CRISI ECONOMICA IN ARRIVO,

UN FORTE MONITO DIVINO?

 

Il bello è che anche uomini eminenti di Chiesa sembrano

 avvalorare il fatto che il nostro tempo porta con

sé un fatto epocale, ultimativo e decisivo...

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

Eppure, vi ho lasciato a denti asciutti in tutte le vostre città e con mancanza di pane in tutti i vostri villaggi: e non siete ritornati a me, dice il Signore.

Vi ho pure rifiutato la pioggia tre mesi prima della mietitura; facevo piovere sopra una città e non sopra l'altra; un campo era bagnato di pioggia, mentre l'altro, su cui non pioveva, seccava;

due, tre città si muovevano titubanti verso un'altra città per bervi acqua, senza potersi dissetare: e non siete ritornati a me, dice il Signore.

Vi ho colpiti con ruggine e carbonchio, vi ho inaridito i giardini e le vigne; i fichi, gli oliveti li ha divorati la cavalletta: e non siete ritornati a me, dice il Signore.

Ho mandato contro di voi la peste, come un tempo contro l'Egitto; ho ucciso di spada i vostri giovani, mentre i vostri cavalli diventavano preda; ho fatto salire il fetore dei vostri campi  fino alle vostre narici: e non siete ritornati a me, dice il Signore.

Vi ho travolti come Dio aveva travolto Sòdoma e Gomorra; eravate come un tizzone strappato da un incendio: e non siete ritornati a me, dice il Signore.

Perciò ti tratterò così, Israele! Poiché questo devo fare di te, preparati all'incontro con il tuo Dio, o Israele! (Am 4,6-12)

 

 

INTRODUZIONE

 

Non ne parla nessuno apertamente ma, biblicamente parlando, l'attuale crisi economica che si va sempre più profilando a livello globale (e per lo più taciuta alla opinione pubblica) assomiglia sempre di più ad un forte monito divino che va colto. Nelle omelie domenicali anche i sacerdoti tacciono come timorosi di pronunciare parole scomode e fuori moda, come "monito divino", "giustizia divina" o "castigo", dimenticando che se è vero che la misericordia indugia e pazienta per amore la giustizia, dal canto suo, non indietreggia e prima o poi colpisce secondo ciò che l'uomo ha seminato sul suo cammino. È l'eterna legge della responsabilità umana nella storia che fa dire a Gesù: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo!... Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa vi viene lasciata deserta!...» (Lc 13,3-5; 13,34-35). Infatti, nel 70 dopo Cristo, Gerusalemme venne distrutta e rasa al suolo dalle truppe mercenarie romane, il popolo disperso e ucciso dalla fame e dalla spada, il tempio distrutto per sempre come aveva detto Gesù: «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta» (Lc 21,6).

È a questo linguaggio concreto, biblico, a volte duro e storicamente verificabile che bisogna tornare nelle nostre chiese, per insegnare di nuovo agli uomini che non si sfugge alle proprie responsabilità storiche in modo particolare in questi "ultimi tempi", poiché dalla risurrezione di Gesù fino al suo ritorno ultimo siamo nell'intermezzo di tempo chiamato anche "ultima ora". Già San Paolo, comunque, affermava a riguardo degli ultimi tempi: "Devi anche sapere che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, intrattabili, nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati dall’orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio, con la parvenza della pietà mentre ne hanno rinnegato la forza interiore" (Timoteo 3,1-3,5).

Qualcuno potrebbe anche obiettare che questi peccati sono sempre esistiti da che mondo è mondo. Indubbiamente questo è vero, ma a ben vedere mai prima d'oggi era accaduto che la trasgressione sistematica dei Comandamenti venisse ostentata, incoraggiata e, per certi versi, istituzionalizzata come sta accadendo nella nostra epoca. Questi che solo pochi decenni fa erano ancora considerati, secondo i canoni della morale cristiana, come gravi vizi, vengono oggi guardati con indulgenza o persino accettati con indifferenza; la nostra società spesso addirittura li esalta e li incoraggia, considerandoli un mezzo inevitabile per poter emergere ed affermarsi nel difficile mondo di oggi.

Per questo molti studiosi di escatologia sono convinti che ci troviamo già negli Ultimi Tempi, che siamo ormai entrati nella fase conclusiva della storia del mondo; molte profezie bibliche sugli "Ultimi Giorni" sembrerebbero confermarlo. Numerosi sono ormai gli indizi a favore di questa tesi, diversi i "segni dei tempi" predetti nella Bibbia che vediamo spiegarsi innanzi ai nostri occhi. Il bello è che anche uomini eminenti di Chiesa sembrano avvalorare questa tesi e avvertono il fatto che il nostro tempo porta con sé un fatto epocale, ultimativo e decisivo... È il caso, ad esempio, del cardinale Ivan Dias che a Lourdes ha recentemente annunciato in una pubblica omelia:  siamo nella battaglia finale fra la Chiesa e l’Anticristo... «È il cardinale capo della potente Congregazione di Propaganda Fide, quella che si occupa di evangelizzare il mondo. È stato nei giorni scorsi a Lourdes, e ha celebrato il 150° anniversario dell’apparizione della Vergine a Bernadette. Ha pronunciato un’omelia sorprendente per i suoi toni apocalittici; si potrebbe persino dedurne che la fine del Tempo non è lontana. Ve ne citiamo alcuni brani.

“Quale significato può avere il messaggio di Nostra Signora di Lourdes per noi oggi? Amo collocare queste apparizioni nel contesto più ampio della lotta permanente e feroce fra le forze del bene del male, che continuerà fino alla fine dei tempi”. La Madonna prevedeva “il sorgere dell’Anticristo e i suoi tentativi per rimpiazzare Dio nella vita degli uomini; tentativi che malgrado i loro successi eclatanti, saranno tuttavia destinati al fallimento”. Il porporato consiglia di pregare il Rosario, e di praticare la conversione del cuore, e di accettare le sofferenze per la salvezza del mondo. Specialmente ora, spiega, perché “La lotta fra Dio e il suo nemico divampa sempre, ancora più oggi, perché il mondo si trova terribilmente inghiottito nella palude di un secolarismo che vuole creare un mondo senza Dio; di un relativismo che soffoca i valori permanenti e immutabili del Vangelo; di un’indifferenza religiosa che resta imperturbabile di fronte al bene superiore delle cose che riguardano Dio e la Chiesa”. E poi cita Giovanni Paolo II: “Noi siamo di fronte oggi al più grande combattimento che l’umanità abbia mai visto. Non credo che la comunità cristiana l’abbia compreso totalmente. Siamo oggi di fronte alla lotta finale fra la Chiesa e l’anti Chiesa, fra il Vangelo e l’anti Vangelo”. Ma è la donna “della Genesi e dell’Apocalisse”, conclude il cardinale, “che combatterà alla testa dell’esercito dei suoi figli e figlie contro le forze nemiche di Satana e schiaccerà la testa del serpente”» (vedere qui).

Se dunque questo è il tempo della "lotta finale fra la Chiesa e l’anti Chiesa, fra il Vangelo e l’anti Vangelo”, come disse Giovanni Paolo II, perché non vedere nell'attuale crisi economica che si annuncia un grave monito di Dio sulla nostra generazione? Perché, a parte tutte le considerazioni più o meno tecniche che vedremo, non vedere la storia con gli occhi del profeta Amos: "Eppure, vi ho lasciato a denti asciutti in tutte le vostre città e con mancanza di pane in tutti i vostri villaggi: e non siete ritornati a me, dice il Signore...".

 

 

Il crollo di Wall Street nel 1929

 

 

 

 

 

ANTEPRIMA ITALIANA

 

La decrescita è arrivata

 

domenica 16 dicembre 2007

Come facilmente prevedibile, tutte le stime di crescita per il 2008 volgono al ribasso. Oggi, è il giorno delle previsioni del Centro Studi di Confindustria, che stima una crescita del pil per il 2007 in lieve rialzo dalla stima precedente (da 1,7 a 1,8 per cento), ma rivede in marcato ribasso la stima per il 2008, da 1,3 a solo l'1 per cento, cioè il peggior scenario previsto dal Ministero dell'Economia per le stime di rapporto deficit-pil presentate all'Unione Europea.

La revisione al ribasso delle stime di crescita è quasi interamente imputabile alla forte frenata dei consumi delle famiglie, la cui crescita per il 2007 è stimata all'1,9 per cento, ma che nel 2008 dovrebbe rallentare a più 1,2 per cento l'anno prossimo. Spento il motore dei consumi, la crescita italiana dovrebbe poggiare quindi su export ed investimenti. I consumi sono danneggiati dalla insufficiente crescita del reddito, e questo lo avevamo già intuito, oltre che dalla crescita dell'inflazione. Ma anche dalla forte stretta creditizia causata dalla crisi di liquidità interbancaria, che spinge inesorabilmente al rialzo il costo del debito per famiglie ed imprese.

E' davvero inquietante che l'annuncio di due giorni fa, di fornitura straordinaria di liquidità al sistema creditizio da parte delle principali banche centrali, non abbia influito favorevolmente sui livelli dei tassi interbancari, che restano in forte tensione anche a causa della scadenza di fine anno. Si conferma quello che diciamo da tempo: le stime governative di crescita, e tutti i rapporti d'indebitamento ad essa correlati, sono troppo ottimistici. O forse, frutto di malafede, visto che sono stati elaborati a crisi già avviata. Attendiamo le mosse del governo, mentre Visco già si affanna a parlare di "armonizzazione della tassazione delle rendite finanziarie", ben consapevole che da qualche parte occorrerà recuperare il più che probabile buco di gettito previsto per il 2008, e la tassa da inflazione su cui conta Palazzo Chigi potrebbe non essere sufficiente a soddisfare tutte le clientele.

Comprate il popcorn e mettetevi comodi. La decrescita è arrivata.

 

 

 

Borsa asiatica giapponese

 

 

 

 

 

Il collasso del moderno

sistema bancario è alle porte

A cura di Pieraldo Frattini – 20 dicembre 2007

Le banche non hanno le riserve per coprire le perdite accumulate dai loro assett e la Fed non può salvarle.
I mercati azionari sono scesi bruscamente la scorsa settimana in seguito a notizie poco incoraggianti relativi al rialzo del tasso di inflazione che potrebbe limitare un abbassamento ulteriore dei tassi di interesse; siamo ora molto vicini all’accensione della spia che segnala l’inizio di un mercato orso, ossia di discese protratte delle borse. Il settore finanziario è stato finora il più colpito con una perdita di capitalizzazione del settore del 25% dal luglio scorso ad oggi. Il mercato immobiliare americano manifesta segni di rallentamento sempre più inquietanti e perfino il governatore della California ha annunciato che dichiarerà l’emergenza fiscale in gennaio a causa della perdita in bilancio di 14 bilioni di dollari causati dalle perdite legate alle obbligazioni garantite da mutui.

Il capo economista di Morgan Stanley, Stephen Roach, sul New York Times di domenica scorsa affermava:“Questa recessione sarà piu’ grave di quella mite del 2001-2003; la causa della recessione precedente fu il crollo della spesa della aziende che al suo picco, nel 2000, si aggirava attorno al 13% del Pil Usa, la recessione attuale sarà imputabile alla capitolazione della spesa dei consumatori che costituisce il 72% del Pil Usa.” 
Molte persone non hanno idea di quanto sia grave la situazione provocata dalle prossime perdite di valore, dell’ordine di alcuni trilioni di dollari, delle obbligazioni legati ai mutui; c’è ancora radicata la convinzione che la Federal Reserve ed il Tesoro americano possano risolvere la situazione. Purtroppo non sarà possibile perché la Fed non ha poteri magici e non si metterà sulla scia di una valanga per non essere spazzata via lei stessa. Mentre la crisi dei mutui si approfondirà ed i fallimenti di banche ed istituzioni finanziarie porteranno a forti discese dei mercati la Fed si metterà da parte.

Nelle scorse settimane Bernanke, il capo della Fed e Paulson, il capo del Tesoro, hanno messo in piedi alcune strategie fallimentari: prima hanno cercato di salvare i bilanci delle grandi banche di investimento prospettando la creazione del cosiddetto “super Siv” uno strumento creato apposta per scaricare su di esso un gran numero di mutui sostanzialmente senza neppure più un mercato che stavano in conto alle banche. Dopo che il piano Siv non è riuscito ha proposto un congelamento dei tassi di interesse per le rate dei mutui dei cittadini a rischio di insolvenza: anche questo progetto è stato abbandonato perché dei 3,5 milioni di proprietari immobiliari a rischio fallimento solo 140 mila sarebbero stati temporaneamente salvati. Paulson non si è dimostrato all’altezza dei suoi compiti come il capo della Fed, Bernanke, la cui ultima mossa a favore della ripresa economica strozzata da problemi di disponibilità di credito che non si vedevano da decenni, è stata il misero taglio dei tassi di soli ¾ di punto. Pare che Bernanke stia facendo solo del suo meglio nel seguire il consiglio di Lenin: “Il miglior modo per distruggere il capitalismo è svalutare la sua moneta”. Il dollaro è infatti in caduta libera a causa della politica monetaria.

La decisione della Fed e di altre banche centrali di aggiungere liquidità nel sistema attraverso audizioni per abbassare il tasso Libor (tasso a cui si prestano denaro le banche tra di loro) che è a livelli pericolosamente alti è stato solo poco più che un piccolo regalo alle banche in difficoltà. Inoltre le banche che approfitteranno del regalo avranno la facoltà di chiedere l’anonimato. Dopo queste audizioni comunque il tasso è rimasto pressoché ai livelli precedenti indicando quanta paura hanno le banche nel farsi prestiti tra loro preferendo accumulare liquidità per far fronte all’emergere alla luce delle loro prossime gravi perdite legate al tracollo dei mutui.

Uno dei più ascoltati economisti inglesi, Peter Spencer, ha lanciato un allarme sabato scorso:”Il governo deve sospendere una serie di regolamentazioni bancarie o il rischio è di avere un’economia in così grave crisi che la depressione del 1929 in America in confronto fu una passeggiata.” Spencer ha ragione, le banche non hanno soldi da prestare alle aziende o ai consumatori perché stanno cercando di aumentare la loro liquidità per far fronte ai capitali minimi che devono avere in cassa rispetto ai loro assett impegnati che stanno perdendo valore ogni giorno di più. Se le regole bancarie di Basilea non vengono modificate in fretta i mercati del credito non si rilasseranno, il Pil scenderà e ci saranno le corse alle banche.
Anche Bill Gross, il più grande gestore americano di obbligazioni ha affermato recentemente: “Stiamo assistendo al tracollo del nostro moderno sistema bancario”.

L’economista Ludwig von Mises è ancora più corretto nella sua analisi: “Non esiste modo di evitare il collasso finale di un boom generato dall’espansione indiscriminata del credito. E’ solo questione se la crisi arriverà appena sara’ abbandonata la politica dell’espansione del credito o in seguito sotto formo di totale distruzione del sistema e del suo sistema monetario”.
Il problema di base si originò quando la Fed , con a capo Greenspan, abbassò i tassi di interesse per 31 mesi di fila iniettando nel sistema trilioni di nuovi dollari dando vita ad una serie di bolle speculative tra cui  anche quella immobiliare. La dottrina della deregolamentazione che ha dominato i mercati americani dal periodo Reagan ha pure avuto la sua grande responsabilità nel creare gli squilibri attuali. Ora che la bolla è scoppiata l’inflazione, prima nascosta negli assett finanziari ed immobiliari, ha fatto la sua apparizione alla luce del sole. La deregolamentazione ha permesso la nascita della “finanza strutturata”, detta anche sistema finanziario ombra, che ha permesso alle banche di creare soldi a volontà attraverso il meccanismo di stampa (facoltà in precedenza della sola banca centrale).

David Roache ne spiega il funzionamento sul Wall Street Journal: “La ragione della crescita esponenziale del credito è stata dovuta al fatto che le banche hanno avuto la facoltà di non tenere iscritti i mutui concessi nella loro contabilità, ma di impacchettarli e venderli come obbligazioni. In questo modo hanno creato un’infinita’ di mutui non coperti dalle dovute garanzie bancarie.” Questo spiega perché le banche per far profitti abbiano concesso mutui anche a chi non aveva i requisiti per ottenerli incassando maree di denaro.
Ora fortunatamente questo meccanismo si è rotto e la principale fonte di reddito delle banche è venuta a mancare; il mercato delle obbligazioni garantite dai mutui è calato di 1/3 (equivalente di 400 bilioni di dollari) in sole 17 settimane. Le banche non hanno le riserve per coprire i loro assett svalutati e le banche centrali non possono monetizzare le loro perdite. Non c’è via d’uscita. Ci saranno bancarotte e banche che falliranno e tutti pagheranno il prezzo per questi eccessi. Gli utili alle banche e le loro perdite da dividersi tra la collettività. Gli investitori hanno perso appetito per il rischio e non ne vogliono più sapere nulla di obbligazioni strutturate e ciò significa che circa 3 trilioni di dollari di debiti si schianteranno dando un gran colpo all’economia.

Trilioni di dollari di “capitali virtuali” creati dal nulla con la securitizzazione quando i mercati volavano sulle ali dell’ottimismo spariranno in un colpo quando il mercato sarà portato dalla paura. Il processo è iniziato e chi ne è consapevole può ancora fare qualcosa per proteggersi.

 

 

"La discesa del dollaro diverrà un incubo..."

 

 

 

 

 

Un'intervista controcorrente

 

Fonte web

 

Sono poche le voci oggi che sanno riconoscere i problemi che si stanno profilando all’orizzonte e che non hanno niente da perdere, perché non succubi del potere dominante, dal lanciare un grido di allarme riguardo alla situazione economica mondiale, legata al destino di quella statunitense. Questa è quella di un economista che parlò del crollo del Nasdaq mesi prima che avvenisse. Anticipò il collasso delle Tigri Asiatiche nel 1998 e avvisò di inganni nei conti societari molto prima dell’affare Enron.
Data la rilevante serie di accurate anticipazioni, sempre contrarie a quelle degli economisti in linea col governo, penso che la seguente intervista con lui debba essere letta in modo attento.

Dom: Nel 1997 lei avvisò della presenza di potenziali gravi problemi per le economie “dei miracoli” (e molto indebitate) del lontano oriente. Cosa lo portò a lanciare l’allarme?
Ris: Il loro boom (espansione) era indotto dall’eccessiva disponibilità di credito. Si indebitarono molto per produrre più del necessario.

Dom: Sempre la solita storia…
Ris: Si, banconote in rapido aumento, crescita del credito disponibile e i tipici sintomi delle economie surriscaldate: inflazione, speculazione ed eccessi finanziari

Dom: Nel 1998 disse: “ L’economia americana rallenterà bruscamente”. Cosa vide?
Ris: Gli utili societari stavano vacillando, la aziende favorivano l’uso di alchimie finanziarie, la speculazione più sfrenata e l’uso improprio dei derivati. I risparmi e la formazione del capitale erano molto bassi.

Dom: Poi anticipò lo scoppio della bolla tecnologica ed il crollo del mercato. Come fece?
Ris: Nella storia le grandi follie speculative sono legate alle innovazioni che generano una grande euforia popolare. E’ accaduto anche con internet e con esso si ebbe il sempre presente eccesso di credito disponibile.


Dom: Alla fine del 2000 era diffusa la convinzione che l’economia USA fosse destinata ad un “atterraggio morbido”. Quali erano le sue idee allora?
Ris: Scrissi che gli eccessi di credito presenti a fine anni ’90, così come i disequilibri economici e finanziari, erano molto maggiori di quelli dei primi anni ’80 e perfino di quelli degli anni ’20.
C’era solo bisogno di guardare all’enorme deficit commerciale ed al tasso dei risparmi prossimo allo zero.

Dom: Fu questa la peggiore bolla del credito della storia?
Ris: Assolutamente si.

Dom: Cosa disse dell’immediata ripresa che allora tutti anticipavano?
Ris: Scrissi che sarebbe stata una gran sorpresa la velocità dell’indebolimento dell’economia americana.

Dom: Come mai?
Ris: I profitti stavano crollando, le aziende erano molto indebitate e riducevano le loro spese e i loro investimenti. C’erano ovunque seri problemi.

Dom: Eccoci ad oggi. L’economia americana entrerà in recessione di nuovo?
Ris. Si, una profonda debolezza dell’economia statunitense è il grande shock che scuoterà il mondo.
La discesa del dollaro diverrà un incubo.

Dom:Come può esserne così certo? La maggior parte degli economisti vede la ripresa?
Ris: Sono sbalordito dal basso livello del pensiero economico attuale. Processi economici accettati da tutte le scuole di pensiero per più di duecento anni sono sconosciuti, scartati o capovolti. Il fatto è che esistono problemi strutturali che escludono la possibilità di una crescita sostenibile.

Dom: Quali sono?
Ris: Il declino dei profitti, il crollo record dei risparmi e degli investimenti, un indebitamento ed una spesa dei consumatori senza precedenti, un enorme deficit commerciale e livelli record di debito dovunque.

Dom:Come mai nessun economista parla come lei?
Ris: Economisti, politici e la gente comune vogliono negare la gravità della situazione economica e finanziaria.

Dom: Perché?
Ris: Il problema principale è una mancanza di comprensione e la fiducia cieca nell’onnipotenza della Federal Reserve.

Dom:La Fed ha abbassato drasticamente i tassi. Nel passato ha funzionato…
Ris: Questa recessione è molto diversa da tutte quelle accadute nel dopoguerra. Non è stata causata dal rialzo dei tassi, ma da un insostenibile eccesso di spese che si è lasciato alle spalle un sistema finanziario indebolito.

Dom: Dice che i tassi bassi non funzioneranno?
Ris: Per la prima volta dal dopoguerra l’economia USA ed il mercato sono scesi nonostante la più aggressiva riduzione dei tassi e la maggior creazione di credito di sempre. Le forze che deprimono oggi l’economia sono radicalmente diverse da quelle che hanno prodotto le passate recessioni.

Dom: In che modo?
Ris: La riduzione dei profitti è la causa maggiore.

Dom: La Fed ha ridotto i tassi per stimolare la spesa. La gente se ne sta avvantaggiando, non è vero?
Ris: Giusto. L’America sta affrontando la recessione aggiungendo eccessi di spesa.

Dom: Non possono i consumatori con le loro spese tenere a galla l’economia?
Ris: La fiducia dei consumatori sta venendo meno. Nessuno vuole crederlo, forse perché non ci sono altre soluzioni.

Dom: Non sono in aumento i guadagni dei consumatori?
Ris: No, è molto che non salgono e molta della loro crescita è venuta dalla riduzione delle tasse.

Dom:Per cui la spesa dei consumatori potrebbe fermarsi?
Ris: Si, specialmente se essi devono aumentare i loro risparmi.

Dom:Perché?
Ris:Ogni aumento dei risparmi rallenta la crescita economica ed i profitti societari. Finora i consumatori hanno posticipato il giorno del giudizio indebitandosi ancora di più. Molto di questo debito non potrà essere ripagato.

Dom:Come lei dice, i consumatori hanno fede nelle autorità monetarie. Ecco perché continuano a spendere.
Ris: Questa fede è stupefacente. Va oltre i fatti. E’ basata sulla capacità della Fed di creare banconote senza limite, sul prestito e la conseguente spesa sconsiderata dei consumatori.
Nessuno pare capisca gli enormi eccessi da ambo le parti e come essi siano responsabili della prossima catastrofe economica.


Dom: Concordo con lei. La gente non riconosce le avvisaglie del brutto tempo.
Ris: E’ ora che lo facciano. Il mondo non ha mai sperimentato una tale distruzione di capitali in borsa, così come i profitti e le spese per investimento delle società non sono mai calate così tanto dalla depressione degli anni ’30. Inoltre non c’è nulla all’orizzonte che presagisca qualche miglioramento.

Dom: Perché la spesa per investimenti è così importante?
Ris: Perché essa crea la domanda, l’occupazione, i profitti ed anche porta a ripagare i debiti. Ricordi sempre che la formazione di capitale è strategica per la prosperità generale.

Dom: Cosa sta provocando la riduzione dei profitti che prosciuga la spesa per gli investimeti?
Ris: Una causa sono le riduzioni dei costi fatte dalle società i quali sortiscono l’effetto desiderato opposto sui profitti, cioè li riducono. La spesa per investimenti è la sorgente degli utili, non la spesa dei consumatori. La riduzione della spesa degli investimenti riduce i profitti. Profitti maggiori non vengono dalla riduzione generale dei costi. Inoltre le società si sono molto indebitate e le spese degli interessi sui prestiti rappresentano oggi il 100% dei profitti, contro il 23% del 1997.

Dom:I soldi presi in prestito non sono stati forse destinati agli investimenti per dare utili?
Ris: Molto pochi hanno preso quella direzione. La maggior parte è stata spesa per acquisizioni di altre società, fusioni, e riacquisto di azioni proprie, non aggiungendo niente alla capacità produttiva.

Dom: Questi soldi presi in prestito non hanno aiutato a fare profitti?
Ris: No, mentre i profitti calavano le società hanno devastato i loro conti.

Dom: Cos’altro ha ridotto gli utili?
Ris. Il più importante freno è stato il deficit commerciale USA il quale è volato in quattro anni da 100
a 500 milioni di dollari l’anno. Ciò ha diretto le spese dei consumatori dai beni prodotti in patria a quelli esteri, deprimendo i guadagni delle società americane ed aiutando quelli delle imprese estere.

Dom: Cosa implica il declino dei profitti per il mercato?
Ris: Le azioni americane sono molto sopravvalutate. La peggiore parte della discesa dei mercati deve ancora accadere e porterà con sé la totale distruzione del benessere finanziario creato dalla bolla economica degli anni ’90.

Dom: Alcuni anni fa si parlava di una nuova era, di una crescita senza fine. Cosa è andato storto?
Ris: Il nuovo capitalismo USA non ha funzionato. I manager erano focalizzati sul creare valore per gli azionisti attraverso il riacquisto delle azioni, riduzione dei costi, fusioni e acquisizioni; si comportarono come se avessero tutto da guadagnare nel breve termine e nulla da perdere nel lungo periodo. Questa strategie ha portato i prezzi azionari a valori assurdamente elevati mentre gli effetti sull’economia sono stati distruttivi.

Dom: Perché?
Ris: Queste strategie non portano profitti, non creano nuove imprese. Il benessere è causato dalla nascita di nuove società, non dagli aumenti di produttività. E’ solo la spesa per investimenti e non la spesa dei consumatori che porta alla crescita economica.
Le società hanno usato i soldi per l’ingegneria finanziaria, e per speculare in derivati piuttosto di adoperarli per costruire nuove industrie. Inoltre hanno falsificato i bilanci e lo continuano a fare.
La maggior parte dei profitti delle società dell’alta tecnologia derivarono da enormi guadagni sui mercati azionari.
L’importanza delle nuove tecnologie per creare benessere è stata molto sovrastimata.

Dom: Cosa può provocare la presenza di enormi livelli di debito?
Ris: Le società hanno un maggior difficoltà ad accedere a nuovo credito e rischiano il fallimento.

Dom:Cosa ne pensi del basso tasso di risparmi?
Ris: Essi sono la condizione indispensabile per la crescita economica. Sono stati sperperati per pagare le spese che i consumatori non potevano permettersi dal solo loro stipendio.

Dom: Come mai per la maggior parte degli economisti i risparmi così bassi non sono un problema?
Ris: C’è un rifiuto generale nell’affrontare la realtà.

Dom: Cosa succede ai paesi con un basso tasso di risparmi?
Ris: Essi hanno pochi investimenti, paghe limitate e profitti magri.

Dom: Gli economisti del governo e la Fed dicono che non bisogna risparmiare, ma che bisogna spendere.
Ris: Non penso si possa cambiare un vizio in virtù.

Dom: Perché no?
Ris: Il credito crea capacità di spesa dal nulla. Il credito da solo non può sostenere a lungo la crescita economica. Il debito deve essere ripagato. Quando la maggior parte del debito è usata per scopi non produttivi come i consumi e la speculazione, si arriva ad una grave crisi. Il sistema finanziario USA è in precarie condizioni. E’ una casa di carte basata sull’eccesso di credito e sulla speculazione. Bisogna prepararsi per una recessione severa e protratta proporzionale agli eccessi record accumulati nella precedente fase di espansione.
L’eccesso di credito e i bassi tassi di interesse hanno solo posticipato l’inevitabile crisi.
La Fed e le altre banche centrali non possono porvi rimedio. Il destino dell’economia americana e della sua valuta, il dollaro, è segnato.


 

 

 

Il dollaro brucia sempre di più il suo potere d'acquisto

 

 

 

 

 

 

La banca d'Inghilterra riduce

i tassi, ma il panico aumenta

Fonte web

10 dicembre 2007 – Il 6 dicembre la Banca d'Inghilterra ha portato i tassi d'interesse dal 5,75 al 5,50 percento, come da tempo stavano aspettanto tutti coloro che credono che ridurre il costo del denaro possa resuscitare un sistema finanziario morto. I risultati sono stati però deludenti: i tassi del denaro sul mercato sono saliti e le borse sono calate. Sul quotidiano londinese Telegraph sono apparsi titoli come “I mercati temono che la banca abbia 'perso il controllo'”, “Il taglio dei tassi ... non riesce a dissipare i timori”, “un mercato del denaro fuori controllo”, “non basta un taglio dei tassi...”.

Sul Times l'esperto finanziario di turno sentenzia che gli inglesi dovrebbero seguire l'esempio della Fed e continuare a tagliare i tassi: “Il sistema bancario britannico è sull'orlo del tracollo e la catastrofe completa si evita soltanto con la più grande operazione di sostegno mai fornita ad un'impresa privata da qualsiasi governo in qualsiasi parte del mondo”. “La commissione per la politica monetaria della Banca d'Inghiterra impara presto che tutto ciò che può fare è buttare dalla finestra i libri di testo”, ha scritto Edmond Conway sul Daily Telegraph il 7 dicembre in un articolo che spiega che - almeno per il momento - le banche centrali “hanno perso il controllo sulla politica monetaria”. I mercati monetari fanno quello che vogliono e non quello che dice la Commissione, e “i mercati del credito sono rosi dalla paura”.

Dire che nella City di Londra regna il panico sarebbe un understatement. Inevitabilmente i guai finanziari ed economici in Inghilterra si manifestano in anticipo rispetto agli USA. Dalla metà d'agosto il totale degli assets denominati in sterline ha perso circa 500 mila miliardi di sterline, passando da 3.244 miliardi a 2.876 miliardi, come riferisce l'Office for National Statistics. Il volume dei prestiti sul mercato del sistema bancario era a 640 miliardi di sterline ad agosto e si è ridotto a 249 miliardi alla fine di settembre, mostrando come le banche inglesi siano state colpite più duramente di quelle americane, sebbene si voglia far credere che quello dei subprime sia un problema americano.

In Inghilterra c'è anche una fazione impegnata a staccare la spina al dollaro credendo così che questo si trasformi in un “vantaggio relativo” per il sistema britannico, quando tutto va a fondo. I paesi del Medio Oriente e dell'Asia dovrebbero recidere i propri legami con il dollaro, sfruttando l'attuale debolezza del biglietto verde, ha spiegato Gerard Lyons, capo economista della Standard Chartered, una delle banche storiche dell'Impero Britannico. In un commento sul Financial Times Lynos ha scritto che sebbene il recente vertice degli stati del Golfo a Doha non abbia risolto la questione monetaria, su questo fronte sta maturando una svolta epocale della politica mediorientale. Sebbene il mondo sia stato in grado di cavarsela di fronte alla caduta del dollaro grazie a condizioni economiche favorevoli, “adesso il dollaro è vulnerabile e il clima economico è più ostile”, gongola Lyons. I politici asiatici e mediorientali non possono perdere l'opportunità di allentare i rispettivi vincoli con il dollaro, né dovrebbe farlo il settore privato, conclude il portavoce della City di Londra.

Negli USA invece c'è chi comincia a rendersi conto che il sistema non può essere salvato. “Il sistema è un castello di carte ... e sta per venir giù”, ha scritto Steven Pearlstein sul Washington Post. Nonostante “lo scoppio della più grande bolla creditizia mai vista al mondo, fatevelo dire: non avete ancora visto niente”, scrive Perlstein. “Non si tratta semplicemente di una crisi dei mutui o dell'edilizia. I giganti finanziari hanno prodotto, cartolarizzato, quotato e assicurato i titoli emessi sui mutui, crediti immobiliari commerciali, crediti delle carte di credito e credito per le acquisizioni delle attività. È molto improbabile che, in questi settori, siano riuscite a fare meglio di ciò che hanno fatto con i mutui”.

Pearlstein tratta anche il ruolo dei CDO (Obbligazioni di debito collateralizzato) “in questo disastro che si sta ancora svolgendo” della creazione di bonds ad alto rating sulla base di spazzatura. “Si è trattato di una grande operazione di alchimia finanziaria che ha fruttato alle banche di Wall Street ed alle agenzie di rating miliardi di dollari. Vista la grande quantità di denaro preso a prestito nell'acquisto dei mutui originali, le tranches per i CDO e poi le tranches degli stessi CDO, l'intera operazione aveva un rapporto di indebitamento tale da far apparire dei rendimenti che, almeno sulla carta, erano decisamente allettanti”. Adesso l'intero “castello di carte”, sta per “venir giù, con gravi conseguenze non solo per le banche e gli investitori ma per l'economia nel suo complesso”.

 

 

 

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