SIRIA SOTTO ATTACCO:

VIVA LA SIRIA E IL SUO POPOLO CHE RESISTE

ALLE OPERAZIONI TERRORISTICHE!

QUESTA VOLTA NON SI RIPETERÀ IL MODELLO LIBIA A MENO CHE LA TURCHIA FACCIA DA DETONATORE IN UNA GUERRA PER PROCURA, PER GLI OCCIDENTALI E PER LE PETRO-MONARCHIE DEL GOLFO, NELLA QUALE AVREBBE BEN POCO DA GUADAGNARE.

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

Patto al-Qaida-USA sulla Siria, 5000 jihadisti

dovrebbero partecipare al rovesciamento di Assad

Fonte web

Cinquemila jihadisti di al-Qaida dovrebbero essere inviati in Siria nell’ambito di un accordo tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, con un capo del ramo yemenita di questo gruppo, classificato terroristico a Washington. Secondo le informazioni diffuse nella regione dalla pubblicazione digitale yemenita AdenAlghad.net e dall’agenzia di stampa iraniana al-Alam, rappresentanti del governo degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita hanno firmato un accordo con il jihadista Tariq al-Fadhli (nella foto in camicia nera e pistola nella cintura), compagno di Usama bin Ladin, per inviare in Siria 5000 jihadisti dalle città di Ja’ar e Zinjibar, nel sud dello Yemen. CiÚ spiegherebbe il "ritiro improvviso di uomini armati nella regione dello Yemen di Abyan", indicano i media citati, le cui informazioni sono state riprese dal canale Russia Today.

Il quotidiano statunitense New York Time, osserva che per il governo dello Yemen, al-Fadhli Ë "uno dei terroristi più pericolosi del paese." Secondo il quotidiano britannico The Guardian, gli uomini di al-Qaeda già dirigono i "Contras" in Siria, addestrandoli nella fabbricazione di esplosivi, una specialità del gruppo terroristico.

I legami innominabili degli Stati Uniti e degli altri paesi membri dell’Alleanza Atlantica con la nebulosa nota come al-Qaida sono stati ripetutamente criticati, in particolare dallo storico e giornalista statunitense Webster G. Tarpley [1] e dall’ex agente MI5 David Shayler [2].

Diversi ricercatori ritengono inoltre che al-Qaida è una creatura degli ufficiali dell’intelligence statunitensi, britannici e sauditi [3] per giustificare nuove guerre di Washington e della NATO.

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[1] «Ennemis de líOTAN en Irak et en Afghanistan, alliés en Libye» , Webster G. Tarpley, Réseau Voltaire, 21 maggio 2011.

[2] «David Shayler: J’ai quitté les services secrets britanniques lorsque le MI6 a décidé de financer des associés d’Oussama Ben Laden», Réseau Voltaire, 18 novembre 2005

[3] «Al Qaïda en Irak : faut-il croire George Bush ou ses généraux ?», Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 25 luglio 2007.

 

 

Siria, I terroristi mercenari del FSA attaccano chiese

cattoliche ortodosse ed evangeliche ad Aleppo

 

Finalmente, dopo mesi di menzogne e spregiudicata propaganda

mediatica, uno sprazzo di luce sulla verità della realtà siriana.

 

 

Cospirazione svelata: per attaccare la città turca

di confine sono state usate munizioni NATO

Fonte web

Siria: Le granate lanciate alcuni giorni fa sulla Turchia sono munizioni della NATO.  Per attaccare la città turca di confine sono state usate munizioni NATO. Il responsabile è quindi il FSA.

Questa è una traduzione del recente post apparso sul blog tedesco “Alles Schall und Rauch”, circa il presunto attacco di una città di confine con la Turchia da parte dell’Esercito Arabo Siriano . Sembra che in questo attacco siano state utilizzate munizioni NATO.

Ciò implica che l’Esercito Arabo Siriano (il governo siriano) non può essere responsabile di questo attacco, perché l’Esercito Arabo Siriano non possiede queste munizioni NATO. Inoltre, diversi rapporti negli ultimi mesi hanno già confermato che radicali, terroristi e fanatici religiosi supportati dall’Occidente sono riforniti da diverse potenze con armi, denaro e munizioni.

Munizioni NATO sono in parte incluse negli approvigionamenti di armi per questi combattenti. Ciò è stato già confermato da recenti foto di depositi di armi sequestrati in Siria, ma anche da alcuni rapporti turchi. Quella che segue è la traduzione di questo articolo. (Syrianews)
 

Siria: Le granate lanciate alcuni giorni fa sulla Turchia sono munizioni della NATO.

È proprio come spesso mi è stato riferito: i paesi della NATO riforniscono i terroristi di Al-CIAda (Al Qaeda), direttamente o indirettamente attraverso gli amichevoli Stati del Golfo, di armi e munizioni che più tardi verranno utilizzate contro di loro . Questo è ciò che è accaduto durante l’attacco al consolato degli Stati Uniti a Bengasi ed ora con il bombardamento, dalla Siria, della città di confine con la Turchia.

Il quotidiano turco “Yurt”, scrive nel suo ultimo numero che le granate, che sono state sparate contro il villaggio turco di confine di Akçakale, provengono dalle scorte della NATO.

Così, è chiaro, non è l’esercito siriano che li ha sparati, perché non ha tali munizioni, ma l’hanno fatto gli stessi terroristi che sono stati assunti dalla NATO. Anche in questo caso, una procativa messa in scena, in modo da avere un motivo (pretesto) per andare in guerra contro la Siria.

Secondo il capo redattore del quotidiano turco “Yurt”, il signor Merdan Yanardag, il giornale ha ricevuto informazioni affidabili che la Turchia ha fornito le granate al cosiddetto “Esercito siriano libero” (FSA: Fake Syrian Army, ndt), che in seguito ha ucciso cinque civili nella città di confine turca di Akçakale e causato numerosi feriti.

“Queste informazioni confermano, che le politiche errate del governo Erdogan sono dietro al bombardamento della città con colpi di mortaio, che è costato la vita a cinque turchi”, ha scritto Yanardag.

Ciò significa, detto chiaramente, che Erdogan è un traditore e un assassino del suo popolo! È una marionetta degli Stati Uniti e conduce la sua politica criminale per un “cambio di regime” in Siria.

Ho esaminato la questione ed ho fatto ricerche riguardo l’iscrizione sulle munizioni da mortaio, 120 AE HE-TNT, e su chi le produce. In realtà, sono munizioni NATO.
Secondo il Jane Defence Weekly, queste munizioni sono prodotte da diverse aziende per la difesa in Europa, come la spagnola Explosivos Alaveses SA (EXPAL), che fa parte del gruppo Maxam Difesa.

Il quotidiano turco “Yurt” ha già confermato con documenti e video, nel mese di luglio, come l’intelligence turca sia coinvolta in attacchi terroristici in Siria, ma ha anche confermato come campi di addestramento (per i terroristi) siano stati stabiliti dal governo turco nei pressi della città di Yayladağı, vicino al confine con la Siria, al fine di contrabbandare i terroristi, da lì, in Siria.

Il quotidiano turco ha dimostrato come, in uno di questi video, una gran quantità di terroristi turchi, che parlavano turco, hanno attaccato una stazione di polizia nel villaggio siriano di al-Sha’abaniya.

Il giornale turco ha anche citato le testimonianze di alcuni degli abitanti di questa regione, i quali hanno detto che i terroristi armati, che erano ospitati in questi campi, hanno attraversato il confine (verso la Siria) al fine di compiere attentati terroristici e massacrano la popolazione civile siriana , e che non sono stati fermati dalle guardie di frontiera turca.

Gli abitanti del posto hanno sottolineato che il distretto di Yayladağı è una zona di rifugio per migliaia di terroristi, e che il governo turco (Erdogan) non sta facendo nulla per proteggere i cittadini turchi da queste persone. La regione costituisce la parte meridionale della Turchia, al confine con la Siria.

Questo significa, che il governo Erdogan sta operando terrorismo di stato contro la vicina Siria, ma anche contro i propri cittadini.

 

 

L'Occidente contro la Siria

 

Siria. La Verità Negata

 

 

La Turchia tenta di innescare la guerra contro la Siria

 

La Turchia colpisce in Siria dopo che degli attaccanti ignoti

hanno usato i mortai contro una città turca di confine.

Fonte web

Dopo aver ospitato per oltre un anno terroristi stranieri e aver appoggiato le loro operazioni in prossimità e lungo tutto il confine siro-turco, un membro della NATO, la Turchia, ha sostenuto di aver compiuto una rappresaglia con la forza militare contro "obiettivi" all'interno della Siria per un presunto attacco in territorio turco, del quale ha accusato il governo siriano.

Nonostante ci siano organizzazioni inserite nelle liste terroristiche e pesantemente armate che operano in gran numero su entrambi i lati del confine turco con l'esplicita approvazione della Turchia e il suo supporto logistico, il governo di Ankara sembra aver escluso la possibilità che queste forze terroristiche, non l'esercito siriano, siano state responsabili dell’attacco, che consisteva di colpi di mortaio, un’arma che notoriamente è largamente usata dai militanti armati.

Immagine: terroristi operanti in Siria posano accanto a un grande mortaio. Mortai di tutte le dimensioni sono fra i mezzi preferiti dei terroristi che operano dentro e intorno alla Siria su procura della NATO per causare un violento cambiamento di regime. I colpi di mortaio sparati in direzione del territorio turco potrebbero essere provenuti verosimilmente dagli stessi terroristi che proprio la Turchia sta finanziando, armando, e ospitando nell’ambito di macchinazioni della NATO da lungo tempo pianificate. A differenza del governo siriano, i terroristi, la Turchia, e di conseguenza, la NATO, hanno tutti un movente reale per lanciare l'attacco iniziale che ha già offerto il pretesto alla Turchia per una rappresaglia e prevedibilmente per chiedere alla NATO di intervenire.

Lo stesso «New York Times», nel suo articolo intitolato “La Turchia spara colpi di artiglieria su obiettivi siriani in rappresaglia per l’uccisione di civili”, ammette che:

Syrian FSA Terrorists Morta«Non si sa se i proiettili di mortaio siano stati sparati dalle forze governative siriane o dai ribelli che combattono per rovesciare il governo del presidente Bashar al-Assad. La risposta turca sembrava dare per scontato che il governo siriano fosse responsabile.»

L’immediato e ingiustificato atto di aggressione militare della Turchia, insieme alle impulsive condanne degli Stati Uniti, recano tutti i segni di un evento orchestrato - o per lo meno del tentativo di approfittare opportunisticamente di un caso isolato per far avanzare capziosamente la tabella di marcia geopolitica collettiva dell'Occidente.

La Siria non ha evidentemente alcun interesse a minacciare la sicurezza della Turchia, né alcun motivo per attaccare il territorio turco, cosa che alla NATO offrirebbe sicuramente il pretesto che stava già cercando per intervenire direttamente in favore dei suoi vacillanti terroristi per procura.

La Turchia ha desiderato ardentemente un pretesto per iniziare la guerra alla Siria

È stato altre volte riferito che la Turchia è stata destinata dalla NATO, e, più specificamente, da Wall Street e Londra, a guidare gli sforzi intesi a ritagliare delle "zone franche" nel nord della Siria, e di farlo in forza di un falso pretesto "umanitario" o "di sicurezza".

Ciò è stato confermato da un think-tank USA specializzato in politica estera e finanziato dalle 500 grandi imprese al top della lista di «Fortune», la Brookings Institution, che ha architettato i precisi piani per un cambiamento di regime, tanto in Libia quanto sia per la Siria sia per l’Iran. Nella sua relazione intitolata "Assessing Options for Regime Change" (“Valutazione delle opzioni per il cambiamento di regime”, NdT) si afferma (grassetto aggiunto):

«Un'alternativa risiede negli sforzi diplomatici da concentrare prima di tutto su come porre fine alla violenza e su come ottenere l'accesso umanitario, come si sta facendo sotto la guida di Annan. Questo può portare alla creazione di zone franche e corridoi umanitari, che dovrebbero essere sostenuti da una limitata forza militare. Ciò, naturalmente, non farebbe raggiungere gli obiettivi degli Stati Uniti sulla Siria, e potrebbe far sì che Assad resti al potere. Partendo da qui, tuttavia, è possibile che una vasta coalizione con un mandato internazionale possa aggiungere ulteriori azioni coercitive ai suoi sforzi.» -pagina 4, Assessing Options for Regime Change, Brookings Institution.

Immagine: The Brookings Institution, Memo n. 21 sul Medio Oriente "Assessing Options for Regime Change (.pdf)": il testo non fa mistero sul fatto che la "responsabilità di proteggere" su base umanitaria non sia altro che un pretesto per un cambio di regime a lungo pianificato.

 

Il Brookings continua descrivendo il modo in cui il dispiegamento da parte della Turchia di grandi quantità di armi e soldati lungo il confine, in coordinamento con gli sforzi israeliani nel sud della Siria, potrebbe contribuire a realizzare un cambiamento di regime violento in Siria:

«Inoltre, i servizi di intelligence di Israele hanno una forte conoscenza della Siria, così come hanno dei propri quadri all'interno del regime siriano che potrebbero essere utilizzati per sovvertire la base di potere del regime e spingere per la rimozione di Assad. Israele potrebbe posizionare forze sul suolo o nei pressi delle alture del Golan e, nel far questo, potrebbe deviare le forze del regime dal sopprimere l'opposizione. Questo posizionamento può evocare paure nel regime di Assad circa una guerra su più fronti, in particolare se la Turchia è disposta a fare lo stesso sul suo confine, e se l'opposizione siriana viene alimentata con una costante dieta di armi e addestramento. Una tale mobilitazione potrebbe forse convincere la leadership militare della Siria a cacciare Assad al fine di preservare se stessa. I sostenitori di questa tesi considerano che questa pressione supplementare potrebbe far pendere la bilancia contro Assad all'interno della Siria, se le altre forze sono state nel frattempo allineate correttamente.» --pagina 6, Assessing Options for Regime Change, Brookings Institution.

I leader turchi hanno chiaramente passato molto tempo a forgiare svariate scuse per soddisfare le richieste di Washington al riguardo, attraverso la creazione artificiosa o lo sfruttamento di quella violenza che la stessa Turchia sta fomentando lungo il proprio confine con la Siria.

La relazione appare menzionare anche il ruolo della Turchia nel contribuire a minare, sovvertire, e strappar via l'antica città settentrionale di Aleppo:

«Poiché la creazione di una opposizione nazionale unificata è un progetto di lungo termine che probabilmente non avrà mai un pieno successo, il gruppo di contatto, pur non abbandonando questo sforzo, può perseguire obiettivi più realistici. Ad esempio, si potrebbe concentrare il massimo sforzo nel rompere la presa di Assad, per dire, sull’élite di Aleppo, che è la capitale commerciale e che è anche la città in cui la Turchia ha il maggior effetto leva. Se Aleppo dovesse cadere in mano all'opposizione, l'effetto demoralizzante sul regime sarebbe notevole.

Se questa opzione fallisse, gli Stati Uniti potrebbero semplicemente accettare una brutta situazione in Siria oppure salire i gradini delle opzioni militari scegliendo una delle seguenti.» --pagina 6, Assessing Options for Regime Change, Brookings Institution.

 

Le opzioni militari comprendono di tutto, dalla perpetuazione della violenza per – nelle stesse parole di Brookings - «dissanguarlo, mantenendo un avversario regionale debole, evitando i costi di un intervento diretto», fino a «no-fly zones» in stile libico, o a una completa invasione militare. È chiaro, se si legge la nota di Brookings, che il piano cospirativo ha di fatto iniziato a svolgersi dal momento della sua scrittura - con varie opzioni militari in fase di preparazione e vari perpetratori che si posizionavano per eseguirle.

Le "zone franche" e i "corridoi umanitari" citati dalla Brookings Institution sono destinati a essere instaurati in qualità di membro della NATO dalla Turchia, che ha minacciato per mesi di invadere parzialmente la Siria, al fine di raggiungere questo obiettivo. E mentre la Turchia sostiene che tutto questo si basa su “questioni umanitarie”, se si esaminano le pessime prestazioni della Turchia nella sua condotta in materia di diritti umani, oltre alle proprie campagne genocide contro il popolo curdo sia all'interno che all'esterno delle sue frontiere, è chiaro che sta semplicemente adempiendo all'ordine del giorno stabilito dai suoi protettori occidentali a Wall Street e nella città di Londra.

TurkishTanksinIraqQuesto ultimo scambio tra la Turchia e la Siria non è il primo. La Turchia ha già falsificato delle vicende prima di coinvolgere truppe siriane nel "fuoco incrociato" lungo il confine turco-siriano. Il «New York Times» pubblicò queste accuse temerarie prima di ammettere più sotto che «non è chiaro che tipo di armi abbiano causato i ferimenti di domenica a circa sei miglia all'interno del territorio turco», e che «ci sono stati resoconti contrastanti sull'incidente.» Come lo sono tutte le accuse utilizzate da NATO, ONU e singoli Stati membri per giustificare l’ingerenza negli affari della Siria, questi racconti inseriscono dei resoconti per sentito dire provenienti dagli stessi ribelli.

È chiaro che Turchia, NATO, e ONU stanno continuamente tentando di stabilire un pretesto per la creazione di "zone franche" e "corridoi umanitari" destinati ad aggirare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha visto in molteplici occasioni i tentativi di via libera all’intervento militare cadere sotto il veto di Russia e Cina.

Il fatto che l’ONU abbia mancato totalmente dal condannare la combinazione di provocazioni e ingerenza negli affari della Siria illustra il fallimento assoluto della governance sovranazionale, per non parlare di quella globale.

 

 

Siria Cose che devi sapere su quello che sta succedendo

 

 

Verso un ritiro occidentale dalla Siria (?)

(questo potrebbe spiegare il  tentativo dei gruppi fondamentalisti che combattono in siria di provocare la turchia contro l'esercito di assad con colpi di mortaio dal territorio siriano verso il territorio  turco)

Fonte web

La situazione militare in Siria si è capovolta a danno di coloro che speravano - a Washington e a Bruxelles - di ottenere il cambio di regime con la forza. I due successivi tentativi di prendere Damasco sono stati un fiasco ed è ormai chiaro che questo obiettivo non potrà essere raggiunto.

Il 18 luglio, un'esplosione ha decapitato il Consiglio di sicurezza nazionale e ha dato il segnale a una vasta offensiva di decine di migliaia di mercenari che convergevano dalla Giordania, dal Libano, dalla Turchia e dall’Iraq sulla capitale. Dopo diversi giorni di accanita battaglia, Damasco veniva salvata, poiché la parte della popolazione ostile al governo sceglieva per patriottismo di aiutare l'Esercito nazionale, piuttosto che accogliere l’ESL.

Il 26 settembre jihadisti di Al-Qa'ida sono penetrati all'interno del Ministero della Difesa, travestiti da soldati siriani e muniti di documenti falsi. Volevano far saltare in aria le loro cinture esplosive nell’ufficio dello stato maggiore, ma non sono arrivati abbastanza vicino al loro obiettivo e sono stati abbattuti. Una seconda squadra doveva impadronirsi della televisione nazionale e lanciare un ultimatum al presidente, ma non ha potuto avvicinarsi al palazzo, perché il suo accesso è stato bloccato pochi minuti dopo il primo attacco. Una terza squadra si è diretta verso la sede del governo e una quarta doveva attaccare l'aeroporto.

In entrambi i casi, la NATO, coordinando le operazioni dalla sua base turca di İncirlik, sperava di provocare una spaccatura all'interno dell'Esercito arabo siriano e di appoggiarsi su alcuni generali per rovesciare il regime. Ma i generali in questione erano stati da tempo identificati come traditori e lasciati senza qualsiasi comando effettivo. Non è dunque accaduto nulla di significativo e il potere siriano è uscito rafforzato dai due colpi abortiti. Ha trovato la legittimità interna necessaria per potersi permettere di passare all'offensiva e schiacciare velocemente l’ESL.

Questi fallimenti hanno fatto perdere la loro sicumera a quelli che salterellavano precocemente dicendo che i giorni di Bashar al-Assad erano ormai contati. Di conseguenza, a Washington, i sostenitori del ritiro stanno prevalendo. La questione non è più quella di sapere per quanto tempo il «regime di Bashar» terrà ancora, ma se sia più costoso per gli Stati Uniti continuare questa guerra o fermarla.

Continuarla comporta provocare il collasso economico della Giordania, sacrificare i suoi alleati in Libano, rischiare la guerra civile in Turchia, e comporta dover proteggere Israele da questo caos.

Fermarla, comporta lasciare che i russi si reinsedino nel Vicino Oriente e rafforzare l'Asse della Resistenza a danno dei sogni espansionistici del Likud.

Ma se pure la risposta di Washington tiene conto del parametro israeliano, ora non prende più in considerazione il parere del governo Netanyahu. Questo ha finito al momento per indispettire a causa delle sue manipolazioni dietro l'assassinio dell'ambasciatore Chris Stevens e per via della sua sconvolgente interferenza nella campagna elettorale statunitense. In definitiva, se si considera la protezione a lungo termine di Israele e non le esigenze stravaganti di Benjamin Netanyahu, la presenza russa è la soluzione migliore. Con un milione di israeliani russofoni, Mosca non lascerà mai mettere in pericolo la sopravvivenza di questa colonia.

Un flashback è qui necessario. La guerra contro la Siria è stata decisa dall'amministrazione Bush, il 15 settembre 2001, in occasione di una riunione a Camp David, come specificamente attestato dal generale Wesley Clark. Dopo essere stata rinviata più volte, l'azione della NATO ha dovuto essere annullata a causa dei veti russo e cinese.

È stato messo quindi in piedi un «piano B»: ricorrere a mercenari e all'azione segreta in quanto il dispiegamento di soldati in uniforme era diventato impossibile. Malgrado ciò, l’ESL non ha segnato una sola vittoria contro l'Esercito arabo siriano, in molti hanno pronosticato che il conflitto sarebbe interminabile e minerebbe progressivamente gli Stati della regione, compreso Israele. In questo contesto, Washington ha concluso il 30 giugno un accordo con la Russia a Ginevra, sotto la guida di Kofi Annan.

Tuttavia, il campo della guerra ha mandato all'aria l'accordo organizzando fughe di notizie in merito al coinvolgimento segreto occidentale nel conflitto, il che ha costretto Kofi Annan alle dimissioni immediate. Il campo della guerra ha giocato le sue due carte vincenti il 18 luglio e il 26 settembre e ha perso. Pertanto, a Lakhdar Brahimi, il successore di Annan, è stato chiesto di rilanciare e attuare l'accordo di Ginevra.

Nel frattempo, la Russia non è rimasta inoperosa. Ha ottenuto la creazione di un ministero siriano della Riconciliazione nazionale, ha supervisionato e protetto la riunione a Damasco dei partiti di opposizione a livello nazionale, ha organizzato i contatti tra gli stati maggiori degli USA e della Siria, e ha preparato il dispiegamento di una forza di pace. Le prime due misure sono state prese alla leggera dalla stampa occidentale e le ultime due sono state bestialmente ignorate.

Comunque, come rivelato dal ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, la Russia ha risposto ai timori dello stato maggiore degli Stati Uniti relativi alle armi chimiche siriane. Essa ha potuto verificare che queste erano state stoccate in luoghi sufficientemente sicuri per non cadere nelle mani dell’ESL, essere dirottate dai jihadisti e da questi utilizzate ciecamente, salvo un cambiamento di regime. Essa ha potuto dare così garanzie credibili al Pentagono sul fatto che il mantenimento al potere di un leader che ha dimostrato il suo sangue freddo come Bashar al-Assad sia una situazione più gestibile, perfino per Israele, rispetto all'estensione del caos alla Siria.

Soprattutto, Vladimir Putin ha accelerato i progetti dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), l'alleanza difensiva anti-NATO che riunisce Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e, naturalmente, la Russia. I ministri degli esteri dell’OTSC hanno adottato una posizione comune sulla Siria. La logistica è stata predisposta per un possibile dispiegamento di 50mila uomini. Un accordo è stato firmato tra l’OTSC e il dipartimento dell’ONU del mantenimento della pace affinché dei «chapkas blu» possano essere dispiegati nelle zone di conflitto sotto il mandato del Consiglio di Sicurezza. E le manovre congiunte ONU/OTSC si terranno in Kazakistan nel mese di ottobre con il titolo di «Fratellanza inviolabile» per finalizzare il coordinamento tra le due organizzazioni intergovernative.

Nessuna decisione potrà essere formalizzata dagli Stati Uniti durante la campagna elettorale presidenziale. Una volta che questa sarà terminata, la pace sarà possibile.

 

 

APPROFONDIMENTO

Siria: Petrolio e Oro contro Sangue – NATO e Gasdotti

In Siria, il reale obiettivo di USrael-NATO (e servitú annesse) non é “democrat-umanitario”, ma petrol-strategico. La sua posizione geografica, affacciata sul Mediterraneo, le ricchezze energetiche del sottosuolo, fanno della Siria una preda ambita dalle societá petrolifere che governano suddette potenze ed eserciti. Da qui nasce la tensione “umanitaria” occidentale e l’autodifesa eurasiatica. Ma la Siria non é solo un’entitá geografica: é un corpo pulsante di uomini e donne con una storia, culture, tradizioni, identitá in comune da difendere. La Siria é la casa dei siriani ed essi non la cederanno tanto facilmente ai predatori dell’alta finanza globale, che se ne stanno comodamente seduti nei loro uffici di Jew York, Londra e Bruxelles, delegando per il loro sporco lavoro gli ignoranti manovali della jihad mercenaria al-CIAdista. Perché il sangue vale piú dell’oro.