BANCA D'ITALIA:

VENDUTA ALLE BANCHE E AL POTERE

FINANZIARIO STRANIERO

 

... e l'oro d'italia a chi finirà?

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

INTRODUZIONE

Se anche l’Italia uscisse dall’euro,

la nuova trappola è già pronta

Fonte web

Il motivo per cui il governo si sta prodigando a modificare a velocità supersonica lo status di Bankitalia è quello di permettere a chi ha condizionato le politiche economiche e sociali italiani tramite l’euro, di poterlo fare anche in futuro tramite la “nuova” lira.

Avviata la definitiva privatizzazione di Bankitalia nel silenzio totale

Crosetto: Visco sta regalando denaro pubblico alle banche?

La denuncia di Guido Crosetto sulla privatizzazione accelerata di Bankitalia è inquietante. Il Governo che non trova un euro per dare anche risposte parziali alle urla di disperazione che salgono dalla Nazione trova il tempo per regalare miliardi alle banche. È inaccettabile. È inaccettabile l’arroganza di fissare l’assemblea straordinaria prima della ratifica del decreto legge da parte del Parlamento. Ma è ancora più preoccupante il silenzio di tutte le forze politiche. Dov’è Grillo? Cosa ne pensa Renzi?

“Via libera del Cdm al provvedimento che «rivaluta le quote di capitale di Bankitalia secondo il documento che Bankitalia ha reso pubblico nei giorni scorsi e che chiarisce la natura dell’operazione». Lo ha detto il ministro Fabrizio Saccomanni al termine del consiglio dei ministri precisando che «la misura che riguarda il capitale della Banca d’Italia serve essenzialmente a migliorare la patrimonializzazione delle banche».

Il ministro ha spiegato che «Bankitalia si trasformerà in public company», parlando del provvedimento per la rivalutazione delle quote. Il tetto al 5% per la partecipazione, infatti, «lascia la porta aperta a investitori europei». Insomma sarà una struttura da public company «di cui nessuno avrà il controllo»

Il decreto amplia poi «il novero dei soggetti italiani ed europei che possono detenere quote del capitale della Banca d’Italia», si legge sempre nel comunicato stampa. I soggetti autorizzati saranno quindi: banche, fondazioni, assicurazioni, enti ed istituti di previdenza, inclusi fondi pensione. Per effetto di questa modifica normativa, «le banche potranno essere autorizzate ad includere le quote nel patrimonio di vigilanza, rafforzandone la base di capitale»

La privatizzazione di Bankitalia va fermata! E va fermata la convocazione dell’assemblea straordinaria di Bankitalia che Guido Crosetto denuncia oggi. É un ulteriore prova della sudditanza di questo potere e questa maggioranza al potere finanziario e bancario. Letta sembra il facente funzione di Bazoli”.  Lo dichiara Massimo Corsaro, deputato di Fratelli d’Italia.

«Prosegue a tappe forzate la marcia verso la privatizzazione di Bankitalia. Senza attendere la conversione del decreto legge e dimostrando un disprezzo totale per il Parlamento, il Consiglio di amministrazione ha fissato per il 23 dicembre l’assemblea straordinaria che chiuderà il percorso avviato dal governo Letta in nome e per conto delle grandi banche italiane. Capisco che Unicredit ed Intesa abbiano la necessità di portarsi a capitale già quest’anno il regalo di 3,5 miliardi che gli fa il governo ma e’ vergognoso che Bankitalia possa fare un cosi grave affronto istituzionale al Parlamento nel silenzio totale di tutte le forze politiche.

Invitiamo il M5S, la Lega, Sel, Forza Italia e tutte le persone libere a far si che questa inutile ed assurda forzatura possa essere fatta. Spero che anche il neo segretario del Pd Renzi possa dare prova del suo distacco da questi poteri forti ed arroganti».

E’ quanto dichiara il coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto.

 

 

Passaparola - La svendita della Banca d'Italia - Lucio di Gaetano

 

Letta parla di investitori stranieri, ma è proprio

 così o sono solo compratori stranieri?

 

 

Fermiamo questo Governo: sta regalando

la Banca d’Italia ad Angela Merkel

Fonte web

Un decreto legge incostituzionale del Governo Letta regalerà la Banca d’Italia alla grande finanza internazionale

Lo scrittore Alberto Roccatano, autore del saggio “Dalle stragi del 1992 a Mario Monti” (di cui raccomando a tutti la lettura, in una sua recente inchiesta ha definito l’attuale Esecutivo”un Governo di congiurati”, dimostrando come la recente rivalutazione delle quote di partecipazione degli enti privati alla nostra Banca Centrale preluda ad un ingabbiamento definitivo del Popolo Italiano. L’obiettivo del Governo del bilderberghino Letta, imposto all’Italia dalla regia di Napolitano, si pone infatti l’obiettivo di impedire agli Italiani, nella cornice della legalità, di recuperare quella sovranità monetaria rivendicata invece in questi giorni di dura protesta popolare.

Anche il giornalista Francesco Forte, dalle pagine del Giornale, ha recentemente denunciato un’ulteriore cessione di sovranità dello Stato da parte di Letta ai poteri forti della grande finanza internazionale, dichiarando che stiamo letteralmente svendendo la Banca d’Italia alla Germania.

pare infatti che questo Governo stia svendendo a Berlino la nostra riserva aurea di 92 miliardi di Euro e 66 miliardi di valute pregiate e la nostra quota del 18% nella Banca Centrale Europea, quella del 3,24% nel Fondo Monetario e il controllo sui 145 miliardi di Euro di circolazione monetaria in Italia.

Più che un dubbio, si tratta di una drammatica certezza. Pochi Italiani si sono presi la briga di andarsi a leggere la Gazzetta Ufficiale del 30 Novembre 2013, e nello specifico il titolo II, riguardante la Banca d’Italia, quello che la autorizza ad aumentare il proprio capitale a 7,5 miliardi e dispone anche che nessuno dei suoi azionisti possa avere più del 5% del capitale sociale. Secondo quanto si legge, gli azionisti possono essere banche e assicurazioni non solo italiane ma anche estere, se hanno sede legale e amministrazione centrale in uno Stato dell’Unione Europea. Il passaggio della Banca d’Italia, già in mano a voraci banche e assicurazioni private, ad un effettivo controllo estero, alla luce dell’introduzione di queste norme, non è una ipotesi irreale, ma un serio e concreto rischio. Infatti, in base alla regola del 5%, il 43,8%  delle quote attuali di banche italiane dovrà essere venduto. Intesa San Paolo dovrà cedere il 25,3%, Unicredit il 17,3% e la Cassa di Bologna l’1,2%. Totale 43,8%. Inoltre, come rileva Francesco Forte, ci sono già tre soggetti finanziari esteri che possiedono quote di Banca d’Italia. Due, ossia la Banca Nazionale del Lavoro (di proprietà della BNP-Paribas) e la Allianz, non hanno la sede e l’amministrazione centrale in Italia ma in Francia e Germania. Le Assicurazioni Generali, pur avendo sede e direzione centrale in Italia, non hanno una maggioranza di controllo interamente italiana. La BNL ha il 2,8%, la Allianz l’1,3 e le Generali il 6,3. In totale, quindi, i soggetti esteri di diritto o di fatto già hanno il 10,4% del capitale di Bankitalia. Sommato al 43,8 di soggetti italiani, che va ceduto, fa il 54,2%. Qualcuno potrà obiettare che ci possano anche essere soggetti finanziari italiani interessati a comprare quote della Banca d’Italia, come ad esempio Cassa depositi e prestiti. Ma sin qui sono state contate solo le quote che dovranno vendute obbligatoriamente, non tutte quelle che possono, in teoria, essere vendute: cioè tutte quelle dei proprietari attuali. E fra questi, come rileva sempre Forte, qualcuno potrebbe avere necessità o elevata convenienza a vendere, ad esempio La Fondiaria, che fa parte del gruppo Ligresti. Inoltre, la convenienza a vendere potrà dipendere dal prezzo che verrà offerto. E una banca non italiana dell’Unione Europea potrebbe offrire un prezzo allettante per ottenere una partecipazione “strategica”.

Questo decreto legge consente inoltre agli attuali detentori delle quote di Bankitalia in eccesso al 5% di tenerle nel proprio patrimonio in parcheggio, senza diritto di voto e senza utili. Una tale partecipazione è accettata dal collegio sindacale di una banca o di un’assicurazione solo in attesa di vendita a un prezzo soddisfacente. Diversamente si tratta di un cespito che non avrebbero convenienza a mantenere, avendo ogni società per azioni, come fine, il profitto. E ciò soprattutto quando si stia discutendo di riserve patrimoniali obbligatorie.

Avete capito, quindi, dove vogliono andare a parare Letta e Saccomanni? Con una maggioranza estera della Banca d’Italia (maggioranza che ne deterebbe quindi il controllo), saremmo costretti a restare, con le mani legate, dentro il sistema dell’Euro perché non conteremmo più nulla. Non avremmo più alcuna voce in capitolo in sede BCE e in sede di istituzioni bancarie, come l’Unione Bancaria Europea, sorvegliata dalla Bce. Saremmo vincolati a tal punto che non potremmo uscire dall’Euro neanche se lo volessimo, o se un eventuale referendum popolare lo sancisse, perché le nostre riserve auree valutarie sarebbero nel totale controllo di banche estere che potrebbero rifiutare di emettere Euro-Lire, garantite da tali riserve.

Francesco Forte si chiede perché mai il ministro dell’Economia Saccomanni abbia pensato ed attuato una norma che crea gravosi rischi di perdita di autonomia alla nostra economia. La risposta sta probabilmente nella visita del “saccheggiatore dei campi di battaglia” (come l’ho definito in un mio precedente articolo) a Berlino per una riunione segreta e riservata con il Presidente della Bundesbank e il Ministro tedesco dell’Economia Schaueble, riunione, secondo varie indiscrezioni che sono filtrate, finalizzata a discutere l’Unione Bancaria Europea.

Occorre denunciare subito che, quelle pubblicate dalla Gazzetta Ufficiale, sono norme incostituzionali, in primis perché poste in un decreto legge mentre a esse manca ogni requisito di necessità e urgenza, e poi perché violano l’articolo 47 della Costituzione, I comma, che stabilisce che la Repubblica disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Con una Banca d’Italia a maggioranza estera (il che sarebbe una novità assoluta nel panorama delle Banche centrali) la politica del credito viene gestita dall’estero. Il potere monetario non può e non deve essere venduto (anzi, in questo caso svenduto) a soggetti esteri per decreto legge.

Chi avvalla o permette simili colpi di mano nel silenzio più assoluto dei giornali e all’insaputa dell’opinione pubblica, è un criminale e un traditore della Nazione. E dovrebbe trovare posto nelle patrie galere, non sui banchi del Governo. Un Governo peraltro ormai delegittimato e che dobbiamo mobilitarci tutti per far cadere al più presto, per evitare che possa fare ulteriori danni.

Mi chiedo dove sia la Magistratura e perché continui a guardare dall’altra parte. Anche i magistrati sono uomini e sono padri di famiglia. Vogliono veramente che i loro figli crescano in un’Italia totalmente asservita alla grande finanza usurocratico-bancaria internazionale?

Ci sarà mai un magistrato che finalmente apra gli occhi e faccia mettere sotto sequestro tutte le quote private della Banca d’Italia? Forse il momento è vicino, lo stiamo tutti aspettando!

 

 

DISCOUNT ITALIA - Privatizzazioni & Fallimento Nazionale

 

 

NON C’E’ NIENTE DA PRIVATIZZARE,

MA TUTTO DA NAZIONALIZZARE.

Fonte web

Definire il contesto in cui viviamo, “una società” sembrerebbe una barzelletta se non fosse una tragedia! Il Grande Inganno perpetrato nei confronti della cittadinanza e che ha fatto decadere il concetto di società, è la conseguenza delle privatizzazioni di beni che, dallo Stato (cioè noi!) sono passati nelle grinfie dei privati. Individui che per definizione vanno ascritti nella categoria dei criminali, e per tanto ogni loro azione è volta al profitto e all’interesse particolare, al privilegio e al potere.
Il risultato finale è un aumento sconsiderato delle tariffe energetiche, una qualità dei servizi ben sotto la soglia della decenza, e un inquinamento endemico che ha messo a rischio e compromesso la salute di tutti noi – sempre più cornuti e mazziati! Se la privatizzazione, producesse reali vantaggi alla collettività, la stessa non esisterebbe! Come del resto la politica che, se fosse di qualche utilità sociale, sarebbe vietata!!

Quale privato rischierebbe tanto, se la privatizzazione non fosse un piatto così ricco e allettante da ficcarcisi dentro fino al collo e con tutta l’ingordigia ascrivibile a questa moderna razza di vampiri? Oggi sentiamo spesso parlare di “privatizzazioni/liberalizzazioni” come la panacea a tutti i mali: fattore di crescita e di sviluppo indotto dal meccanismo concorrenziale. Fesserie!!! Chiunque, dotato del normale buon senso e di capacità critica, non può davvero credere o semplicemente immaginare per un solo momento, che gli effetti di una tale, ipotetica riforma possano produrre un qualsiasi vantaggio per la comunità.

Ciò che é privatizzabile, lo è già naturalmente, mentre tutto il resto, è solo un grande e sporco affare consumatosi sulla nostra pelle!
Se alcuni settori economici sono controllati dallo Stato, è perché, diversamente, sarebbero oggetto di speculazione. Questo è il reale motivo, solo e unico! Acqua, energia e carburanti (per fare un esempio), sono fuori, da questa logica, perché non concorrenziali (monopoli naturali).
L’acqua non è vino, dove il produttore può giocare sulla qualità, sul vitigno, sul colore, l’annata, l’origine, il prezzo! E questo vale per tutti quei beni che io definirei monolitici – fermi. Che differenza c’è fra il prezzo di un carburante e un altro? Inezie!!
Questo perché, le varie compagnie fanno cartello, adeguandosi al prezzo più alto.

Se potesse esistere una ipotetica concorrenza fra i vari carburanti – se per esempio un certo gasolio, facesse percorrere 5 km in più al litro rispetto a un altro – i consumatori lo sceglierebbero in massa, e i concorrenti sarebbero costretti a chiudere le pompe di benzina.
A questo punto, ne rimarrebbe uno solo a dimostrazione che certi beni sono, per definizione, non privatizzabili.
Privatizzarli, e sinonimo di inciviltà e raggiro, e quindi, di disprezzo per la comunità, e un insulto all’intelligenza dei cittadini.

Un’altra bestialità, è la gestione dei rifiuti da parte dei privati. I risultati sono disastrosi e sotto gli occhi di tutti!
Ma io credo però che la più sciagurata delle privatizzazioni, la Madre, o come volete chiamarla, sia stata quella della televisione.
I danni apocalittici che ha causato, che causa, e che in futuro produrrà, hanno superato ogni più catastrofico pronostico – la conseguenza per avere sistematicamente contrabbandato una visione distorta e falsata delle cose per mero commercio, e che in maniera stridente fa a pugni con la realtà di tutti i giorni.

Ergo, quando ancora sento parlare di “privatizzare e liberalizzare” come strumenti di crescita e sviluppo, i soli idonei per combattere la crisi del capitalismo, mi vengono i brividi e, ancora di più, prendo coscienza di quanto, le conquiste di questo secolo, siano state nefaste per tutta l’umanità.

Nel frattempo i ghiacciai marciscono e si spengono. I fiumi arrivano al mare con il loro micidiale carico, di bombe chimiche. Un incalcolabile, numero di fabbriche fumanti, si fottono miliardi di metri cubi di acqua, rendendola inutilizzabile, putrida e vuota. I signori della MINERALE, ipotecano per sempre la nostra sete e la privatizzazione degli acquedotti, in seguito, ci appiopperà il colpo di grazia. Il MERCATO DELLA SETE e il suo indotto, sono l’ultimo e più grande affare del Liberismo Relativista. Dopo di che a noi, non resta che pregare, sperando che dall’altra parte ci sia qualcuno ad ascoltarci.

Non c’è dunque proprio niente da privatizzare ma tutto da nazionalizzare – che siano compagnie aeree, treni o banche, telefonia, TV o energia, perché solo in questo modo potremo restituire al concetto di “società civile” il suo autentico significato e sperare in un domani più degno e più giusto. Forse!!!

 

 

Di chi è l'oro della Banca d'Italia? (e chi vuole metterci le mani)

 

 

Banca d’Italia, quella strana fretta

sulla rivalutazione a 7,5 miliardi

Fonte web

La valorizzazione delle quote dell'istituto centrale finisce in un decreto legge. Festeggiano Intesa Sanpaolo e Unicredit, che incasseranno 3,5 miliardi

La cosa è ancora tutta da spiegare. Ci riferiamo al decreto legge che dovrebbe disciplinare la nuova Imu dai nomi cangianti, la vendita di immobili pubblici e la rivalutazione del capitale della Banca d’Italia nonché la modifica della sua compagine azionaria. Il decreto è al Senato ed è ancora al “caro amico” presso la commissione Finanze e Tesoro. Gli aspetti che più incuriosiscono di questo provvedimento sono le norme sulla Banca d’Italia. Sia chiaro, la rivalutazione del capitale della Banca centrale fermo al 1936 andava assolutamente fatta anche se inserirla in un decreto di urgenza appare indubbiamente esagerato. Ma non è la forma che ci incuriosisce. Gli effetti di questa rivalutazione a 7,5 miliardi di euro di un capitale fermo a 300 milioni di vecchie lire porta un incremento patrimoniale, in particolare alle due banche che hanno quote maggiori, Intesa San Paolo con poco più del 30 per cento e Unicredit con poco più del 20 per cento. Un incremento patrimoniale che per l’istituto guidato da Giovanni Bazoli è di poco superiore ai 2 miliardi di euro e per Unicredit di circa 1,5 miliardi di euro.

Non sono bruscolini ma non risolveranno i problemi che possono avere le nostre due banche maggiori che hanno dentro la propria pancia parte rilevante dei 145 miliardi di euro di prestiti in sofferenza. Altro effetto della rivalutazione potrebbe essere quello di un maggiore gettito tributario per il momento non previsto dalla norma come invece è accaduto, nel passato, per la rivalutazione dei cespiti delle imprese. Il motivo è incomprensibile vista la penuria di fonti di copertura a cominciare proprio dall’Imu. La ragione forse, sta nel vecchio detto popolare noblesse oblige, trattandosi della nostra Banca centrale ben al di sopra delle miserie quotidiane che riguardano famiglie, imprese, banche e lo stesso Stato nazionale.

Il ventennio all’ombra di via Nazionale

Stando così le cose, allora, davvero non si comprende l’inserimento nella decretazione di urgenza di queste norme riguardanti la Banca d’Italia. La malizia, però, è il nostro pane quotidiano e forse la risposta al nostro interrogativo sta in altre norme contenute nello stesso decreto legge sempre riguardanti la Banca d’Italia. La normativa introdotta amplia il numero dei possibili partecipanti al capitale della nostra Banca centrale riducendo, nel tempo, al 5 per cento il massimo delle quote possedibili (oggi Intesa e Unicredit hanno più del 50 per cento del capitale). Il motivo è che ieri queste due banche, così come altri istituti, avevano natura pubblica e oggi che son private la loro partecipazione va ridotta. Sembra una giusta prudenza salvo che ci si accorge del fatto dopo quasi vent’anni dalla privatizzazione delle nostre maggiori banche e che, nel contempo, si apre il capitale del nostro mostro sacro anche a soggetti finanziari esteri ancorché limitati al perimetro della comunità europea. E qui sbandiamo, un po’ per malizia e un po’ per ignoranza. Ma come, adesso vendiamo all’estero anche le quote della nostra gloriosa Banca centrale? Abbiamo subito voluto vedere se vi fossero casi analoghi in Europa.

Il governo, nella sua relazione, ci dice che negli Usa, in Svizzera, in Giappone e in Belgio le Banche centrali sono aperte ai privati anche non nazionali. A noi risulta che anche la Grecia è della partita. Insomma, le grandi democrazie europee, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e via di questo passo non aprono a campioni esteri il capitale delle loro Banche centrali. E allora? Confessiamo di non saper rispondere, ma siamo convinti che l’argomento vada sviscerato e vadano richiesti al ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni, le ragioni di questa strana e solitaria apertura. Saccomanni, peraltro, è l’ennesimo nome di Banca d’Italia che guida la nostra economia. Anche su questo qualche riflessione, forse, è tempo di farla. Negli ultimi vent’anni, offuscati dalla scontro permanente Berlusconi-Prodi con pochi comprimari (Monti-Letta) non ci siamo accorti che il trascorso ventennio politico potrebbe essere definito come il ventennio della Banca d’Italia. Per oltre nove anni degli ultimi venti, infatti, l’economia italiana è stata messa nelle mani di un governatore della nostra Banca centrale (Ciampi) e di tre suoi autorevoli direttori (Dini, Padoa Schioppa, Saccomanni). Perché la politica è fuggita da queste responsabilità? E perché la Banca d’Italia e i suoi vertici si sono così frequentemente prestati a un impegno tanto diverso dalle proprie competenze? Sete di potere, voglia di prestigio? Difficile, vista la stabilità e il prestigio dei ruoli svolti in Banca d’Italia da Ciampi, Dini, Padoa-Schioppa e Saccomanni rispetto alla precarietà del ruolo di ministro. É stato forse il dovere verso il Paese a farli scendere in campo? Visti i risultati, il Paese, forse, ne avrebbe fatto volentieri a meno.

Negli anni Novanta ci sono state vendite di società pubbliche per oltre 150 miliardi di euro e il ruolo del ministro del Tesoro, azionista unico di quasi tutte le aziende vendute, è stato determinante. Dovremmo allora scomodare Dante con il suo “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare” per capire la chiamata degli uomini della Banca d’Italia alla guida della nostra economia? Lasciamo l’interrogativo senza risposta nella speranza che non si facciano altri pasticci, perché diversamente su questo ventennio si staglierebbe davvero l’ombra lunga della Banca d’Italia e allora, diversamente da Virgilio, dovremmo “dimandare”.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

La strategia anglo-americana dietro le privatizzazioni

 in Italia: il saccheggio di un'economia nazionale

Il 2 giugno 1992, a pochi giorni dall'assassinio del giudice Giovanni Falcone, si verificava in tutta riservatezza un altro avvenimento che avrebbe avuto conseguenze molto profonde sul futuro del Paese. Il «Britannia», lo yacht della corona inglese, gettava l'ancora presso le nostre coste con a bordo alcuni nomi illustri del mondo finanziario e bancario inglese: dai rappresentanti della BZW, la ditta di brockeraggio della Barclay's, a quelli della Baring & Co. e della S.G. Warburg. A fare gli onori di casa era la stessa regina Elisabetta II d'Inghilterra. Erano venuti per ricevere alcuni esponenti di maggior conto del mondo imprenditoriale e bancario italiano: rappresentanti dell'ENI, dell'AGIP, Mario Draghi del ministero del Tesoro, Riccardo Gallo dell'IRI, Giovanni Bazoli dell'Ambroveneto, Antonio Pedone della Crediop, alti funzionari della Banca Commerciale e delle Generali, ed altri della Società Autostrade.

 

ALTO TRADIMENTO ALLA NAZIONE, Chi sono i responsabili

del disastro italiano e che ruolo hanno avuto

Gli imputati di alto tradimento alla nazione non vengono processati dai tribunali civili ma da quelli militari. La nostra classe dirigente può essere facilente incriminata per alto tradimento alla nazione. Gli uomini responsabili del tradimento sono: