IL CARD. MARTINI

 E IL NEOMODERNISMO, UN LEGAME

 SEMPRE PIÙ STRETTO!

 

UN VATICANO III° IN ARRIVO?

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

IL RELATIVISMO ETICO DEL CARD. MARTINI

"Siccome credo nella vita eterna, su quella temporale, fisica, di questa terra, posso transigere, sfumare, variare a seconda dei tempi, della storia, delle culture, e alla fine il nascere e morire sono misteri sui quali ciascuno può e deve giudicare secondo la propria sensibilità. Contro un'etica non negoziabile della vita, dal concepimento alla morte naturale, c’è il relativismo cristiano della libertà che decide" (Card. Carlo Maria Martini).

Capite ora perché Martini & C. vogliono un Vaticano III? Come dire: il cristianesimo chiede troppo all'uomo, meglio adeguarlo ai tempi e alle culture tanto dopo c'è l'aldilà! Adeguiamo la fede al mondo e la gente sarà con noi e si sentirà così più libera da ogni giogo. Domanda: Martini ha forse cambiato padrone, dal Cristo all'anticristo?

Intanto prepariamoci alla polemica domenicale a cadenza regolare: Martini risponderà ai lettori del Corriere della Sera a partire dall'ultima domenica di giugno. Temi trattati? Tentiamo di indovinare: comunione ai divorziati risposati, celibato dei preti, sacerdozio delle donne, messa tridentina, preghiera del Venerdi' Santo, rapporto fra Cattolici ed Ebrei, Pio XII, revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, nomina "dal basso" dei vescovi, centralita' del Papato, poteri del Sinodo, collegialita', conclave...

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

 

1.

 

 

PER CHI STANNO VERAMENTE LAVORANDO

MARTINI E DON VERZè?

 

di Claudio Prandini

 

Il Card. Martini e don Verzè come due grimaldelli per scardinare la Chiesa? Purtroppo temo che le idee da loro espresse, anche recentemente, abbiano molto seguito sia nei fedeli che in una parte cospicua della gerarchia. È come un fuoco che cova, per ora, sotto la cenere. Manca solo chi avrà il potere di soffiarci sopra! Con questo mi guardo bene dal giudicare chi, ad esempio, si trova nelle condizioni di un divorzio alle spalle. L'amore di Dio non dimentica neppure loro come non ha dimenticato il ladrone sulla croce, ma non è tanto il problema dei divorziati nella Chiesa che mi crea scandalo quanto piuttosto il fatto che questo problema, come tanti altri, saranno usati presto o tardi come scusa e pretesto per scardinare la Chiesa e la sua tradizione apostolica. Ma Martini, don Verzé & C. non si accorgono che stanno lavorando essenzialmente per l'anticristo?

 

Come dice la Madonna in don Gobbi (sacerdote e mistico vivente) la vera mira della Bestia è l'Eucarestia. Togliere l'Eucarestia come sacramento di viva carne e vivo sangue di Cristo per farne un semplice segno come accade nel protestantesimo. Così si avvererà "l'abominio della desolazione" descritta da Gesù (Mt 24,15)  come segno escatologico. Credo che Gesù applichi qui lo stesso concetto di Daniele (Dan 9,27)  a due realtà simili nella sostanza ma che si svilupperanno in tempi diversi. Il primo "abominio" si è compiuto quando il tempio fu distrutto definitivamente nel 70 dai romani. Da allora non si poté più fare alcun sacrificio valido per il giudaismo. mentre il secondo sarà quando sarà tolto, o si cercherà di togliere, il sacrificio eucaristico. Entrambi gli avvenimenti sono da Gesù unificati come segno della fine di un tempo o dei tempi (Lc 21,24).

 

E che dire ancora di don Verzè che ha riempito la sua università di nomi come Massimo Cacciari, Roberta De Monticelli, Vito Mancuso, Salvatore Natoli, Emanuele Severino, Edoardo Boncinelli: il meglio del pensiero anticattolico e anticristiano sulla piazza? Questi, maestri nella dialettica luciferina, sono forse le colonne pensanti e i precursori del prossimo Vaticano III? Speriamo di no, ma è sempre bene tenersi pronti al grande scontro!

 

 

2.

 

 

La chiesa “alternativa” di

Martini e don Verzé

di A. Gnocchi e M. Palmaro

La pillola anticoncezionale? Spesso è giocoforza che vada consigliata e fornita. L’etica cristiana? Incongruente, da rifare. I divorziati risposati? Basta fisime clericali. Il celibato ecclesiastico? Una finzione, buttiamolo a mare. I vescovi? Li elegga il popolo di Dio.

Tutto ciò fermandosi solo alle anticipazioni di Siamo tutti sulla stessa barca (Editrice San Raffaele, pp. 96, euro 14,5) libro in uscita oggi e anticipato ieri dal Corriere della Sera, firmato dal cardinale Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano, e da don Luigi Verzé, fondatore dell’Ospedale San Raffaele e rettore dell’Università Vita-Salute. Sarebbe interessante sapere che cosa pensano di queste tesi le autorità preposte alla salvaguardia della dottrina cattolica. Perché è venuto il momento di dire se, in materia di dottrina e di morale, i fedeli sono tutti uguali e devono accettare tutti le stesse regole o se, invece, c’è qualcuno più uguale degli altri.

Contraltare del Papa

Il cattolico medio non può ignorare che se il Papa si pronuncia su un tema, subito spunta il cardinale Martini a fare da contraltare. Il Papa scrive un libro su Gesù? Lui l’avrebbe fatto meglio. Il Papa liberalizza la Messa in latino? Lui non avrebbe suscitato perniciose nostalgie. Il Papa ribadisce il primato di Pietro? Lui si appella alla collegialità. Il Papa prende atto degli scivoloni del Vaticano II? Lui convoca il Vaticano III.

Così come non può ignorare che don Verzé ha riempito la sua università di nomi come Massimo Cacciari, Roberta De Monticelli, Vito Mancuso, Salvatore Natoli, Emanuele Severino, Edoardo Boncinelli: il meglio del pensiero anticattolico sulla piazza. Del resto, don Verzé è l’inventore di un’inedita dottrina simil-cattolica grazie alla quale si è auto-autorizzato a praticare nel suo ospedale la fecondazione artificiale omologa condannata dalla Chiesa. Lo ha fatto con una decisione del comitato etico del San Raffaele e poco gli importa di essere stato smentito dalla Congregazione per la dottrina della fede. Senza dimenticare che, in piena bagarre sul caso Englaro, don Verzé rivelò di aver tolto la spina ad un amico attaccato a un respiratore artificiale. «Col pianto nel cuore», ma lo fece. Due come il cardinale Martini e don Verzé sembrano fatti apposta per incontrarsi. E potrebbe stupire che, per anni, la curia martiniana abbia fatto la guerra al san Raffaele e al suo fondatore. Ma si trattava di questioni politiche e non teologiche. Perché sul metodo del dubbio applicato al dogma e sulla teoria delle “zone grigie” applicata alla morale messi a punto da Martini, don Verzé ci va a nozze. Tanto che, nel 2006, la sua università ha conferito la laurea honoris causa al porporato. E così ecco spiegato il presente libro, nel quale il fondatore del San Raffaele parla con rammarico di «un’etica ecclesiastica imposta». Poi dice «che anche ai sacerdoti dovrebbe essere presto tolto l’obbligo del celibato» e annuncia che l’ora della democrazia nella Chiesa suonerà con l’elezione diretta dei vescovi. «La Chiesa cattolica è troppo lontana dalla realtà, e le fiumane di gente, quando arriva il Papa, hanno più o meno il valore delle carnevalate».

Un nuovo concilio

Don Verzé va giù di vanga, e allora Martini interviene con il fioretto ad allargare il solco. «Oggi ci sono non poche prescrizioni e norme che non sempre vengono capite dal semplice fedele». Caro don Luigi, ha proprio ragione lei, qui bisogna cambiare tutto, che orrore quelle fiumane di gente ignorante e impreparata, avrà mai seguito almeno una lezione della Cattedra dei non credenti? Con studiata ritrosia, il cardinale conferma tutto. Senza dimenticare che, per rimettere un po’ d’ordine, «non basta un semplice sacerdote o un vescovo. Bisogna che tutta la Chiesa si metta a riflettere su questi casi». Insomma, un altro Concilio.

Siamo tutti sulla stessa barca, dice il titolo del libro. Qualcuno ci spieghi se è quella di Pietro.

 

 

Luglio 2007 - All'arcivescovo emerito di Milano cardinale Carlo Maria

Martini  è dedicato  un omaggio televisivo nell'80mo del suo

compleanno, con molte immagini inedite.

 

 

 

 

 

Leggendo Martini e Verzé bisogna

 ricordarsi che i cattolici

 progressisti esigono un Vaticano III

 

 

Card. Martini nel suo studio

Don Verzè

L’obiettivo di fondo è un concilio mediatico per buttare a mare un Vaticano II che comincia a perdere qualche colpo perché con B-XVI il mito modernista scricchiola

Tratto da Il Foglio del 28 maggio 2009

"Siamo tutti sulla stessa barca”, 96 paginette a 14 euro e 50 per conto dell’Editrice San Raffaele piene della solita roba: la morale sessuale della chiesa da buttare, i divorziati risposati da ammettere alla Comunione, il celibato dei sacerdoti da mandare a ramengo, l’ottusità dell’etica cattolica da scrollarsi di dosso, e poi la sinodalità, l’apertura al mondo, il popolo di Dio che elegge direttamente i vescovi come se fossero dei borgomastri. Tutto spruzzato di snobistico orrore per “le fiumane di gente” che “quando arriva il Papa, hanno più o meno il valore delle carnevalate”. Se non ci avesse dato almeno il brivido di firmare questa operina a quattro mani con il suo antico avversario don Luigi Verzé, verrebbe da chiedersi come mai il cardinale Carlo Maria Martini si sia dato la pena di tornare così di fretta in libreria con la solita litania progressivo-modernista. Perché, dal punto di vista editoriale, la notizia, neanche tanto fresca, è giusto questa: dopo gli anni di guerra tra la curia milanese e l’Ospedale San Raffaele, il cardinale che coltiva il dubbio e il prete che insegue l’immortalità hanno firmato la pace.

Ma, in questi termini, il quesito sarebbe ozioso. Il fremito clerical-chic del dialogo con don Verzé è giusto una carezza consegnata dal cardinale ai suoi seguaci, un discorso della Luna per chi avrebbe voluto vederlo Papa al posto di Benedetto XVI. Per gli altri, grati che lo Spirito Santo in conclave abbia disposto diversamente, il messaggio è un altro: nel merito e nel metodo.

Per quanto riguarda il merito, è presto detto. Il cardinale, con uno sparring partner come don Verzé, ha buon gioco a mostrare con studiata ritrosia il suo disegno di una nuova chiesa. A un don Verzé sicuro che quando Cristo tornerà sulla terra troverà ancora la fede perché ci sarà ancora il San Raffaele (il suo ospedale, non l’Arcangelo), risponde evocando le zone grigie dell’etica su cui ama tanto avventurarsi senza portare un solo contributo per discernere il bianco dal nero. A un don Verzé che parla di morale cristiana incongruente col mondo confida con rammarico che, in effetti, “oggi ci sono non poche prescrizioni e norme che non sempre vengono capite dal semplice fedele”. A un don Verzé ossessionato da una chiesa che non rincorre abbastanza velocemente la scienza consegna i suoi “non so”, “non voglio giudicare” vuoti di dottrina e di speranza.

Il cardinale sta un’ottava sotto il prete manager, ma tra le righe il colpo d’ala c’è. Solo che il cardinale lo cela in una questione di metodo: per rimettere un po’ d’ordine in questa barca, caro il mio don Verzé, “non basta un semplice sacerdote o un vescovo. Bisogna che tutta la chiesa si metta a riflettere su questi casi”.

Per farla corta, urge un Concilio Vaticano III. Chi altri, se non il cardinale antagonista, potrebbe evocarlo senza cadere nel ridicolo? Anzi, potendo vantare di averlo addirittura sognato fin dal Sinodo per l’Europa del 1999. Ma per arrivarci, non basta enunciare una nuova dottrina, serve un metodo per farla passare nell’opinione pubblica. E il metodo consta nella ripetuta pubblicazione di opere e operine, di cui quella con don Luigi Verzé è soltanto l’ultimo esemplare. Nella strategia martiniana, opere e operine progressivo-moderniste sono altrettanti schemi preparatori sul genere di quelli, che fino al Vaticano II compreso, redigeva la Curia romana e sui cui i Padri conciliari erano tenuti a discutere. Il fatto che ora vengano diffusi a mezzo stampa invece che consegnati ai vescovi tramite corriere dipende dalla natura che avrà il Vaticano III, quella di Concilio mediatico. Verrà celebrato sui giornali, in tv, sul Web ed è ovvio che gli schemi preparatori si trovino in quei luoghi piuttosto che nelle curie polverose.

Dopo l’elezione di Benedetto XVI, un concilio mediatico è l’unica carta rimasta in mano ai progressisti. Nei conclavi del 1978, i dossettiani di Bologna avevano fatto circolare tra i cardinali un promemoria intitolato “Per un rinnovamento del servizio papale nella chiesa alla fine del XX secolo”. Sette capitoli che esordivano definendo la chiesa del dopo Paolo VI “sempre più inadeguata alle esigenze della vita degli uomini”. Per poi proseguire con la necessità che “l’Evangelo sia proclamato nella su distinzione dall’ethos”, l’istituzione di un “organo collegiale che si situa al livello della guida suprema della chiesa cattolica”, “il sinodo dei vescovi con una capacità legislativa vera e propria”, i vescovi eletti in loco “tra spontaneità e comunione ecclesiale”, fino alla visione notarile del papato. Da allora, nessun Pontefice ha dato corso allo smantellamento della chiesa cattolica, ma non per questo i progressisti hanno cessato di pensarci. Nel corso degli anni hanno dato voce a un magistero alternativo che ha preso mediaticamente le sembianze dell’arcivescovo di Milano. Non a caso, il dossettiano Alberto Melloni parla apertamente di “chiesa di Martini”.

L’operazione è riuscita più che discretamente poiché ciò che a orecchi mediamente cattolici appare come un’eresia nella maggior parte della pubblica opinione ecclesiale appare del tutto normale.

E allora, si sono detti i fedeli della “chiesa di Martini”, perché non arrivare fino in fondo convocando un Vaticano III mediatico? A rigore, lo si potrebbe considerare come già in corso visto che gli “schemi preparatori” controfirmati da Martini sono già oggetto di ossequioso dibattito nelle aule di catechismo, nei corsi per fidanzati, nelle omelie, sulle cattedre degli insegnanti di religione, nei seminari e vanno come il pane quando uno non sa che regalo fare al parroco o alla vecchia zia che è tanto di chiesa.

Ma c’è di più. Un Vaticano III mediatico permetterebbe di buttare a mare un Vaticano II che comincia a perdere qualche colpo. Gli atti più clamorosi del pontificato di Benedetto XVI, dal discorso alla Curia romana del 2005 al Motu proprio sulla Messa in rito romano antico fino alla revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, non lasciano dubbi. E i progressisti, pur continuando a ritenerlo valido nei punti che hanno permesso di mettere in mora la chiesa preconciliare, oggi sentono che il cosiddetto spirito-del-concilio funziona meno. Il mito scricchiola, meglio munirsi di uno nuovo fiammante, un Vaticano III che permetta di operare una revisione nella concezione dell’etica e dei sacramenti da cui uscirebbe una religione nuova con una nuova morale, un nuovo sacerdozio.

Un’alternativa, forse provocatoria, ci sarebbe: portiamo a compimento il Vaticano I, che attende di essere concluso dal 1870.

 

 


Card. Carlo Maria Martini

 

 

Intervista al Cardinale Carlo Maria Martini
rilasciata al quotidiano romano Il Tempo, il 7 aprile 2004

Il card. Martini, già Arcivescovo di Milano e a suo tempo indicato come papabile, continua a battersi per la demolizione della Santa Chiesa. Chi conosce il Cardinale sa bene che si tratta di una persona molto intelligente e preparata, non è possibile pensare, quindi, che le sue dichiarazioni siano solo delle estemporanee manifestazioni del suo pensiero personale. Se il Cardinale ha rilasciata la seguente intervista è impossibile non pensare che lo abbia fatto in perfetta sintonia con un certo ambito della Chiesa, quello che mira ad una nuova svolta modernista e all'accentuazione della compromissione della Chiesa col mondo moderno. Un gruppo di vescovi latinoamericani ha creato un sito in cui c'è una petizione che ha inviato al Papa... (vedi petizione). Guarda caso è esattamente quello che propugna il cardinale Martini. Addirittura con gli stessi termini. È solo una coincidenza o Martini è l'avanguardia di una Chiesa alternativa?

Fonte web

EMINENZA, qual è il nucleo del pontificato di Giovanni Paolo II ?

"Io mi rifarei alla prima Enciclica "Redemptor hominis", cioè la dignità dell'uomo redento da Cristo. In tale principio, collocato nell'orizzonte del Vangelo, sta il punto più alto del pontificato di Papa Wojtyla". 

E le difficoltà che invece sono emerse? 

"Non riguardano tanto la persona del Pontefice, riguardano il cammino della Chiesa nella storia. La Chiesa deve sempre affrontare nuove situazioni. E oggi si tratta di rispondere alla domanda: come convivere fra diversi senza farsi del male, senza confondersi e magari quando si condivide lo stesso territorio. Già S. Paolo ammoniva: "Se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi gli uni con gli altri". E ancora: "Non vi fate illusioni: non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che ha seminato"". 

Collegialità. Sinodi. Centralismo e partecipazione. Un bilancio in chiaro e scuro. 

"Il bilancio è complesso. Certamente il Vaticano II e poi papa Paolo VI istituendo nel 1965 il Sinodo avevano in mente uno strumento significativo, una specie di "Consiglio permanente di reggenza" della Chiesa insieme al Papa. Questa intuizione si è sviluppata solo in parte. I Sinodi hanno avuto il grande merito di mettere insieme i vescovi, di farli conoscere, di permettere loro di scambiarsi pareri. Ma non sono diventati quel Consiglio permanente della Chiesa che si era proposto il Concilio, quindi c'è ancora della strada da fare". 

Per mesi i principali giornali hanno parlato di lei. Hanno scritto che il cardinale Martini voleva o proponeva un Concilio Vaticano III! E' stato un abbaglio giornalistico o questa esigenza è e rimane un'esigenza dell'intero episcopato mondiale? 

"Io non ho mai parlato di Vaticano III perche' l'espressione può essere fraintesa e può confondere. Vaticano III significa rimettere in questione tutti i problemi così come ha fatto il Vaticano II. La mia proposta andava in una direzione diversa. Convocare, di tanto in tanto, delle assemblee sinodiali veramente rappresentative di tutto l'episcopato e - perchè no - universali (Sinodi e Concilio sono la stessa parola) per affrontare questioni in agenda nella vita della Chiesa. Un'esperienza che valga a sciogliere qualcuno di quei nodi disciplinari e dottrinali che riappaiono periodicamente come punti caldi sul cammino della Chiesa". 

Se ho ben capito, i Sinodi degli ultimi anni sono serviti a poco. Lei, il 7 ottobre 1999, raccontava nell'Aula Paolo VI davanti al Papa il suo "sogno", quello di affrontare temi come la carenza di ministri ordinati, la posizione della donna nella Chiesa, la sessualità, la disciplina del matrimonio, l'ecumenismo. Orbene, i Sinodi non sono certo nella linea da lei indicata? 

"Sì, i Sinodi, sin dall'inizio hanno mostrato difficoltà a fondere il rispetto delle opinioni di tutti i vescovi con una capacità decisionale reale. La dimensione decisionale, teorizzata, non è stata esercitata. Non vedo perchè tale capacità decisionale non possa comprendere l'intero episcopato ...". 

Lei si riferisce a più di 4500 vescovi. Sono un numero imponente. 

"Io credo che oggi, con i mezzi di comunicazione e di trasmissione del pensiero, è facilissimo mettere insieme le persone. Ciò sarebbe utile ed eviterebbe che le culture diverse in cui è immersa la Chiesa vadano un po’ per conto loro. Dal confronto dei diversi linguaggi e dalla condivisione degli stessi problemi possono venire decisioni che aiutano la Chiesa ad affrontare con più forza il futuro". 

La grandezza di un pontificato si giudica anche dal meccanismo di reclutamento dei vescovi. E' un meccanismo che soddisfa o c'è qualcosa da rivedere? E poi non c'è solo collegialità, partecipazione dall'alto, c'è partecipazione dal basso. 

"I sistemi possono essere perfezionati così da tenere sempre più in considerazione anche i pareri della gente. Importante è acquisire un ventaglio il più ampio possibile di pareri sui candidati. Partecipazione dal basso? Io ho sperimentato nella mia Chiesa locale una forte presenza del popolo di Dio. Anche a riguardo della successione episcopale questo popolo si è espresso, ha fatto conoscere i suoi desideri. La categoria di "popolo di Dio" va approfondita, coltivata ma essa è ormai acquisita nella storia della teologia e nella storia della dottrina cristiana". 

Lei vede solo cardinali in Conclave o il Conclave potrebbe essere arricchito da altre presenze? 

"Le proposte sono state tante. Potrebbe essere ragionevole rappresentare meglio le Conferenze Episcopali con la presenza, in Conclave, dei Presidenti delle stesse Conferenze. Non nego che il Collegio dei Cardinali abbia già una sua rappresentatività, però un Conclave allargato terrebbe maggiormente conto della articolazione della Chiesa che guarda al Papa come momento fondante della propria unità". 

"Ingravescentem aetatem". Un cardinale compie 80 anni ed è "out", fuori dal Conclave. E' d'accordo? 

"E' bene mettere dei limiti di età anche nella Chiesa. Ci possono essere casi di persone estremamente vitali, ma è meglio seguire le prudenze umane biologiche e dare spazio ai giovani. Compiuto il proprio dovere ci si fa da parte. Nella Chiesa ci sono persone sagge che possono far sentire la loro opinione anche al di là di un semplice ballottaggio". 

Diaconato femminile. Rimane sempre un terreno minato. Lei e' un biblista. I teologi, o la maggior parte di essi, lo ritengono un tema improponibile. 

"Non saprei dare una soluzione teorica. Sicuramente assistiamo al fiorire di nuovi ministeri. E per quanto riguarda la loro efficacia i ministeri femminili nella Chiesa sono di primaria importanza. Penso al tema della carità, assistenza ai disabili, pace, ambiente, vita, ecologia, famiglia. Tutto ciò va riconosciuto e promosso". 

Siamo di fronte ad una vera e propria "diaconia femminile"? 

"E' così. Una diaconia che merita un riconoscimento maggiore di quello che viene attualmente reso possibile dalla legislazione canonica". 

Nel conflittuale rapporto fra cristiani, mi riferisco in specie a quello fra cattolici e ortodossi, chi deve fare un passo indietro? 

"Ognuno deve fare un passo verso il Vangelo, non so dire se avanti o indietro. Il Vangelo è libertà, purezza di cuore, assenza di pretese, desiderio di valorizzare l'altro, rinuncia ai privilegi. Nessuno è esente dal fare passi decisi verso un Vangelo più vissuto". 

La ripetuta richiesta di perdono di Papa Wojtyla ha provocato più di un malumore. Alcuni suoi colleghi vescovi hanno trovato imbarazzo nel tradurla in linea pastorale. E lei? 

"Io ho accolto con gioia questa richiesta di perdono. Il Papa ha fatto una scelta "conciliare" e ha interpretato bene il momento ecclesiale di grande sincerità, fiducia, onestà. Chi riconosce i propri errori si sente forte della forza dello Spirito. Se lette nel contesto del Vangelo le richieste di perdono non presentano difficoltà. Anzi. Sono un atto di coraggio e di onestà". 

A proposito delle radici cristiane d'Europa e della Costituzione europea, che ne pensa? 

"C'è un problema di etichetta e un problema di sostanza. La sostanza è che la nuova Costituzione europea riporti nella pratica delle sue leggi quei valori del primato della persona e della sua relazionalità che sono lo specifico cristiano dato al continente. Se poi c'è un accenno esplicito alle radici cristiane con una formulazione condivisa da tutti, bene. L'essenziale però è che i valori cristiani siano nei fatti, non semplicemente una etichetta".

Non ha l'impressione che il "sale della Chiesa" sia diventato insipido? 

"La Chiesa passa continuamente da periodi di progresso a periodi di crisi e declino. Ciò non è un fenomeno generalizzato. Il pericolo che lei denuncia però esiste. Ogni qualvolta la Chiesa vuole conformarsi o piacere al mondo e non segue più il Vangelo rischia di diventare sale scipito. La Chiesa ha il dovere di rifarsi continuamente alla parola di Dio e al Vangelo. Questo è ciò che io ho sempre sostenuto come principio di fondo della vita ecclesiale". 

Riesce a individuare nella Bibbia, nel "Primo o Secondo Testamento" come li definisce lei, una frase che sostenga la Chiesa nel suo cammino, che la renda piu' fiduciosa e credibile? 

"La parola che ripete Gesù tre volte nel capitolo VI del Vangelo di Matteo: "Il Padre che vede nel segreto ti ricompenserà". Il che vuol dire non tanto esteriorità, apparenze, vita mediatica, bensì la realtà nascosta della vita quotidiana vissuta con fedeltà al Vangelo. E' qui l'essenziale per ogni esistenza cristiana".

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Petizione per il Concilio Vaticano III

www.proconcil.org/

Noi che sottoscriviamo questa petizione, seguaci di Gesù di Nazareth, sollecitiamo al Papa, Vescovo di Roma, in continuità con lo spirito del Vaticano II, la convocazione di un nuovo Concilio Ecumenico che aiuti la nostra Chiesa Cattolica a rispondere evangelicamente, in fraterno dialogo e con la maggiore collaborazione possibile con le altre chiese cristiane e le altre religioni, alle gravi sfide dell’Umanità, in particolare per i poveri, in un mondo in rapida trasformazione e sempre più intercomunicante.
Coscienti della difficoltà che comporta l’organizzazione di un Concilio Ecumenico, chiediamo, nell’àmbito delle nuove possibilità di comunicazione e di interscambio, che sia concepito come un processo conciliare, partecipativo e corresponsabile, a partire dalle chiese particolari, locali e continentali.
Proponiamo che si realizzi nel corso di un periodo di tempo sufficientemente ampio e con una metodologia appropriata, perché la comunità dei credenti possa pronunciarsi sui temi che considera più importanti e urgenti, recependo i suoi contributi nel dibattito e nelle decisioni conciliari.
In comunione con tutta la Chiesa e in particolare col successore di Pietro, preghiamo perché lo Spirito ci assista, per rispondere ­ con profezia e speranza ­ al desiderio di dialogo e di rinnovamento che interessa la gran parte del Popolo di Dio.
A questa speranza vogliamo rispondere, rispettosamente, firmando questa petizione.

 

 

Sognando Gerusalemme. Martini sogna una Chiesa che...

 

 

Siamo tutti nella stessa barca?

Fonte web - Alfonso Bruno

“Siamo tutti sulla stessa barca” è il titolo di un volumetto da 92 pagine nel quale il card. Carlo Maria Martini e don Luigi Verzé dialogano facendo scivolare la “navicella” del loro pensiero sul pus prodotto dalle piaghe della nostra società.
Ho voluto procurarmi questo libro e leggerlo di un fiato sorbendone tutta la carica soporifera del déjà vu e del déjà entendu (il già visto e il già sentito) del progressismo cattolico.
Malgrado la trovata retorica dei due navigatori erranti, il libro ha il demerito di annoiare e il merito di essere così breve da far durare poco la noia.
Un tempo, luogo di scambi, di opinioni e di idee era la piazza del paese. Forse nei caffè d’antan, frequentati da intellettuali borghesi, si sarebbe parlato di questo libro così pubblicizzato.
In quest’ultimo decennio, nel quale lo spazio d’incontro sociale è passato dal reale al virtuale, la piazza e il bar sono diventati il social network dello strumento internet.
La cosa mi ha intrigato e ho voluto far navigare la “navicella” del mio senso critico verso i porti e le piazze dei vari blog, leggendone i post.
Ho voluto, poi analizzare l’accoglienza della stampa a questo libro e poi ancora le reazioni dei tradizionalisti e dei modernisti visto che ci troviamo nella cultura della polarizzazione, riduttiva e fuorviante come servizio alla verità, quando si trattano materie legate alla fede e alla morale.
Nella società degli anchormen il card. Martini è ormai associato a tutte le aperture del mondo cattolico progressista, quasi ne fosse un’icona. Nel libro in questione, “l’avvocato del diavolo” è don Verzé, con domande e riflessioni provocatorie al cardinale che tenta di sdoganarlo dall’accusa di relativista ( pag. 14).
Don Luigi Verzé ha offerto la cattedra all’università “S. Raffaele” di cui è rettore a personaggi come Vito Mancuso, ex-prete “contraccezionista”, Salvatore Natoli negatore della vita eterna e propugnatore del neo paganesimo, Emanuele Severino assertore dell’uomo “superdio” e della coeternità del creato a Dio e Edoardo Boncinelli, militante evoluzionista - darwinista.
Il pensiero debole è presente nel libro con uno schema al quale già siamo abituati: l’ethos con evocazione delle questioni scottanti; il pathos su coloro che soffrono per i loro stessi disordini morali e il logos con una conclusione conciliatrice, l’invito a trovare una soluzione, senza però nessuna presa di posizione (pp. 53 a 57).
Scrittori popolari, fedeli alla tradizione, come Gnocchi e Palmaro scrivono: “Il cattolico medio non può ignorare che se il Papa si pronuncia su un tema, subito spunta il cardinale Martini a fare da contraltare. Il Papa scrive un libro su Gesù? Lui l’avrebbe fatto meglio. Il Papa liberalizza la Messa in latino? Lui non avrebbe suscitato perniciose nostalgie. Il Papa ribadisce il primato di Pietro? Lui si appella alla collegialità. Il Papa prende atto degli scivoloni del Vaticano II? Lui convoca il Vaticano III” (Libero del 20/5/09 pag 37). Peccato che nel loro articolo rovinino tutto con un lead emotivamente aggressivo.

Anche al progressismo, però, questo libro non renderà servizio più di tanto. Gli manca un’anima ideologica, un porto di arrivo dove ormeggiare la barca che intanto non è sicuramente quella di Pietro.
Per assicurare vendita e interesse al libro, cioè guadagno, rimane il ricorso all’operazione di marketing con l’aiuto della stampa. Il frame delle grandi testate si presta alla causa (commerciale) ritornando sulla questione “cotta e mangiata” dei divorziati risposati e dei preti da far sposare (speriamo poi che non divorzino! ndr) elogiando l’arcivescovo emerito di Milano, lo “sdoganatore”.
Dice il card. Martini sul celibato sacerdotale: “È una questione delicatissima. Io credo che il celibato sia un grande valore, che rimarrà sempre nella Chiesa: è un grande segno evangelico (ethos ndr). Non per questo è necessario imporlo a tutti, e già nelle chiese orientali cattoliche non viene chiesto a tutti i sacerdoti (pathos ndr). Vedo che alcuni vescovi propongono di dare il ministero presbiterale a uomini sposati che abbiano già una certa esperienza e maturità (viri probati). Non sarebbe, però, opportuno che fossero responsabili di una parrocchia, per evitare un ulteriore accrescimento del clericalismo. Mi pare molto più opportuno fare di questi preti legati alla parrocchia come un gruppo che opera a rotazione. Si tratta in ogni caso di un problema grave” (logos ndr). (p. 56)

Il Corriere della Sera arriva alla frutta con le lettere alla redazione dei conduttori televisivi Pippo Baudo e Gerry Scotti. I due rappresentano il paradigma nell’Italia dei disvalori, del guadagno facile e di chi pretende di accostarsi al Santissimo Sacramento come convivente o divorziato risposato.
Pippo Baudo scrive al “caro direttore” Ferruccio De Bortoli: “L’apertura del card. Martini ai divorziati, non può che sorprendermi favorevolmente. E se la Chiesa decidesse di fare propria questa istanza sarebbe un bel passo avanti per quanti, come me, hanno vissuto «nel peccato» secondo il codice canonico, ma sono rimasti nel loro intimo credenti e praticanti (…).
Mi ricordo che poco tempo prima di morire, Alberto Sordi fu ospite in una puntata di “Domenica in”. Quando l’attore romano riprese la sua famosa dichiarazione: “Sono un credente, un cattolico osservante. La domenica vado a messa. Mi faccio la comunione”, Pippo Baudo si beffò di lui. Quanto alla vita privata di Pippo Baudo, sposato civilmente per diciotto anni con la cantante lirica italiana Katia Ricciarelli e separatosi da lei nel 2004, ha avuto due figli (non da lei): Alessandro, avuto da Mirella Adinolfi nel 1963 e riconosciuto dal presentatore solo nel 1996 in seguito ad una vicenda legale e Tiziana, oggi sua segretaria e assistente, nata nel 1970 dal suo matrimonio con Angela Lippi. Tra i due matrimoni Pippo Baudo ha avuto una lunga relazione con Alida Chelli, ex moglie di Walter Chiari. Il suo problema, quindi, non è il “codice canonico”.

Gerry Scotti, invece, scrive: "Caro direttore, sono un uomo divorziato e nella mia posizione di cattolico progressista attendevo che la Chiesa si pronunciasse sul tema dei sacramenti per chi ha un matrimonio alle spalle. Ti garantisco che questa sorta di secondo peccato originale che il divorziato deve sentirsi addosso è un peso. E se frequenti una comunità, arrivi a vergognarti nel fare la comunione (…) Per mille motivi, anche di riservatezza, non sono così presente in chiesa. Da poco mi è successo a un funerale e a una cresima, che non mi riguardavano direttamente: prendendo l'Eucarestia, però, volevo far capire che partecipavo profondamente. E poi se ho sbagliato una volta e il buon Dio mi ha perdonato, non posso rischiare di sbagliare ancora".
Vorrei solo segnalare che il presentatore non è mai stato sposato in Chiesa, anche se attualmente è con una seconda compagna e che niente gli impedirebbe quindi di accostarsi al matrimonio sacramento, contrariamente all’Eucarestia ricevuta nel sacrilegio per - come dice lui - “non sbagliare ancora”.

Sarebbe davvero auspicabile nel prossimo libro dell’arcivescovo emerito di Milano, qualche nozione in pillole (sperando che non legittimi quelle anticoncezionali!) sui comandamenti, i sacramenti, la devozione alla Madonna (“il giusto mezzo…” cf. pag. 91) e le preghiere per aiutare personaggi come Gerry Scotti che va a Messa per i funerali e le cresime o Pippo Baudo che ci va in occasione del matrimonio della figlia, dispiaciuti entrambi di non potere fare la Comunione, perché in realtà si dichiarano “cattolici praticanti” e ne sono così convinti che noi “quasi” ci crediamo.

E’ sui post dei blog, tuttavia, che emerge la vera anima della gente comune, di quegli italiani mossi da un sano sensus fidelium che di Martini o altri, interessa davvero poco.

Un internauta scrive su Wikio: “ Anche io come tanti, in quasi vent’anni di matrimonio ho pensato molte volte di divorziare. Non l’ho fatto perché ho sempre creduto che la promessa scambiata il giorno delle nozze fosse sacra, non un patto qualsiasi, un contratto qualsiasi. Molti amici e conoscenti invece hanno tranquillamente divorziato quando ne avevano voglia, magari anche più volte (e naturalmente vanno alla Messa e fanno la Comunione, perché io non ho mai visto nessun prete rifiutare la comunione). Che diranno Martini e don Verzé ai poveri fes (..) che ci hanno creduto e che pur tra difficoltà e sacrifici hanno optato per la scelta più difficile, cioè non divorziare? Gli diranno: beh, potevate anche divorziare tanto è lo stesso?”
Una frase che mi è rimasta impressa nel libro è quella di don Calabria, di cui fu segretario proprio don Verzé: “Sento Gesù che grida: la mia Chiesa, la mia Chiesa!” (pag. 9). Questo mi convince del fatto che, contrariamente a quanto scritto in quarta di copertina di “Siamo sulla stessa barca”, quei pensieri non saranno mai una concreta speranza per l’umanità futura. I due nocchieri hanno perso la rotta. Meglio leggere Dante: Ed ecco verso noi venir per nave / un vecchio, bianco per antico pelo, / gridando: "Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo. (Inferno III Canto)
 

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Il Cardinale Martini: "Con troppi divieti la gente

fugge, la Chiesa dovrebbe chiedere scusa"
 

MILANO - «Non possiamo lasciare soli i giovani. Hanno diritto a parole chiarificatrici relative ai temi del corpo, del matrimonio e della famiglia. Cerchiamo una via per parlare in modo più accurato del matrimonio, del controllo delle nascite, dell´inseminazione artificiale e della contraccezione».

 

 

CHIESA CATTOLICA: l’ottimismo

 ingiustificato del card. Martini

 

In questo articolo, l’ex Arcivescovo di Milano, che oggi ha 81 anni (nel 2008, ndr) e dal 2002 risiede prevalentemente a Gerusalemme, esordisce con una domanda: «Che cosa posso dire sulla realtà della Chiesa cattolica oggi?».
La sua risposta è sconcertante: «Se dunque considero la situazione presente della Chiesa con gli occhi della fede, io vedo soprattutto due cose. Primo, non vi è mai stato nella storia della Chiesa un periodo così felice come il nostro. La Chiesa conosce la sua più grande diffusione geografica e culturale e si trova sostanzialmente unita nella fede, con l’eccezione dei tradizionalisti di Lefebvre; secondo, nella storia della teologia non vi è mai stato un periodo più ricco di quest’ultimo.

 

 

Osservazioni sulle "conversazioni notturne"

di Carlo Maria Martini e Georg Sporschill

 

Carlo Maria Martini pubblica un libro "sul rischio della fede" e invita a diffidare delle definizioni dottrinali, perché Dio "è al di là". Ma così il rischio è che svaniscano gli articoli del Credo, obietta il professor Pietro De Marco. E spiega perché....

 

 

Berlusconi: comunione anche ai divorziati

 

«Perché il Vaticano non cambia le regole?». Il vescovo: «Lei che può, si rivolga a chi è più in alto di me»