F A M E:

CRISI ALIMENTARE GLOBALE

IN ARRIVO

 

2010-2030 ANCHE L'OCCIDENTE DOVRÀ FARE

 SEMPRE PIÙ ESPERIENZA DELLA FAME

 

Terremoti, carestie, guerre... Stiamo forse vivendo

la fine dei tempi predetti dalle Scritture?

 

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

 

Sia per fattori climatici ma anche per fattori strutturali e politici

la fame è destinata a ritornare anche nei paesi ex-ricchi.

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

Crisi alimentare mondiale: è un'emergenza

la protezione di donne e bambini

Fonte web

Sono 100 milioni in tutto il pianeta le persone che, secondo il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (PAM), potrebbero precipitare nella fame a causa dell'attuale crisi alimentare.

I dati diffusi sull'aumento dei prezzi descrivono una situazione in netto peggioramento non solo rispetto al 2007, ma anche rispetto ai primi mesi dell'anno 2008.

Secondo la FAO in un anno il prezzo del grano è aumentato del 130%, quello della soia dell'87% e quello del mais del 53%.

L'attuale prezzo del riso, il nutrimento principale per oltre la metà della popolazione mondiale, ha subito un aumento del 75% in due mesi.

E' il prezzo più alto degli ultimi 28 anni.

Le conseguenze di questi aumenti di prezzo sono tangibili in Europa, dove il costo della spesa ha avuto un aumento notevole, andando a ricoprire fino al 20% del salario annuo di un lavoratore medio.
Molto più drammatica è la situazione per i paesi a basso reddito e meno sviluppati, dove la crescita dei prezzi aumenta la vulnerabilità dei bambini, dei malati di HIV e dei profughi. Le famiglie povere non hanno cibo per sfamarsi.

Ad esempio, in Senegal 1 kg. di riso costa attualmente un euro, mentre a marzo 2007 la stessa quantità poteva essere acquistata con 22 centesimi di euro.

In questo momento di grave crisi, la priorità dell'UNICEF è proteggere i soggetti più vulnerabili, come donne e bambini, agendo su dati certi e attivando strategie a breve e lungo periodo che tengano conto dei meccanismi che hanno innescato questo fenomeno.

Le cause della crisi

Cortile dell'asilo infantile di Nyologu (Ghana): qui i bambini possono mangiare un pasto caldo al giorno. Un rialzo graduale dei prezzi degli alimenti sarebbe giustificato dall'aumento della domanda di cereali da parte della Cina e dell'India, le cosiddette "economie emergenti".

Quello che si sta verificando però ha le caratteristiche di un vero e proprio balzo improvviso, le cui cause sono imputabili a ben altri meccanismi economici.

Tra questi rientra sicuramente l'aumento del prezzo del petrolio degli ultimi anni, che ha innescato una forte domanda di cereali da trasformare in biocarburanti sostitutivi della benzina.

La produzione dei biocarburanti gode oggi di importanti sussidi sia da parte sia degli Stati Uniti che dell'Europa, tanto che per un produttore agricolo diventa più redditizio investire nella produzione di cereali destinati alla trasformazione in biocarburanti, piuttosto che all'industria alimentare.

Il paradosso dunque è che nonostante la forsennata crescita dei prezzi, nei paesi in via di sivluppo le colture cerealicole sono in aumento ma la popolazione locale non può beneficiare della produzione.

Mentre si studiano le strategie per formulare una risposta di lungo periodo a questo fenomeno, resta da fronteggiare l'emergenza-fame che ha assunto le dimensioni di uno "tsunami silenzioso", ed è necessario mettere in atto delle strategie che proteggano dalla denutrizione i soggetti più vulnerabili: i bambini.

L'UNICEF in azione

Repubblica Centrafricana. Un bambina beve una zuppa di latte e farina presso un centro dell' Unicef per lo sviluppo dell'infanzia. ©UNICEF/HQ07-0396/Giacomo Pirozzi L'UNICEF sta monitorando l'impatto dell'aumento dei prezzi degli alimenti sullo stato di nurizione di donne, bambini e nuclei familiari.

Alla luce di queste valutazioni è allarmante il rischio che stanno correndo le famiglie povere, che spendono circa il 70% del loro salario per l'acquisto di cibo. A destare preoccupazione però è soprattutto il pericolo che corrono i bambini già malnutriti, la cui situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi.

L'UNICEF stima che sono circa 20 milioni i bambini sotto i cinque anni che soffrono di malnutrizione, e questo numero potrebbe aumentare per effetto della crisi.

Un rapido sguardo sulle cause dell'attuale crisi dimostra come la denutrizione di cui soffrono questi bambini non sia una fatalità, ma una vera e propria ingiustiza.

Ecco perché è importante ribadire il diritto che ogni essere umano in generale, ed ogni bambino, hanno di avere accesso ad un alimentazione adeguata, prima condizione per il raggiungimento di un benessere psico fisico e per il godimento degli altri diritti umani fondamentali.

L'attuale crisi alimentare rende ancora più urgente l'incremento della strategia che l'UNICEF sta portando avanti da tempo per combattere la malnutrizione infantile.

Nelle azioni rivolte a questo fine rientra la promozione dell'educazione alimentare, dell'accesso all'acqua potabile, dell'allattamento al seno e dei micronutrienti, oltre allo sviluppo di un sistema di protezione sociale che riduca la vulnerabilità socio economica dei bambini.

 

 

 2008-2030 Crisi alimentare globale?

 

 

La fame nel mondo

 

 

2010, l’anno della crisi alimentare?

Fonte web

Quando in India muoiono oltre 40 persone di freddo, si può ben dire che si gela. L’ondata colpisce tutto il pianeta: nella maggior parte della Cina (-40°C) a Pechino come in tutta l’Asia nord-orientale, che sta soffrendo «il peggior inverno da 60 anni». Gli stessi venti gelidi dell’Artico hanno spazzato la Russia e l’Europa occidentale continentale.

Il più freddo dicembre degli ultimi trent’anni ha colpito l’Inghilterra e l’Irlanda (dove gela di rado) con temperature a meno 22: «La più forte nevicata dell’ultimo mezzo secolo», per i giornali: ne soffrirà il raccolto delle patate irlandesi, un danno per gli agricoltori di 15 milioni di euro.

Il ghiaccio in Italia, come sapete, ha gettato nel caso i trasporti ferroviari. In Germania, il termometro ha superato i -34 ° C; in Slovenia, a Bohin, i -49. In Olanda sono ghiacciati i canali, come non accadeva da 12 anni.

I sanitari tedeschi consigliano a chi ce li ha di togliersi i piercing: non si devono portare oggetti di metallo sul corpo quando le temperature scendono tanto (un vecchio scherzaccio siberiano consiste nel far leccare al novellino un’ascia: la lingua non si stacca più).

Le Hawaii, la Guinea, Cuba stanno conoscendo l’inverno più freddo a memoria d’uomo. E la Florida subtropicale, perennemente inondata dal sole? A Tampa, il ghiaccio sulle ali ha provocato ritardi degli aerei. Le palme di Miami hanno conosciuto per la prima volta una temperatura di 10 gradi centigradi. Le gelate stanno preoccupando i coltivatori della Florida: sono in pericolo i raccolti di fragole, pomodori ed altra frutta e verdura.

E fosse solo per la frutta e la verdura. Le piogge torrenziali d’autunno, ed ora la neve e il gelo, fanno pesare un forte dubbio sul Midwest agricolo, granaio esportatore del mondo, e sulla produzione di grano, mais e soya.

Ciò aggrava una situazione agricola mondiale che già si preannunciava assai critica. L’Argentina ha sofferto la peggiore siccità da mezzo secolo, e la produzione nazionale di frumento è scesa da 16,3 milioni di tonnellate del 2008 ad 8,7 del 2009. L’Australia subisce la più tragica desertificazione del pianeta e le stime di produzione del grano australiano sono state ridotte di un milione di tonnellate (su 20). La Cina del Nord, prima delle tempeste di neve e gelo, era stata investita da una siccità senza precedenti da mezzo secolo: la riduzione del prodotto si stima di meno 10% «nel miglior dei casi». Siccità anche in Medio Oriente ed Asia centrale: perdita dei raccolti di grani valutata sul meno 22%. L’India ha conosciuto il più asciutto monsone degli ultimi 37 anni, e nelle zone più colpite, una siccità che non ha precedenti dal 1918. I contadini hanno smesso di irrigare i campi per paura di restare senz’acqua da bere per uso umano; poi, grandi piogge fuori stagione che hanno fatto marcire i raccolti sui campi.



Soldati cinesi spalano per liberare un treno praticamente sepolte

 dalle nevicate  a Shangdu, Mongolia interna, il 4 gennaio.

 

Ciò ha avuto in immediato contraccolpo sui prezzi: in India, mentre l’inflazione generale è del 3%, gli alimenti di base (patate, lenticchie cipolle, dieta quotidiana dei poveri) sono rincarati del 17,7%; riso e grano, del 10% in un anno. Il governo indiano dovrà importare per ridurre il rincaro degli alimenti essenziali delle masse povere, e può farlo: ha in riserva 270 miliardi di dollari guadagnati con l’export. Per intanto, l’India ha smesso di esportare granaglie; come la Cina, che sta contrastando la crisi globale stimolando i consumi interni – a cominciare da quelli alimentari.

Non bastasse il clima, la crisi finanziaria globale ha inferto già agli inizi del 2009 il suo colpo di pugnale all’agricoltura: le banche hanno negato i crediti agli agricoltori, e del resto i prezzi agricoli sono calati per restrizione della domanda, il che s’è tradotto in una riduzione degli ettari messi a coltura.

Adesso i prezzi salgono per scarsità d’offerta. Ma quando si tratta di cibo, è essenziale capire che i beni agricoli non si moltiplicano a volontà come la finanza moltiplica i derivati e i titoli tossici, e le Banche Centrali la pseudo-moneta creata dal nulla.

I grani hanno un ciclo fisso, e annuale. Frumento, mais e soya si mietono una volta all’anno (in certe zone privilegiate, due), e quella è tutta la produzione; non conta quanto rincarino, o quanto le gente sia disposta a spendere per mangiare, nessuna nuova produzione può arrivare al consumo se non dopo un anno, o il prossimo raccolto. «L’offerta» non risponde immediatamente alla «domanda», per quanto questa sia disposta a pagare. I beni agricoli devono durare – e bastare – fino al raccolto prossimo.

E’ essenziale dunque che le commodities alimentari siano valutate correttamente quanto ai prezzi per evitare il super-consumo, a cui poi segue inevitabile la penuria (e la carestia).

E qui entra in causa lo US Agricolture Department o USDA, ossia il ministero dell’Agricoltura americano, le cui stime e previsioni sono osservate attentamente da tutto il mondo. Secondo un sito specializzato (2010 Food Crisis for Dummies) lo USDA, anzichè rivedere le sue stime al ribasso per riflettere il calo di produzione, le ha euforicamente rialzate: con ciò dimostrando (sulla carta) che l’offerta basterà a coprire la domanda mondiale, e ritardando un rincaro nei prezzi alimentari, che avrebbero dovuto già rialzarsi mesi fa;  il ritardo, solo rimandato, si rivelerà in tutto la sua ampiezza nel 2010.

Più specificamente, lo USDA ha proclamato un raccolto-record di grani, mais e soya in America. Ma in altre statistiche, ha dichiarato lo stato di crisi in metà delle contee (provincie) del Midwest ; aggiungendo, solo negli ultimi 30 giorni fra metà novembre e dicembre, 274 contee fra le aree di disastro.

Lo USDA dichiara aree disastrate – candidate ad aiuti pubblici per gli agricoltori – quelle dove si registra come minimo la perdita di un 30% del raccolto di almeno un coltivo. Ecco qui sotto le zone in crisi:

 

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E’ un po’ strano che l’USDA dichiari lo stato di crisi agricola in un terzo del Midwest, e nello stesso tempo proclami che l’America avrà raccolti-record. Dichiara grandi raccolti in Oklahoma, Louisiana, Arkansas, Alabama, ossia negli stessi Stati dove dichiara che le contee subiranno una perdita del 30%.

Il Dipartimento Agricoltura sta falsificando i bilanci, esattamente come la Federal Reserve sta facendo della contabilità nazionale?

Il dubbio è che lo faccia, e per la stessa ragione. Se trapelasse la realtà, il rapido rincaro del cibo potrebbe provocare il collasso del mercato del Buoni del Tesoro USA, perchè i governi massimi detentori di quei titoli di debito e le loro Banche Centrali (Cina, India e Giappone), premuti dall’urgenza alimentare delle loro popolazioni, scaricherebbero le loro riserve estere non solo per comprare grani sui mercati mondiali, ma soprattutto per ottenere l’apprezzamento delle loro monete nazionali, in modo da abbassare i costi dei cibi importati.

La Cina rinuncerebbe alla sua politica favorita, la sottovalutazione della sua moneta che la rende tanto competitiva? E’ più che probabile, dal  momento che i rincari dei prezzi alimentari interni possono scatenare disordini sociali, che il regime teme più di tutto.

Dunque gli Stati Uniti stanno sottovalutando la produzione granaria per mantenere la credibilità dei loro titoli di debito pubblico, o quel che ne resta? Con il risultato di ritardare, e quindi di aggravare, la crisi alimentare che verrà?

Una premonizione degli eventi avvenire (e una conferma della scarsità nascosta dalle false statistiche) si è avuta in America alla fine di agosto: di colpo, nel Paese massimo produttore mondiale di soya, ci si è accorti che tutta la soya era stata venduta. Lo dimostra il fatto che il 28 agosto il mercato finanziario di questa  merce è andata in «backwardation», insolito fenomeno per cui i prezzi «cash» diventano più alti dei prezzi «futures» (i primi derivati della storia: l’acquisto di grano in erba, non ancora prodotto). La soya cash a pronta consegna è schizzata a 13 dollari a bushel, mentre i futures per la consegna nei mesi seguenti sono rimasti a 11. Perchè?

Basta mettersi nei panni di un allevatore di polli o vario bestiame: non trova pià soya in vendita! E’ disposto a pagare qualunque prezzo per accaparrarsi la scarsa commodity. Per mangiare, i suoi animali mica possono aspettare settembre od ottobre, la data di maturazione dei futures. Lo stesso vale per le industrie molitorie: senza granaglie chiudono, e perciò le comprano a qualunque prezzo.

E’ quel che avverrà nel mondo, quando si scoprirà che le riserve alimentari stanno per finire. Il panico. Accaparramenti a livello planetario da parte di famiglie, mediatori e grossisti, Stati, produttori stessi. Le nazioni esportatrici bloccheranno l’export, come sta già facendo l’India. Ora, il blocco delle esportazioni riduce l’offerta, nel momento stesso in cui gli accaparramenti accrescono la domanda. E il prezzo dei cibi salirà alle stelle. Carestie e miserie innescheranno rivolte e tumulti.

Una crisi inevitabile per ragioni climatiche e il caos finanziario, ma gestibile, diventerà un disastro  a causa dell’USDA, che ha diffuso cifre fittizie e un falso senso di sicurezza; se non fosse stato per quelle invenzioni, le commodities agricole sarebbero già rincarate  nella prima metà del 2009, in previsione dello sbilancio fra offerta e domanda del 2009-2010; ma nulla di paragonabile al danno che l’USDA ha fatto al mondo intero nascondendo la penuria, e dunque incoraggiando il superconsumo di riserve alimentari in veloce sparizione.

E’ lo stesso danno che l’America finanziaria ha fatto con i titoli tossici e i mutui subprime, ma, questa volta, applicato direttamente alle tavole delle famiglie. Ovviamente, per il dollaro potrà essere il tracollo finale, se i detentori sovrani dei titoli di debito USA se ne libereranno a precipizio per apprezzare le loro monete e comprare quindi  all’estero grani a prezzi minori per la loro popolazione. Questo avrà un effetto-boomerang poco avvertito sulla finanza più «creativa»: siccome oggi la speculazione sui derivati, e i fondi speculativi, usa come «collaterale» e garanzia quasi esclusivamente i Buoni del Tesoro americano a breve, la perdita di valore del dollaro e dei Buoni svenduti dalle Banche Centrali indurrà la sfiducia generale in quei «collaterali», e gli investitori si ritireranno dal mercato dei derivati; i fondi speculativi saranno obbligati, per pagare i clienti che si ritirano, a vendere il loro Buoni del Tesoro su un mercato che ne sarà già strapieno, e dove non ci saranno altro che venditori e nessun compratore.

La crisi si avviterà ancor più, coi buoni e il dollaro in caduta libera, anche perchè la FED dovrà stampare ancora più carta, a trilioni e trilioni. Le banche cadranno l’una dopo l’altra.

Si noti: anche le banche del Midwest, quelle che hanno prestato i soldi agli agricoltori della nazione massima esportatrice di grani; essendo gli agricoltori rovinati dai cattivi raccolti, quelle banche sono già in fallimento tecnico. Vendono tenute a galla dallo Stato.

Ogni banca tecnicamente fallita in USA, sopravvive perchè viene finanziata da vendite immediate di Buoni del Tesoro. Quelli che presto, la Cina dovrà smettere di comprare, anzi dovrà vendere. E senza i suoi farmers, l’America sparirà anche come fornitrice di alimenti…

E’ uno scenario apocalittico. Spero che non si avveri come lo prevede il sito Marketskeptics.com. Ma per precauzione, riporto alcuni suoi consigli di sopravvivenza.

Alcuni di questi consigli sono perfino banali, dopo il quadro qui stilato: non comprare Buoni del Tesoro USA, evitare come la peste i derivati, anche i derivati agricoli (futures), perchè questi strumenti finanziari saranno probabilmente in  «backwardation» permanente rispetto al bisogno-panico di avere granaglie «cash». Azioni di aziende di fertilizzanti e sementi dovrebbero andare alla grande, per contro. E così l’acquisto di terreni agricoli. Però «negli Stati che non sussidiano la loro agricoltura».

Soprattutto, il sito consiglia di investire in Russia: «La Russia è il solo Paese con un settore agricolo notevolmente sottosviluppato», e dove dunque gli investimenti possono fruttare aumenti considerevoli della produzione alimentare.

Com’era del resto sotto gli Zar, quando le terre nere russe e ucraine erano il granaio d’Europa.

 

 

Gino Strada sulla fame nel mondo

 

 

FAO. Un miliardo di affamati

Record storico di persone che vivono

 in stato di sotto-nutrizione

Fonte web

La fame nel mondo sta per raggiungere un livello storico: oltre un miliardo di persone (per l'esattezza un miliardo e 20milioni) vive in stato di sotto-nutrizione, secondo le nuove stime pubblicate dalla Fao (il cui Rapporto 2009 sulla Fame verrà presentato in ottobre).

Una drammatica crisi alimentare

Tale incremento non è la conseguenza di raccolti non soddisfacenti, ma della crisi economica mondiale che ha ridotto i redditi e aumentato la disoccupazione. Il che ha ulteriormente ridotto le possibilità di accesso al cibo per i poveri, afferma l'agenzia delle Nazioni Unite. «La pericolosa combinazione della recessione economica e dei persistenti alti prezzi dei beni alimentari in molti paesi ha portato circa 100 milioni di persone in più rispetto all'anno scorso oltre la soglia della denutrizione e della povertà croniche», ha detto il direttore generale della Fao, Jacques Diouf. «Questa silenziosa crisi alimentare - che colpisce un sesto della popolazione mondiale - costituisce un serio rischio per la pace e la sicurezza nel mondo. Abbiamo urgentemente bisogno di creare un largo consenso riguardo al totale e rapido sradicamento della fame nel mondo, ed intraprendere le azioni necessarie ad ottenerlo». «L'attuale situazione dell'insicurezza alimentare nel mondo non ci può lasciare indifferenti», ha aggiunto, «Le nazioni povere devono essere dotate degli strumenti economici e politici necessari a stimolare la produzione e la produttività del loro settore agricolo. Gli investimenti in agricoltura devono aumentare, perché per la maggioranza dei paesi poveri un settore agricolo in buone condizioni è essenziale per combattere i problemi della fame e della povertà».

Chi sono gli affamati

Quasi l'intera popolazione sotto-nutrita vive nei paesi in via di sviluppo. In Asia e nel Pacifico circa 642 milioni di persone sono stimate soffrire di denutrizione cronica; nell'Africa Sub-Sahariana sono 265 milioni; in America Latina e nei Caraibi 53 milioni; nel Vicino Oriente e nel Nord Africa 42 milioni; nei paesi sviluppati la stima è di 15 milioni in totale. «La maggioranza dei poveri e degli affamati nel mondo è costituita dai piccoli contadini dei paesi in via di sviluppo, ha spiegato Kanayo F. Nwanze, presidente del Fondo Internazionale per lo Sviluppo. «Ciò nonostante, essi hanno il potenziale non solo per garantirsi la propria sussistenza ma anche per accrescere la sicurezza alimentare e stimolare una più vasta crescita economica. Per rendere effettivo questo potenziale, i governi, assistiti dalla comunità internazionale, devono proteggere gli investimenti di base nel settore agricolo, in modo da garantire ai piccoli contadini l'accesso non solo a sementi e fertilizzanti, ma anche a tecnologie più adatte, infrastrutture, schemi di finanza rurale e mercati».

Un futuro incerto

Nel corso dell'incontro con la stampa, è stato ribadito che sono specialmente i poveri che vivono nelle città coloro che si troveranno ad affrontare i problemi maggiori legati alla recessione globale, in quanto la riduzione della domanda di esportazioni e degli investimenti diretti esteri si ripercuoterà presumibilmente in maniera più pesante sui lavori urbani. Ma anche le aree rurali non verranno risparmiate. Milioni di persone emigrate nelle città si vedranno costrette a tornare nelle campagne, con conseguenti pressioni sulle condizioni dei poveri residenti in tali aree.  La situazione di alcuni paesi in via di sviluppo è anche aggravata dal fatto che le rimesse degli emigrati nei loro paesi d'origine sono diminuiti sostanzialmente nel corso di quest'anno, causando una notevole riduzione delle riserve estere e dei redditi familiari. «La comunità internazionale si deve stringere assieme nell'obiettivo di garantire che vengano soddisfatti i bisogni più urgenti, mentre vengono elaborate soluzioni di più lungo termine» ha sostenuto Josette Sheeran, direttore esecutivo del Programma Alimentare Mondiale.

Le reazioni

Tra le prime reazioni, all'allarme Fao, quella di Coldiretti, che in un comunicato sottolinea il peso della speculazione che ha bruciato nel mondo quasi 200 miliardi di dollari solo per il grano con le quotazioni internazionali che sono dimezzate in un anno da 10 dollari per bushel (0,37 dollari al chilo) dello scorso anno a poco più di 5 dollari per bushel (0,18 dollari al chilo) mentre i prezzi dei prodotti alimentari derivati come pane e pasta hanno continuato ad aumentare nei paesi ricchi ed in quelli poveri. «Nonostante il forte calo dei prezzi alla produzione agricola», denuncia in una nota la Coldiretti, «rimangono alti i prezzi al consumo che rendono ancora più difficile la sopravvivenza del miliardo di affamati. Come dimostra il fatto che, secondo la Fao, l'andamento dei prezzi al consumo in 58 Paesi in via di sviluppo ha evidenziato che nell'80 per cento dei casi i prezzi sono più alti dello scorso anno». Gli effetti disastrosi della crisi economica confermano che il cibo non è una merce qualunque. Per questo, afferma nel comunicato il presidente della Coldiretti Sergio Marini, sono necessarie «politiche specifiche: occorre investire nell'agricoltura delle diverse realtà del pianeta, dove servono prima di tutto politiche agricole regionali che sappiano potenziare le produzioni locali con la valorizzazione delle identità territoriali per sfuggire all'omologazione che deprime i prezzi e aumenta la dipendenza dall'estero».

 

 

 

 

AFRICA. Papa: continente va aiutato

a vincere la crisi alimentare

Fonte web

«L'Africa è un continente giovane, pieno di gioia di vita e di fiducia, con un enorme potenziale di creatività». Lo ha scritto Benedetto XVI in uno scambio epistolare con il Presidente della Repubblica Federale di Germania, Horst Köhler, incentrato sul suo primo viaggio apostolico in terra africana, che ha avuto luogo nello scorso mese di marzo.

Il Papa è tornato a rinnovare il suo appello affinché la comunità  internazionale si mobiliti per aiutare l'Africa gravemente colpita dalla crisi economica e finanziaria.

Nella sua lettera il pontefice ha sottolineato le dure sfide che in questo momento attendono l'Africa. Un continente dalle molte potenzialità, sottolinea, anche se frenate dagli «interessi stranieri» e da tensioni storiche che «gravano ancora sul presente e minacciano l'avvenire».

«Ma la fede viva, la fresca forza morale e la crescente competenza intellettuale creano un clima di speranza che resiste alle sfide e ne rende possibile il superamento» ha evidenziato.

Questo, però, ha insistito Benedetto XVI, a patto che la comunità internazionale mostri concretamente la propria solidarietà verso gli africani.

Nella sua lettera, il Presidente tedesco si è detto convinto che il futuro dell'umanità è inscindibilmente legato al destino dell'Africa.

«Per me è del tutto evidente che possiamo risolvere i problemi del nostro tempo solo coinvolgendo anche l'Africa» ha detto.

Non si tratta, afferma  il Presidente tedesco, «soltanto della questione delle materie prime, di sbocchi e altri interessi economici. Si tratta pure della ricchezza culturale, delle tradizioni e della creatività degli africani. Chi si apre all'Africa e alla sua gente, sperimenta un arricchimento».

 

 

 

 

UNICEF. 200 milioni di bambini

non crescono per fame

 

il rapporto presentato oggi in 24 Paesi si concentra

oltre l'80% dei bambini denutriti cronici

Fonte web

«Nei paesi in via di sviluppo circa 200 milioni di bambini sotto i cinque anni soffre di ritardi nella crescita come conseguenza della denutrizione cronica infantile e materna. La denutrizione contribuisce a determinare  più di un terzo del totale dei decessi dei bambini sotto i cinque anni» dichiara il Presidente dell’UNICEF Italia Vincenzo Spadafora,  presentando alcuni dei dati contenuti nel nuovo rapporto UNICEF “Il punto sui progressi nella nutrizione materno-infantile” lanciato  oggi.

Secondo il rapporto più del 90% dei bambini denutriti dei paesi in via di sviluppo vive in Africa e in Asia. In soli 24 paesi si concentra oltre l'80% dei casi di denutrizione cronica - misurata in termini di rallentamento della crescita. Si stima che circa 129 milioni di bambini che vivono nei paesi in via di sviluppo siano sottopeso - quasi uno su quattro. Il 10% di questi bambini risulta gravemente sottopeso.

«La denutrizione» prosegue Spadafora «spesso risulta invisibile fino a quando non diventa grave, e i bambini che appaiono sani, possono, in realtà, essere esposti a seri rischi e danni permanenti per la loro salute e per il loro sviluppo».

«La denutrizione sottrae le forze al bambino e fa in modo che sia più vulnerabile alle malattie che il suo corpo altrimenti potrebbe debellare» ha affermato Ann M. Veneman, Direttore generale dell'UNICEF. «Più di un terzo dei bambini che muoiono di polmonite, diarrea e altre malattie potrebbe sopravvivere se non fosse denutrito».

I primi 1.000 giorni, a partire dal concepimento fino al secondo anno di vita di un bambino sono i più critici per lo sviluppo. Carenze nutrizionali, durante questo periodo critico possono ridurre la capacità di contrastare e sopravvivere alle malattie e possono compromettere le capacità mentali e sociali.

«Coloro che sopravvivono alla denutrizione spesso presentano, lungo l’arco della loro vita, deficit fisici e cognitivi, che limitano le capacità di apprendimento e di inserimento nel mondo del lavoro» ha detto Ann Veneman. «Essi rimangono intrappolati in un ciclo intergenerazionale di malattie e povertà».

Una crescita stentata è una conseguenza a lungo termine della cattiva alimentazione durante la prima infanzia. Il rachitismo è associato a problemi di sviluppo ed è spesso impossibile da recuperare. Un bambino che ne soffre rischia di patire disagi psicofisici e disadattamento sociale; quindi la risposta sta nella prevenzione. Più del 90% dei bambini rachitici nei paesi in via di sviluppo vive in Africa e in Asia.

Anche una nutrizione inadeguata comporta problemi. I bambini gravemente sottopeso hanno problemi di salute e di sviluppo, ma questi problemi possono essere risolti se la nutrizione migliora, in seguito, durante l'infanzia.
La buona notizia è che la riduzione o addirittura l’eliminazione della denutrizione è possibile. Enormi passi avanti sono stati fatti, in tutto il mondo, attraverso l’attuazione di semplice misure , compresa la fornitura di micronutrienti per le popolazioni più vulnerabili di tutto il mondo.

Grazie alla fornitura di sale iodato e di vitamina A, sono stati compiuti notevoli progressi che hanno contribuito a ridurre la mortalità infantile e neonatale. Nei paesi meno sviluppati del mondo, la percentuale di bambini sotto i cinque anni che ha ricevuto dosi adeguate di vitamina A è più che raddoppiata, dal 41% nel 2000 all’88% nel 2008.

Di tutti gli interventi messi in atto, l'allattamento esclusivo al seno durante i primi sei mesi di vita del bambino – integrato con alimenti nutrizionali adeguati - può avere un impatto significativo sulla sopravvivenza dei bambini, potenzialmente può ridurre la mortalità infantile sotto i cinque anni, del 12 -15 % nei paesi in via di sviluppo.

Progressi importanti sono stati compiuti in Asia e in Africa, dove vive il 90% dei bambini rachitici. In Asia i dati sull’incidenza del rachitismo sono scesi da circa il 44% nel 1990 al 30% nel 2008, mentre in Africa sono scesi da circa il 38% nel 1990 al 34 % nel 2008.

«Impegni globali in materia di sicurezza alimentare, di alimentazione e di agricoltura sostenibile fanno parte di un programma più ampio che aiuterà ad affrontare le questioni cruciali sollevate in questa rapporto» ha detto Ann Veneman. «Se non si affrontano le cause della denutrizione infantile e materna, un domani il costo sarà notevolmente più elevato».

 

 

 

 

Cuba denuncia le responsabilità dei Paesi

ricchi nella crisi alimentare mondiale

 

Fonte web

Cuba ha affermato ieri che la fame e la malnutrizione sono conseguenze di un’ordine economico internazionale che supporta e rafforza la povertà, la disuguaglianza e l’ingiustizia, durante il Vertice Mondiale sulla Sicurezza Alimentare. (notizia Prensa Latina)

Nel suo intervento il primo vicepresidente cubano, José Ramón Machado Ventura, ha stigmatizzato i Paesi sviluppati per le loro responsabilità nell’attuale crisi dei prezzi degli alimenti, avendo imposto la liberalizzazione commerciale fra attori diseguali.

Oltre alle ricette finanziarie di ristrutturazione, [i Paesi ricchi] «hanno provocato la rovina di molti piccoli produttori del Sud e hanno trasformato in importatori netti di alimenti Paesi che prima erano autosufficienti», ha rilevato Ventura riferendosi ai Paesi ricchi.

Il capo della delegazione cubana a questo appuntamento ad alto livello, iniziato martedì scorso nella sede dell’istituzione dell’ONU per l’Agricoltura e l’Alimentazione (FAO), ha rimarcato che si può affrontare con successo la crisi se si va alla radice del problema.

Ha argomentato che questi flagelli non possono essere sradicati con l’adozione di misure palliative. «Neppure con donazioni simboliche, che, siamo onesti, non copriranno i bisogni né saranno sostenibili».

Machado Ventura ha indicato che le Nazioni ricche dispongono di risorse che superano abbondantemente quanto necessario per ricostruire e promuovere la produzione agricola del Sud. «Quello di cui c’è bisogno è la volontà politica dei loro governi», ha precisato.

«Se le spese militari della NATO in un anno fossero ridotte del 10 per cento, si libererebbero quasi 100 miliardi di dollari, e se si condonasse il debito estero, i Paesi del Sud del mondo disporrebbero di 345 miliardi di dollari l’anno», ha puntualizzato.

Allo stesso modo ha ricordato che si avrebbero 130 miliardi di dollari addizionali l’anno se il cosiddetto Primo Mondo rispettasse l’impegno di destinare lo 0,7% del loro Prodotto Interno Lordo alla Cooperazione Ufficiale allo Sviluppo.

Il vicepresidente dell’Isola caraibica ha anche riferito che 12 anni fa nella stessa sede della FAO si era fissato l’obbiettivo di ridurre della metà il numero delle persone denutrite entro il 2015, cosa che ora sembrerebbe una chimera.

«Noi Paesi Non Allineati (NOAL) abbiamo fatto appello nel Vertice dell’Avana (2006) a creare un mondo pacifico e prospero e un ordine mondiale giusto ed egualitario», ha precisato.

Machado Ventura ha sottolineato che per iniziativa di Cuba il principio secondo cui l’alimentazione è un diritto umano inalienabile è stato affermato a partire dal 1997 in successive risoluzioni adottate nella vecchia Commissione per i Diritti Umani, poi Consiglio.

Ha terminato il suo intervento citando le parole di Fidel Castro di fronte all’Assemblea Generale dell’ONU nell’ottobre 1979, che in conclusione dichiarava:

«Le bombe potranno uccidere gli affamati, i malati, gli ignoranti, ma non possono uccidere la fame, le malattie, l’ignoranza».

 

 

APPROFONDIMENTO


L'economia allo sbando

E' in uscita per Macrovideo il nuovo DVD di Eugenio Benetazzo, il 'predicatore finanziario' che costituisce una delle poche autorevoli voci che raccontano le cose come stanno realmente in tema di economia e finanza. Tratto dall'omonimo spettacolo, 'l'economia allo sbando' va pero' oltre la sola sfera economica, scoprendo che oggi la crisi e' anche energetica e alimentare.