CECENIA, OVVERO

L'IRAQ DI PUTIN

«Kadyrov vuole uccidermi»

L'ultima intervista di Anna Politkovskaja

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

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una breve cronistoria

 

 

Fonte web

 

Le ostilità fra Russia e Cecenia cominciarono cinque secoli fa a causa delle mire espansionistiche dello Zar di Russia Ivan IV detto "il terribile", e proseguirono poi contro il Sultano Murad III, lo Sceicco Mansur Ushurma, l'Imam Shamil e così via, quasi ininterrottamente fino ai giorni nostri.
Nel 1992, guidati dall' ex generale dell'aviazione sovietica Dzhokar Dudayev, i secessionisti ceceni (in nome del nazionalismo islamico) rifiutavano di sottoscrivere il nuovo patto federale e dichiaravano la Cecenia indipendente dalla Federazione Russa.
Alla fine del 1994 il presidente russo Eltsyn correva ai ripari intervenendo militarmente con misure di estrema durezza.

Nonostante le ingentissime perdite umane, la completa distruzione con bombardamenti indiscriminati del capoluogo Grozny (che capitolava nel 1995) e la morte dello stesso Dudayev (a cui successe Zemlikhan Yandarbiyev, poi morto in un attentato il 13 febbraio 2004), la tenace resistenza cecena non si piegava e teneva duro, fino all'accordo del 1996 che prevedeva un "cessate il fuoco", il ritiro dei militari russi e l'instaurazione di un governo (filomoscovita) guidato da Doky Zavgayev, già conosciuto per aver ricoperto in precedenza la carica di presidente del Soviet nella Ceceno-Inguscezia.
Nel gennaio 1997 sotto il controllo della O.C.S.E. (Organizzazione per la Cooperazione e Sicurezza in Europa) si tenevano le elezioni presidenziali cecene, vinte dal nazionalista musulmano Aslan Maskhadov, ex capo di stato maggiore dell'esercito ceceno.
Gli scontri riprendevano però nel 1999 a causa di alcune azioni dei guerriglieri islamici separatisti (guidati dall'ex ministro ceceno Shamil Basaev) in alcune zone del vicino Dagestan delle quali, mirando a uno stato islamico, proclamavano l'indipendenza. La reazione armata delle truppe russe veniva estesa alla Cecenia, ritenuta base di intelligence dei guerriglieri islamici ribelli. Energico fu il tentativo dei partigiani ceceni di coinvolgere, in una "guerra santa" islamica contro la Russia, le minoranze simpatizzanti del Dagestan, ma infuttuoso.

Nel 2002 un commando di kamikaze del "Battaglione dei Martiri" (collegato a Shamil Basayev, comandante della guerriglia cecena successo a Dudaev) irrompeva nel teatro Dubrovka di Mosca, prendendo 700 ostaggi civili, ma un blitz di forze speciali russe risolse la questione provocando il decesso (con gas letali) dei circa 50 guerriglieri e di oltre 100 ostaggi.
Successivamente due kamikaze tornavano in azione a Grozny, nella piazza antistante il palazzo del governo, causando la morte di decine di persone e il ferimento di molte altre.

Nel 2003 un referendum popolare approvava a larga maggioranza una nuova Costituzione, che determinava l'appartenenza della Cecenia alla Federazione Russa, seppur riconoscendone uno statuto di autonomia. Seguirono nel corso dell'anno (oltre a diversi attentati con consistenti perdite) le elezioni presidenziali (inquinate da fortissimi sospetti di brogli) in cui si impose Akhmad Kadyrov, sostenuto da Vladimir Putin

 

 

«Kadyrov vuole uccidermi»

L'ultima intervista di Anna Politkovskaja

 

 

 

Anna Politkovskaja, la giornalista

uccisa a Mosca da un sicario.

 

 

9/10/2006 - di Natalia Mozgovaja

Dopo Beslan non è più andata in Cecenia?
«No, il direttore non vuole. Ritiene che oggi sia molto più pericoloso. Sono d’accordo: oggi il pericolo sono persone che hanno promesso di uccidermi»

Chi sono?
«Ramzan Kadyrov».

Perché?
«Non gli piace che io lo ritenga un bandito di Stato, che lo consideri uno degli errori tragici di Putin».

Lo sa da terze fonti o glielo ha sentito dire?
«Lui è pazzo, un idiota assoluto. Dice queste cose alle riunioni di governo. Come un bambino terribile, dice e fa ciò che vuole. Uccide molte persone, laggiù».

Sembra che questa verità non interessi molto ai russi, e nemmeno ai ceceni.
«Sì, è un vicolo cieco. Putin all’estero racconta che in Cecenia tutto funziona. Chi sa che il 99% di quello che dice sono bugie? Non c'è nessuno a cui appellarsi nel mondo: l'ho capito. Ma in qualche caso si riesce a fare qualcosa. Ogni volta si tratta di una vita salvata».

I suoi articoli sono mai costati la vita a qualcuno?
«Purtroppo. Oggi non succede più. Quando accadeva urlavo, usavo ogni occasione per parlarne in Occidente. Siamo riusciti a impedire un altro caso quando ci si voleva vendicare di chi aveva parlato con i giornalisti».

Perché nessuno scende in piazza per le sue denunce? Non ci credono? «La gente legge, poi ne parla con gli amici. Ne ho parlato con i difensori dei diritti umani, siamo stati costretti ad ammettere che non esiste una quantità di sangue sufficiente a portare i russi in piazza. Se scrivessi che ieri sono morti 200 mila ceceni direbbero, sì, in effetti sono tanti. Tutto qui. Nemmeno se morissero 200 mila abitanti di una città russa. La società oggi è molto crudele».

Si dice che i russi hanno il governo che si meritano.
«Certamente. Una volta la gente parlava. Oggi, se vado a fare la spesa, incontro sicuramente qualcuno che mi dice qualcosa, ma solo in un orecchio. Penso che sia perché nelle posizioni chiave ci sono gli uomini del Kgb. Nel dna della nostra gente c'è il ricordo che a “questi“ non ci si oppone. Gli unici che hanno il coraggio di alzare la voce sono i nazionalisti, i fascisti».

Non ha paura che ci sia un altro giro di vite, che chiudano i giornali? «Ne ho paura da morire. Ma ho deciso che resterò fino all'ultimo, fino a che non potrò più pronunciare una parola».

Lei non aveva mai fatto la corrispondente di guerra. Poi è finita in una fossa, prigioniera dei russi.
«È stato disgustoso. Continuavo a dire: vi sbagliate. Non ne avete il diritto, è illegale. Mi rispondevano che stavano lottando con il terrorismo e io ero una serpe che stava con i guerriglieri, che sarebbe stato giusto ammazzarmi, ma si sarebbero limitati a rendermi innocua. Secondo loro, se non consideravo i ceceni degli animali ero dalla loro parte».

Perché i ceceni l'hanno chiamata a fare la mediatrice nella crisi del teatro Dubrovka?
«Ci ho pensato a lungo, non ho una risposta. Avevano fiducia in me perché anch'io ero stata prigioniera dei russi. Tuttora non sappiamo cosa sia accaduto in quel teatro».

Si diceva che le vedove nere non volessero morire.
«Niente affatto. Avevo parlato con loro. In Cecenia c'era stata quasi una gara tra le donne per poter andare al Dubrovka. Volevano vendicarsi. È una verità crudele. Si è detto che erano state costrette, drogate. Nulla di tutto questo. Avevo parlato con loro, avevo parlato con quelli che avrebbero voluto far parte di quel commando e non ci erano riusciti. Sognavano il Dubrovka, ciascuno per un motivo personale. In Cecenia la sorella per un fratello spesso è più importante della moglie. Al Dubrovka c'erano molte sorelle i cui fratelli erano stati rapiti. Pensavano di vendicarsi così».

Si disse anche che le bombe fossero finte.
«È stato provato mille volte che non era così. Semplicemente non avevano una gran voglia di farsi esplodere. La sera prima del blitz si sperava ancora in un accordo. Le loro richieste erano primitive, ma avevano una logica: Putin doveva almeno far vedere di voler fermare la guerra. Dirlo in tv, ritirare le truppe da un distretto ceceno. Non chiedevano né treni, né aerei, né soldi, né droga. Avevo trasmesso le loro richieste dopo essere uscita. Poi è successo quello che è successo. Probabilmente, se avessi saputo come sarebbe andata a finire, non sarei entrata per il negoziato. Avevo capito che le cose stavano andando male alle due di notte: dovevo rientrare nel teatro, invece aveva vinto l'idea dei servizi, niente più trattative. Era chiaro che ci sarebbe stato l'assalto. Ma non potevo immaginare che avrebbero usato il gas, anche se li vedevo scavare passaggi».

La volta successiva, a Beslan, avevano cercato di avvelenarla.
«Il caso non è ancora chiuso. Dopo per sei mesi sono stata malissimo. Ancora adesso, non riesco a lavorare per una giornata piena. Dovrei curarmi».

Non teme che la prossima volta andrà peggio?
«Quando scegli la tua strada la vivi, anche perché c'è molta gente che conta su di te».

Nel suo libro «La Russia di Putin» lei attacca personalmente il presidente russo. Ritiene che sia colpa di Putin, o che sia una rivincita del vecchio sistema?
«Putin è stato messo lì da Berezovskij, ma non ha più importanza. All'inizio era mite, non si faceva notare. Poi ha deciso di diventare imperatore. È stato educato così. Ma a me questo ordine non piace. Piace al 51% della popolazione? E il rimanente 49%? È una minoranza che non si può nemmeno chiamarla tale, perché non ha diritto a dibattere con la maggioranza. All'inizio del secondo mandato di Putin è diventato chiaro che ha la sua responsabilità personale. Bisogna spiegare che le cose stanno così e che se ci sarà bisogno di eliminarvi verrete eliminati. Pensateci».

Cosa pensano i suoi figli?
«Mi rispettano, e così i loro amici. Le mie amiche sono rimaste. Mia suocera mi odiava, oggi mi adora perché pensa che la mia è stata una vita onesta. Per quanto riguarda mio marito, il giornalista Alexandr Politkovskij, sono contenta che ci siamo lasciati. Era vittima della propaganda ufficiale, beveva e mi diceva che mi ero venduta ai ceceni. Vivere insieme, dopo 22 anni, è diventato impossibile».

Ama l'adrenalina della guerra?
«No, non bevo, non fumo e non amo l'adrenalina. I giornalisti maschi qualche volta giocano alla guerra. Io la odio. È orrenda. Quando ero prigioniera nella fossa era terribile, sporcizia, puzza, senza bagno, acqua, cibo. Mi avevano tolto anche i bottoni, temevano che dentro ci fossero microfoni, mi avevano lasciato solo il burro di cacao e poi uno mi ha rotto pure quel tubetto, cercava i microfoni».

Nei suoi libri lei dice che oggi in Russia tutti i mezzi sono buoni. Per che fine?
«Non c'è fine. Solo restare al potere. Prima si poteva sperare che Putin avesse una strategia. Ma l'unica idea è restare al potere e prendere più soldi che puoi. Chi sono gli oligarchi? Gli uomini dell'amministrazione presidenziale».

Ma se il potere cambia si viene puniti…
«Ultimamente negli ambienti della gente ricca si dice che lui finirà come Ceaucescu».

Esiste la censura o l'autocensura?
«Succede che il direttore mi dice che basta scrivere di Putin, e per un po' mi cancella delle cose. Vuol dire che qualcuno dal Cremino si è lamentato».

Ritiene di conoscere verità inaccessibili agli altri?
«No. Solo una parte della verità, ma anche quel poco che so viene ignorato dalla maggioranza».

 

 

 

Cecenia:

le torture filmate con i cellulari

 

 

 

 

 

 

Nico Guzzi - giovedì, 31 agosto 2006 14:50

 

La Cecenia torna ad essere visibile agli occhi dell'informazione mondiale anche meno attenta grazie ad un orribile e crudele video che ha diffuso il New York Times sul proprio sito web. Si tratta di una donna cecena di 23 anni trasferitasi a casa di una zia dopo che il marito l'aveva accusata di adulterio.

La polizia russa, come accade ormai da anni, apparentemente senza motivo, l'aveva prelevata e rinchiusa in una cella. Le immagini, girate con un cellulare, raccontano di pestaggi, botte, insulti ad opera degli uomini di Kadirov, il premier ceceno, filo-russo; la donna è stata poi rasata e la sua testa dipinta di verde, colore che rappresenta l'islam, sulla fronte è stato infine disegnato il simbolo della guerriglia cecena ed in questo modo è stata costretta a farsi vedere anche in pubblico.

Il filmato dimostra molto nitidamente le violenze che ancora si perpetrano in Cecenia nonostante la guerra finita da tempo. Repubblica afferma che sarebbe ormai da mesi che tra la milizia di Kadyrov si è diffusa questa turpe abitudine di riprendere le torture con i cellulari e scambiarsi i video, come fosse un qualsiasi altro passatempo. In uno di questi appare la testa mozzata di un presunto terrorista esposta su un palo nel villaggio di Kurchaloi, poi usata per una partita a calcio tra soldati ed infine appoggiata sul bancone di un bar, coperta con un cappello e con una sigaretta tra le labbra.

Il dramma dei diritti civili calpestati sembra tutt'altro che risolto; proprio il 30 Agosto infatti, come riferisce Prague Watchdog in un articolo di Ruslan Isayev, un centinaio di donne hanno manifestato nella capitale Grozny contro le sparizioni, le catture e le detenzioni illegali dei propri familiari.

Tutte insieme a tenere tra le mani le foto dei propri figli, mariti dei quali aspettano invano notizie ufficiali dal governo e dalle forze di polizia. Le autorità appaiono indifferenti al problema nonostante i numerosissimi incontri svolti tra le parti coinvolte in questo tragico giro di vite fantasma.

I problemi che si presentavano di fronte alla popolazione e all'esercito regolare dopo i cosiddetti accordi di Khasavyurt del 31 Agosto 1996, che avevano segnato la fine della prima guerra russo-cecena e dato vita ad una pace precaria durata fino all'autunno del 1999 (inizio del secondo conflitto), sembrano essere rimasti in tutta la loro gravità.

Bisogna sottolineare però che proprio il 28 luglio scorso l'Onu, per voce dello stesso Kofi Annan, ha annunciato che è stato declassato dal quinto livello (detto anche di evacuazione e tale dal 5 Marzo 1999) al quarto il livello di allarme in Cecenia.

Una notizia positiva in quanto, al di là delle valutazioni sulla situazione di fatto, ciò permetterà all'Onu di riaprire propri uffici sul territorio ceceno, con la conseguente possibilità di maggior coordinamento ed implementazione di piani di sviluppo e stabilizzazione, inserendosi nel complesso rapporto tra autorità locali con cui collaborare e popolazione. Proprio da quest'anno diverse organizzazioni dipendenti dalle Nazioni Unite e 13 non-governative hanno iniziato a spendersi in accordo con le amministrazioni locali.

E' dunque doveroso non sottovalutare il futuro stanziamento dell'Onu sul territorio ceceno non solo per gli aiuti che potrà offrire e migliorare, ma anche per l'opportunità di osservare da vicino ciò che accade esattamente.


 

 

APPROFONDIMENTI

 

E’ colpevole Putin?

(o il maggiordomo)
di Maurizio Blondet
 

 

IN CECENIA SI CONTINUA A

 SPARIRE E A MORIRE

 

 

REPORTAGE FOTOGRAFICO

DEL VIAGGIO IN CECENIA

 

 

DOSSIER CECENIA