DOPO CAROSELLO

TUTTI A LETTO...

QUANDO ERAVAMO BAMBINI...

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

INTRODUZIONE

C'ERA UNA VOLTA CAROSELLO...

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Carosello nasce nel 1957, quando la Rai apre le porte alla pubblicità. Per vent’anni (fino al 1977) tutti i giorni alle 20,50 sarà uno degli appuntamenti televisivi più seguiti. La formula è, forse, l’esempio più alto dell’opera di “italianizzazione” della TV fatta dalla RAI. In Carosello si opera il più disinvolto parassitismo culturale, riciclando i numeri del teatro di rivista, del cinema e della TV stessa. Ogni scenetta dura 135 secondi ed è composta da due parti: nella prima una breve storia in cui non è mai nominato il prodotto reclamizzato; nella seconda (il “codino”), assai più breve (massimo 30 secondi), il messaggio pubblicitario. Come ha scritto Le Figaro, “Carosello è il contributo più originale dato dall’Italia alla storia della televisione”.

Non era vera e propria pubblicità, ma uno spettacolo, un “raccontino d’autore” che si avvale di nomi illustri, in veste di autori, registi e attori: Age e

Scarpelli, Luigi Magni, Gillo Pontecorvo, Ermanno Olmi, Sergio Leone, Totò, Macario, Dario Fo, Vittorio Gassman, persino Edoardo De Filippo. I limiti di tempo imposti alle storie, anziché rivelarsi un limite alla creatività, diventano vere e proprie formule retoriche, costruzioni metriche. L’idea originaria di Carosello è quella di dare una radice nella tradizione nazionale a quella che proprio in questi anni comincia ad essere chiamata “società dei consumi” e alle sue immagini dispersive. Non mancano, naturalmente, le critiche. “La fiera subdola delle vanità”, “una lezione di imbecillità collettiva”, “un monumento kitsch”, “una forma di perversa pedagogia” sono solo alcune delle accuse mosse in quegli anni a Carosello. Ma il successo rimarrà sempre altissimo ed anche molti critici rivedranno i loro giudizi negativi. In Carosello la TV italiana opera una sperimentazione linguistica che riproporrà poi in altri generi, soprattutto nel “varietà”. Lo stile preferito è quello della parodia: i racconti sono ridotti allo scheletro della fabula, usando le tecniche espressive proprie del fumetto o, meglio ancora, della vignettistica.

Questo spirito pedagogico “diffuso” che abbiamo individuato non agisce solo in campo culturale e cognitivo. Il progetto divulgativo ha il merito enorme di stabilire nuovi codici di convivenza, più avanzati e consapevoli. Nel 1964 Umberto Eco azzarda un bilancio dei primi dieci anni di TV, sostenendo che la televisione non ha solo rivelato l’esistenza di un mondo nuovo, ma ha dimostrato che in questo mondo esistono realmente possibilità di benessere. Scrive su Noi donne:Anche trasmissioni più inutili o negative, paradossalmente, hanno svolto una funzione di rottura. Cosa c’è di più banale di un annuncio pubblicitario che magnifica, grazie al sorriso di una bella figliola, le virtù di un detersivo o di un frigorifero? Eppure, pensiamo per quante donne italiane un annuncio del genere serve a ricordare ogni sera che esiste un mondo in cui una donna può avere un frigorifero. L’informazione sarà fonte di dispetto e di invidia, ma dispetto e invidia si sostituiscono a un sentimento ben più grande: l’ignoranza, il non sapere nulla dei frigoriferi, il credere che i frigoriferi appartenessero alla fiaba”. E’ sicuramente una provocazione drammatica (molti italiani non hanno nemmeno il cibo da mettere dentro un eventuale frigorifero), ma secondo Eco è comunque uno stimolo positivo perché mostra un’alternativa possibile. Ancora qualche anno e in Rai il tema della divulgazione e dell’alfabetizzazione troverà un’attenzione più esplicita e un’applicazione diretta con la nascita dei programmi dichiaratamente “scolastici”. Altri tempi. E altra Rai.

 

 

   

 

   

 

 

C'ERA UNA VOLTA CAROSELLO...

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Ogni dio ha una religione ed ogni religione un rito. Il consumismo è la vera religione dell’era moderna, post bellica (e ci riferiamo alla seconda guerra mondiale), il suo rito è la pubblicità. O meglio era la pubblicità, quella quasi filmica che stava dentro a Carosello.

Carosello. Non si può nemmeno immaginare oggi un formato così particolare in tv per passare gli spot pubblicitari, di norma inseriti nel corso delle trasmissioni, tra i titoli o le chiusure dei telegiornali, del meteo… organizzati su durate standard brevi. Ma nemmeno allora (tra gli anni ’50 e ’70) Carosello era uno standard, i pubblicitari stranieri infatti erano avvezzi a spot di 30”. Fu anche per questo che Carosello ebbe successo tanto da divenire trasmissione di culto, attesa in famiglia, soprattutto dai bambini, che avevano un vero e proprio spettacolo tutte le sere: “Tutti a letto dopo carosello!”, in quale famiglia non si chiudeva con questa frase la giornata dei bambini.

Carosello nacque, in ritardo di due giorni rispetto al previsto, il 3 febbraio 1957, alle 20,50. Nel primo anno vengono trasmessi 1.312 spot, o comunicati come si diceva allora, in onda tutti i giorni tranne il Venerdì santo ed il 2 novembre (circa una trentina di episodi alla settimana). Ogni sera sono trasmessi quattro episodi da 2’15” ciascuno, con un massimo di 35” di pubblicità (il codino), tempi che andranno accorciandosi nel tempo.

Tanti spot fruttarono a Sipra, la concessionaria Rai, un incasso pari a 1 miliardo 639 milioni e poco più, il 5% degli introiti della tv di Stato (che non aveva concorrenza televisiva all’epoca e per molti anni a venire). Uno spot costava 1 milione e mezzo di vecchie Lire.
Gli spot erano girati in bianco e nero in 35mm. Le agenzie di produzione delle aziende inserzioniste inviavano i loro spot alla Sacis che li montava in un unico programma (di questo si trattava in effetti).

Carosello subisce nel corso del tempo diverse modifiche e alla fine ogni puntata è costituita da sei short da 100” l’uno, 6 cicli contrattuali per ogni inserzionista. L’ultimo Carosello va in onda il 1 gennaio 1977. Finisce di fatto per volere delle agenzie che reclamavano formati più corti e di potere concentrare i budget solo sulla pubblicità e non sullo spettacolo (produzioni e ingaggi incidevano sul budget significativamente). Un Carosello costava all’epoca 6.800.000 lire a cui si sommavano dai 3 ai 5 milioni per la realizzazione, un testimonial come la Carrà prendeva 80 milioni per la pubblicità Agip, la Loren 200.
Solvi Stubing, la prima bionda PeroniQuando va in pensione Carosello ha un pubblico di 19 milioni di utenti (di cui 9 di ragazzi), contro i 4 del Tg2 e 20 del Tg1. Nella sua storia sono andati in onda 42mila sketch.

Abbiamo visto come nacque e finì Carosello. Ma quali furono i motivi del suo enorme successo?

 

La formula e il contenuto. Anzitutto il contenuto: non brevi video molto veloci ma al contrario veri e propri sketch, storie con una trama definita, spesso animate in cartoon.
All’inizio non fu un successo, sebbene non mancassero i grandi nomi come testimonial , da Mike Bongiorno a Mario Carotenuto. La forzatura del codino pubblicitario spinse i creativi a inventarsi copioni per la scenetta davvero accattivanti, da raccordare poi a qui pochi secondi di messaggio pubblicitario. Lo spettacolo, insomma, prevaleva sullo spot vero e proprio, ma ne garantiva il forte ancoraggio.
Alla fine Carosello inventò un formato unico al mondo: un comunicato che nasceva su ogni genere di spettacolo (sketch comico, teatro, cinema, fumetto…), all’interno di una tv – la Rai – di per sé concepita come un “teatro casalingo”: l’attesa del pubblico era per questa sorta di piccolo teatrino serale portato in salotto e pagato dagli sponsor. Non poco, considerato che non c’era molto di più in tv e che era di facile accesso per chiunque.

Il linguaggio. Carosello ha mutato i consumi, i costumi e ha contribuito alla unificazione linguistica del Paese. Lo schema per le aziende inserzioniste era netto: 1’40” di sketch e 30” di spot. Quindi non un “commercial” lungo. Quindi fuori dagli schemi imposti dai mercato leader. Ma in Italia vigeva una cultura, trasversale alle diverse classi sociali, fondamentalmente anti-industriale, legata alla celebrazione del risparmio e gelosa della intimità familiare, sospettosa dei modelli americani che proponevano donne emancipate, pasti frugali e mettevano il lavoro davanti alla famiglia e al focolare domestico. I dirigenti Rai temevano l’intrusione della pubblicità nelle vite degli italiani e scelsero un formato e quindi un linguaggio di compromesso: spettacolo con codino pubblicitario. Ma…

Il moralismo pauperista della Rai, l’ipocrisia di mascherare la pubblicità da divertimento e spettacolo, ebbero un effetto imprevisto e contrario a ciò che si era voluto e Carosello divenne il detonatore del miracolo economico che stava per cominciare, diede il via alla esplosione dei consumi e al cambiamento delle abitudini di vita”. (Carosello. Non è vero che tutto fa brodo 1957-1977)

Digestivo AntonettoA pensarci bene fu un errore davvero grossolano, che solo un approccio “bigotto” poteva provocare. Infatti, a sdoganare la pubblicità furono proprio gli spettacoli che la introducevano, perché ebbero l’effetto seduttivo di ridurre le “difese morali” degli italiani, abituati alla miseria, introducendoli alle gioie del consumo. Un clima di festa e scherzo, di favola, con l’avallo del divo-testimonial, diedero il lasciapassare alla mente degli italiani, sedotti da quella scatola magica che era la tv e dalle magiche storie di benessere che Carosello raccontava.

I personaggi, i testimonial e le frasi celebri. Diciamo pure i “divi”, sia che provenissero dal mondo dello spettacolo e quindi già affermati, sia che nascessero con Carosello stesso, o quasi, come alcuni personaggi dei fumetti, i protagonisti del Carosello erano o sono diventati “star” installandosi, come gli slogan, nella memoria collettiva degli italiani.
In fondo, dicevamo, Carosello era il rito della religione consumistica e doveva avere i suoi dei e le sue dea portare il verbo.
Ricordiamone alcuni, e ricordiamo le frasi entrate nel linguaggio comune, frasi fatte quotidiane.

Nacque con Carosello la bionda della Birra Peroni (“Chiamami Peroni, sarò la tua birra” – 1968-79), incarnata dalla bella Solvi Stubing che non passò alla storia per il suo ruolo di attrice in film thriller, nei comici con Franco e Ciccio, nelle commedie erotiche e negli spaghetti-western.
Divenne celeberrimo con il Carosello il personaggio La Linea disegnato dal grande Osvaldo, per le pentole a pressione Lagostina Cavandoli (“Lui cerca Lagostina, la cerca e qui la trova” – 1969-76). Celeberrimi anche Calimero per Mira Lanza (“Ma è un’ingiustizia” – 1963-74) e Jo Condor e il Gigante buono di Ferrero (“Si oscura la vallata, c’è Jo Condor in picchiata… E che, c’ho scritto Jo Condor?… Non c’ho il paracadute, non c’ho la mutua…” – 1971-75), il più conosciuto e amato dai bambini, momento magico del Carosello (i bambini scrissero a Ferrero di non lasciare morire il personaggio quando Carosello. E i “bambini di allora” oggi over 40, ricordano bene e con affetto quel cartoon.

Volti noti e notissimi quelli di Tino Scotti per Falqui, il lassativo (“Falqui, basta la parola” – 1958-73, abbinamento più longevo della storia di Carosello), di Frank Sinatra per i Baci Perugina (“Ovunque c’è amore, c’è un Bacio Perugina” – 1962), di Nicola Arigliano per il digestivo Antonetto (…), Mimmo Craigh per l’Olio Sasso (“E la pancia non c’è più”), Ernesto calindri per Cynar (“Contro il logorio della vita moderna” – 1967-76). Gino Bramieri per Moplen (“E mò e mò, Moplen”), Tino Bauzzelli per Aperol (“Ah, Aperol” – 1965-71), Gino Crevi per Vecchia Romagna Buton (“Vecchia Romagna Etichetta Nera, il brandy che crea un’atmosfera” – 1960-73).
Altri claim popolari: “Le stelle sono tante, milioni di milioni, ma quella di Negroni, vuol dire qualità” (Negroni, lo “sceriffo” Ugo Tognazzi); “Perché mai non siamo in otto? Perché manca Lancillotto” (Pavesi), e se ne potrebbero ricordare molti molti altri…

La sigla. Vero ancoraggio sonoro e visivo, fu prodotta dalla Incom e ideata e diretta da Luciano Emmer e Cesare Taurelli.
Modificata dopo il 1958, nel 1963 dalla Recta Film e riadattata poi nel 1973, le immagini ma soprattutto il motivetto musicale diventano una icona della tv italiana, un marchio distintivo della serata televisiva degli italiani per due decenni.
Il sipario – disegnato da Maria Vespignani – è ispirato dalla Commedia dell’Arte.
Il nome stesso, Carosello, probabilmente fu ispirato da un film di qualche anno prima, Carosello napoletano.

 

 

VIDEO STORICI

 

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

 

 

 

APPROFONDIMENTO

 

IL MONDO DI CAROSELLO