ORIGINE DELLA CASA DELLA CARITÀ

 DI FOSDONDO IN C0RREGGIO (RE)

 

SECONDO IL SUO FONDATORE

DON ALFREDO ZAVARONI

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

Logo delle Case della Carità

 

 

LE ORIGINI

 

Foto d'epoca 1964 - don Alfredo con uno dei primi ospiti

 

Forse più che in ogni altra Frazione del nostro Comune l'aria del primo dopo guerra era, in certo qual modo, irrespirabile a Fosdondo. Eppure fu proprio in questi anni che apparvero i primi mastodontici attrezzi di perforazione. L'Ente era appena nato, il materiale era per lo più di fabbricazione americana e non mancò di destare un certo scalpore nella zona, sui muri si leggeva ancora: "Americani, tornate a casa!".

I bambini come i grandi guardavano le nuove prodigiose e colossali macchine con un che di meraviglia. Furono anni difficili. Le dottrine e le manifestazioni rosse assunsero un carattere imperioso cui nessuno poteva opporsi e sottrarsi. Non era ammesso la defezione, né era possibile essere "nemici dei lavoratori". In questo clima inquieto, con la riacquistata libertà d'opinione, gli spiriti si andavano lentamente placando.

Era l'alba del 3 giugno 1950: un potente suono di sirena fendeva l'aria e risvegliava la curiositá di tutti i Fosdondesi, rivolti alla torre di perforazione del pozzo n° 1 in Via Bonacina. Dalle viscere della terra, infatti, usciva il primo gas Metano correggese. C'era chi osteggiava "gli americani"; chi invece si rendeva conto del significato della scoperta e cercava di spezzare il muro di diffidenza e d'ostilità, per la conquista di un bene già a portata di mano.

Fosdondo brulicava di operai, impiegati e guardie giurate dell'AGIP e gli stipendi che l'Ente elargiva ai suoi dipendenti erano più che mai allettanti. In seguito ad altri sondaggi e perforazioni nella zona si poté costatare che il deposito metanifero era abbondante, forse migliore di tutti dopo Cortemaggiore.

Erano già stati perforati una quindicina dì pozzi metaniferi, quando la Direzione dell'AGIP di Milano decideva di costruire sul luogo un Cantiere di lavoro (officina e uffici) per 150 operai ed erigere per loro, fino allora rifugiati presso famiglie o alberghí, un luogo di residenza e di refezione. La decisione fu presa perché, dopo Cortemaggiore, sembrava questo il giacimento maggíore: fu così denominato "Settore Emiliano Romagnolo con centrale metanifera". L'attiva e pervicace lotta politica aveva ancora toni altamente faziosi creando nella popolazione fratture e ampi squarci. In particolare questo stato di cose si manifestava nei confronti delle Chiesa e di coloro che non aderivano al comunismo. Non si poteva salutare il Prete ne intrattenersi con chi non fosse comunista, pena una scomunica che avrebbe finito col ledere lo sprovveduto nei suoi interessi.

Intanto Fosdondo andava sviluppandosi: numerose villette, attività metalmeccanica, artigianale e commerciale, fornace specializzata, laterizi, latteria socíale, stalla sociale. Anche le locali forze cattoliche seppero nelle loro esigue possibilità, svolgere una costante opera di proselitismo. A capo di costoro (dicono i giornali) c'è un prete dinamico e moderno che molte volte è stato oggetto delle critiche più aspre e delle umiliazioni più scottanti: Don Idolo Alfredo Zavaroni. Il complesso residenziale che è venuto, pezzo per pezzo, a circondare l'antica Chiesa Plebana, è opera sua e frutto del suo lavoro. Sono opere nate unicamente dalle sue mani instancabili, che si adattano ai lavori più umili ed alla sua iniziativa che non s'arresta davanti ad alcun ostacolo. Un moderno bar per la gioventù, un asilo provvisorio per bimbi, un teatrino capace di circa 20O persone, un'officina per meccanico, appartamenti per famiglie. Questa in breve l'opera "materiale" di don Zavaroni.

Tutto questo, però, non è stato sufficiente per eliminare dalla mente di una parte di popolazione, l'avversione per questo Ministro di Dio e il boicottaggio di cui è immancabilmente oggetto ogni sua iniziativa. I cattolici fosdondesi sanno questo e cercano di aiutare nei limiti delle loro possibilità il loro Pastore a sopportare le angherie di cui è fatto oggetto ed a portare a termine la sua alta missione spirituale.

Intanto, in Via S. Prospero 24, stava sorgendo il "VILLAGGIO OPERAI DELL'AGIP" e la Centrale Metanifera per il convoglio del Metano e la preparazione per il suo uso.

Fu il 3 dicembre 1952, festa di s. Barbara, protettrice dell'AGIP che, con la presenza di Mons. Beniamino Socche, fu inaugurato il "Villaggio Operai" e la Centrale, col Cantiere. Mons. Socche, Vescovo di Reggio, fece stupire i tecnici per la sua meravigliosa e profonda competenza in mineralogia. Il Villaggio Operai AGIP sorgeva su un'area di mq. 6.295. Parte di essa era coperta da cinque fabbricati staccati con: a) una Mensa con cucina e cantina; b) 2 grandi dormitori; c) Villetta per dormitorio impiegati; d) Servizi e docce. Tutta l'area era recintata.

Tutto funzionava bene sotto la guida dell'O.N.A.R.M.O., quando si diffuse la notizia che nel settore di Ravenna si era scoperto un giacimento di petrolio assai superiore a quello di Correggio. Fu allora che l'AGIP incominciò a trasferire là il personale. Così intanto il Settore Emiliano Romagnolo, divenne Settore Reggiano Modenese. Infine iniziò lo smantellamento degli uffici, del cantiere e delle officine costruite con materiale smontabile.

Nel 1957 furono poi vuotate e chiuse le costruzioni che costituivano il Villaggio Operai fatte in Muratura, e fu massa in vendita la villetta di Direzione in Correggio. Costruzioni così abbandonate facevano pietà: i ragazzi scavalcando i cancelli andavano a caccia di passeri e rompevano vetri e serrature, devastando ogni cosa. Valeva la pena cercare di usare quegli ambienti per qualche scopo. Si diffondevano in Diocesi fin d'allora le CASE DELLA CARITA'.

Quel villaggio ad unico piano sarebbe stato adattissimo allo scopo. Tentai di rivolgermi alla Direzione per chiederlo in dono, essendo io completamente privo di denaro, per quest'Opera di Bene.

Seppi che fu discussa a lungo la mia domanda In Consiglio. Il Presidente AGIP Mineraria On. Enrico Mattei (della D.C.) fu del parere di donare questo complesso, piuttosto che lasciare quei locali abbandonati al logorio del tempo e dei vandali. I membri del Consiglio, invece, esaminando che erano stati spesi circa 70 milioni di lire (erzione, terra, arredamento, condutture), stimarono di poter realizzare almeno una buona somma. Le cose rimasero sospese per lungo tempo. Conoscevo fortunatamente l'ing. Longoni cui erano stati affidati i locali. Egli era di nobile sentimento cristiano e gentilissimo nei miei riguardi. Mi tenni sempre in relazione con lui per iscritto e per telefono, perché non volevo che la cosa andasse a cattivo fine. Il Demonio lo avrebbe voluto, ma la Madonna lo ha impedito. Ecco come andarono le cose:

A fine settembre 1960 fui a Torino alla giornata per i Sacerdoti Adoratori e anche al Convegno dei Cappellani Militari, dove fummo accolti presso i Salesiani. Fu allora che nel tempio di Maria Ausiliatrice raccomandai alla Madonna la destinazione del Villaggio Operai, perché non cadesse in mano ai nemici della Fede. Il 13 ottobre, giornata di preghiera e penitenza raccomandata dalla Madonna a Fatima per la pace nel mondo, fui chiamato per ponte radio dalla Centrale AGIP di Milano. Era L'ing. Longoni che mi diceva: "Ieri sera nella Riunione di Consiglio dell'AGIP Mineraria è stata decisa la vendita del Villaggio Operai al maggior offerente. A cose morte l'offerta finora avuta, quasi scherzosamente, è stata di 10 milioni. Tale offerta a vendita decisa, aumenterà certo di parecchio. Se ella è intenzionato ad acquistare quegli immobili, mi assicuri di dare solo qualcosa di più di 10 milioni ed io, per favorirla, conoscendo la destinazione benefica di tale compera, dichiarerò chiusa l'asta. Attendo risposta il più presto possibile".

Corsi a Correggio dal mio collaboratore Rag. Luigi Paterlini e parlammo anche con la Sig.na Elena Vezzani: "Tentiamo la Provvidenza, dobbiamo acquistare a costo di rivolgerci alla banca dietro garanzia di firmatari". Nel pomeriggio telefonai al Dott. Pietro Marazzi, che conosceva la cosa, chiedendo il suo parere e il suo aiuto. Eglí acconsentì e prima di sera potei rispondere a Milano che offrivamo la somma di 10 milioni e 10 mila lire. L'asta fu chiusa.

Alcuni giorni dopo, dopo essere stati dal Dott. Marazzi col Rag. Paterlini, partimmo per Milano ed al palazzo di vetro dell'AGIP versammo la somma richiesta e donata dal Dott. Marazzi, nome "compromesso", per assicurare il contratto. Lì sapemmo però che per l'acquisto era necessario attendere anche il consenso Alla Direzione dell'AGIP di Roma perché le costruzioni erano state deliberate da quella Direzione. Partimmo tranquilli e contenti per casa.

Nel frattempo comunicammo il nostro trattato al Vescovo, che venne a Fosdondo, osservò esternamente i locali, perché non erano ancora state consegnate le chiavi. Penso che tali locali potevano anche servire per edificare una Casa per Esercizi Spirituali, ma poi si ricredette stimando una posizione non adatta allo scopo per dirigerla e ci lasciò ampia libertà di scelta. La visita del Vescovo suscitò una certa curiosità in tutti e molti pensarono che intendesse acquistare il Villaggio. I capoccia comunisti erano allora alla ricerca di locali per istituire nella zona, così succube al partito, una succursale della sezione comunista di Bologna. Seppero che Il Villaggio era stato messo in vendita e che occorreva per l'acquisto il consenso della direzione dell'AGIP di Roma. Ci fu chi s'impegnò di rivolgersi a Roma offrendo la somma di 20 milioni. Sapemmo l'accaduto e facemmo pregare le suore di clausura dí Correggio e tutti i buoni perché il Signore ci aiutasse….

 

 

 

 

PASSAMMO UN MOMENTO TRAGICO:

O LA MADONNA O IL DEMONIO

 

Provvidenzialmente ci fu chi trattò della cosa ad un intimo amico dell'On. Mattei, che gli riferì la sìtuazíone ricordando il versamento del compromesso. L'On. Mattei allora con decisione concluse: "Il compromesso è già un preliminare di contratto e deve seguire il suo itinerario". Ci fu ridata la vita, la Madonna aveva schiacciato il capo al serpente.

Il 10 marzo 1961 è stato stipulato l'acquisto del così detto "Villaggio Operai AGIP in località Fosdondo di Correggio, la suddetta Azienda ha ceduto gli immobili per la somma di L. 10 milioni. Il primo acconto (compromesso) è stato versato in L. 3 milioni, pagati in contanti perché avuti in donazione. La registrazione di tale versamento preliminare è stato fatto presso l'Ufficio del Registro di Correggio il 28/03/1961. Le spese di registrazione dì L. 422.000 sono state versate con prestito (e poi donate) dal Sig. Rag. Luigi Paterlini. Per giungere al saldo del Rogito del contratto, è stato ottenuto il prestito per mezzo di conto corrente in bianco di L. 8 milioni dal Banco S. Geminiano e S. Prospero, riducibile entro il 31 dicembre I961 e da estinguersi in via assoluta entro il 31 dicembre.1962. Il prestito al 7,50% è avallato dal Sig. Doro Caffagni, dalla Prof.ssa Giulia Fiaccadori, dalla Sig.na Elena Vezzani, dal Can. Nando Tosi e dal Rag. Luigi Paterlini. Il rogito è stato fatto il 18 ottobre 1961 in Milano presso il Dott. Nicolò Livreri, Notaio in Via Cordusio, 2. In tale data sono state prelevate dal libretto di prestito L. 7 milioni consegnati all'AGIP e L.350.000 a saldo di spese e competenze per l'atto dì acquisto.

Per accelerare i tempi onde non finissero in altre mani gli immobili, perché per essere acquistati dalla Chiesa ara necessaria l'attesa di qualche anno, l'acquisto è stato compiuto da Don Idolo Alfredo Zavaroni, Prevosto della Parrocchia di Fosdondo.

Deo gratias!A contratto faticosamente ma felicemente terminato con l'intervento di Dio, ora restava in prospettiva la sistemazione degli immobili della Casa della Carità.

Il complesso sarà chiamato "Casa della Carità correggese". Perché pur essendo in Fosdondo non è di proprietà della Parrocchia, ne dipende direttamente da essa pure essendo di preferenza, non neccessaríamente il Parroco, il Direttore. II contributo, infatti, in assistenza, lavoro, offerte deve prevalentemente pervenire da tutto il Vicariato. Don Zavaroni acquistando personalmente il complesso ha promesso a tempo opportuno di farne dono alla Chiesa come Ente riconosciuto dallo Stato, non incorrendo in nessuna spesa. Per sistemare le costruzioni acquistate ed adattarle a Casa della Carità è stato costituito un Comitato generico e provvisorio per i primi approcci. Esso è formato a larghe linee da tutti i Parroci dei Comune, con a capo il Vicario Foraneo, Parroco di Correggio, Don Bruno Corradi (ora degente però in ospedale in non buone condizioni) e dei laici più indicati per spirito benefico. E' stato fatto finora solo una certa propaganda per fare conoscere l'Opera di sollievo per i poveri e i sofferenti, ma noni si sono ancora chieste offerte personalí, per momenti non ancora adatti. Le offerte pervenute fino ad oggí (10 marzo 1962) sono: L. 524.495. Il completamento dei lavori, l'estinzione del prestito bancario, l'arredamento dei locali esige la solerte partecipazione di tutti i buoni cristiani specialmente della zona Correggese, come, ad attività iniziata, la generosità per il mantenimento. Particolarmente intensa e fattiva è stata la partecipazione dei giovani e delle ragazze correggesi: essi qui hanno potuto vivere non soltanto la soddisfazione intima di avere compiuto un'opera caritatevole, ma di aver dato un poco delle proprie energie e del proprio tempo ad altri senza pretendere in cambio nessun corrispettivo. Il lavoro di questo gruppo di volontari si è svolto nell'arco di circa 600 ore di presenza. Più di quanto ci si poteva aspettare, tanto che lo stesso nostro Vescovo Mons. Baroni, ha avuto parole di grande elogio per l'iniziativa, all'índomaní della conclusione del campo di lavoro.

Furono così fatti: scavo di fondamenta e un muretto di circa 50 metri per 2 corridoi che collegano i dormitori e la lavanderia; sistemazione di cumuli di terra e ghiaia; abbattimento di pareti divisorie; razionale sistemazione della lavanderia e dell'area cortilizia; piantagione di pioppi canadesi; costruzione della torretta per la campana della Cappella e tanti altri lavori di ordinaria manutenzíone. Ma mancava ancora l'elemento essenziale: l'acqua. Essa infatti arrivava fangosa, malsana e poca dalla centrale.

Chiamammo il rabdomante Don Mazzieri da Parma. Cercò per tutta l'area, ma nessuna scoperta. Restammo avviliti e di nuovo ci raccomandammo alla Madonna. In queí giorni ci fece visita il Dott. Marazzì a cui notificammo il nostro dispiacere. Ci diede parole di speranza e ci disse di fare nuove ricerche. Intanto, passeggiando in quella che poi sarà la Casa della Carità, infilò una medaglietta miracolosa della Madonna nella grondaia a fianco della casina ex dormitorio degli impiegati, dicendo: "Per adesso mettiamo qui la Madonna perché ci pensi anche Lei!" Richiamammo il Mazzieri. Sondò dettagliatamente il terreno e dopo due ore ci chiamò per segnalarci con sua gran meraviglia la presenza di acqua abbondante: era a qualche metro dalla grondaia dell'Immagíne miracolosa infilata dal Dott. Marazzi. Chiamammo il perforatore: dopo una giornata di lavoro fino a 104 metri nulla. Invocammo la Madonna. Il mattino dopo, 25 marzo 1962, si riprese il lavoro e durante la celebrazione della Messa, dopo 3 metri di sabbia è sgorgata l'acqua abbondante, tanto da attingerne 120 litri al minuto dalla profondità di 109 metri. Trovata t'acqua era necessario erigere un deposito. Si prospettò la costruzione di una torre sopraelevata e su di essa, a ricordo della speciale protezione della madonna, la sua santa immagine.

Ci prestammo così ai lavori più urgenti: rinnovo del metanodotto dalla Centrale alla Casa, pompa sommersa (dono di Gianco); grande cucina (dono del cav. Ponti; sistemazíone Cappella (a1tare, Tabernacolo e Madonna dono della Sig.na Carmela Adani); armadi, banchi, vasi sacri, pavimenti. In tal modo potemmo inaugurare la cappella, con la presenza continua del signore l'8 settembre 1962.

Al 31 dicembre 1962, il passivo era di L. 12.126.510: fu il momento più critico della nostra situazione finanziaria. Ma il concorso ai nostri sforzi per creare un ambiente confortevole per bimbi minorati írricuperabíli fu unanime e si rivelò meravigliosamente grande la bontà di cuore di tanti, specialmente correggesi. Non possiamo in poche righe elencare fatti commoventi di nobile e generosa carità di vicini e lontani, di bimbi e anziani, di conosciuti e segreti, tanto da poter affermare che la "Casa" è dei benefattori. Sono così affluiti indumenti, mobili, arredamenti, offerte, aiuti manuali; si è potuto anche sistemare la lavanderia con lavatrici, centrifuga, vasche, il refettorio, i dormitori, e i bagni.

Fu costituito un comitato così costituito: presidente, can. Enzo Neviani (di elezione vescovile); direttore: don Idolo Alfredo Zavaroni; vice presidente, Rag. Ermenegildo Repetti; cassiera, Maria Luisa gualdi; cooperatori: prof .ssa Odette Torregiani, avv. Foscaro Altimani, Morani Silvana, Lazzari Laura, Campovecchi Claudio; sanitari: dott. Bruno tondelli; specialista dott. Paolo bertolotti.

Il 31 gennaio 1963 è stata esaminata l'acqua del pozzo:

incolora, limpida, neutra, peso specifico 1,0005. Analisi generale: assenti solfati, metalli pesanti, calcio magnesio, nitrati. Tracce di cloruri, ferro, calcio. Tracce d'ammoníaca, durezza totale per 100 litri: 44 sostanze organiche: 0,12. Giudizio: chimicamente potabile.

Si cercò di completare i mezzi idonei per l'assistenza: frigorifero, caldaie, aeratore di cucina, inceneritore rifíuti, cancellate interne, scaffali, serie di letti, impianti elettrici, garage, camera calda d'essiccazione, cortili cementati o asfaltati, refettorio per il personale, stenditoio, lavastoviglie.

Fu scelto fra i misteri cui è dedicata ogni Casa della Carità il 5° mistero glorioso: Maria Regina del cielo e della terra. Così ci disponemmo ad inaugurare la Casa della Carità per il 13 maggio 1964, giorno dedicato alla madonna di Fatima. Ma poí per difficoltà tecniche fu rimandata al 31 maggio, ricorrendo la festa cui è dedicata la casa: Maria Regina.

Di tempo ci eravamo rivolti alla superiora delle suore carmelitane di fontanaluccia, suor Maria Giubbarelli, per richiedere a lei, poiché allora il loro fondatore don Mario Prandi era stato esonerato dalla sua funzione, perché ci potesse concedere almeno 2 suore per l'assistenza ai futuri ospiti. Ci fu infatti assegnato il dono di suor Maria Rosa e suor Anna: le mamme affettuose e gli angeli tutelari che qui dovevano esercitare la loro delicata missione.

 

 

Veduta della Casa della Carità  nei primi anni

 

 

APERTURA DELLA CASA DELLA CARITÀ

31 MAGGIO 1964

 

E' sera. E' la Festa di MARIA REGINA, la cui immagine illuminata domina dall'alto del piazzale. Una folla di persone si è radunata per testimoniare che non tutti si sono dimenticati di chi è impotente, povero, menomato o deforme e partecipa della loro anomalia. Tutto è pronto per offrire il Sacrificio della S. Messa, officiata dal Direttore Don Alfredo Zavaroni. Don Giancarlo Nasi, Parroco di Mandriolo, tiene un ispirato discorso in cui la finalità dell'Opera e il dovere della carità sono presentati nella loro più completa e commovente luce. Poi, in lunga fiaccolata, si è proceduto da parte di Don Dante Ferraboschi (essendo assente per malattia il Presidente Don Enzo Neviani) alla Benedizione dei Locali con canti popolari alla Madonna.

Dopo altre sublimi parole di alcuni membri dei Comitato e del Direttore sono state consegnate, a chiusura, simbolicamente le chiavi della Casa a Suor Maria e con lei a Suor Maria Rosa e a Suor Anna. Ci si è poi soffermati a visitare la bella Cappella, già abitata dal PADRONE DI CASA, il refettorio provvisorio in cui spicca la grande allegoria della Carità (dipinto di Gastone Tamagnini), la cucina, i dormitori e la villetta. Così ha preso vita una di quelle straordinarie istituzioni dove si va per dare, ma dalle quali si ritorna con un dono di gioia che nemmeno la tristezza della vita di povere creature riesce a rendere meno grande.

(N.B.: poiché la Chiesa ha disposto il trasferimento della festa di Maria Regina al 22 agosto, la festa della Casa della Carità, che si celebra ogni anno, è stata pure spostata al 22 agosto).

DEO GRATIAS!

 

La "CASA della CARITA'" Correggese

che si apre a ricordo

del 25° di SACERDOZIO

perpetui il ''Deo Gratias"

che con tutta la famiglia

innalzo oggi ai Signore per

gli eccezionali benefici ricevuti.

Don I. Alfredo Zavaroni

 

 

Dipinto fatto da un pittore di Correggio dell'epoca

 su un muro del refettorio della Casa

 

 

Per avere maggiori e più dettagliate informazioni, sempre aggiornate,

anche sugli orari liturgici potete telefonare al 0522/690186.

 

 

IL TESTAMENTO SPIRITUALE DI DON ALFREDO

 

 

Dopo tanto peregrinare, eccomi arrivato alla Casa dei Padre. Trepidamente mi presento a Lui, mio Salvatore, mentre spontaneo esce dal mio essere la parola che esalta il Signore e turba la mia vita: Magnificat anima mea Dominum quia respexit indignitatem meam. Questa voce vorrebbe essere l'eco, il riverbero della riconoscenza infinita che debbo al Signore per avermi donata e conservata la fede in tutte le verità rivelate e proposte dalla Chiesa Cattolica, per avermi indegnamente prediletto chiamandomi al Sacerdozio con un susseguirsi di grazie con le quali ha perseguitato la mia incorrispondenza dalla famiglia al Seminario, alla Curazia di Budrio, Calerno, alla vita di Cappellano Militare, a Correggio e a Fosdondo per ben 35 anni. Veramente Dio è amore infinito!

Come ricompensare tanto amore? Giustamente San Giovanni conferma che non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi: ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.

Il senso del mio niente ed il peso dei miei peccati per non avere corrisposto all'amore di Dio, mi fa abbandonare nelle mani di misericordia infinita dei Signore, perché abbia pietà di me, come chiedo pietà a quanti hanno avuto rapporti con me. e mi hanno trovato mancante di carità. di giustizia. di delicatezza e di purezza. Se qualcuno eventualmente mi avesse offeso. lo ritengo come non fatto, anche perché forse avrei meritato ben di più. A quanti mi hanno fatto del bene, lascio una grande e speciale Benedizione.

Il mio fervido augurio é che nessuno dei miei parenti e conoscenti manchi alla gioia dell'abbraccio eterno in paradiso, specialmente quanti ho incontrato nella vita e mi hanno reso sereno i miei giorni. Tutti ricordo e per tutti pregherò, mentre a tutti davanti alla morte, domando una implorazione perché il Signore mi accetti con Sé.

La mia fiducia più grande per essere condotto Lassù è in Maria, la Madre dolcissima che mi ha assistito, guidato, miracolato in ogni giorno della mia esistenza: è con Lei che vorrei cantare un Magnificat eterno.

Dal suo testamento spirituale.

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

 

 

LA RISTRUTTURAZIONE 2001-2003

 

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APPROFONDIMENTO

 

Congregazione Mariana delle Case della Carità