CRISI ECONOMICA IN ARRIVO,
UN FORTE MONITO DIVINO?
Il bello è che anche uomini eminenti di Chiesa sembrano
avvalorare il fatto che il nostro tempo porta con
sé un fatto epocale, ultimativo e decisivo...
(a cura di Claudio Prandini)
Eppure, vi ho lasciato a denti asciutti in tutte le vostre
città e con mancanza di pane in tutti i vostri villaggi: e non siete ritornati a
me, dice il Signore. |
INTRODUZIONE
Non ne parla nessuno apertamente ma, biblicamente parlando, l'attuale crisi economica che si va sempre più profilando a livello globale (e per lo più taciuta alla opinione pubblica) assomiglia sempre di più ad un forte monito divino che va colto. Nelle omelie domenicali anche i sacerdoti tacciono come timorosi di pronunciare parole scomode e fuori moda, come "monito divino", "giustizia divina" o "castigo", dimenticando che se è vero che la misericordia indugia e pazienta per amore la giustizia, dal canto suo, non indietreggia e prima o poi colpisce secondo ciò che l'uomo ha seminato sul suo cammino. È l'eterna legge della responsabilità umana nella storia che fa dire a Gesù: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo!... Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa vi viene lasciata deserta!...» (Lc 13,3-5; 13,34-35). Infatti, nel 70 dopo Cristo, Gerusalemme venne distrutta e rasa al suolo dalle truppe mercenarie romane, il popolo disperso e ucciso dalla fame e dalla spada, il tempio distrutto per sempre come aveva detto Gesù: «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta» (Lc 21,6).
È a questo linguaggio concreto, biblico, a volte duro e storicamente verificabile che bisogna tornare nelle nostre chiese, per insegnare di nuovo agli uomini che non si sfugge alle proprie responsabilità storiche in modo particolare in questi "ultimi tempi", poiché dalla risurrezione di Gesù fino al suo ritorno ultimo siamo nell'intermezzo di tempo chiamato anche "ultima ora". Già San Paolo, comunque, affermava a riguardo degli ultimi tempi: "Devi anche sapere che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, intrattabili, nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati dall’orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio, con la parvenza della pietà mentre ne hanno rinnegato la forza interiore" (Timoteo 3,1-3,5).
Qualcuno potrebbe anche obiettare che questi peccati sono sempre esistiti da che mondo è mondo. Indubbiamente questo è vero, ma a ben vedere mai prima d'oggi era accaduto che la trasgressione sistematica dei Comandamenti venisse ostentata, incoraggiata e, per certi versi, istituzionalizzata come sta accadendo nella nostra epoca. Questi che solo pochi decenni fa erano ancora considerati, secondo i canoni della morale cristiana, come gravi vizi, vengono oggi guardati con indulgenza o persino accettati con indifferenza; la nostra società spesso addirittura li esalta e li incoraggia, considerandoli un mezzo inevitabile per poter emergere ed affermarsi nel difficile mondo di oggi.
Per questo molti studiosi di escatologia sono convinti che ci troviamo già negli Ultimi Tempi, che siamo ormai entrati nella fase conclusiva della storia del mondo; molte profezie bibliche sugli "Ultimi Giorni" sembrerebbero confermarlo. Numerosi sono ormai gli indizi a favore di questa tesi, diversi i "segni dei tempi" predetti nella Bibbia che vediamo spiegarsi innanzi ai nostri occhi. Il bello è che anche uomini eminenti di Chiesa sembrano avvalorare questa tesi e avvertono il fatto che il nostro tempo porta con sé un fatto epocale, ultimativo e decisivo... È il caso, ad esempio, del cardinale Ivan Dias che a Lourdes ha recentemente annunciato in una pubblica omelia: siamo nella battaglia finale fra la Chiesa e l’Anticristo... «È il cardinale capo della potente Congregazione di Propaganda Fide, quella che si occupa di evangelizzare il mondo. È stato nei giorni scorsi a Lourdes, e ha celebrato il 150° anniversario dell’apparizione della Vergine a Bernadette. Ha pronunciato un’omelia sorprendente per i suoi toni apocalittici; si potrebbe persino dedurne che la fine del Tempo non è lontana. Ve ne citiamo alcuni brani.
“Quale significato può avere il messaggio di Nostra Signora di Lourdes per noi oggi? Amo collocare queste apparizioni nel contesto più ampio della lotta permanente e feroce fra le forze del bene del male, che continuerà fino alla fine dei tempi”. La Madonna prevedeva “il sorgere dell’Anticristo e i suoi tentativi per rimpiazzare Dio nella vita degli uomini; tentativi che malgrado i loro successi eclatanti, saranno tuttavia destinati al fallimento”. Il porporato consiglia di pregare il Rosario, e di praticare la conversione del cuore, e di accettare le sofferenze per la salvezza del mondo. Specialmente ora, spiega, perché “La lotta fra Dio e il suo nemico divampa sempre, ancora più oggi, perché il mondo si trova terribilmente inghiottito nella palude di un secolarismo che vuole creare un mondo senza Dio; di un relativismo che soffoca i valori permanenti e immutabili del Vangelo; di un’indifferenza religiosa che resta imperturbabile di fronte al bene superiore delle cose che riguardano Dio e la Chiesa”. E poi cita Giovanni Paolo II: “Noi siamo di fronte oggi al più grande combattimento che l’umanità abbia mai visto. Non credo che la comunità cristiana l’abbia compreso totalmente. Siamo oggi di fronte alla lotta finale fra la Chiesa e l’anti Chiesa, fra il Vangelo e l’anti Vangelo”. Ma è la donna “della Genesi e dell’Apocalisse”, conclude il cardinale, “che combatterà alla testa dell’esercito dei suoi figli e figlie contro le forze nemiche di Satana e schiaccerà la testa del serpente”» (vedere qui).
Se dunque questo è il tempo della "lotta finale fra la Chiesa e l’anti Chiesa, fra il Vangelo e l’anti Vangelo”, come disse Giovanni Paolo II, perché non vedere nell'attuale crisi economica che si annuncia un grave monito di Dio sulla nostra generazione? Perché, a parte tutte le considerazioni più o meno tecniche che vedremo, non vedere la storia con gli occhi del profeta Amos: "Eppure, vi ho lasciato a denti asciutti in tutte le vostre città e con mancanza di pane in tutti i vostri villaggi: e non siete ritornati a me, dice il Signore...".
Il crollo di Wall Street nel 1929
ANTEPRIMA ITALIANA
La decrescita è arrivata
Come facilmente prevedibile, tutte le stime di crescita per il 2008 volgono al ribasso. Oggi, è il giorno delle previsioni del Centro Studi di Confindustria, che stima una crescita del pil per il 2007 in lieve rialzo dalla stima precedente (da 1,7 a 1,8 per cento), ma rivede in marcato ribasso la stima per il 2008, da 1,3 a solo l'1 per cento, cioè il peggior scenario previsto dal Ministero dell'Economia per le stime di rapporto deficit-pil presentate all'Unione Europea.
La revisione al ribasso delle stime di crescita è quasi interamente imputabile alla forte frenata dei consumi delle famiglie, la cui crescita per il 2007 è stimata all'1,9 per cento, ma che nel 2008 dovrebbe rallentare a più 1,2 per cento l'anno prossimo. Spento il motore dei consumi, la crescita italiana dovrebbe poggiare quindi su export ed investimenti. I consumi sono danneggiati dalla insufficiente crescita del reddito, e questo lo avevamo già intuito, oltre che dalla crescita dell'inflazione. Ma anche dalla forte stretta creditizia causata dalla crisi di liquidità interbancaria, che spinge inesorabilmente al rialzo il costo del debito per famiglie ed imprese.
E' davvero inquietante che l'annuncio di due giorni fa, di fornitura straordinaria di liquidità al sistema creditizio da parte delle principali banche centrali, non abbia influito favorevolmente sui livelli dei tassi interbancari, che restano in forte tensione anche a causa della scadenza di fine anno. Si conferma quello che diciamo da tempo: le stime governative di crescita, e tutti i rapporti d'indebitamento ad essa correlati, sono troppo ottimistici. O forse, frutto di malafede, visto che sono stati elaborati a crisi già avviata. Attendiamo le mosse del governo, mentre Visco già si affanna a parlare di "armonizzazione della tassazione delle rendite finanziarie", ben consapevole che da qualche parte occorrerà recuperare il più che probabile buco di gettito previsto per il 2008, e la tassa da inflazione su cui conta Palazzo Chigi potrebbe non essere sufficiente a soddisfare tutte le clientele.
Comprate il popcorn e mettetevi comodi. La decrescita è arrivata.
Borsa asiatica giapponese
Il collasso del moderno
sistema bancario è alle porte
A cura di
Pieraldo Frattini – 20 dicembre 2007
Le banche non hanno le riserve per coprire
le perdite accumulate dai loro assett e
I mercati azionari sono scesi bruscamente la scorsa settimana in seguito a
notizie poco incoraggianti relativi al rialzo del tasso di inflazione che
potrebbe limitare un abbassamento ulteriore dei tassi di interesse; siamo ora
molto vicini all’accensione della spia che segnala l’inizio di un mercato orso,
ossia di discese protratte delle borse. Il settore finanziario è stato finora il
più colpito con una perdita di capitalizzazione del settore del 25% dal luglio
scorso ad oggi. Il mercato immobiliare americano manifesta segni di
rallentamento sempre più inquietanti e perfino il governatore della California
ha annunciato che dichiarerà l’emergenza fiscale in gennaio a causa della
perdita in bilancio di 14 bilioni di dollari causati dalle perdite legate alle
obbligazioni garantite da mutui.
Il capo
economista di Morgan Stanley, Stephen Roach, sul New York Times
di domenica scorsa affermava:“Questa recessione sarà piu’ grave di quella
mite del 2001-2003; la causa della recessione precedente fu il crollo della
spesa della aziende che al suo picco, nel 2000, si aggirava attorno al 13% del
Pil Usa, la recessione attuale sarà imputabile alla capitolazione della spesa
dei consumatori che costituisce il 72% del Pil Usa.”
Molte persone non hanno idea di quanto sia grave la situazione provocata dalle
prossime perdite di valore, dell’ordine di alcuni trilioni di dollari, delle
obbligazioni legati ai mutui; c’è ancora radicata la convinzione che
Nelle
scorse settimane Bernanke, il capo della Fed e Paulson, il capo
del Tesoro, hanno messo in piedi alcune strategie fallimentari: prima hanno
cercato di salvare i bilanci delle grandi banche di investimento prospettando la
creazione del cosiddetto “super Siv” uno strumento creato apposta per scaricare
su di esso un gran numero di mutui sostanzialmente senza neppure più un mercato
che stavano in conto alle banche. Dopo che il piano Siv non è riuscito ha
proposto un congelamento dei tassi di interesse per le rate dei mutui dei
cittadini a rischio di insolvenza: anche questo progetto è stato abbandonato
perché dei 3,5 milioni di proprietari immobiliari a rischio fallimento solo 140
mila sarebbero stati temporaneamente salvati. Paulson non si è dimostrato
all’altezza dei suoi compiti come il capo della Fed, Bernanke, la cui ultima
mossa a favore della ripresa economica strozzata da problemi di disponibilità di
credito che non si vedevano da decenni, è stata il misero taglio dei tassi di
soli ¾ di punto. Pare che Bernanke stia facendo solo del suo meglio nel seguire
il consiglio di Lenin: “Il miglior modo per distruggere il capitalismo è
svalutare la sua moneta”. Il dollaro è infatti in caduta libera a causa della
politica monetaria.
La
decisione della Fed e di altre banche centrali di aggiungere liquidità nel
sistema attraverso audizioni per abbassare il tasso Libor (tasso a cui si
prestano denaro le banche tra di loro) che è a livelli pericolosamente alti è
stato solo poco più che un piccolo regalo alle banche in difficoltà. Inoltre le
banche che approfitteranno del regalo avranno la facoltà di chiedere
l’anonimato. Dopo queste audizioni comunque il tasso è rimasto pressoché ai
livelli precedenti indicando quanta paura hanno le banche nel farsi prestiti tra
loro preferendo accumulare liquidità per far fronte all’emergere alla luce delle
loro prossime gravi perdite legate al tracollo dei mutui.
Uno dei più
ascoltati economisti inglesi, Peter Spencer, ha lanciato un allarme
sabato scorso:”Il governo deve sospendere una serie di regolamentazioni
bancarie o il rischio è di avere un’economia in così grave crisi che la
depressione del
Anche Bill Gross, il più grande gestore americano di obbligazioni ha
affermato recentemente: “Stiamo assistendo al tracollo del nostro moderno
sistema bancario”.
L’economista Ludwig von Mises è ancora più corretto nella sua analisi: “Non
esiste modo di evitare il collasso finale di un boom generato dall’espansione
indiscriminata del credito. E’ solo questione se la crisi arriverà appena sara’
abbandonata la politica dell’espansione del credito o in seguito sotto formo di
totale distruzione del sistema e del suo sistema monetario”.
Il problema di base si originò quando
David
Roache ne spiega il funzionamento sul Wall Street Journal: “La
ragione della crescita esponenziale del credito è stata dovuta al fatto che le
banche hanno avuto la facoltà di non tenere iscritti i mutui concessi nella loro
contabilità, ma di impacchettarli e venderli come obbligazioni. In questo modo
hanno creato un’infinita’ di mutui non coperti dalle dovute garanzie bancarie.”
Questo spiega perché le banche per far profitti abbiano concesso mutui anche a
chi non aveva i requisiti per ottenerli incassando maree di denaro.
Ora fortunatamente questo meccanismo si è rotto e la principale fonte di reddito
delle banche è venuta a mancare; il mercato delle obbligazioni garantite dai
mutui è calato di 1/3 (equivalente di 400 bilioni di dollari) in sole 17
settimane. Le banche non hanno le riserve per coprire i loro assett svalutati e
le banche centrali non possono monetizzare le loro perdite. Non c’è via
d’uscita. Ci saranno bancarotte e banche che falliranno e tutti pagheranno il
prezzo per questi eccessi. Gli utili alle banche e le loro perdite da dividersi
tra la collettività. Gli investitori hanno perso appetito per il rischio e non
ne vogliono più sapere nulla di obbligazioni strutturate e ciò significa che
circa 3 trilioni di dollari di debiti si schianteranno dando un gran colpo
all’economia.
Trilioni di dollari di “capitali virtuali” creati dal nulla con la securitizzazione quando i mercati volavano sulle ali dell’ottimismo spariranno in un colpo quando il mercato sarà portato dalla paura. Il processo è iniziato e chi ne è consapevole può ancora fare qualcosa per proteggersi.
"La discesa del dollaro diverrà un incubo..."
Un'intervista controcorrente
Sono
poche le voci oggi che sanno riconoscere i problemi che si stanno profilando
all’orizzonte e che non hanno niente da perdere, perché non succubi del potere
dominante, dal lanciare un grido di allarme riguardo alla situazione economica
mondiale, legata al destino di quella statunitense. Questa è quella di un
economista che parlò del crollo del Nasdaq mesi prima che avvenisse. Anticipò il
collasso delle Tigri Asiatiche nel 1998 e avvisò di inganni nei conti societari
molto prima dell’affare Enron.
Data la rilevante serie di accurate anticipazioni, sempre contrarie a quelle
degli economisti in linea col governo, penso che la seguente intervista con lui
debba essere letta in modo attento.
Dom: Nel 1997 lei avvisò della presenza di potenziali gravi problemi per le
economie “dei miracoli” (e molto indebitate) del lontano oriente. Cosa lo portò
a lanciare l’allarme?
Ris: Il loro boom (espansione) era indotto dall’eccessiva disponibilità di
credito. Si indebitarono molto per produrre più del necessario.
Dom: Sempre la solita storia…
Ris: Si, banconote in rapido aumento, crescita del credito disponibile e i
tipici sintomi delle economie surriscaldate: inflazione, speculazione ed eccessi
finanziari
Dom: Nel 1998 disse: “ L’economia americana rallenterà bruscamente”. Cosa vide?
Ris: Gli utili societari stavano vacillando, la aziende favorivano l’uso di
alchimie finanziarie, la speculazione più sfrenata e l’uso improprio dei
derivati. I risparmi e la formazione del capitale erano molto bassi.
Dom: Poi anticipò lo scoppio della bolla tecnologica ed il crollo del mercato.
Come fece?
Ris: Nella storia le grandi follie speculative sono legate alle innovazioni che
generano una grande euforia popolare. E’ accaduto anche con internet e con esso
si ebbe il sempre presente eccesso di credito disponibile.
Dom: Alla fine del 2000 era diffusa la convinzione che l’economia USA fosse
destinata ad un “atterraggio morbido”. Quali erano le sue idee allora?
Ris: Scrissi che gli eccessi di credito presenti a fine anni ’90, così come i
disequilibri economici e finanziari, erano molto maggiori di quelli dei primi
anni ’80 e perfino di quelli degli anni ’20.
C’era solo bisogno di guardare all’enorme deficit commerciale ed al tasso dei
risparmi prossimo allo zero.
Dom: Fu questa la peggiore bolla del credito della storia?
Ris: Assolutamente si.
Dom: Cosa disse dell’immediata ripresa che allora tutti anticipavano?
Ris: Scrissi che sarebbe stata una gran sorpresa la velocità dell’indebolimento
dell’economia americana.
Dom: Come mai?
Ris: I profitti stavano crollando, le aziende erano molto indebitate e
riducevano le loro spese e i loro investimenti. C’erano ovunque seri problemi.
Dom: Eccoci ad oggi. L’economia americana entrerà in recessione di nuovo?
Ris. Si, una profonda debolezza dell’economia statunitense è il grande shock che
scuoterà il mondo.
La discesa del dollaro diverrà un incubo.
Dom:Come può esserne così certo? La maggior parte degli economisti vede la
ripresa?
Ris: Sono sbalordito dal basso livello del pensiero economico attuale. Processi
economici accettati da tutte le scuole di pensiero per più di duecento anni sono
sconosciuti, scartati o capovolti. Il fatto è che esistono problemi strutturali
che escludono la possibilità di una crescita sostenibile.
Dom: Quali sono?
Ris: Il declino dei profitti, il crollo record dei risparmi e degli
investimenti, un indebitamento ed una spesa dei consumatori senza precedenti, un
enorme deficit commerciale e livelli record di debito dovunque.
Dom:Come mai nessun economista parla come lei?
Ris: Economisti, politici e la gente comune vogliono negare la gravità della
situazione economica e finanziaria.
Dom: Perché?
Ris: Il problema principale è una mancanza di comprensione e la fiducia cieca
nell’onnipotenza della Federal Reserve.
Dom:La Fed ha abbassato drasticamente i tassi. Nel passato ha funzionato…
Ris: Questa recessione è molto diversa da tutte quelle accadute nel dopoguerra.
Non è stata causata dal rialzo dei tassi, ma da un insostenibile eccesso di
spese che si è lasciato alle spalle un sistema finanziario indebolito.
Dom: Dice che i tassi bassi non funzioneranno?
Ris: Per la prima volta dal dopoguerra l’economia USA ed il mercato sono scesi
nonostante la più aggressiva riduzione dei tassi e la maggior creazione di
credito di sempre. Le forze che deprimono oggi l’economia sono radicalmente
diverse da quelle che hanno prodotto le passate recessioni.
Dom: In che modo?
Ris: La riduzione dei profitti è la causa maggiore.
Dom: La Fed ha ridotto i tassi per stimolare la spesa. La gente se ne sta
avvantaggiando, non è vero?
Ris: Giusto. L’America sta affrontando la recessione aggiungendo eccessi di
spesa.
Dom: Non possono i consumatori con le loro spese tenere a galla l’economia?
Ris: La fiducia dei consumatori sta venendo meno. Nessuno vuole crederlo, forse
perché non ci sono altre soluzioni.
Dom: Non sono in aumento i guadagni dei consumatori?
Ris: No, è molto che non salgono e molta della loro crescita è venuta dalla
riduzione delle tasse.
Dom:Per cui la spesa dei consumatori potrebbe fermarsi?
Ris: Si, specialmente se essi devono aumentare i loro risparmi.
Dom:Perché?
Ris:Ogni aumento dei risparmi rallenta la crescita economica ed i profitti
societari. Finora i consumatori hanno posticipato il giorno del giudizio
indebitandosi ancora di più. Molto di questo debito non potrà essere ripagato.
Dom:Come lei dice, i consumatori hanno fede nelle autorità monetarie. Ecco
perché continuano a spendere.
Ris: Questa fede è stupefacente. Va oltre i fatti. E’ basata sulla capacità
della Fed di creare banconote senza limite, sul prestito e la conseguente spesa
sconsiderata dei consumatori.
Nessuno pare capisca gli enormi eccessi da ambo le parti e come essi siano
responsabili della prossima catastrofe economica.
Dom: Concordo con lei. La gente non riconosce le avvisaglie del brutto tempo.
Ris: E’ ora che lo facciano. Il mondo non ha mai sperimentato una tale
distruzione di capitali in borsa, così come i profitti e le spese per
investimento delle società non sono mai calate così tanto dalla depressione
degli anni ’30. Inoltre non c’è nulla all’orizzonte che presagisca qualche
miglioramento.
Dom: Perché la spesa per investimenti è così importante?
Ris: Perché essa crea la domanda, l’occupazione, i profitti ed anche porta a
ripagare i debiti. Ricordi sempre che la formazione di capitale è strategica per
la prosperità generale.
Dom: Cosa sta provocando la riduzione dei profitti che prosciuga la spesa per
gli investimeti?
Ris: Una causa sono le riduzioni dei costi fatte dalle società i quali
sortiscono l’effetto desiderato opposto sui profitti, cioè li riducono. La spesa
per investimenti è la sorgente degli utili, non la spesa dei consumatori. La
riduzione della spesa degli investimenti riduce i profitti. Profitti maggiori
non vengono dalla riduzione generale dei costi. Inoltre le società si sono molto
indebitate e le spese degli interessi sui prestiti rappresentano oggi il 100%
dei profitti, contro il 23% del 1997.
Dom:I soldi presi in prestito non sono stati forse destinati agli investimenti
per dare utili?
Ris: Molto pochi hanno preso quella direzione. La maggior parte è stata spesa
per acquisizioni di altre società, fusioni, e riacquisto di azioni proprie, non
aggiungendo niente alla capacità produttiva.
Dom: Questi soldi presi in prestito non hanno aiutato a fare profitti?
Ris: No, mentre i profitti calavano le società hanno devastato i loro conti.
Dom: Cos’altro ha ridotto gli utili?
Ris. Il più importante freno è stato il deficit commerciale USA il quale è
volato in quattro anni da 100
a 500 milioni di dollari l’anno. Ciò ha diretto le spese dei consumatori dai
beni prodotti in patria a quelli esteri, deprimendo i guadagni delle società
americane ed aiutando quelli delle imprese estere.
Dom: Cosa implica il declino dei profitti per il mercato?
Ris: Le azioni americane sono molto sopravvalutate. La peggiore parte della
discesa dei mercati deve ancora accadere e porterà con sé la totale distruzione
del benessere finanziario creato dalla bolla economica degli anni ’90.
Dom: Alcuni anni fa si parlava di una nuova era, di una crescita senza fine.
Cosa è andato storto?
Ris: Il nuovo capitalismo USA non ha funzionato. I manager erano focalizzati sul
creare valore per gli azionisti attraverso il riacquisto delle azioni, riduzione
dei costi, fusioni e acquisizioni; si comportarono come se avessero tutto da
guadagnare nel breve termine e nulla da perdere nel lungo periodo. Questa
strategie ha portato i prezzi azionari a valori assurdamente elevati mentre gli
effetti sull’economia sono stati distruttivi.
Dom: Perché?
Ris: Queste strategie non portano profitti, non creano nuove imprese. Il
benessere è causato dalla nascita di nuove società, non dagli aumenti di
produttività. E’ solo la spesa per investimenti e non la spesa dei consumatori
che porta alla crescita economica.
Le società hanno usato i soldi per l’ingegneria finanziaria, e per speculare in
derivati piuttosto di adoperarli per costruire nuove industrie. Inoltre hanno
falsificato i bilanci e lo continuano a fare.
La maggior parte dei profitti delle società dell’alta tecnologia derivarono da
enormi guadagni sui mercati azionari.
L’importanza delle nuove tecnologie per creare benessere è stata molto
sovrastimata.
Dom: Cosa può provocare la presenza di enormi livelli di debito?
Ris: Le società hanno un maggior difficoltà ad accedere a nuovo credito e
rischiano il fallimento.
Dom:Cosa ne pensi del basso tasso di risparmi?
Ris: Essi sono la condizione indispensabile per la crescita economica. Sono
stati sperperati per pagare le spese che i consumatori non potevano permettersi
dal solo loro stipendio.
Dom: Come mai per la maggior parte degli economisti i risparmi così bassi non
sono un problema?
Ris: C’è un rifiuto generale nell’affrontare la realtà.
Dom: Cosa succede ai paesi con un basso tasso di risparmi?
Ris: Essi hanno pochi investimenti, paghe limitate e profitti magri.
Dom: Gli economisti del governo e la Fed dicono che non bisogna risparmiare, ma
che bisogna spendere.
Ris: Non penso si possa cambiare un vizio in virtù.
Dom: Perché no?
Ris: Il credito crea capacità di spesa dal nulla. Il credito da solo non può
sostenere a lungo la crescita economica. Il debito deve essere ripagato. Quando
la maggior parte del debito è usata per scopi non produttivi come i consumi e la
speculazione, si arriva ad una grave crisi. Il sistema finanziario USA è in
precarie condizioni. E’ una casa di carte basata sull’eccesso di credito e sulla
speculazione. Bisogna prepararsi per una recessione severa e protratta
proporzionale agli eccessi record accumulati nella precedente fase di
espansione.
L’eccesso di credito e i bassi tassi di interesse hanno solo posticipato
l’inevitabile crisi.
La Fed e le altre banche centrali non possono porvi rimedio. Il destino
dell’economia americana e della sua valuta, il dollaro, è segnato.
Il dollaro brucia sempre di più il suo potere d'acquisto
La banca d'Inghilterra riduce
i tassi, ma il panico aumenta
10 dicembre 2007 – Il 6 dicembre la Banca d'Inghilterra ha portato i tassi d'interesse dal 5,75 al 5,50 percento, come da tempo stavano aspettanto tutti coloro che credono che ridurre il costo del denaro possa resuscitare un sistema finanziario morto. I risultati sono stati però deludenti: i tassi del denaro sul mercato sono saliti e le borse sono calate. Sul quotidiano londinese Telegraph sono apparsi titoli come “I mercati temono che la banca abbia 'perso il controllo'”, “Il taglio dei tassi ... non riesce a dissipare i timori”, “un mercato del denaro fuori controllo”, “non basta un taglio dei tassi...”.
Sul Times l'esperto finanziario di turno sentenzia che gli inglesi dovrebbero seguire l'esempio della Fed e continuare a tagliare i tassi: “Il sistema bancario britannico è sull'orlo del tracollo e la catastrofe completa si evita soltanto con la più grande operazione di sostegno mai fornita ad un'impresa privata da qualsiasi governo in qualsiasi parte del mondo”. “La commissione per la politica monetaria della Banca d'Inghiterra impara presto che tutto ciò che può fare è buttare dalla finestra i libri di testo”, ha scritto Edmond Conway sul Daily Telegraph il 7 dicembre in un articolo che spiega che - almeno per il momento - le banche centrali “hanno perso il controllo sulla politica monetaria”. I mercati monetari fanno quello che vogliono e non quello che dice la Commissione, e “i mercati del credito sono rosi dalla paura”.
Dire che nella City di Londra regna il panico sarebbe un understatement. Inevitabilmente i guai finanziari ed economici in Inghilterra si manifestano in anticipo rispetto agli USA. Dalla metà d'agosto il totale degli assets denominati in sterline ha perso circa 500 mila miliardi di sterline, passando da 3.244 miliardi a 2.876 miliardi, come riferisce l'Office for National Statistics. Il volume dei prestiti sul mercato del sistema bancario era a 640 miliardi di sterline ad agosto e si è ridotto a 249 miliardi alla fine di settembre, mostrando come le banche inglesi siano state colpite più duramente di quelle americane, sebbene si voglia far credere che quello dei subprime sia un problema americano.
In Inghilterra c'è anche una fazione impegnata a staccare la spina al dollaro credendo così che questo si trasformi in un “vantaggio relativo” per il sistema britannico, quando tutto va a fondo. I paesi del Medio Oriente e dell'Asia dovrebbero recidere i propri legami con il dollaro, sfruttando l'attuale debolezza del biglietto verde, ha spiegato Gerard Lyons, capo economista della Standard Chartered, una delle banche storiche dell'Impero Britannico. In un commento sul Financial Times Lynos ha scritto che sebbene il recente vertice degli stati del Golfo a Doha non abbia risolto la questione monetaria, su questo fronte sta maturando una svolta epocale della politica mediorientale. Sebbene il mondo sia stato in grado di cavarsela di fronte alla caduta del dollaro grazie a condizioni economiche favorevoli, “adesso il dollaro è vulnerabile e il clima economico è più ostile”, gongola Lyons. I politici asiatici e mediorientali non possono perdere l'opportunità di allentare i rispettivi vincoli con il dollaro, né dovrebbe farlo il settore privato, conclude il portavoce della City di Londra.
Negli USA invece c'è chi comincia a rendersi conto che il sistema non può essere salvato. “Il sistema è un castello di carte ... e sta per venir giù”, ha scritto Steven Pearlstein sul Washington Post. Nonostante “lo scoppio della più grande bolla creditizia mai vista al mondo, fatevelo dire: non avete ancora visto niente”, scrive Perlstein. “Non si tratta semplicemente di una crisi dei mutui o dell'edilizia. I giganti finanziari hanno prodotto, cartolarizzato, quotato e assicurato i titoli emessi sui mutui, crediti immobiliari commerciali, crediti delle carte di credito e credito per le acquisizioni delle attività. È molto improbabile che, in questi settori, siano riuscite a fare meglio di ciò che hanno fatto con i mutui”.
Pearlstein tratta anche il ruolo dei CDO (Obbligazioni di debito collateralizzato) “in questo disastro che si sta ancora svolgendo” della creazione di bonds ad alto rating sulla base di spazzatura. “Si è trattato di una grande operazione di alchimia finanziaria che ha fruttato alle banche di Wall Street ed alle agenzie di rating miliardi di dollari. Vista la grande quantità di denaro preso a prestito nell'acquisto dei mutui originali, le tranches per i CDO e poi le tranches degli stessi CDO, l'intera operazione aveva un rapporto di indebitamento tale da far apparire dei rendimenti che, almeno sulla carta, erano decisamente allettanti”. Adesso l'intero “castello di carte”, sta per “venir giù, con gravi conseguenze non solo per le banche e gli investitori ma per l'economia nel suo complesso”.
APPROFONDIMENTO
Sito di Pieraldo Frattini - Consulente
indipendente in investimenti finanziari
Maurizio Blondet - 19/12/2007
Marcello Pamio - 18 agosto 2007