.  Infatti, tra i preti stessi, non è più soltanto una minoranza a chiedere che i sacerdoti possano sposarsi e avere una loro famiglia. O che persone sposate possano diventare preti. Almeno in Austria non è più così: l’80 per cento dei parroci sarebbero favorevoli all’abolizione del celibato ecclesiastico. Un dato sorprendente – e non il solo – emerso nel corso della trasmissione televisiva “Kreuz und quer”, talk-show messo in onda a tarda ora dall’Orf e dedicato in genere a temi filosofico-religiosi, che interessano soltanto a una nicchia molto ristretta di pubblico.

Non così l’ultima puntata di “Kreuz und quer”, nel corso della quale sono stati resi noti e discussi i risultati di un sondaggio svolto tra 500 parroci dall’istituto Gfk Austria, sotto la direzione di Paul Michael Zulehner, teologo della pastorale e studioso dei fenomeni religiosi. L’elemento comune a tutte le risposte raccolte è stata una profonda dissonanza tra la base e i vertici della Chiesa cattolica, come hanno dovuto riconoscere i partecipanti al talk-show (oltre a Zulehner, la professoressa Johanna Rahner, docente di dogmatica, e Helmut Schüller, protavoce del movimento “Iniziativa parroci”).

Del resto, il 52% degli stessi parroci consultati avevano ammesso di avere idee differenti da quelle della Chiesa ufficiale su importanti questioni di fede e di pastorale. Oltre a essere favorevoli all’abolizione del celibato (80%), oltre la metà (51%) si è dichiarata favorevole all’apertura del sacerdozio alle donne. E il 64% ha sostenuto che la Chiesa dovrebbe aprirsi di più al mondo moderno.

Un altro elemento sbalorditivo emerso dal sondaggio riguarda la preparazione dei nuovi sacerdoti: il 92% dei parroci intervistati – quindi quasi la totalità – ha espresso l’opinione che l’educazione delle nuove leve in seminario dovrebbe dare maggiore peso alla loro formazione umana. “È come se i parroci fossero scontenti della nuova generazione di preti”, ha commentato Gerhard Klein, direttore dei servizi religiosi dell’Orf. E ha soggiunto: “I vertici della Chiesa devono agire in fretta, perché la maggioranza dei parroci chiedono le riforme”.

Critici nei confronti del sistema ecclesiastico esistente, ma non nei confronti dei vertici della loro Chiesa. In merito ai casi di pedofilia, per esempio, ben due terzi dei parroci intervistati hanno dato un giudizio positivo sull’azione intrapresa dal cardinale Christoph Schönborn.

 

 

 

INTRODUZIONE

AUSTRIA: APPELLO DEI PRETI ALLA DISOBBEDIENZA

Fonte web

Vento di ribellione nella chiesa cattolica austriaca. Un appello alla disobbedienza è stato lanciato da 329 preti, in cui si pronunciano a favore del matrimonio dei preti, le donne-prete, il diritto per protestanti e divorziati risposati di ricevere la comunione o quello dei laici a predicare e guidare parrocchie. Questo appello alle riforme, in contrasto con il dogma cattolico ha provocato diverse reazioni nell'ambito della Chiesa. Per il teologo Paul Zulehner occorre che la Chiesa cattolica prenda subito delle decisioni per evitare uno scisma.

Il cardinale di Vienna, Mgr Christoph Schönborn, ha immediatamente minacciato di colpire i “riformatori” con sanzioni se non rinunciano entro la settimana ai loro progetti, paragonando i preti contestatori a dei giocatori di calcio che entrano in campo rifiutando le regole del gioco. “Chi dissente, ovviamente ne subirà le conseguenze”, ha detto al quotidiano viennese Der Standard.

Non esiste fare marcia indietro, ha detto il capofila della rivolta, padre Helmut Schüller, che è stato vicario generale di Vienna e braccio destro dell'attuale cardinale Schönborn tra il 1995 e il 1999 ed ha diretto la sezione austriaca della Caritas. La sua campagna - dice - tende a forzare le gerarchie cattoliche perché accettino ufficialmente cambiamenti che sono già nei fatti. Sono numerosi i preti che non rispettano più le regole attuali. Secondo un sondaggio queste posizioni sono condivise dal 76% degli intervistati.

 

 

Helmut Schüller, il Lutero del 21° secolo?

 

 

La Chiesa cattolica d'Austria

rischia lo scisma

Fonte web

Helmut SchüllerOrmai ha un nome: "movimento cattolico di riforma". Il dissenso che sta attanagliando la Chiesa cattolica austriaca non va scemando, al contrario, cresce col tempo e sta prendendo sempre più le caratteristiche di un movimento scismatico. Dove aver raggiunto e superato le trecento adesioni tra i sacerdoti, l'"Iniziativa dei parroci", guidata da Helmut Schüller [nella foto], già vicario generale del cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn, si è data una giornata di riflessione lo scorso 6 novembre, a Linz, nella diocesi nella quale due anni fa una violenta campagna mediatica (sostenuta anche da alcuni vescovi) ha impedito a mons. Gerhard Wagner, il vescovo ausiliare designato da Benedetto XVI, di assumere il proprio mandato perché “tradizionalista”.

Presenti nella città dell’Alta Austria oltre 80 sostenitori, lo stesso Schüller ha voluto rendere conto nei giorni successivi di quanto discusso e deciso. Nella newsletter del movimento datata 11 novembre si legge dunque a sua firma che una prima discussione è stata dedicata a una proposta giunta da aderenti tirolesi: trasformare in futuro quello che fino a questo momento è stato l’”appello alla disobbedienza” in “appello alla responsabilità personale”. Proposta rifiutata a larga maggioranza, perché, ha scritto Schüller, «il concetto di disobbedienza indica chiaramente che a noi interessa l’intero ordinamento della Chiesa, non solo l’iniziativa individuale». Oltre ad aver fatto passare la richiesta che in futuro si promuova un “nuovo dialogo” tra i fedeli e i vescovi e la necessità di «costruire una rete insieme ad altri gruppi di sacerdoti allineati presenti in altre nazioni», la guida del movimento ricorda come nelle discussioni di Linz sia stato richiesto “con grande consenso” di aggiungere al “catalogo delle richieste” da presentare alla Chiesa la possibilità di “mettere bocca nelle nomine dei vescovi”. Tuttavia, più di quanto discusso e deciso il 6 novembre risulta essere importante (e grave) ciò che è avvenuto il giorno precedente, quando come esito di un meeting di studio sul tema “La celebrazione eucaristica in tempi di penuria di preti”, cui hanno preso parte non solo membri della Pfarrer-Initiative ma anche altri “dissidenti” appartenenti a “Iniziativa Laicale” (Laieninitiative), a “Noi siamo chiesa” (Wir sind Kirche), a “Preti senza ufficio” (Priester ohne Amt) e a Taxhamer Pgr-Initiative, sono state elaborate sette tesi. Vediamole:

Com’è piuttosto evidente, si tratta di questioni tutt’altro che nuove, corrispondenti con le richieste di quei cattolici che si autodefiniscono “progressisti” e che sono presenti in tutta Europa. Forti del consenso che starebbe riscuotendo l’”appello alla disobbedienza” tra i sacerdoti austriaci (oltre il 55, fino a punte del 75% su tutte le questioni sopra definite), ma anche degli attestati di solidarietà provenienti dall’estero (l’appello è stato firmato in settembre da dieci preti della diocesi di Rouen) Schüller e i suoi seguaci hanno sottoposto le loro tesi alla conferenza episcopale austriaca, riunitasi dal 7 al 10 novembre a Salisburgo. La posizione del cardinale Schönborn è chiara: “Ogni sacerdote”, aveva già scritto in settembre “così come tutti noi, deve decidere se vuole continuare a percorrere il cammino insieme al Papa, al vescovo e alla chiesa, oppure no”, invitando piuttosto chiaramente i “disobbedienti”, se convinti della loro linea, ad andarsene.

Ora, l’11 novembre, in qualità di presidente della conferenza episcopale, è tornato sulla questione ricordando che «laddove vi sia qualcuno che si dica cattolico, quello deve esserlo anche interiormente». Limitandosi a rispondere con battute, sul tema del celibato in particolare ha semplicemente ricordato che si tratta di “un tema sul quale non si potrà certo decidere in Austria, visto che vi vive meno dell’1% dei cattolici del mondo”. Dopo aver sottolineato l’importanza del continuo rinnovamento cui deve sottoporsi la chiesa, ricordando tuttavia che “da duemila anni non vi è via migliore per le riforme dello stesso Vangelo”, il cardinale ha ricordato come a differenza dei marxisti i cristiani sanno che “sono gli uomini e non le riforme strutturali a modificare la società”. «Invito dunque», questa la sua conclusione, «a tornare a quella scuola di vita che è Gesù Cristo, perché se il rinnovamento della fede non accade anzitutto nell’interiorità qualsiasi struttura, per quanto migliore rispetto alla precedente, non serve a nulla».

 

 

Il cardinale di Vienna, Schonborn, in rotta con il clero austriaco dissidente.

Il rischio c’è e lo ha denunciato il cardinale Schonborn in rotta di collisione

con il clero dissidente che vorrebbe il matrimonio dei preti e la comunione

 per divorziati.

 

 

I preti “disobbedienti” puntano

A una riforma dall’interno

Fonte web

Lo scisma nella Chiesa austriaca è per il momento rinviato. I preti “disobbedienti”, nella loro prima assemblea generale svoltasi a Linz, nella chiesa delle Orsoline, hanno deciso di evitare una rottura definitiva con le gerarchie e di continuare a ricercare una riforma “dall’interno”. Ma senza nessun cedimento. L’”appello alla disobbedienza” lanciato in giugno è stato confermato all’unanimità in tutti i suoi sette punti, in particolare in quelli che si riferiscono all’abolizione del celibato per i preti e alla possibilità per le donne di accedere al sacerdozio.

Ma non perché siano considerati i più importanti. Altrettanto importanti – secondo i promotori – sono quelli che riguardano la Comunione ai divorziati e a chi è uscito dalla Chiesa, così come la possibilità che siano i laici a predicare il Vangelo laddove mancano i sacerdoti. Sono situazioni che i parroci già sperimentano, nella loro quotidiana attività pastorale, ma che le gerarchie negano o fingono di non vedere. L’”appello alla disobbedienza”, dunque, più che un messaggio rivolto ai fedeli, è un messaggio rivolto ai vescovi, perché prendano atto che la disobbedienza c’è già nei fatti, con un quarto dei 4000 sacerdoti che vive un rapporto di coppia, le sempre più frequenti celebrazioni ecumeniche, il commento del Vangelo tenuto dai laici, divenuta ormai prassi in molte parrocchie.

Nel tentativo di agevolare il dialogo con le gerarchie, c’è chi nell’assembla di Linz aveva proposto di modificare il titolo dell’appello: non più “alla disobbedienza”, ma alla “responsabilità”. Alla fine è stato deciso a larga maggioranza di mantenere lo slogan originale, ma è stata ribadita la volontà di proseguire la discussione con le gerarchie ecclesiastiche. In concreto, però, non è stato deciso nulla. Probabilmente si attende che ora siano i vescovi a prendere l’iniziativa.

Ciò potrebbe avvenire prima del previsto, già nella conferenza episcopale che si svolge in questi giorni a Salisburgo, nella chiesa dei Francescani, presieduta dal cardinale Christoph Schönborn. La coincidenza temporale – si fa notare – è del tutto casuale: la conferenza episcopale si tiene ogni anno in autunno e quella in corso era stata convocata prima di conoscere la data della riunione dei preti “disobbedienti”. Sta di fatto che uno dei temi sembra scelto apposta per dare una risposta agli autori dell’appello: “iniziative e proposte di riforma all’interno della Chiesa”.

 

 

Otto parroci su dieci vorrebbero l’abolizione del celibato

 

 

I parroci austriaci vedono una “drammatica

spaccatura” tra la Chiesa e la cultura moderna

Fonte web

Un sondaggio recentemente condotto per conto del “settore religione” del canale televisivo ORF tra 500 parroci austriaci ha dato risultati molto interessanti. I due terzi dei parroci individuano un “minaccioso blocco delle riforme” nella Chiesa cattolica ed una “drammatica spaccatura” tra la Chiesa e la cultura moderna. Il 43% dei preti, a proposito del conflitto sorto dall’“Appello alla disobbedienza”, spera nel dialogo per le riforme convocato dai vescovi; il 15 per cento però teme che i gruppi non riescano ad andare l’uno verso l’altro.

Secondo il sondaggio, il 55% dei parroci ritiene possibile che anche le donne possano diventare preti – in base al vangelo. Con riferimento alla “Pfarrerinitiative” avviata dall’ex direttore della Caritas Helmut Schüller, il sondaggio giunge al risultato che il 70% dei parroci considera in linea di massima positivamente l’appello – in particolare come impulso per necessarie riforme. Tuttavia più della metà degli interpellati non sostiene tutte le singole proposte di riforma. Vogliono “aprire il pacchetto” e discutere uno per uno i singoli punti.

Sulla base di questa ricerca, i 3500 parroci austriaci si potrebbero dividere in tre tipi: il 31% comprende riformatori radicali, in totale accordo con il contenuto dell’ “Appello alla disobbedienza”; il 41% è composto di riformatori moderati, che guardano al movimento in maniera positiva, ma che sollevano delle riserve relativamente a singole posizioni, e il 28% sono decisi oppositori della “Pfarrerinitiative”. Il 60% degli interpellati condivideva in linea di massima questa affermazione: “L’annuncio che i parroci non esprimono più solo desideri, ma agiscono praticamente, contribuisce a dare maggiore credibilità alla Chiesa”. Il 77 per cento si oppone alla richiesta di sanzioni così espressa: “Chi sostiene ostinatamente l’appello alla disobbedienza, deve essere deposto dalla carica, come prevede il diritto canonico.”

Un considerevole 76% appoggia anche, fondamentalmente, l’ammissione di divorziati risposati ai sacramenti. Inoltre, il 71% dice che “colleghi preti sposati con famiglia sono un arricchimento”. Il 60% può immaginare l’immediato impiego nella messa di laici competenti e preparati. La richiesta di riforme trova un’adesione ancora maggiore se la si toglie dal contesto della “disobbedienza”. Ad esempio, il 72% afferma che donne e uomini che sono stati preparati per il “servizio della predica”, debbano poter predicare anche nella celebrazione eucaristica.

Può sorprendere il fatto che, secondo la ricerca, i preti più anziani siano più disponibili di quelli giovani alle riforme: tra coloro che hanno da 61 a 70 anni, solo il 17% è contrario alle riforme, rispetto al 51% di coloro che hanno meno di 40 anni.

 

 

Una liturgia in una chiesa austriaca in tempo di carnevale

 

 

Austria e Irlanda contro il Vaticano

Fonte web

In nuovo Martin Lutero si chiama Helmut Schüller, è lui il portavoce del movimento “Pfarrer-Initiative” che ha redatto l’“Appello alla disobbedienza” firmato già da 300 sacerdoti austriaci. Il manifesto mette in discussione i cardini della dottrina cattolica per proporre una chiesa nuova, svecchiata e capace di stare al passo con la modernità.

Naturalmente il dialogo auspicato dai preti austriaci non è assolutamente accolto da Roma, che come unica risposta propone l’out-out: “Chi pensa che Roma abbia preso una strada sbagliata dovrebbe trarne le dovute conseguenze, e cioè non camminare più sulla via della chiesa romana”. Questo ha dichiarato Egon Kapellari, vice presidente della conferenza episcopale che afferma di temere per l’identità e l’unità della chiesa cattolica.

L’ “appello alla disobbedienza” è stato ufficialmente lanciato il 19 giugno 2011 e i motivi che hanno spinto i sacerdoti a prendere posizioni così dure contro la curia sono diverse. Innanzi tutto il mal riuscito tentativo del cardinale Christoph Schönborn, presidente della Conferenza Episcopale austriaca e arcivescovo di Vienna, di insabbiare e denominare “chiacchiericcio” lo scandalo pedofilia. Questo suo atteggiamento non è stato condiviso dallo stesso papa, dai preti e soprattutto dai fedeli. Questi ultimi, tra l’altro, stanno letteralmente abbandonando le parrocchie mettendole anche in seria difficoltà economica. Come è facile immaginare le pecorrelle smarrite si allontanano anche dalla cassetta delle offerte.

Per far fronte a questa crisi di credibilità, i preti autriaci stanno tentando la via della “disobbedienza” per smarcarsi dalle posizioni della Chiesa Cattolica Romana. Non si tratta certo di noglobal, ma le proposte messe in campo fanno sicuramente rabbrivideire Roma.

Cosa propongono i “disobbedienti”:

1 - Una riforma della Chiesa in cui la libertà individuale e la libertà di coscienza siano un gradino sopra l’obbedienza al Papa. Per riuscire nella realizzazione invocano l’intercessione divina: «Reciteremo in futuro in ogni messa una preghiera per la riforma della Chiesa».

2 - Libertà di pensiero e di parola. Nell’appello scrivono: “Davanti a Dio c’è libertà di parola”. La Chiesa Cattolica ha sempre fatto delle parole un suo punto di forza. Roma è stata sempre in grado di “vestire” le parole di significati che lei le attribuiva e che la comunità dei fedeli ha solo dovuto accettare. Possedendo le parole e indicando i loro significati, la religione cattolica si è spesso eretta e giudice universale del bene e del male. Questo è l’atteggiamento che viene contestato dichiarando “libertà di parola”.

3 - Concedere la comunione a divorziati, risposati, membri di altre chiese cristiane e ai cattolici che hanno abbandonato la chiesa. Gli austriaci auspicano una comunità inclusiva e non esclusiva capace di accoglienza e pariteticità.

4 - Proprio per eliminare il piedistallo sul quale il prete si erige propongono un’ “eucarestia senza prete” così da poter far responsabilizzare e rendere autonomi i fedeli.

5 - “Un nuovo modello di prete“. Il movimento”Pfarrer-Initiative” propone il sacerdozio femminile, l’abbandono del celibato per i sacerdoti che diventerebbero degli amministratori a tempo parziale o a tempo pieno.

Pare quasi di respirare l’aria del 1517, anno in cui Martin lutero, con i suoi studenti affisse sulle porte della cattedrale di Wittenberg, le sue 95 tesi. Oggi le tesi sono meno, ma il nome è rimasto lo stesso: “riforma”.

Se Roma piange, Dublino non ride.

Porta la data del 21 luglio il discorso in Parlamento di Enda Kenny, premier irlandese. Il discorso è stato un vero e proprio attacco sferrato contro il Vaticano, i motivi delle dure critiche prendono le mosse da uno dei temi che hanno scatenato le proteste Austriache: la pedofilia. In particolare il parlamento irlandese, per bocca di Kenny, ha accusato il Vaticano del tentativo di insabbiare, nascondere e non prendere le giuste misure contro gli abusi sessuali commessi dai sacerdoti, pur essendo a conoscenza degli episodi di pedofilia avvenuti nella diocesi di Cloyone per 13 anni (dal 1996 al 2009). Questo atteggiamento ha portato altri bambini ad essere potenzialmente vittime di abusi.

Il discorso del premier irlandese ha espresso tutta la rabbia e l’indignazione non solo della sua parte politica, anche il capo dell’opposizione, Michael Martin, ha condiviso le parole di Kenny. La reazione del Vaticano è arrivata dopo qualche giorno. Il 25 luglio il Vaticano ha richiamato dall’irlanda il suo ambasciatore. Secondo Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, la ragioni del richiamo sono dovute «consultazioni» per rispondere alle accuse. Richiamare un ambasciatore è un atto davvero raro che sottolinea la serietà della situazione e della tensione tra i due stati.

Cosa è successo in Irlanda

Dei casi di pedofilia avvenuti nella diocesi di Cloyone avrebbe dovuto occuparsene il vescovo John Magee, ma il suo intervento non è stato all’altezza della gravità dei reati. Già nel 1997, lo stesso Vaticano aveva chiesto ai vescovi irlandesi di non denunciare alle forze dell’ordine i casi di pedofilia di cui erano a conoscenza ma di risolvere la questione internamente. I vescovi avrebbero dovuto, sempre secondo il documento inviato da Roma, stabilire discrezionalmente una semplice punizione per i sacerdoti che si fossero macchiati del reato di pedofilia. Dopo queste scoperte Johon Magee ha rassegnato le sue dimissioni a marzo di quest’ anno.

Insomma un periodo nero per la Santa Sede che è la prima ad impartire lezioni di “diritto alla vita” quando si tratta di embrioni, ma rifiuta di assumersi le proprie responsabilità quando si tratta di pedofilia. Magari i tanti fedeli che abbandonano le parrocchie gradirebbero anche solo un “atto di dolore” pubblico da parte del Vatcano che spesso invece cerca di far passare in sordina le colpe di cui si è macchiato.

 

 

Vescovi irlandesi dal Papa

 

 

Il principale rappresentante della Pfarrer-Initiative,

 Helmut Schüller, alla prima riunione del

 “Movimento dei parroci irlandesi”

Fonte web

L’associazione irlandese “Association of Catholoic Priests” (ACP) fondata in primavera si è riunita per la prima volta a Dublino il 4 e 5 ottobre per la sua riunione generale costituente. Era presente Helmut Schüller, principale rappresentante della “Pfarrer-Initiative” austriaca, con la quale l’ACP desidera collaborare in futuro. L’ “Appello alla disobbedienza” dei preti austriaci è stato accolto con favore.

La riunione, a cui hanno preso parte 350 persone, ha espresso una severa critica nei confronti della gerarchia e ha richiesto decise riforme nella Chiesa, riferisce il quotidiano “The Journal”: una verifica della dottrina della Chiesa sulla sessualità, un nuovo modo di scegliere i vescovi, l’ordinazione di uomini sposati e di donne. Uno dei principale relatori, Kevin Hegarty, ha detto che la Chiesa irlandese è divisa in due: “Da un lato la Chiesa che costruisce comunità, che mi dà piena soddisfazione, e dall’altro la Chiesa istituzionalizzata, a cui mi sento estraneo.” Ha anche affermato che la Chiesa negli ultimi 30 anni ha impedito le riforme e si è ritirata in un ghetto per difendere strutture superate.

Se ci fossero elezioni democratiche, la Chiesa cattolica vivrebbe oggi in Irlanda la stessa debacle del “Fianna Fail”, il partito che per decenni ha guidato il paese, che nelle ultime elezioni alcuni mesi fa è praticamente caduto nell’irrilevanza. ACP conta già 535 membri e secondo Sean McDonagh nei prossimi giorni si presume che ci saranno 100 nuovi associati.

Helmut Schüller ci ha inviato la seguente relazione sulle sue impressioni dell’incontro di Dublino (i titoli dei paragrafi sono della redazione): C’è fermento tra i preti cattolici irlandesi. Non si può spiegare altrimenti il fatto che la “Association of Catholic Priests” (ACP) fondata in primavera abbia già 535 membri. E questo con finalità ben chiare, come la piena realizzazione della visione e dell’insegnamento del Concilio Vaticano II, con particolare accentuazione del primato della coscienza individuale, della posizione e della partecipazione attiva di tutti i battezzati, di una Chiesa nella quale tutti i battezzati siano trattati allo stesso modo. servizio invece di potere Ovvero: il rinnovamento delle cariche nella Chiesa con la finalità di includere i doni, la saggezza e l’esperienza di tutta la comunità dei credenti, uomini e donne.

Ovvero: il cambiamento del sistema direttivo della Chiesa, che deve essere basato sul servizio e non sul potere e deve promuovere una cultura della consultazione e della trasparenza a tutti i livelli della Chiesa, specialmente nella nomina delle guide della Chiesa. verifica della dottrina della Chiesa sulla sessualità Ovvero: verifica della dottrina cattolica sulla sessualità con il riconoscimento del profondo mistero della sessualità umana e dell’esperienza e saggezza del popolo di Dio. Inoltre: la promozione di pace, giustizia e salvaguardia del creato, a livello locale, nazionale e globale. Il riconoscimento della separazione di Chiesa e Stato. Cerimonie liturgiche in una lingua di facile comprensione, che includa e sia accessibile.

Il rafforzamento dei rapporti con i cristiani di altre Chiese e con le persone di altre fedi. abbandonati dai vescovi L’ACP vuole porre fine al silenzio dei preti che c’è stato fin’ora, esprimendosi con voce autonoma e anche partecipare attivamente alle discussione fondamentali della società irlandese. Si percepiva chiaramente il grande malumore per la mancante direzione della Chiesa da parte dei vescovi a proposito del notevole invecchiamento e del crescente sovraccarico di impegni dei preti. Anche difronte alla rivelazione e alla discussione pubblica di abusi sessuali nella Chiesa i preti si sentono assolutamente lasciati soli dai vescovi. Forte è stata anche la critica alla lingua del nuovo messale di lingua inglese e della sua imposizione dall’alto. ACP riflette sul percorso della Pfarrer-Initiative

Il Consiglio direttivo dell’ACP ha ricevuto una chiara approvazione da parte dei membri di formulare i singoli obiettivi in maniera ancora più precisa e concreta, e di rappresentarli. A questo proposito all’ “Appello alla disobbedienza” della Pfarrer-Initiative in Austria è stata riservata particolare attenzione, appello su cui i membri della ACP erano già bene informati. Al termine della mia relazione sulla situazione attuale ho avuto richieste di chiarimenti in innumerevoli conversazioni. Nelle discussioni plenarie è stato più volte proposto di riflettere sulla possibilità dell’ACP di seguire un percorso analogo. Il Consiglio direttivo dell’ACP ha accolto queste proposte e ha espresso il suo grande interesse per un collegamento in rete con la Pfarrer- Initiative.

 

 

Lo storico della chiesa, Hubert Jedin, che già nel 1968 lanciò

l'allarme alla Chiesa tedesca sul pericolo di un futuro scisma.

 

 

Piccoli scismi crescono, adesso anche

sulle sponde della chiesa del Belgio

 

Fonte web

Dopo l’Austria del primate Christoph Schönborn, il Belgio dell’arcivescovo di Malines-Bruxelles André-Joseph Léonard, due uomini di chiesa di forte sensibilità ratzingeriana.

Non c’è pace per le chiese cattoliche del nord e centro Europa.

Il vento della ribellione di clero e fedeli contro Roma e il papato soffia senza sosta e arriva a scuotere il paese la cui chiesa fino a pochi mesi fa era in mano al cardinale Godfried Danneels, prestigioso primate del Belgio divenuto in poco tempo “il grande orco” che i media vogliono abbia lavorato per offrire copertura ai preti pedofili.

Come in Austria, anche in Belgio sono più di duecento i preti ribelli che, supportati da migliaia di fedeli laici, chiedono con tanto di documento scritto l’ammissione dei divorziati risposati alla comunione, l’ordinazione di donne e uomini sposati e prediche affidate ai laici.

Tra i firmatari dell’appello belga ci sono persone di spicco del cattolicesimo del paese: Roger Dillemans, rettore onorifico della Università cattolica di Lovanio, Paul Breyne, dal 1997 governatore in carica della provincia delle Fiandre occidentali (1,2 milioni di abitanti), Trees Dehaene e Agnes Pas, ex presidente del Consiglio pastorale interdiocesano e infine eminenti sacerdoti come John Dekimpe, Ignace Dewitte e Staf Nimmegeers. La richiesta, nata dal basso, vuole contare su “ampio sostegno in tutte le nostre diocesi”. Perché, dicono i promotori dell’iniziativa, “siamo convinti che, se come credenti prendiamo la parola, i vescovi ascolteranno e saranno pronti a portare avanti il dialogo su queste riforme urgentemente necessarie”.

L’appello arriva in un momento in cui le gerarchie della chiesa belga sono particolarmente sotto pressione. Dopo lo sventramento avvenuto nel 2010 da parte della polizia belga della tomba del prestigioso cardinale Léon-Joseph Suenens alla ricerca di carte segrete, un clamoroso sfondamento della cultura secolarista all’interno della cattolicità, le sortite sono continuate costanti fino all’ultima, lo scorso settembre: una settantina di vittime di preti pedofili aveva denunciato pubblicamente al tribunale di Gand la Conferenza episcopale belga e il Vaticano per non aver fatto nulla per prevenire i presunti crimini avvenuti nella diocesi di Bruges.

E’ anche in forza di queste accuse che parte del clero e dei fedeli chiede riforme: il celibato sacerdotale, in particolare, è visto come la molla scatenante degli abusi.

Il Vaticano chiede a Léonard fermezza ma non è facile. Due mesi fa fu il New York Times a riportare la notizia secondo la quale a Buizingen, a sud ovest di Bruxelles, era nato un movimento alternativo alla chiesa ufficiale dove a dire messa non ci sono più i preti ma i laici. Nella chiesa di don Bosco, infatti, deceduto il parroco, non si è trovato alcun giovane sacerdote in grado di sostituirlo. E così i fedeli hanno dato vita a un nuovo movimento cattolico, in cui a celebrare le funzioni sono i laici.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Promemoria per uno scisma

La chiesa tedesca è attraversata da correnti antiromane che spingono per riforme all’interno della chiesa sulle quali Roma da tempo si è espressa negativamente. L’origine di queste correnti è in quel cattolicesimo vicino ai settori protestanti e che continuamente cerca di adeguare la chiesa al mainstream del pensiero mondano. Il 16 settembre 1968 due grandi storici della chiesa, Hubert Jedin e Konrad Repgen, cercarono di reagire a questa deriva inviando alla Conferenza episcopale tedesca un promemoria. Ma, come ha dichiarato l’altro ieri sull’Avvenire il cardinale Walter Brandmüller, “il testo fu liquidato con sufficienza dal presidente dell’episcopato dell’epoca, il cardinale di Monaco Julius Döpfner”.