CRISI ECONOMICA:

VI STANNO PRENDENDO IN GIRO

E VOI NON LO SAPETE!

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

LA GUERRA INVISIBILE

La crisi economica è uno specchietto per le allodole. E in questo scontro, l’economia, lo spread, ecc, sono semplicemente uno strumento di minaccia e ricatto per far passare un disegno politico di spogliazione, espropriazione e schiavizzazione degli esseri umani. Altrimenti non si chiamerebbe Guerra Invisibile. Perché non si vede. In tale contesto la resistenza di alcuni grandi paesi del sud America all'elite globalista, che sta impoverendo l'Europa e l'America del nord, acquista connotati sempre più epici. 

 

 

 

INTRODUZIONE

Il mondo in rivolta, negli Usa si stanno

preparando per la legge marziale?

Fonte web

30 settembre 2012 - L'onda di protesta si sta espandendo a macchia d'olio in Europa dopo Portogallo e Spagna anche Inghilterra e Polonia si aggiungono al treno...  Per qualcuno questo movimento sarebbe pilotato dai poteri forti con lo scopo di spazzare le istituzioni democratiche di ogni paese per imporre una dittatura globale. Stiamo attenti che anche in Italia è in atto una demolizione controllata delle istituzioni democratiche anche se colpevolmente corrotte.

 

29 settembre 2012 - protesta in Polonia

 29 settembre 2012 - manifestazione in Portogallo

Indiscrezioni provenienti dagli Stati Uniti riportano un intenso movimento di mezzi militari nell'ultima settimana carri blindati trasportati su treni e presenza di veicoli militari lungo strade civili in California.

Cosa bolle in pentola?

Non dimentichiamo che dallo scorso marzo 2012 con un ordine esecutivo negli Usa e' stata decretata la legge marziale nel paese in caso di emergenza nazionale, gli attacchi informatici degli ultimi giorni verso le maggiori banche americane rischiano di mandare in tilt l'intero mercato finanziario mondiale tutto ciò non lascia presagire nulla di buono teniamo gli occhi aperti che qualcosa di grosso sta per accadere...

 

 

Crisi argentina la soluzione (per Italia e Grecia)

 

 

Le politiche sociali dell'Argentina fanno impazzire

il Fondo Monetario Internazionale!

Fonte web

La guerra tra le due Cristine e l'impatto sull'Europa. Soprattutto sull'Italia. In Gran Bretagna gli hanno dato un nome preciso e ormai la seguono come se fosse una telenovela nella sezione geo-politica: “The Christines at war”, la guerra delle Cristine, che sarebbe una fiction a puntate davvero impossibile non seguire. Ci siamo anche noi, dentro, naturalmente, e il nostro ruolo in questa telenovela non è certo dalla parte dei buoni. La Storia ci ha messo nella situazione di dover interpretare il ruolo di quei personaggi che quando entrano in scena, dopo le prime due battute, ci spingono a dare una gomitata al nostro compagno di poltrona per commentare “questo mi sa che fa una brutta fine”. Non siamo certo gli eroi di questa fiction iper-realista.

La nuova puntata (vera chicca per gourmet) si è svolta in un sontuoso teatro internazionale: la East Coast degli Usa, tre giorni fa uno scambio di battute al fulmicotone tra la segretaria del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, dalla sede di Washington –reduce da un incontro ufficiale con il ragionier vanesio- la quale, infantilmente ha minacciato l’Argentina usando di proposito una metafora calcistica “per il momento sto mostrando a quella nazione il cartellino giallo; ma c’è una inderogabile scadenza che è il 10 dicembre 2012. Superata quella data scatterà automaticamente il cartellino rosso e l’Argentina verrà espulsa dal Fondo Monetario Internazionale”. La presidente argentina si trovava in quel momento a un tiro di schioppo, stava a New York, al palazzo dell’Onu.

Da aggiungere che (gli sceneggiatori sono abili professionisti di mestiere) nell’esatto momento in cui madame Christine minacciava la senora Cristina, la presidente stava parlando all’assemblea dell’Onu a Manhattan perorando la causa dell’indipendenza del Sud America e chiarendo - con gravi toni minacciosi ben coperti dalla consueta retorica diplomatica - che il teatro internazionale geo-politico non è più quello degli anni ’70 e che la grande stagione dello schiavismo colonialista è tramontata. Finito il suo intervento, i suoi segretari le hanno comunicato immediatamente l’esternazione della sua omonima francese. E la presidente Kirchner ha dichiarato subito: “L’Argentina è una grande nazione. Ma prima ancora è una nazione grande. Abbiamo un vasto territorio baciato dalla fortuna naturale. Abbiamo risorse nostre, che ci consentiranno la salvaguardia della nostra autonomia e della nostra indipendenza. Ma soprattutto siamo un paese orgoglioso che ci tiene alla propria dignità. Vorrà dire che staremo fuori”.

Chi non ha seguito tutte le puntate della telenovela (ci sono stati anche dei morti, come il giovane economista Ivan, in una storia che ho raccontato mesi fa) forse non può seguire in maniera palpitante questo fronte bellico della Guerra Invisibile e potrebbe non capire di che cosa si tratta. Ha a che vedere con la Gran Bretagna, l’Italia, la BCE e la loro relazionalità con il Sud America. Ma soprattutto ha a che vedere con lo scontro tra l’interpretazione keynesiana e friedmaniana dell’economia e con lo scontro dichiarato tra l’interpretazione social-progressista dell’esistenza quotidiana e quella liberista conservatrice. Questo duello è stato riportato, dibattuto e commentato in tutto l’occidente. Neanche a dirlo, Italia esclusa. I servizi della, peraltro, brava Daniela Bottero, corrispondente della Rai di New York, parlavano del nuovo ipad5, di come a New York si vive l’incipiente autunno, ammaliandoci con la descrizione variopinta della scelta di Mario Monti relativa a quali ristoranti andare, a quali club partecipare e a quali inviti aderire.

In Gran Bretagna, invece, (il vero cuore del problema) a questa puntata hanno dato un risalto talmente forte che la BBC ha scelto di destinarle ben cinque piattaforme mediatiche diverse: televisione di stato, radio, sito on line, diretta streaming, l’intera stampa cartacea mainstream. Per evitare di essere subissato dai consueti commenti della serie “dacce ‘sto link”, in un post scriptum, in copia e incolla, trovate l’articolo preso dal sito on line della BBC, sintetico ma esaustivo. Qual è il contenzioso? Eccolo esposto in maniera molto semplice e sintetica:

Il Fondo Monetario Internazionale sostiene che, sulla base dei propri dati a disposizione, l’inflazione in Argentina ha raggiunto la cifra del 30% in seguito alla irresponsabile azione di emissione di carta moneta da parte del Banco de la Naciòn perché in Argentina è stata scelta (il termine usato è “irresponsabile”) la strada degli investimenti in infrastrutture, salvaguardia del territorio idro-geologico, salario minimo garantito, credito agevolato alle imprese, protezionismo (con aliquote altissime praticate a tutte le multinazionali che in Argentina producono ma non investono il loro profitto in attività locali per favorire la occupazione) e aumento del proprio disavanzo di bilancio al fine di potenziare istruzione pubblica, ricerca scientifica e innovazione tecnologica. Un’inflazione così alta comporta il rischio di “implosione del sistema economico” e quindi il resto del mondo economico, per salvaguardarsi, deve prendere le distanze da un modello economico così disastroso, definito “ormai fuori controllo” e quindi o l’ Argentina si adegua oppure viene espulsa. Una volta fuori, immediatamente verrà chiesto il saldo di tutti i loro bonds, il pagamento di tutte le transazioni internazionali di merci, e l’intero sistema finanziario del pianeta dichiarerà “inagibile” ogni forma di finanziamento all’Argentina, la quale, inoltre, dovrà immediatamente abolire gli investimenti e lanciarsi in una poderosa manovra di austerità, rigore e stretta creditizia, pena la cancellazione dei contratti internazionali di import-export.

Il governo della Repubblica Argentina, invece, sostiene che la propria inflazione è intorno al 9%. E dichiara che i dati forniti dal Fondo Monetario Internazionale non sono dati veri, perché le aziende di rating che hanno fornito le informazioni sono agenzie private finanziate - fatto questo noto - da J.P.Morgan, Citibank e Societè Generale, che sono parte in causa e vogliono destabilizzare l’intero Sud America per avere la possibilità di poterci speculare sopra. L’Argentina, inoltre, ritiene che l’ FMI “ha lanciato un sistema di punizione” nei confronti delle nazioni dotate di un sistema finanziario economico centrale che vieta (come appunto nel caso dell’Argentina) ogni attività finanziaria speculativa sui derivati, perché gli investimenti finanziari sono consentiti solamente su titoli e aziende che producono merci reali. Come ultima considerazione, l’Argentina ritiene che il Fondo Monetario Internazionale abbia come compito quello di monitorare la situazione economica delle nazioni senza dover mai intervenire sulla qualità delle politiche economiche nazionali e locali essendo il principio dell’autodeterminazione dei popoli un valore riconosciuto dalla carta internazionale dell’Onu in data 1948.

Queste sono le due posizioni. Poiché non si tratta di Juventus-Roma (forza capitano) dove il tifo è lecito, ciò che conta, in questo caso, è comprendere di che si tratta. Ma soprattutto che cosa accade se vince una o l’altra delle due Cristine. I rapporti di forza non sono affatto come istintivamente si può credere, ovvero Davide contro Golia, perché c’è un piccolo paese, laggiù nel polo sud, che conta poco o nulla, e da solo si è messo contro i poteri forti. Questa è la retorica perdente terzomondista che vive di ideologia e favole sentimentali. Si tratta di un poderoso braccio di ferro politico, che ci riguarda tutti. Italia in prima fila.  (e vi spiegherò più avanti il perché).

Chi vincerà? Non lo so. Però so chi voglio che vinca. E so, con matematica certezza, che cosa accadrà sia nell’uno che nell’altro caso.  Personalmente parlando (qui è il mago che si esprime) penso che abbia molte più chance l’Argentina che il Fondo Monetario Internazionale. Il bello è che lo pensano anche i britannici, altrimenti non avrebbero dato un così ampio risalto alla vicenda. Christine Lagarde fa la voce grossa a Washington, insieme a Monti come partner, perché si sente sicura della vittoria, e a mio avviso sbaglia di grosso. La sua vittoria ha queste tre tappe: il 7 ottobre a Caracas (elezioni politiche in Venezuela, paese fondamentale per l’intero occidente in questo momento); il 6 novembre in Usa (elezioni politiche presidenziali); il 15 novembre, data in cui la troika consegnerà il proprio rapporto sullo stato impietoso della Grecia; a quel punto la nazione ellenica verrà protestata, spinta fuori dall’euro e surprise! invece del contagio, non accadrà un bel nulla se non uno scossone della durata di 48 ore.

Si mostrerà e dimostrerà, pertanto, che l’euro funziona e regge ogni urto, la Grecia sprofonderà nella miseria e nell’incertezza (dimostrando che senza l’euro non c’è salvezza) e l’euro sorretta dal petrolio scontato del Venezuela, sorretta da Wall Street (che nei dieci giorni successivi alla vittoria di Romney sarà andata alle stelle con enormi guadagni di tutto il sistema bancario europeo) finalmente si potrà assestare e dare ordini al resto del mondo. Quantomeno alla parte occidentale. Questo è ciò che pensa la Lagarde. Ma quali armi ha l’Argentina? Enormi, gigantesche. E le sta usando tutte. Vi racconto una delle armi usate nel recente passato (finito con successo venti giorni fa) relativa a una precedente lontana puntata della telenovela dal titolo “La guerra dei limoni tra le due Crisitne” con una successiva puntata dal titolo “Coke is the real thing, baby!”. Veniamo alla puntata dei limoni.

Quando nel 2004 l’Argentina, reduce dal suo fallimento, comincia a rimboccarsi le maniche per l’auspicata ripresa, si avvale di diverse forme di consulenza economica, tra cui quella di un gruppo di scienziati tedeschi: per tradizione storica, i tedeschi sono di casa laggiù. Arrivano gli agronomi verdi dalla Germania, portandosi appresso la nuova tecnologia ecologica, evoluta nel campo dell’agricoltura. I tedeschi scoprono che i limoni argentini sono eccellenti. E varano un ingegnoso piano. Grazie al fatto di avere uno sterminato territorio a disposizione, il governo investe una massiccia quantità di denaro per lanciare un sistema di cooperative agricole occupando circa 150.000 ettari per produrre il più vasto limoneto del pianeta. Per avere il frutto ci vogliono anni, ma la tecnologia aiuta. Finalmente, alla fine del 2009, ecco i succosi limoni. Vanno al mercato internazionale. La frutta risulta seconda, per qualità, soltanto ai limoni italiani (la più pregiata specie in assoluto) con l’aggiunta del fatto che ha un prezzo di mercato inferiore del 212% ai limoni siciliani, liguri, greci, turchi, spagnoli, provenzali.

I più grossi consumatori di limoni in Europa sono tedeschi e britannici, per via della loro alimentazione. Ai tedeschi servono per condire una loro insalata e i krauti di cui sono ghiotti e agli inglesi servono per spruzzare il loro piatto unico quotidiano, i celebri “fish&chips”, cartoccio composto da filetti di baccalà e patate fritte che ben si accompagnano con la pinta di birra al pub, ogni sacro giorno alle ore 17.,30. I tedeschi si avvalgono di forte sconto ma arriva anche la Coca Cola, il cui amministratore delegato, in persona, vola a Buenos Aires e firma un accordo commerciale della durata di 25 anni per avere i limoni con i quali compone la ricetta di ben 22 delle sue 30 bibite sparse in tutto il mondo. L’amministratore dichiara che il 93% dei propri limoni li prende in Argentina, il restante 7% dalla Florida. Poco tempo dopo, si passa alla soia. E arriva la Cina: contratto commerciale della durata di 50 anni; acquistano il 92% della produzione nazionale di soia (decine di migliaia di ettari coltivati sempre dai tedeschi) e 10 milioni di vacche.

I bovini vengono allevati da produttori argentini nelle sterminate praterie d’altura, macellati, squartati come piace ai cinesi, incartati, messi su giganteschi aerei frigoriferi e ogni giorno partono 50 giganteschi aerei da trasporto che portano a Pechino la carne necessaria per sfamare circa 250 milioni di cinesi. Arrivano anche i giapponesi che si prendono la produzione di acqua minerale di ben 122 ghiacciai del polo sud per un totale di 20 milioni di ettolitri al mese per 50 anni. I giapponesi bevono l’acqua argentina ma non lo sanno. Tutto ciò contribuisce a un aumento del pil argentino dell’ordine di un +5% all’anno e sarà il trampolino di lancio della loro ripresa economica. Dai cinesi, l’Argentina si fa pagare in dollari e bpt italiani; dai giapponesi in dollari e bpt tedeschi. Dai tedeschi e inglesi in euro. Ma nel 2010 la situazione geo-politica cambia precipitosamente. Dall’Unione Europea partono chiare indicazioni di andare all’attacco delle economie floride keynesiane.

Per un fatto politico. La Gran Bretagna è la prima ad adeguarsi. E’ il primo atto del neo-eletto David Cameron. Non appena insediatosi, scopre che i limoni argentini - all’improvviso - non rispettano i parametri sanitari internazionali. Di conseguenza, si rivolge per protesta all’Unione Europea e Van Rompuy in persona denuncia l’accordo chiedendo una penalizzazione per l’Argentina, oltre a chiuderle l’accesso alle esportazioni internazionali. Per un mese l’Argentina protesta, soffre e si preoccupa. Dopodiché si fanno venire in mente un’ottima idea. La Kirchner personalmente scrive una lettera al quartier generale della Coca Cola ad Atlanta dove spiega alla multinazionale che dal giorno dopo non beccano più neppure un limone. Non solo. Avvalendosi della denuncia dell’Unione Europea, confortata dalle dichiarazioni di origine stampate sulle bibite della Coca Cola, si appella all’OMS chiedendo che vengano tolte dalla circolazione in tutto il continente europeo le 22 bibite che contengono limoni argentini “perché prive dei dispositivi di salvaguardia sanitaria previsti dalle convenzioni europee vigenti, visto che l’Europa sostiene che i nostri limoni non vanno bene, si deduce che non possono andare bene neppure bibite composte con i nostri limoni”. Per la Coca Cola si tratta di un danno di circa 25 miliardi di euro. Inizia un contenzioso durato ben 20 mesi, un braccio di ferro tra le due Cristine. Il finale della puntata è noto. Il presidente della Coca Cola tranquillizza la Kirchner dicendole “ghe pensi mi”. E ci riesce. 1-0 per l’Argentina. Fine della precedente puntata.

Quella prossima, datata 13 dicembre 2012, non si sa come andrà a finire. Ma si sa che cosa accadrà se vince la Christine francese: 48 ore dopo, l’Argentina, accettando l’espulsione, protesterà il contratto con la Coca Cola, dirà ai cinesi che staranno senza carne e senza soia; dirà ai giapponesi che staranno senz’acqua da bere; dirà ai tedeschi che non avranno più il petrolio con lo sconto. E tutta questa gente andrà a chiedere ragioni alla Christine a Parigi. L’Argentina, quindi, avrà come avvocati difensori la Coca Cola, la Cina, il Giappone, l’industria agricola tedesca.

E l’Italia? Automaticamente fallirà la Telecom, e due giorni dopo la Enel annuncerà che la propria fattura viene triplicata. Intesa San Paolo, Banco Popolare di Milano e Mediobanca subiranno in borsa un crollo di almeno il 40% del loro valore. Perché? Perché la Telecom è un’azienda decotta. Eppure i suoi bilanci sono buoni: è vero. Ma il profitto (che la tiene a galla) lo prende da Telecom Brasile e da Telecom Argentina, nazioni nelle quali gestisce l’intero sistema di telecomunicazioni digitali, terrestri e satellitari. Verranno subito nazionalizzate. Non solo. Verrà anche nazionalizzata subito anche l’Enel, che gestisce tutto il sistema dei servizi di erogazione di energia elettrica a Buenos Aires, in Bolivia, a Rio de Janeiro e che per la bilancia italiana è fondamentale. Inoltre, verranno messi subito all’incasso bpt italiani per un controvalore di 22 miliardi di euro, proprio alla vigilia di Natale. E se l’Italia non ha da pagare, si arrangi. Che vada a farseli dare da Christine Lagarde.

Per ridurla in sintesi, si tratta, in realtà, di una lotta squisitamente politica. La telenovela sta tutta lì. Non c’entra niente il business, né il commercio, né gli scambi. Proprio no. E tantomeno l’economia. Come ha detto con molta chiarezza la sudamericana Cristina Kirchner “io pretendo che venga rispettata la mia dichiarazione politica”. E si riferiva allo scontro micidiale a Montevideo lo scorso novembre (quando il giovane economista morì impiccato), nel corso del quale Christine Lagarde la minacciò di sanzioni e isolamento se non cambiava politica economica. In quell’occasione la Kirchner disse: “Preferisco avere un’inflazione altissima e spropositata se so che la disoccupazione dal 34% è scesa al 3,5%; che la povertà è diminuita del 55%; che il pil viaggia di un +8% annuo; che la produttività industriale è aumentata del 300%; che c’è lavoro in Argentina, c’è mercato per tutti, e il mio popolo è molto ma molto più felice di prima, piuttosto che avere un’inflazione del 3% come in Italia, dove c’è depressione, disperazione, avvilimento e l’esistenza delle persone non conta più. E questa è un’affermazione politica. Di principio e sostanziale. Non lo ha ancora capito?”.

Sembra che non lo abbia capito. Sembra che non lo abbiano capito neppure gli italiani.  La crisi economica è uno specchietto per le allodole. Si tratta di uno scontro micidiale politico tra due diverse modalità, totalmente contrapposte, di interpretare l’esistenza. E in questo scontro, l’economia, lo spread, ecc, sono semplicemente uno strumento di minaccia e ricatto per far passare un disegno politico di spogliazione, espropriazione e schiavizzazione degli esseri umani in Europa. Altrimenti non si chiamerebbe Guerra Invisibile. Perché non si vede. Non è certo un caso che la cupola mediatica, in Italia, abbia scelto di non acquistare i diritti per trasmettere le puntate della telenovela delle Due Cristine. Meglio che nessuno la veda. Ed è meglio anche che nessuno sappia nulla dei limoni, dei verdi tedeschi, ma soprattutto che non venga né detto, né spiegato, né tantomeno mostrato, come se la passano quelle nazioni che hanno avuto l’ardire e l’ardore di dire no all’austerità, no alla sudditanza nei confronti dei colossi finanziari, ma soprattutto no ai diktat delle banche centrali.

Mentre da noi Monti & co. officiano continue messe da requiem dell’ingegno, della creatività, del lavoro e della voglia e bisogno di imprendere della nazione, da qualche altra parte del mondo si balla il tango e la milonga, e ci si sente vivi. Sono molto più poveri di noi, hanno molto meno di noi, sono molto meno ricchi di noi. Eppure, sono molto ma molto più felici. Non è questo, dopotutto, che conta nella vita dei popoli e delle nazioni?

 

 

La verità sul debito e la crisi

 

 

Francia, 80mila in piazza contro l'austerità

Fonte web

Dopo Grecia, Portogallo e Spagna, questa volta a scendere in piazza sono i francesi, per lanciare quello che potremmo chiamare un "avvertimento" al presidente François Hollande.

80mila persone hanno risposto all'appello del Front de Gauche, e ieri hanno marciato a Parigi, da place de Nation fino a place d'Italie, per dire no all'Europa dell'austerità e al Patto di bilancio europeo, che martedì sarà esaminato in parlamento. “Ci sono decine di migliaia di persone. E' una manifestazione di massa. La nostra scommessa è riuscita!” ha commentato Eric Coquerel, membro del Parti de gauche, come scrive il quotidiano francese Le Figaro. “Il Partito socialista ci ascolterà, ha l'obbligo di ascoltarci”.

Hollande scavalcato a sinistra - Alla mobilitazione hanno partecipato soprattutto coloro che, durante le presidenziali, avevano votato per Jean-Luc Melenchon al primo turno, e che poi avevano dato il proprio appoggio ad Hollande, nella speranza che Parigi rompesse con la politica intrapresa da Nicolas Sarkozy.

Questo è il caso di Jordi, 26 anni. “Hollande si era impegnato a rinegoziare il trattato Merkozy, ma non è cambiata una virgola” ha spiegato al giornale Liberation. Il testo, che sarà presentato martedì al parlamento, rischia di “radicare l'austerità in tutti i Paesi europei”. “Hollande parla sempre di crisi, che era quello che una volta criticava all'Ump (il partito di Sarkozy, ndr)” commenta Christine, insegnante di lettere classiche in un liceo.

Di fronte al successo riscosso da questa mobilitazione, Melenchon promette che non si tratterà di un caso isolato. “François Hollande ha commesso ai nostri occhi un terribile errore firmando quel trattato” ha spiegato l'ex candidato alle presidenziali per il Front de Gauche. “La cosa più importante è la nascita di una mobilitazione generale che sta prendendo piede in Europa, che ci permette di unire un'Europa sociale che si oppone ad un'Europa dell'austerità - spiega Melenchon - Ci sono manifestazioni in Spagna, in Portogallo, in Grecia. I francesi si stanno impegnando su questa strada, e non sarà certo l'ultima volta”.

 

 

La verità sulle banche, Monti e l'Euro

 

 

Ma cosa sta realmente accadendo in Grecia?

Fonte web

Il blogger greco Keeptalkingreece racconta gli ultimi giorni in Grecia, le difficoltà della gente, le proteste, e i sussulti (o l’agonia) del governo. Avete un’idea di quello che sta realmente accadendo in Grecia?

Recenti scontri ad Atene20 settembre 2012 – La mattina inizia con la metropolitana, il tram e il treno urbano in sciopero. Gli 800-900 mila residenti ad Atene sono costretti a cercare vie alternative per andare al lavoro. Coloroche ancora hanno un lavoro. Perché, secondo i dati ufficiali, quasi un greco su quattro non ha un lavoro e non ha reddito. Molto probabilmente non ha neanche un auto. Questo giovedì mattina si è scoperto che la maggior parte di questo gruppo sociale privilegiato ha anche una macchina. La gente ha usato l’auto per andare al lavoro. E si è trovata bloccata nel traffico.

Colloqui sull’Austerità

La giornata è proseguita con il tentativo della leadership politica e del team che guida l’economia di ‘chiudere’ il pacchetto di austerità di 11,5 miliardi di euro – come condizione della Troika per assegnare la tranche di 31 miliardi di salvataggio. Sembra che ci sia un certo disaccordo tra i partner del governo sulle misure, tra il governo e la troika, e tra la stessa troika. Le ulteriori misure non portano al risultato essenziale. La Troika vuole misure di risparmio di 11,5 miliardi di euro. Il governo greco non è attualmente in grado di presentare più di 9-9,2 miliardi di euro. Troppe obiezioni da parte dei due partiti della coalizione di governo PASOK e Sinistra Democratica. Come ha accennato il Ministro delle finanze Stournaras, la tranche e le misure per il momento potrebbero essere ridotte. E la differenza (misure per 2-2,5 miliardi di euro) potrebbe arrivare in seguito, insieme al resto della tranche del salvataggio. Pacchetto di Austerità e Tranche del Salvataggio. Da questi 31 miliardi, il mio vicino di casa o mio padre non vedranno nulla. Saranno spesi per la ricapitalizzazione delle banche e dei debiti statali in essere verso i creditori privati.

Mio padre è un pensionato da 600 euro al mese. Egli non ha alcun debito da rimborsare, né ha in programma di indebitarsi. Né per scopi privati, né a fini commerciali. Mio padre non è mai stato coinvolto in affari con lo stato come fornitore di qualsiasi tipo. Così, pensa che non avrebbe alcun guadagno dal piano di salvataggio. Tuttavia, egli è chiamato a pagare più tasse (1.000 E per il 2012 e 500E in anticipo per il 2013). Quando è andato all’ufficio delle imposte per fare un accordo, ha detto loro che a causa di due operazioni di cancro e un pacemaker impiantato da poco aveva buone probabilità di essere un contribuente … morto nel 2013.

Il mio vicino è senza lavoro. Anche lui ha figli e una moglie che porta a casa 900 euro. Nemmeno lui crede che il piano di salvataggio potrebbe contribuire a costruire un futuro per i suoi figli, come propagandato dal governo. Infatti, l’uomo è disperato. Dopo forti pressioni da parte di sua moglie e dei suoi familiari, ha cercato un neurologo. Gli ha diagnosticato ‘depressione’. L’uomo sta a casa tutto il giorno, non parla, non mostra alcun interesse. Come parte della terapia il medico gli ha proibito di guardare la televisione e sicuramente non le notizie di prima serata. La sua famiglia è in ansia per il progresso della sua malattia. E che potrebbe fare qualcosa di inaspettato …

Proteste

Questa mattina 26 settembre 2012, poliziotti, pompieri e guardie costiere in protesta hanno avuto un assaggio di quel che migliaia di manifestanti stanno inalando da due anni. Hanno respirato i gas lacrimogeni. Da parte dei colleghi della polizia antisommossa. Non era mai successo prima. Ma per ogni cosa c’è una prima volta. Allo stesso tempo, marinai e metalmeccanici hanno fischiato il ministro delle finanze Yiannis Stournaras che ha avuto l’idea geniale di scendere in mezzo alle masse dei manifestanti anti-austerità e anti-tagli-salariali. Anche i giudici sono in una sorta di ‘sciopero’ e si rifiutano di portare il lavoro a casa, e di fare gli straordinari. E se questo non bastasse – udite! udite! – vogliono avere degli uffici nei tribunali, e quindi i computer e l’accesso ai data base! Essi ritengono che i loro imminenti tagli salariali siano contro la Costituzione, che prevede che i loro stipendi siano equivalenti a quelli dei parlamentari. “Se i nostri salari sono da tagliare lo stesso dovrebbe accadere agli stipendi dei parlamentari” dicono, cosa del tutto corretta!

Allo stesso tempo, ci sono piccole notizie che rendono la zuppa dell’austerità più piccante: per esempio, i proprietari degli autobus turistici assegnati per il trasporto degli alunni alle scuole a partire da domani fermeranno i loro servizi in Attica. A causa dei debiti in sospeso dello stato. Sanità? Quale sanità? Ai Medici ospedalieri di Stato non sono stati pagati gli straordinari da diversi mesi. I dipendenti dei centri diurni per l’Alzheimer negli ultimi sei mesi non sono stati pagati. Un incontro con il ministro della Sanità è finito male. Sembra che il ministro ritenga che le persone dovrebbero lavorare senza paga. Allo stesso tempo, i pazienti assicurati continuano a pagare i farmaci delle prescrizioni di tasca propria, dato che i farmacisti in 18 prefetture del paese continuano e continueranno a boicottare l’organizzazione nazionale dell’assistenza sanitaria fino al 30 settembre 2012.

PS Un’amica ha trascorso l’intera mattinata di giovedì girando più di sette farmacie al Pireo per trovare tutti insieme i cinque farmaci diversi necessari per la malattia cronica di sua madre. Non c’è riuscita. Ha trovato un farmaco in una farmacia, due in un’altra e due in un’altra. Tuttavia, non è possibile utilizzare una stessa prescrizione in diverse farmacie. Dove sono i farmaci?

 

 

Mario Monti e quello che non ti è dato sapere shhh - 1

 

Mario Monti e quello che non ti è dato sapere shhh - 2

 

 

Dal Sud America l’impulso verso una nuova economia:

il debito pubblico è immorale e si annulla !

Fonte web

La Presidente della Repubblica Argentina, Cristina KirchnerIl 3 agosto 2012, con un anticipo rispetto alla scadenza di 16 mesi, la Presidente della Repubblica Argentina, Cristina Kirchner, si presenta alla sede di Manhattan del Fondo Monetario Internazionale accompagnata dal suo ministro dell’economia e dal ministro degli esteri ecuadoregno, Patino, in rappresentanza di “Alba” (acronimo che sta per Alianza Laburista Bolivariana America”) l’unione economica tra Ecuador, Colombia e Venezuela.

In tale occasione, la Kirchner si fa fotografare e riprendere dalle televisioni con un gigantesco cartellone che mostra un assegno di 12 miliardi di euro intestato al Fondo Monetario Internazionale con scadenza 31 dicembre 2013, che il governo argentino ha versato poche ore prima.

“Con questa tranche, la Repubblica Argentina ha dimostrato di essere solvibile, di essere una nazione responsabile, attendibile e affidabile per chiunque voglia investire i propri soldi. Nel 2003 andammo in default per 112 miliardi di dollari, ma ci rifiutammo di chiedere la cancellazione del debito: scegliemmo semplicemente la dichiarazione ufficiale di bancarotta e chiedemmo dieci anni di tempo per restituire i soldi a tutti, compresi gli interessi.

Per dieci, lunghi anni, abbiamo vissuto nel limbo. Per dieci, lunghi anni, abbiamo protestato, contestato e combattuto contro le decisioni del Fondo Monetario Internazionale che voleva imporci misure restrittive di rigore economico sostenendo che fosse l’unica strada.

Noi abbiamo seguito una strada diversa, opposta: quella del keynesismo basato sul bilancio sociale, sul benessere equo sostenibile e sugli investimenti in infrastrutture, ricerca, innovazione, investendo invece di tagliare.

Abbiamo risolto i nostri problemi. Ci siamo ripresi. Non solo. Siamo oggi in grado di saldare l’ultima tranche con 16 mesi di anticipo.

Le idee del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale in materia economica sono idee errate, sbagliate. Lo erano allora lo sono ancor di più oggi:

Chi vuole operare, imprendere, creare lavoro e ricchezza, è benvenuto in Argentina: siamo una nazione che ha dimostrato di essere solvibile, quindi pretendiamo rispetto e fedeltà alle norme e alle regole, da parte di tutti, dato che abbiamo dimostrato, noi per primi, di rispettare i dispositivi del diritto internazionale……” ecc.

Subito dopo (cioè 15 minuti dopo) la Kirchner ha presentato una denuncia formale contro la Gran Bretagna e gli Usa al WTO (World Trade Organization) la più importante associazione planetaria di scambi commerciali coinvolgendo il Fondo Monetario Internazionale grazie ai files messi a disposizione da Wikileaks, cioè Assange. L’Argentina ha saldato i debiti, ma adesso vuole i danni. Con gli interessi composti.

“Volevano questo, bene, l’hanno ottenuto. Adesso che paghino”.

E’ una lotta tra la Kirchner e la Lagarde. Le due Cristine duellano da un anno impietosamente.

Grazie (o per colpa) di Assange…? Dato che il suo gruppo ha tutte le trascrizioni di diverse conversazioni in diverse cancellerie del globo, che coinvolgono gli Usa, la Gran Bretagna, la Francia, l’Italia, la Germania, il Vaticano, dove l’economia la fa da padrone: Osama Bin Laden è stato mandato in soffitta e sostituito da John Maynard Keynes, lui è diventato il nemico pubblico numero uno delle grandi potenze; in queste lunghe conversazioni si parla di come mettere in ginocchio le economie sudamericane, come portar via le loro risorse energetiche, come impedir loro di riprendersi e crescere, come fare per impedire ai loro governi di far passare i piani economici keynesiani applicando invece i dettami del Fondo Monetario Internazionale il cui unico scopo consiste nel praticare una politica neo-colonialista a vantaggio soprattutto di Spagna, Italia e Germania, con capitali inglesi.

Gran parte dei file già resi pubblici su internet. Gran parte dei file, gentilmente offerti da Assange all’Ambasciatore in Gran Bretagna dell’Ecuador, il quale -siamo sempre il 3 agosto a New York- ricorda chi rappresenta e che cosa ha fatto l’Ecuador, ovvero la prima nazione del continente americano, e unica nazione nel mondo occidentale dal 1948, ad aver applicato il concetto di “debito immorale” ovvero “il rifiuto politico e tecnico di saldare alla comunità internazionale i debiti consolidati dello Stato perché ottenuti dai precedenti governi attraverso la corruzione, la violazione dello Stato di Dirirtto, la violazione di norme costituzionali”.

Il Presidente del governo dell’Ecuador Rafael  CorreaIl 12 dicembre del 2008, infatti, il neo Presidente del governo dell’Ecuador Rafael Correa (Pil intorno ai 50 miliardi di euro, pari a 30 volte di meno dell’Italia) dichiara ufficialmente in diretta televisiva in tutto il continente americano (l’Europa non ha mai trasmesso neppure un fotogramma e difficilmente si trova nella rete europea materiale visivo) diaver deciso di cancellare il debito nazionale considerandolo immondo, perché immorale; hanno alterato la costituzione per opprimere il popolo raccontando il falso.

Hanno fatto credere che ciò chè è Legge, cioè legittimo, è giusto.

Non è così: da oggi in terra d’Ecuador vale il nuovo principio costituzionale per cui ciò che è giusto per la collettività allora diventa legittimo”.

Cifra del debito: 11 miliardi di euro.

Il Fondo Monetario Internazionale fa cancellare l’Ecuador dal nòvero delle nazioni civili: non avrà mai più aiuti di nessun genere da nessuno “Il paese va isolato” dichiara Dominique Strauss Kahn, allora segretario del Fondo Monetario.. Il paese è in ginocchio.

Il giorno dopo, Hugo Chavez annuncia ufficialmente che darà il proprio contributo dando petrolio e gas gratis all’Ecuador per dieci anni.

Quattro ore più tardi, il presidente Lula annuncia in televisione che darà gratis 100 tonnellate al giorno di grano, riso, soya e frutta per nutrire la popolazione, finchè la nazione non si sarà ripresa.

La sera, l’Argentina annuncia che darà il 3% della propria produzione di carne bovina di prima scelta gratis all’Ecuador per garantire la quantità di proteine per la popolazione.

Il mattino dopo, in Bolivia, Evo Morales annuncia di aver legalizzato la cocaina considerandola produzione nazionale e bene collettivo. Tassa i produttori di foglie di coca e offre all’Ecuador un prestito di 5 miliardi di euro a tasso zero restituibile in dieci anni in 120 rate.

Due giorni dopo, l’Ecuador denuncia la United Fruit Company e la Del Monte & Associates per “schiavismo e crimini contro l’umanità”, nazionalizza l’industria agricola delle banane (l’Ecuador è il primo produttore al mondi di banane) e lancia un piano nazionale di investimento di agricoltura biologica ecologica pura.

Dieci giorni dopo, i verdi bavaresi, i verdi dello Schleswig Holstein, in Italia la Conad, e in Danimarca la Haagen Daaz, si dichiarano disponibili a firmare subito dei contratti decennali di acquisto della produzione di banane attraverso regolari tratte finanziarie pagate in euro che possono essere scontate subito alla borsa delle merci di Chicago.

Il 20 dicembre del 2008, facendosi carico della protesta della United Fruit Company, il Presidente George Bush (già deposto ma in carica formale fino al 17 gennaio 2009) dichiara “nulla e criminale la decisione dell’Ecuador” annunciando la richiesta di espulsione del paese dall’Onu: “siamo pronti anche a una opzione militare per salvaguardare gli interessi statunitensi”.

Il mattino dopo, il potente studio legale di New York Goldberg & Goldberg presenta una memoria difensiva sostenendo che c’è un precedente legale.

Sei ore dopo, gli Usa si arrendono e impongono alla comunità internazionale l’accettazione e la legittimità del concetto di “debito immorale”.

La United Fruit company viene provata come “multinazionale che pratica sistematicamente la corruzione politica” e condannata a pagare danni per 6 miliardi di euro.

Evo Morales presidente della BoliviaDa notare che il “precedente legale” (tuttora ignoto a gran parte degli europei) è datato 4 gennaio 2003 a firma George Bush. Eh già. E’ accaduto in Iraq, che in quel momento risultava “tecnicamente” possedimento americano in quanto occupato dai marines con governo provvisorio non ancora riconosciuto dall’Onu. Saddam Hussein aveva lasciato debiti per 250 miliardi di euro (di cui 40 miliardi di euro nei confronti dell’Italia grazie alle manovre di Taraq Aziz, vice di Hussein e uomo dell’opus dei fedele al vaticano) che gli Usa cancellano applicando il concetto di “debito immorale” e quindi aprendo la strada a un precedente storico recente.

Gli avvocati newyorchesi dell’Ecuador offrono al governo americano una scelta: o accettano e stanno zitti oppure se si annulla la decisione dell’Ecuador allora si annulla anche quella dell’Iraq e quindi il tesoro Usa deve pagare subito i 250 miliardi di euro a tutti compresi gli interessi composti per quattro anni.

Obama, non ancora insediato ma già eletto, impone a Bush di gettare la spugna. La solida parcella degli avvocati newyorchesi viene pagata dal governo brasiliano. Nasce allora il Sudamerica moderno.

E cresce e si diffonde il mito di Rafael Correa, presidente eletto dell’Ecuador. Non un contadino indio come Morales, un sindacalista come Lula, un operaio degli altiforni come Chavez. Tutt’altra pasta. Proveniente da una famiglia dell’alta borghesia caraibica, è un intellettuale cattolico. Laureato in economia e pianificazione economica a Harvard, cattolico credente e molto osservante, si auto-definisce “cristiano-socialista come Gesù Cristo, sempre schierato dalla parte di chi ha bisogno e soffre”.

Il suo primo atto ufficiale consiste nel congelare tutti i conti correnti dello Ior nella banche cattoliche di Quito e tale cifra viene dirottata in un programma di welfare sociale per i ceti più disagiati. Fa arrestare l’intera classe politica del precedente governo che viene sottoposta a regolare processo. Finiscono tutti in carcere, media di dieci anni a testa con il massimo rigore. Beni confiscati, proprietà nazionalizzate e ridistribuite in cooperative agricole ecologiche. Invia una lettera a papa Ratzinger dove si dichiara “sempre umile servo di Sua Illuminata Santità” dove chiede ufficialmente che il vaticano invii in Ecuador soltanto “religiosi dotati di profonda spiritualità e desiderosi di confortare i bisognosi evitando gli affaristi che finirebbero sotto il rigore della Legge degli uomini.

Tutto ciò lo si può raccontare oggi, grazie alla bella pensata del Foreign Office, andati nel pallone. In tutto il pianeta Terra, oggi, si parla di Rafael Correa, dell’Ecuador, del debito immorale, del nuovo Sudamerica che ha detto no al colonialismo e alla servitù alle multinazionali europee e statunitensi.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Crisi finanziaria e Nuovo Ordine Mondiale

 

Questa crisi era inevitabile? Gli Stati Uniti ne sono responsabili? Stanno davvero risolvendo questa crisi, o piuttosto dobbiamo aspettarci che qualche potenza affondi? Ma gli USA non erano i dominatori del mondo? Com’è che si ritrovano con le pezze al sedere? Queste domande sono tutt’altro che oziose, pur (o meglio, a maggior ragione) nell’attuale clima di incertezza in cui la gente vuole sapere solo cosa fare dei propri risparmi. Ma per arrivare ad avere una qualche risposta concreta, bisogna partire dall’inizio e capire come si è prodotta questa situazione. Se diamo ascolto ai guru dell’economia, ai dirigenti delle banche, ai ministri del tesoro e capi di stato, potremmo farci l’idea che nessuno in realtà sappia da dove venga l’attuale crisi, che sia tipico del “sistema capitalista” questo ciclo di recessioni e boom economici, che gli stessi operatori siano stati colti di sorpresa dalla crisi, che nessuno poteva immaginare... che insomma l’origine vera è un gran mistero. Lungi dall’esserlo, si tratta invece di una causa piuttosto chiara, almeno nei suoi tratti essenziali: la crisi era inevitabile innanzitutto perché l’intero sistema poggia su basi traballanti, che non possono farlo durare a lungo.