BIN LADEN MORTO?
E SE A MORIRE NON FOSSE STATO
IL VERO BIN LADEN, MA...
(a cura di Claudio Prandini)
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A sinistra il vero Bin Laden a destra l'ultima versione data dagli americani tratta da un video rilasciato dal Pentagono dopo la sua presunta morte e che risale invece al 2007. E' evidente che non sono la stessa persona. E se fosse stato il cugino Khamir, che già dai primi anni del 2000 si faceva passare per Osama Bin Laden, ad essere ucciso dagli americani perché ormai non più utile? |
IL CAIRO - Uno dei figli di Bin
Laden sostiene che lo sceicco del terrore è ancora vivo e mette in dubbio
la notizia della sua uccisione nel blitz di domenica scorsa delle forze
speciali americane ad Abbuttabad, in Pakistan. Lo rivela il giornale
egiziano al-Wafd: il quotidiano scrive che "fonti della famiglia di Bin
Laden" hanno riferito di una telefonata ricevuta martedì mattina da due
fratelli del terrorista, Khalid e Abdelaziz, ed effettuata da Samy bin
Laden, figlio di Osama. |
Intervista a Osama bin Laden
di Massimo Mazzucco (2007)
L’appuntamento era in un bar del centro,
alle 7 di sera. Un uomo vestito di chiaro, con un distintivo colorato
all’occhiello, mi attendeva seduto su uno dei primi sgabelli, vicino
all’ingresso.
Non appena mi diressi verso di lui scese dallo sgabello, mi strinse la mano, e
mi invitò a seguirlo fuori dal bar.
- Quindi lei è interessato a parlare con il Signor bin Laden... – mi disse
camminando svelto.
- Certo. Purché sia quello vero... – risposi io con malcelata ironia.
L’uomo mi guardò di traverso, come se non avesse capito la mia battuta.
- No, dicevo, siccome ultimamente ne abbiamo viste diverse versioni ... –
farfugliai in qualche modo. Ma l’uomo rimase assolutamente serio.
- Lei vuole incontrare Ushama bin Laden – disse rimarcando l’esatta pronuncia
araba del nome - della famiglia saudita dallo stesso cognome, giusto?
- Certo, lui.
- Si accomodi allora - mi disse, invitandomi ad entrare nella hall di un grande
hotel ...
... davanti al quale stavamo passando in quel momento. Io rimasi stupito, ma a
quel punto non dissi più nulla. L’uomo mi condusse lungo un paio di corridoi,
fino ad un piccolo ascensore celato in un angolo poco visibile, che ci portò
fino all’ultimo piano dell’albergo.
- Il Signor bin Laden vive qui da molto tempo. Non esce mai dalle sue stanze.
- Beh certo, non credo che farebbe molta strada, senza essere notato ... -
azzardai io.
Nuovamente l’uomo mi guardò come se non avesse capito la mia battuta. Infilò una
scheda magnetica nella serratura dell’unica porta che c’era in fondo al
corridoio, la aprì, e mi fece segno di entrare davanti la lui. Mi fece poi
accomodare nell’ampia sala silenziosa, dove rimasi in attesa, da solo.
I rumori della città erano improvvisamente lontani, ovattati. Mi guardai in
giro, incuriosito, alla ricerca di qualche dettaglio significativo, ma non
notavo nulla di particolare: l’arredamento era informale, un misto di antico e
moderno, con pezzi di buona qualità ma senza una scelta stilistica precisa.
Si aprì una porta alle mie spalle. Mi alzai e mi voltai, ma mi trovai di fronte
ad un uomo che chiaramente non era bin Laden. Più solido dello sceicco, e di
statura chiaramente inferiore, avrà avuto una cinquantina di anni al massimo.
Vestiva all’occidentale, aveva i capelli scuri e folti e portava dei baffetti
sottili, senza la minima ombra di barba. Portava in paio di occhialini con
montatura di tartaruga, e solo quando mi sorrise, stringendomi la mano, ebbi per
un attimo la sensazione di rivedere un volto familiare.
Si accomodi - mi disse l’uomo con voce pacata, mentre si sedeva di fronte a me.
Ero talmente interdetto dalla sua presenza che non riuscivo ad aprir bocca. Lui
colse in pieno il mio stupore, e mi chiese:
- Lei aveva chiesto di incontrarmi, vero?
- Io avevo chiesto di incontrare Osama bin Laden... – puntualizzai.
L’uomo allargò le braccia, come per dire “nessun problema, allora”, e poi
aggiunse con un sorriso:
- Sono a sua disposizione.
- Ma... - esitai io - forse si tratta di un caso di omonimia, ma io cercavo...
L’uomo mi guardava incuriosito, sorridendo gentile.
- Cioè, la persona che pensavo di incontrare era molto diversa.. nel senso che
...
- Che io sappia, esiste un solo Osama bin Laden – disse ricalcando l’esatta
pronuncia usata dal personaggio che mi aveva condotto da lui - e quello sono
sicuramente io. Glielo posso garantire.
Mi guardai in giro, spaesato, e solo allora mi resi conto che nella stanza non
vi era nulla di “attuale”, di recente, come un quotidiano, una rivista, o
qualunque altra cosa che potesse aiutarmi a chiarire in qualche modo la
faccenda. Mi venne allora in mente che avevo appena acquistato un paio di
settimanali, e allungai la mano nella mia borsa per prenderli, dicendo:
- Mi scusi, mi permetta solo un attimo ...
L’uomo continuava ad osservarmi incuriosito, mentre sfogliavo a caso uno dei
settimanali, senza nemmeno sapere bene cosa cercare. Fortuna volle che trovassi
un servizio che parlava proprio di terrorismo, e che portava anche, inserita in
un riquadro, una foto di bin Laden. Non era grande, ma il volto si vedeva
abbastanza bene.
Ecco – dissi passandogli la rivista – questa è la persona che intendevo io.....
L’uomo guardò l’immagine per un solo istante e poi disse:
- Ma questo è Khamir, mio cugino! Non mi dica che si va spacciando per me,
adesso!
- Veramente - azzardai – lo va facendo da quasi sette anni. Anzi, da prima
ancora del 2001.
L’uomo mi restituì la rivista con una scrollatina di spalle, come se la cosa non
lo interessasse più di tanto.
- Mi deve perdonare – disse – ma io vivo chiuso qui dentro da più di quindici
anni, e non so assolutamente più nulla di quello che accade nel mondo esterno.
A quel punto lo stupore si doveva essere stampato sul mio volto in maniera
indelebile, poiché l’uomo cambiò atteggiamento, dicendomi:
- E’ stata una scelta personale, sia chiaro. Nessuno mi ha obbligato. Ho fatto
questa scelta per poter intraprendere un percorso di ricerca spirituale, e ho
sentito il bisogno di separarmi prima completamente dalle questioni mondane.
Vedendo che il mio stupore non si placava, l’uomo continuò:
- Guardi che non è mica necessario ritirarsi per forza in una grotta a meditare,
per arrivare all’illuminazione. Anzi, quello è un metodo sicuro per farsi venire
i reumatismi. Io fortunatamente disponevo dei mezzi per farlo con un minimo di
comfort, e non vedo perché avrei dovuto rinunciarvi, no?
- Sì sì, no, certo. Quindi, lei vive chiuso qui dentro da quindici anni?
- Quasi sedici, per l’esattezza.
- Ma scusi... la televisione? I giornali...? Come fa a non sapere...
Fece un gesto con la mano, come a spazzare via ciò che non serve.
- Ah! L‘ultima volta che vidi un televisore acceso fu all’aeroporto di Zurigo,
credo. Ma non ricordo nemmeno cosa stessero trasmettendo, ad essere sincero.
Ricordo piuttosto i volti inebetiti della gente che lo guardava, quelli si. Ma
io già da tempo avevo smesso di seguire la TV e leggere i giornali. Sono cose
per chi ancora si interessa degli affari del mondo, quelle.
- Capisco – dissi mentre cercavo di dare un senso a quello che mi diceva. – Se
quindi io, ad esempio, le dico “undici settembre”, per lei non significa nulla?
- Certo che significa qualcosa. L’undici settembre, se non sbaglio, fu la data
in cui gli americani fecero il colpo di stato in Cile, no?
- Ah sì? – dissi io, del tutto spiazzato – Questo non lo sapevo.
- O forse lei si riferisce ai massacri di Sabra e Chatila? Anche quelli
accaddero in quella data, se non ricordo male.
- Beh, diciamo che l’undici settembre di qualche anno fa, il 2001 per essere
precisi, è accaduto un fatto molto importante, che da allora condiziona
praticamente tutto quello che accade nel mondo.
- E lo hanno fatto gli americani, anche quello?
- Questo non si sa, ancora non lo si è capito bene. Il problema è che dicono
tutti.. in realtà dicono che sia stato lei, ed era per questo che volevo....
L’uomo esplose in una risata che riecheggiò nella stanza per un tempo che mi
parve infinito. Una volta ripresosi, allungò una mano per toccare il mio
avambraccio, dicendomi con tono complice:
- Vorrà dire Khamir, casomai!
- Beh, insomma, diciamo l’uomo che si vede in quella fotografia, ecco.
- Certo che è Khamir, si fidi. L’ho riconosciuto a prima vista. E cosa avrebbe
fatto di così terribile il mio caro cugino?
- Beh, raccontarlo in due parole non è facile. Se lei davvero non sa nulla di
quello che accade nel mondo....
- Caro amico – mi disse interrompendomi con grazia - mi permetta un piccolo atto
di presunzione: se ho deciso di disinteressarmi delle cose del mondo non è
perché le sentissi estranee a me stesso, o mi risultassero in qualunque modo
incomprensibili, ma per l’esatto contrario: arrivati ad un certo punto si scopre
che le cose non è più necessario conoscerle, perché già le sappiamo. Dentro di
noi, sappiamo già tutto quello che serve sapere, ma fino ad un certo punto della
vita non sappiamo di saperlo, e quindi continuiamo a cercarlo fuori di noi, nel
mondo esterno.
Si sporse un po' in avanti e abbassò leggermente la voce, come a rivelarmi un
piccolo segreto:
- Il mondo si comporta secondo schemi e meccanismi eternamente identici a se
stessi. Cambia la forma, cambia l’aspetto esteriore, ma la “struttura” degli
eventi, ovvero l’interrelazione fra gli elementi che contribuiscono a creare
quel tipo di evento, è sempre la stessa.
Tornò a sedersi all’indietro, in una posizione più rilassata.
- Visti da fuori cambiano i volti, cambia la situazione, cambia il momento
storico, ma le forze – disse sottolineando il termine – “le forze” che agiscono
nelle diverse situazioni sono sempre le stesse. E una volta che hai imparato a
riconoscerle....
Ci fu un momentaneo silenzio, poi io dissi:
- Quindi lei mi sta dicendo che può benissimo immaginare cosa è successo
l’undici di settembre del duemilauno, senza saperne nulla di preciso?
- No, certo che non posso. Come farei? Mica faccio l’indovino, di mestiere. Le
posso però dire questo: qualunque cosa lei mi racconti, non potrà mai stupirmi
più di tanto.
- Nemmeno se le dicessi che le Torri Gemelle di New York sono state abbattute? E
che oggi non esistono più?
- E perché mai dovrei stupirmi, scusi? Anzi, da quel che ricordo erano due
giganti costosissimi da mantenere, tecnicamente obsoleti, e inoltre con il loro
perimetro bloccavano il traffico in tutta la punta Sud di Manhattan. Era ora che
le togliessero di mezzo, casomai.
- Certo che le hanno tolte di mezzo, ma .....
- Mi sembra pure che fossero piene di amianto, se non ricordo male, e nessuno
voleva assumersi l’onere di farlo rimuovere, perché costava troppo.
- ... esatto – ripresi io – Ma è il modo in cui le hanno tolte di mezzo, che
forse lei non conosce. Vede, le Torri Gemelle sono state colpite da alcuni
dirottatori arabi, che hanno sequestrato degli aerei per condurli a sbattere
contro di loro....
- Glielo ho già detto – mi disse intrerrompendomi nuovamente con grazia - non mi
interessa l’aspetto formale delle cose, il “come” è accaduto un certo evento.
Quello che conta è “cosa” è accaduto, il risultato finale. Le Torri davano
fastidio? Sì. Sono cadute? Sì. E ora non danno più fastidio. Il succo della
faccenda è tutto lì.
- Se è solo per quello - aggiunsi io - in seguito a quei crolli sono stati
incolpati dei musulmani, cioè suo cugino, insomma, lui e i suoi uomini di
Al-Queda, e quindi gli Stati Uniti hanno invaso l’Afghanistan....
- Ecco, vede, meglio ancora: avranno preso due piccioni con una fava. Lasci
perdere i “quindi” e i “siccome”, mi creda, e si limiti al fatto compiuto: se
gli Usa hanno invaso l’Afghanistan, vuole dire che avevano un motivo per farlo,
e quello di certo non vengono a raccontarlo a lei.
- Beh, in realtà lo hanno pure detto, il motivo: era per catturare lei, cioè,
suo cugino, e per fare fuori gli uomini di Al-Queda.
. Ma cosa sarebbe questa “Al-Queda”, mi scusi?
- Al-Queda è l’organizzazione terroristica che coordina tutti gli attentati
islamici nel mondo.
- Addirittura! – commentò quasi divertito – E che cosa vorrebbero dal mondo gli
“islamici”, con tutti questi attentati?
- Niente di particolare, a quanto pare. E’ una questione culturale, dicono.
Semplicemente ce l’hanno con noi, perché ci ritengono degli infedeli....
- “Con noi” chi, scusi?
- Con tutti noi. Con l’occidente, con il capitalismo, con il consumismo, con il
cristianesimo...
- E siccome ce l’hanno con l’occidente fanno gli attentati? Cosa vogliono,
secondo lei, distruggerlo tutto con un’esplosione alla volta?
- Non è “secondo me”, mi scusi. E’ secondo.. tutti. Secondo i giornali, secondo
le Tv, secondo .. quello che tutti sanno insomma.
- Certo, certo, mi scusi. Ma mio cugino cosa dice in proposito? Non sarà mica
così imbecille da....
- Lui non dice niente, perché in realtà non si trova. Sono sei anni ormai che lo
cercano. Però si sa ad esempio che il suo numero due, Al-Zawiri, ha parlato più
volte di una fatwa...
- Al-Zawhari? – mi chiese l’uomo, correggendo la mia pronuncia – Lei sta
parlando di Ayman Muhammad Rabaie Al-Zawahri, per caso?
- Sì, credo. Quello che sta sempre accanto a bin Laden, insomma.
- Ora capisco tante cose - disse l’uomo fra sè e sè - Ma lei lo sa chi è
Al-Zawahri?
Feci cenno di no col capo.
- Al-Zawahri fu una delle menti che organizzò l’attentato ad Anuar el-Sadat, il
presidente egiziano che fu ucciso da un commando durante una sfilata militare.
Non so se lo ricorda...
- Qualcosa, vagamente...
- Fu un tentativo di colpo di stato da parte dei fondamentalisti religiosi, che
non amavano la strada pro-occidentale intrapresa da Sadat, e volevano che
l’Egitto tornasse sotto la guida del Corano. Ma il colpo fallì, e invece di
insorgere accanto agli attentatori, l’esercito rimase fedele al governo. Molti
degli attentatori furono così uccisi sul posto, mentre gli altri furono
processati e poi messi a morte, uno dopo l’altro. Tutti, meno Al-Zawahri.
Secondo lei perché?
Mi strinsi nelle spalle. Non ne avevo la minima idea.
- Come fa, secondo lei, uno degli ideatori di un’azione del genere a uscirne
vivo, una volta arrestato, ritrovandosi addirittura libero pochi anni dopo?
- Ha saltato la staccionata, forse?
- Mi sembra evidente - disse l’uomo con chiaro compiacimento - Si è venduto al
nemico, è ovvio. E Al-Zawhari lo fece, guarda caso, dopo aver tradito altri
cospiratori che erano riusciti a sfuggire all’arresto. E ora che lei mi dice che
compare sempre accanto a Khamir....
- E’ lui che lo manipola, mi sta dicendo? – dissi io, folgorato sulla via di
Damasco.
- Me lo sta dicendo lei, in realtà, da quanto mi racconta. Devo riconoscere che
Khamir è un gran simpatico, ma non è certo la persona più astuta di questo
mondo. E’ sempre stato un idealista, un buono per natura, al punto che basta
mettergli un serpente qualunque accanto e gli fai fare quello che vuoi.
- Come ad esempio?
- Non lo so, ma non fatico a immaginarlo. Convincerlo a fare azioni, o
dichiarazioni, il cui significato possa poi essere distorto con comodità dai
media occidentali, ad esempio. Oppure convincerlo a manovrare quattro disperati
in una certa direzione, quando lo scopo ultimo è completamente diverso da quello
dichiarato. Oppure, molto più semplicemente, ne hanno “usurpato” il nome,
costruendogli addosso il personaggio di cui avevano bisogno, e poi in qualche
modo lo hanno fatto sparire. Le possibilità sono praticamente infinite, in casi
come questi.
Ci fu un lungo silenzio, nel quale probabilmente ciascuno di noi riorganizzava
al meglio le proprie idee. Poi l’uomo disse:
- Mi deve scusare, ma non sono più abituato a questo tipo di conversazioni, e le
notizie che lei mi porta non mi rendono affatto felice. Sento anzi che questo
incontro mi sta trascinando di nuovo in una zona della mente che ho già scelto
da tempo di abbandonare.
Mi dispiace – dissi alzandomi immediatamente – Non era certo la mia
intenzione....
- Non si preoccupi, il problema è mio, non suo – mi disse accompagnandomi verso
la porta - Sono io che sono “rimasto indietro” con i tempi, questo mi pare
evidente.
Prima di congedarmi gli chiesi:
- Mi permetta un’ultima domanda, signor... bin Laden, giusto?
- Vuole che le mostri il passaporto? – mi chiese sorridendo gentile. – E’
scaduto, ma le garantisco che il mio non è contraffatto.
- No, non ce n’è bisogno. Mi fido della sua parola. Mi dica, perché ha accettato
di parlare con me?
- Vuole che le dica la verità?
- Certo - risposi io.
- E’ sicuro che poi non si offende?
- Assolutamente no, glielo garantisco.
- L’ho fatto semplicemente perché lei me lo ha chiesto. Vede, i miei uomini
hanno la proibizione di parlarmi direttamente, per rispetto della mia clausura,
ed erano anni che non conversavo più con nessuno. E così ho voluto provare a
vedere se ero ancora in grado di comunicare con un altro essere umano. Lei è
stato il primo a presentarsi, in tutto questo tempo, e io ho pensato bene di
cogliere l’occasione. Tutto qui.
Nuovamente non riuscivo a nascondere il mio stupore, e nuovamente lui lo notò.
- Aveva promesso di non restarci male, però... – mi disse
- No, no, infatti... Ma perché, lei non riceve mai richieste di interviste? Da
parte di altri, intendo dire?
- No, mai. E ora che mi ha raccontato quello che mi ha raccontato, ne capisco
anche il motivo. Ci sono altri che parlano per mio conto, evidentemente, e pare
che lo facciano molto bene.
- Ma se lei, che ne so, un domani convocasse una conferenza stampa....
- A che scopo, scusi?
- Beh, per far sapere al mondo che lei, cioè che lei non è lei, intanto, e poi
che non ha mai fatto quello che dicono che ha fatto, ad esempio.
- Questo dovrebbe casomai farlo mio cugino, nel caso sia ancora vivo. Ormai è
lui, ufficialmente, “Osama bin Laden”, ed è lui, a quanto pare, che si è fatto
infinocchiare con quel nome addosso. Ma probabilmente non crederebbero nemmeno a
lui, figuriamoci quindi se crederebbero a me, che “non ho nemmeno la faccia di
bin Laden”. Mi guardi bene, la prego: sono forse io Osama bin Laden? Mi dica,
potrei mai essere Osama bin Laden?
Mi resi perfettamente conto di quello che voleva dire.
- Ora che ci penso - dissi - suo cugino ci ha pure provato, a far sapere al
mondo che non era stato lui a buttare giù le Torri. Ma nessuno gli ha dato
retta. Ricordo che qualche giorno dopo gli attentati si fece intervistare da un
giornale pakistano, e disse qualcosa come “la mia religione mi impedisce di
uccidere donne e bambini innocenti, e inoltre da qui io non sarei mai in grado
di organizzare una cosa del genere. Guardate piuttosto ai vari servizi segreti
nel mondo”. Ma la cosa passò del tutto inosservata.
- Certo che passò inosservata. Ormai “era stato lui”, per quel che riguardava il
mondo, e non c’era più nulla da fare. Lo aveva deciso chi gli ha teso la
trappola molto tempo prima, e poi evidentemente se lo è lavorato con tutta
calma. Agitarsi a quel punto diventa persino doloroso.
L’uomo mi strinse la mano con calore sincero, dicendo:
- Non se ne abbia a male, caro amico. Come le ho detto, si tratta di meccanismi
enormi, più grandi di qualunque essere umano, che si ripetono identici a se
stessi nel corso della storia. Noi siamo solo i burattini occasionali, ma non
c’è modo di cambiarne veramente il corso.
- Ma... sono destinati ad andare avanti per sempre, questi “meccanismi”? -
chiesi io, leggermente preoccupato.
- No, per sempre proprio no – rispose sorridendo – Diciamo fino a quando
l’umanità non avrà imparato a ragionare con il proprio cervello.
- Allora c’è ben poco da fare, temo...
- Non dica così, coraggio! Lei stesso, ad esempio, oggi ha fatto un piccolo
passo avanti, o sbaglio?
- Si, ma....
- Ma che cosa? Mi vuole forse dire che gli altri sono meno intelligenti di lei?
E allora, sia più ottimista, su! Cominci ad esempio a pubblicare da qualche
parte questa mia intervista. Magari non succederà nulla, ma lei il suo dovere lo
avrà fatto fino in fondo, e a quel punto starà agli altri decidere se prenderla
o meno in considerazione.
Devo confessare che quella sera, dopo aver ricomposto in qualche modo i miei
pensieri, e dopo aver cacciato a fatica un montante senso di nausea, provai una
strana sensazione di serenità. Durò solo un attimo, ma fu sufficiente a ridarmi
la voglia di vivere e di sorridere ad ogni nuovo giorno che nasce sulla Terra.
È giusto esultare per la
morte di un uomo?
La notizia
della morte di Osama Bin Laden ha scatenato reazioni scomposte di esultanza e di
giubilo, le quali, se possono essere umanamente comprensibili fra i parenti
delle vittime del terrorismo di Al Qaida, lo sono molto meno da parte di uomini
politici, giornalisti e intellettuali.
Non staremo a fare del facile moralismo o a ricordare che se, come dice il poeta
John Donne, nessun uomo è un’isola, allora non devi chiedere per chi suona la
campana a morto, perché essa suona per ciascuno di noi; e non lo faremo perché
ci rendiamo ben conto che la questione non è solo morale, ma riveste anche una
fortissima valenza politica.
Esaminiamo brevemente i fatti e gli antefatti.
Gli antefatti sono stati chirurgicamente selezionati dai mass media occidentali per avvalorare l’idea di un Grande Nemico, di un Vecchio della Montagna al quale si devono più o meno tutti gli attacchi terroristici di matrice islamica fondamentalista negli ultimi dodici o tredici anni; e, parallelamente per far dimenticare il fatto incontrovertibile che quello stesso personaggio era stato finanziato per anni dai servizi segreti statunitensi in funzione antisovietica, al tempo della fallimentare invasione dell’Afghanistan da parte dell’Armata Rossa.
Allora Bin Laden non era un terrorista, anzi, il Principe del terrore, ma un patriota musulmano che lottava contro il comunismo e meritava sostegno strategico e finanziario; solo più tardi, e specialmente dopo l’11 settembre del 2001, egli è assurto a simbolo di quanto vi è di malvagio, di demoniaco, in quella parte di umanità che non si assoggetta alla Pax americana e che ricusa protervamente i benefici e le delizie dell’Occidente moderno; e ciò nonostante che un americano su tre non creda tuttora alla versione ufficiale sui fatti di quella giornata.
Non addentriamoci sulla impossibilità che le Twin Towers siano crollate a quel modo, ripiegandosi su se stesse, per l’urto di due aerei dirottati e lanciati contro di esse; né sull’oscuro episodio degli “israeliani danzanti”, arrestati poco dopo l‘attentato e poi subito, misteriosamente, rilasciati e rimpatriati; e nemmeno sul fatto che il presidente Bush junior abbia lamentato l’attacco terroristico qualche minuto prima che si verificasse: sono tutte questioni specifiche, sulle quali esiste, comunque, una discreta letteratura, per chi voglia prendersi la briga di leggerla e non si accontenti delle versioni addomesticate fornite dal governo statunitense.
I fatti sono che un commando di marines americani, agendo sul territorio di un Paese amico, il Pakistan, che non era stato minimamente informato dell’operazione e, quindi, violandone la sovranità in modo plateale, hanno assassinato Bin Laden davanti agli occhi della moglie e della figlia dodicenne, non nel corso di uno scontro a fuoco, come - mentendo - era stato detto in un primo momento, ma a freddo, sparando su un uomo disarmato, sorpreso all’interno della sua casa con la famiglia e due sole guardie del corpo.
Nemmeno di questo ci scandalizziamo più di tanto: da Machiavelli in poi, siamo abituati a pensare che, in politica, il fine giustifica i mezzi e che il principe deve saper entrare anche nel male (senza però, secondo il segretario fiorentino, avere la sfrontatezza di chiamarlo bene), quando le circostanze lo richiedano, ossia quando lo richiedano le superiori esigenze dello Stato e della sicurezza collettiva.
Del resto, gli Americani hanno una lunga tradizione in quel particolare genere di operazione militare che consiste nella eliminazione fisica di un avversario considerato particolarmente pericoloso: dall’ammiraglio giapponese Yamamoto, abbattuto nei cieli del Pacifico durante la seconda guerra mondiale, in quello che fu un vero e proprio agguato, fino al primo tentativo di far fuori Gheddafi con il bombardamento di Tripoli del 1986 (quando comunque venne uccisa una sua figlia adottiva), reiterato, in questi giorni, dai volonterosi alleati europei della N.A.T.O.
Non ci scandalizziamo di uno o dell’altro di codesti aspetti, considerati singolarmente o anche nel loro insieme, perché sarebbe ipocrita far finta che la politica internazionale, specialmente delle grandi potenze, non sia fatta anche di queste cose, a dispetto di quello che credono e di quello che dicono, in buona o in mala fede, certe anime belle.
Il “punctum dolens” è un altro e cioè la contraddizione, morale e politica, che una operazione del genere porta inevitabilmente con sé, da parte di una potenza imperiale, l’unica oggi di dimensioni mondiali, la quale sostiene di incarnare non solo il Liberalismo e la Democrazia, ma addirittura il Bene nella sua eterna lotta contro il Male; e che, inoltre, si basa sul principio della assoluta libertà d’informazione, di parola e d’opinione, ma non osa mostrare ai suoi concittadini le fotografie del cadavere dell’Arcinemico, ben sapendo l‘effetto boomerang che esse provocherebbero.
Ingenuo
sarebbe chiedersi perché Bin Laden non sia stato catturato e trasportato negli
Stati Uniti, per subire un processo pubblico e una condanna esemplare, ma si sia
preferito assassinarlo, mentre era disarmato, sparandogli alla testa: troppo
alta era la probabilità che un simile processo avrebbe ulteriormente eccitato
gli animi dei fondamentalisti islamici ed esposto perciò gli Stati Uniti alla
rappresaglia terroristica.
Comprensibile, quindi, che si sia preferito ucciderlo e gettarne il corpo in
mare, affinché la sua sepoltura non divenisse meta di pellegrinaggi che
avrebbero contribuito alla sua glorificazione “post mortem”: comprensibile,
anche se non bello.
Senza
contare che Obama non aveva alcuna intenzione di giocarsi la riconquistata
popolarità che proprio l’eliminazione di Bin Laden gli aveva così insperatamente
restituito, per uno scherzo del destino, visto che l’operazione avrebbe potuto
benissimo verificarsi prima o dopo la sua contestata presidenza.
Ciò detto, bisogna pur aggiungere che lo spettacolo di esultanza e di tripudio
cui si è assistito, non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa (passando per
alcuni dei nostri ineffabili ministri del governo Berulsconi, immancabili mosche
cocchiere della discutibile operazione americana in Pakistan), ha qualcosa di
veramente repellente, di profondamente inumano.
Abituati,
dal cinema di marca hollywoodiana, a considerare giusto e normale che il cattivo
venga immancabilmente ucciso, ci siamo moralmente imbarbariti: un Innominato che
si converte e cambia vita; un Renzo che perdona a don Rodrigo, mentre questi
giace moribondo al Lazzaretto, ci sembrano esempi anacronistici, puerili,
melensi e bigotti, degni di quel bacchettone di Alessandro Manzoni; noi
preferiamo la pistola giustiziera di John Wayne.
La nostra non è più l’Europa di Cesare Beccaria, è diventata l’Europa di Rambo,
di Indiana Jones e dell’Agente 007, beninteso con licenza di uccidere.
A forza di
invocare una Europa laica, una Europa irreligiosa che rinneghi le proprie radici
cristiane, stiamo infine raccogliendo i frutti di ciò che i nostri
intellettuali, debitamente progressisti e filoamericani, hanno volonterosamente
seminato, per anni e decenni: la barbarie.
Siamo diventati dei barbari, come i barbari che diciamo di voler combattere;
siamo regrediti al livello degli antichi Romani, che si beavano - uomini e
donne, vecchi e fanciulli - degli spettacoli del Circo, dove i nemici
dell’Impero venivano costretti ad ammazzarsi tra loro oppure venivano impalati,
crocifissi, sottoposti alla ruota, gettati nell’olio bollente o esposti alle
bestie feroci, per essere divorati vivi.
Non c’è
nulla di bello, nulla di grande, nulla di scusabile in questo sorridere e
brindare, in questo fare il tifo per la morte, sia pure per la morte di un
nemico pubblico estremamente pericoloso; non c’è nulla che ci renda moralmente
diversi da lui.
Inoltre, non c’è l’ombra di una riflessione politica, di una autocritica per gli
errori dell’Occidente, per l’arroganza degli Stati Uniti; per le guerre del 2001
contro l’Afghanistan e del 2003 contro l’Iraq di Saddam Hussein - quest’ultimo,
come è definitivamente provato, a differenza dei Talebani, mai stato amico di Al
Qaida e, anzi, deciso avversario di essa.
Nessun “mea
culpa” per quei milioni di morti - perché di milioni si tratta, anche se i media
occidentali non ne parlano; e, inoltre, nessun “mea culpa” per il male
irreparabile che è stato fatto alle antichissime comunità cristiane del Nord
Africa e del Medio Oriente, le quali, dopo secoli e secoli di convivenza
pacifica con l’Islam, si trovano ora esposte al pericolo di un vero e proprio
genocidio, dall’Egitto all’Iraq, dal Pakistan all’Indonesia.
Qualcosa si è già visto ad Alessandria d’Egitto, con la strage dei copti
avvenuta il giorno di Capodanno; ma da anni, dal 2003, i cristiani dell’Iraq
sono esposti ad attentati simili: da oggi, possiamo bene immaginare cosa
succederà in Pakistan.
E anche
queste sono conseguenze delle scellerate guerre volute, testardamente e
pretestuosamente cercate e perseguite, con fredda e cinica determinazione, dalla
presidenza di Bush Junior, in omaggio alla politica dissennatamente
filo-israeliana perseguita dallo staff neoconservatore di “Big” Cheney, Paul
Wolfowitz e di Condoleezza Rice, essenzialmente per compiacere la potentissima
lobby ebraica di New York.
C’è un terribile vuoto culturale, spirituale, intellettuale, nell’Europa
odierna; e non parliamo, per carità di Patria, di come si è mossa l’Italia in
questa congiuntura internazionale, compresa la crisi libica: «nave sanza
nocchiero in gran tempesta, non donna di province, ma bordello», come diceva già
il gran padre Dante, qualcosa come sette secoli or sono.
Sarebbe
tempo che gli Europei tornassero ad essere quel che sono stati in passato: che
riscoprissero le ragioni della propria civiltà, senza disprezzo per le altre, ma
anche senza complessi di inferiorità, specialmente verso il troppo potente
“alleato” americano.
Bin Laden non è stato un grand’uomo.
È stato un criminale e un predicatore di odio: questo è certo e nessun sofisma,
nessun ragionamento arzigogolato, potrebbero cambiare un tale dato di fatto.
Sta a noi, ora, non contribuire a farlo diventare un mito per milioni di esseri
umani: alla nostra moderazione, alla nostra saggezza, alla nostra lungimiranza.
Non è nei
cromosomi della nostra cultura abbandonarsi all’esultanza per la morte di un
essere umano, fosse pure il peggiore degli uomini; non è nel nostro stile gioire
perché un nemico è stato assassinato.
Se ciò avviene, allora vuol dire che quel male che stiamo combattendo, è
penetrato a fondo dentro di noi; perché, come osservava giustamente Nietzsche,
non si può guardare a lungo nell’abisso, senza che l’abisso guardi dentro di
noi.
Questo, sul piano morale.
Sul piano politico, staremo a veder quale nuovo Arcinemico si inventeranno adesso gli Stati Uniti, dal momento che un potere imperiale, specialmente quando si sente minacciato, non può fare a meno di crearsi una immagine del Male che serva da spauracchio per tacitare l’opposizione interna e da bandiera per animare le proprie truppe.
Se Bin Laden non ci fosse stato, Bush junior avrebbe avuto bisogno d’inventarselo: perché la mobilitazione permanente contro il terrorismo non è che il programma di una guerra senza fine contro un nemico purchessia, finché anche l’ultimo angolo del mondo non sarà stato aperto alle meraviglie del libero mercato e della democrazia.
Il bello è che non sappiamo nemmeno se sia mai esistito, Bin Laden; nel senso che non sappiamo se egli era, fisicamente e politica mentente, quello che ci è stato presentato, a partire dal 2001, dalla Vulgata liberaldemocratica.
Forse era solo un ologramma, un programma computerizzato, una serie di sosia chirurgicamente fabbricati allo scopo; forse, dopo il primo, ne salteranno fuori un secondo, un terzo, un quarto, come dal cappello di un prestigiatore.
C’è
qualcosa di abnorme, di patologico, nell’immagine di una superpotenza mondiale
che lotta contro un uomo solo; qualcosa da cattivo film d’azione, da film
hollywoodiano di quart’ordine, tutto sangue, violenza e teste di cuoio.
Qualcosa di fasullo.
Comunque la si voglia mettere, c’è qualcosa, in tutta questa vicenda, che non
torna; c’è qualcosa che non convince. Paranoie complottiste, farneticazioni
antiamericane? Forse; chissà.
Ma, nell’era di Matrix, in cui stiamo vivendo, abbiamo il dovere di vagliare con attenzione ogni indizio, ogni possibilità, ogni sospetto di essere strumentalizzati, come tanti utili idioti.
Il falso Bin Laden
Stanno falsificando la storia... Ci stanno trattando come dei polli!
Bin Laden morto?
La sceneggiata continua!
Il mondo civile
esulta. Nelle principali città statunitensi, le persone invadono le strade per
festeggiare, ma attenzione perché non è il capodanno ebraico (appena passato),
ma si brinda alla morte del capo di al Qaeda: il pericolosissimo Osama bin
Laden.
Siamo finalmente giunti al capolinea: bin Laden è stato ucciso in un raid degli
Usa in Pakistan.
Ufficialmente la fine drammatica dopo una lunghissima caccia al regista
principale degli attentati dell'11 settembre 2011 negli Stati Uniti.
I leader di tutto il mondo hanno salutato con favore la sua morte, ma l'euforia
è compensata dal timore di ritorsioni e dall'ammonimento di una rinnovata
vigilanza contro eventuali attacchi.
Addirittura il
democratico presidente Usa, Barak Obama, oggi ha detto che "questo è un buon
giorno per l'America". "Il nostro paese ha mantenuto il suo impegno
affinché fosse fatta giustizia. Il mondo è più al sicuro, è un posto
migliore dopo la morte di Osama bin Laden".
Stranamente, in un periodo delicatissimo con una guerra illegittima e criminale in Libia
Viene da
chiedersi, dove il criminale patentato, l’uomo più ricercato nel pianeta, ha
passato gli ultimi anni della sua vita. Forse in qualche caverna segreta del
Pakistan? Oppure in qualche grotta dell’Afghanistan? Macché, i funzionari Usa
hanno detto che bin Laden è stato trovato in una villa da un milione di dollari
a circa 60 chilometri a nord di Islamabad. Un posto dove nessuno al mondo poteva
pensare di trovare il vecchio miliardario saudita.
Sempre fonti
ufficiali dicono che dopo 40 minuti di combattimenti, bin Laden è stato ucciso
assieme ad altre persone.
Un commando di incursori della Marina, i mitici Navy Seals, si sono calati dagli
elicotteri direttamente sopra il tetto della casa di bin Laden nella capitale
del Pakistan.
Un alto funzionario alla sicurezza americano ha specificato alla Reuters, che è
stata "un'operazione per uccidere", sottolineando però che "se avesse
sventolato la bandiera bianca della resa sarebbe rimasto vivo".
E' alquanto difficile immaginare bin Laden mentre sventola una bandiera bianca!
L’attuale
direttore della C.I.A., Leon Panetta ha detto che sicuramente al Qaeda cercherà
di vendicare l'uccisione di bin Laden. Non si capisce bene se la sua è una
profezia oppure una minaccia!
"I terroristi - continua Leon Panetta - quasi certamente cercheranno
di vendicarlo, e noi dobbiamo, e lo faremo, restare vigili e risoluti".
Quindi non c’è nulla da festeggiare, anzi. La morte del leader storico e
indiscusso di al-Qaeda, è l’inizio della vera guerra.
La cosa che
però fa veramente sorridere è stata la sepoltura di bin Laden secondo il rito
islamico.
Bin Laden infatti sarebbe stato sepolto in mare dal ponte di una portaerei
americana nel nord del mar Arabico dopo essere stato lavato secondo i costumi
islamici ed aver ricevuto un funerale religioso.
Il suo corpo prima è stato lavato e avvolto in un lenzuolo bianco e poi un
ufficiale ha letto un testo religioso tradotto in arabo da un interprete. Dopo
la lettura, il corpo è stato posto su una tavola piatta, ribaltato, e calato in
mare, ha detto un funzionario americano.
Possiamo
immaginare un comportamento più bello e democratico di questo?
Lo stavano cercando (vivo o morto) da numerosi anni e una volta ucciso il suo
funerale sembra quello di un capo di Stato?
Il governo degli Stati Uniti, invece di sbrodolarsi e gongolarsi davanti al
mondo intero, facendo semplicemente vedere il corpo privo di vita, preferiscono,
in nome della religione farlo sparire nel mare? Ma possiamo veramente credere ad
una simile idiozia?
Siamo così
inebetiti che possono raccontarci simili favole? Forse qualcuno ai piani alti,
pensa proprio di sì!
Ma anche loro per ebetaggine non scherzano, perché stando all’imam di Napoli,
Yasin Gentile: “seppellire
un corpo in alto mare,
come è accaduto, non è una procedura rispettosa dei precetti
dell'Islam che prevede una ritualità precisa”.
“La decisione degli americani contrasta con i principi della sharia”,
ha detto il membro del Comitato dei ricercatori dell'istituto del Cairo!
Quindi la scusante religiosa è assurda due volte.
E’ bene specificare che Bin
Laden non era ricercato per gli attentati dell’11 settembre 2001, dove sono
morte oltre tremila persone, come invece viene affermato dal governo centrale.
Questo è il motivo per cui nel sito ufficiale del F.B.I. c’era una taglia di 25
milioni di dollari sulla sua testa, ma dell’attacco alle Torri Gemelle di New
York nessun accenno.
Come mai l’Ufficio Federale non associa bin Laden al World Trade Center?
Forse perché non hanno le prove che l’attentato è stato organizzato dal gruppo
fantomatico chiamato al-Qaeda?
Se non è stato
il terrorismo islamico internazionale chi ha potuto eludere con aerei di linea,
la difesa più potente e gli spazi aerei più impenetrabili del mondo? Demolendo
tre torri e bucando il Pentagono?
Ricordiamo infatti che bin Laden, è stato un uomo della C.I.A.: creato, istruito
e finanziato dai servizi segreti statunitensi per scopi geostrategici e
geopolitici.
Fu "messo al lavoro"
La stessa cosa è avvenuta con moltissimi dittatori criminali sparsi nel mondo,
uno per tutti, Saddam Hussein: prima pagato e armato per combattere la guerra
fratricida contro l’Iran dal 1980 al 1988, poi diventato nemico da impiccare.
Come molti
analisti hanno denunciato da anni, bin Laden molto probabilmente sarebbe morto
anni fa, e mantenuto in vita tramite messaggi audio, video totalmente
falsificati, per dare il messaggio al mondo che il pericolo è sempre in agguato,
che il terrorista è sempre pronto ad attaccare.
Ufficialmente dicono di avere il suo dna che confermerebbe essere appunto bin
Laden. A parte il fatto che dopo un giorno avere già un esame completo del dna è
alquanto miracoloso, ma si sa che i laboratori militari sono abituati ai
miracoli. Il punto è un altro, perché pochi ricordano che il miliardario saudita
è stato curato diverse volte da medici americani, come per esempio nell’ospedale
militare americano a Dubai, nel luglio 2001? Ecco il dna!
L’ultima falsificazione in
ordine cronologico, direi vergognosa ed eclatante, è proprio l’uccisione
mediatica di bin Laden.
La foto del corpo esanime di bin Laden, circolata subito dopo, è stata smentita,
per ovvie ragioni e non serve essere un esperto di grafica computerizzata per
smascherare l’evidente fotomontaggio. Si tratta dell’ennesimo falso clamoroso,
una foto ritoccata dagli analisti del settore con montaggi, prendendo pezzi da
altre foto, parti di testa di altre persone e in cui si vedono zone sgranate e
sfocate come occhi e orecchio sinistro. Per non parlare del corpo che si vede
sotto la barba, che sembra essere aggiunto a posteriori.
Altre foto stanno spuntando in rete, tutte ovviamente rigorosamente false.
La Casa Bianca sta attendendo
– non si sa bene cosa - di pubblicare le vere foto del blitz, quelle che
testimonierebbero il trasferimento del cadavere e addirittura il funerale!
Con le foto agghiaccianti che circolano nel web sulle varie guerre criminali,
sulle violenze dei soldati statunitensi in Iraq, Afghanistan e Guantamamo,
queste immagini sono così tremende che non sanno se darle oppure no in pasto ai
giornalisti? Giornalisti-squalo che stanno pubblicando in questi giorni articoli
a dir poco vergognosi.
Ma state tranquilli perché "alla fine - dice il capo della Cia, Panetta -
una foto verrà diffusa". Stanno forse aspettando che arrivi un esperto
serio in fotoritocco computerizzato?
L’unica cosa
certa è che ufficialmente e mediaticamente, Osama bin Laden non serviva più da
“vivo”, anche se probabilmente era morto da tempo.
Può trattarsi della classica arma di "distrazione di massa", per deviare
l'attenzione dell'opinione pubblica, oppure, e questo potrebbe preoccupare un
po', se la sua ibernazione mediatica è finita, ci potranno essere
altre cose in serbo per noi tutti che prenderanno il suo posto...
La casa dove è stato ucciso, secondo Obama, Bin Laden.
E se ad essere ucciso fosse stato invece il cugino
fantoccio Khamir, ormai non più utile?
In morte di un ologramma
Gli “eroici” Navy Seals americani hanno
ucciso Osama Bin Ladin, l’inafferrabile icona del
terrorismo olografico internazionale, l’ectoplasma più ricercato del
pianeta, fin dai tempi dell’autoattentato alle torri gemelle dell’11 settembre
2001, riguardo al quale lui stesso, quando ancora possedeva una dimensione
corporea, aveva più volte ribadito la più completa estraneità.
La “sconvolgente” notizia campeggia in formato maxi lusso sulle prime pagine di
tutti i media, con una tale ridda di foto, articoli, retrospettive,
precognizioni, indiscrezioni e valutazioni dotte, da tenere impegnato il lettore
almeno per qualche settimana, sempre che si legga di buona lena e senza troppe
distrazioni.
Ci sono i racconti concernenti i risvolti dell’operazione militare di grande
prestigio ed estrema difficoltà, perché ammazzare un ectoplasma non è una
passeggiata che s’improvvisa così su due piedi.
C’è la narrazione della sepoltura del “corpo” in mare, secondo le modalità del
rito islamico, dal momento che quando si ammazza un ologramma non occorre
attendere qualche giorno prima di fargli il funerale, anzi si può procedere
perfino in anticipo rispetto all’assassinio e sei poi il rito islamico prevede
tutt'altra cosa in fondo poco importa.....
Ci sono
le dichiarazioni dell’onorevole del PDL Michaela Biancofiore che vede
nell’uccisione di Osama un miracolo del nuovo santo Wojtyla, dando della vicenda
una visione mistica ricca di suggestioni.
Ci sono i filmati delle manifestazioni di giubilo a Ground Zero, i timori che
l’ologramma anche da morto possa istigare masse di pixel a diffondere il terrore
in giro per il mondo come ritorsione. L’esultanza di Karzai che nell’accaduto
coglie una “lezione” per i talebani, condita dalla speranza che le truppe
occidentali tornino presto a casa loro, risparmiando la vita di donne e bambini.
Il rimprovero del Vaticano che ricorda come la morte non vada festeggiata,
atteggiamento che potrebbe svilire l’entusiasmo della Biancofiore. E poi
tantissimi filmati, tante foto, tante dichiarazioni, tanto di tutto.
Andando oltre la facile ironia, senza dubbio anche la morte di un ologramma pone
interrogativi reali, parte dei quali molto inquietanti e che meriteranno di
venire sviscerati nel tempo.
La scomparsa ufficiale di Bin Ladin potrebbe essere indicativa della fine di un
decennio in cui le guerre imperialiste americane sono state giustificate solo e
sempre attraverso
lo spettro del terrorismo olografico e dimostrare come ormai i tempi siano
maturi, perché le rivoluzioni colorate che corrono su twitter e facebook si
sostituiscano ai terroristi mascherati che correvano nelle videocassette del
Pentagono.
Al contempo potrebbe rivelarsi prodromica di un progressivo disimpegno americano
in Afghanistan e in Iraq, volto a privilegiare l’occupazione militare di altri
territori più appetibili nel prossimo futuro, quali la Libia, la Siria, il
Marocco, l’Egitto, ma anche quell’Iran che per la Casa Bianca rappresenta
un’onta da lavare, ormai vecchia di oltre trent’anni.
Ma non è da escludere che, al contrario, il Pentagono intenda invece usare la
scomparsa dell’ologramma, proprio per rianimare di fittizia vita il di lui
esercito “del male” e riproporre in grande stile la lotta al terrorismo, fidando
sugli ottimi risultati ottenuti durante l’ultimo decennio.
Nessuna ipotesi può essere sposata con certezza assoluta, così come molte ed
indecifrabili potrebbero essere le vie che hanno portato all’assassinio virtuale
che per lungo tempo catalizzerà l’attenzione dei media.
L’unica certezza è caratterizzata dal convincimento che nulla venga fatto mai
accadere per caso. Chi ha spento i pixel di Osama Bin Ladin, aveva ottime
ragioni per agire in questo senso e tutti noi non tarderemo a prendere coscienza
delle stesse, sempre ammesso che nel futuro in preparazione ci sia ancora spazio
per prendere coscienza di qualcosa.
APPROFONDIMENTO
11 SETTEMBRE 2001: VOI CI CREDETE?
Finora era prevalsa l'idea che bin Laden fosse morto per le sue precarie condizioni di salute nel dicembre 2001. Secondo altri è sopravvissuto fino al 26 agosto 2006. La fretta con cui gli Stati Uniti hanno fatto sparire il corpo di Osama bin Laden, gettato in mare meno di dodici ore dopo la sua uccisione in Pakistan, senza la possibilità di una conferma indipendente sulla sua identità, alimenta inevitabilmente dubbi e sospetti. Anche perché, secondo numerose fonti attendibili, lo sceicco saudita era già morto nel dicembre del 2001 (secondo alcuni nell'agosto 2006).