IL DOLLARO BRUCIA E GIÀ SI PENSA

 AL SUO SOSTITUTO, MA BASTERÀ

AD EVITARE UN DISASTRO

FORSE VOLUTO?

 

(A cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

PROLOGO

 

 

Le banche centrali optano per l'iperinflazione

«Le decisioni prese dalla Banca d'Inghilterra, dalla Banca Centrale Europea e dalla Federal Reserve USA (nell'attuale crisi finanziaria dei muti americani, ndr) confermano il giudizio di Lyndon LaRouche (un esponente del partito Democratico americano, ndr) secondo il quale la politica delle banche centrali ormai sta diventando una riedizione dell'iperinflazione che devastò l'economia tedesca nel 1923. Di fronte all'esplosione del debito impagabile, soprattutto nel mondo degli hedge funds e private equity funds, notoriamente al di fuori di ogni controllo, le banche centrali emettono ogni giorno miliardi di dollari di liquidità per mantenere una parvenza di solvibilità. In realtà, la politica di tappare le falle con la liquidità non funziona e comporta soltanto un aggravamento della crisi in corso sotto ogni punto di vista, compreso il rischio di un tracollo del dollaro che già perde vistosamente terreno rispetto alle altre monete principali» (vedere qui).

 

Crollo delle borse: strategia dei Manovratori Occulti?

«Ma qual è la vera strategia che sta dietro?
Lo spiega magistralmente nel suo ultimo articolo l’avvocato Marco Della Luna, esperto conoscitore delle problematiche del Signoraggio monetario e dei crimini bancari.
La crisi di liquidità (provocata dai mutui a basso tasso che drenano liquidità dal mercato) creata ad hoc dai banchieri centrali avrà come conseguenza:

- drenare liquidità dal mercato con tassi alti serve infatti più denaro per pagare le rate;
- meno liquidità significa anche meno liquidità per gli investimenti delle imprese;
- meno soldi alle aziende comporta sempre più insolvenze;
- più insolvenze significa abbassamento del rating (il voto che viene dato da alcune società specializzate e soprattutto controllate: Standard & Poor's, Moody's, Fitch Ratings) e quindi ulteriori insolvenze a catena;
- insolvenze aziendali provocano licenziamenti;
- licenziamenti implicano meno soldi in circolazione per pagare le rate;
…e via di questo passo.

In pratica i banchieri centrali si vogliono impossessare a basso costo dei collaterali e delle stesse aziende indebitate o addirittura fallite; dall’altra costringere le aziende che lottano per la sopravvivenza, ad indebitarsi ulteriormente e con tassi sempre più alti.

Le banche creando de facto questa crisi di liquidità costringono:
- le persone normali - la fascia bassa - ad essere sempre più schiave del Sistema;
- le aziende ad indebitarsi sempre più e con tassi sempre più alti;
- a cancellare la fascia media, quella che ha un minimo di soldi a disposizione;...»
(vedere qui).

 

PARLA UN "SICARIO ECONOMICO" PENTITO

«Negli USA è stato pubblicato un libro clamoroso di John Perkins che denuncia come gli ambienti finanziari utopico-sinarchisti abbiano utilizzato la Banca Mondiale, il FMI e una rete di sicari finanziari privati per aggredire e rovinare intere nazioni, risalendo fino al tempo in cui Kermit Roosevelt Jr. (nipote del presidente Theodore, da non confondere con il presidente Franklin Delano Roosevelt) orchestrò il rovesciamento del governo nazionalista di Mossadeq in Iran, nel 1953.
Il libro è intitolato [Confessioni di un sicario economico: come gli USA usano la globalizzazione per rubare migliaia di miliardi ai paesi poveri]. ..."Essenzialmente fummo addestrati per costruire l'Impero Americano, come abbiamo poi fatto. Si trattava di creare una situazione in cui il massimo delle risorse possibile affluisse nel nostro paese, alle corporations e al governo, e in questo riuscimmo molto bene. Abbiamo costruito il più grande impero della storia ... Diversamente da ogni altro impero, questo è stato creato soprattutto attraverso la manipolazione economica, con l'inganno, con la frode, irretendo la gente nel nostro stile di vita, attraverso i sicari economici. Fui molto addentro a tutto questo"»
(vedere qui).

 

Citazioni di David Rockfeller

 

 

 

Vignetta sarcastica sulla possibilità della nascita di una

nuova moneta, l'Amero, che sostituisca il vecchio dollaro.

 

 

 

 

I MUTUI "SUBPRIME" ANNUNCIANO LA PIÙ

 GRANDE CRISI FINANZIARIA DOPO IL '29
 

Da Asianews

I mutui “subprime” annunciano la più grande crisi finanziaria dopo il ‘29. Secondo studiosi americani il volume di titoli privi di valore si aggira sui 20 mila miliardi di dollari. A rischio chiusura diverse banche americane ed europee. Pochi i contraccolpi sull’Asia. La curiosa notizia della nuova moneta nordamericana: l’Amero.

La vicenda della montagna di mutui fuori parametro (subprime) concessa dalle società di credito fondiario in America, di per sé è già dirompente e sta mettendo in crisi non poche banche. Negli Stati Uniti i gruppi più esposti sono giganti come Citigroup e Bank of America, a causa soprattutto delle proprie controllate specializzate in intermediazione titoli. In Europa, secondo voci di mercato, si parla di possibili difficoltà - o addirittura di crollo – per banche del calibro di Deutsche Bank, Barclays, BNP Paribas oltre a grandi finanziarie, assicurazioni (si parla di Axa) e fondi pensioni.

Ma tutto ciò è solo la parte emersa del problema. Secondo Mike Whitney[1], un analista finanziario americano, il totale di titoli circolanti emessi nei mercati non regolamentati e privi di patrimonialità reale, è di 20 mila miliardi di dollari[2]. A quanto pare, finora né il grande pubblico, né i professionisti di Wall Street si erano accorti del “buco”. Questi 20 mila miliardi di dollari di titoli sono privi di mercato e quindi privi di valore. Anche se la Fed dovesse rendere molto più indulgenti le regole sulle riserve, l’attuale sistema finanziario è destinato ad affrontare la più grave crisi da 80 anni ad oggi, perché non è un problema di liquidità, ma di solvibilità. Le banche ormai hanno paura a finanziarsi a vicenda perché non conoscono i reali livelli reciproci di insolvenze. Si è arrivati al punto che sul mercato interbancario di Londra non ci si arrischia a prestare denaro oltre il termine di un giorno.

 

Greenspan e la finanza speculativa

Il problema si è andato originando negli Usa, a partire dal 1987, quando con pressioni della lobby bancaria – mediante “elargizioni” costate 300 milioni di dollari – si è riusciti ad ottenere passo passo l’abolizione della legge Glass-Steagall, approvata dal parlamento americano dopo la crisi del ’29. La completa abolizione della legge è stata ottenuta nel 1999 grazie al presidente Bill Clinton. A suo tempo, la legge era stata approvata per evitare il conflitto d’interessi tra banche e società che sottoscrivono obbligazioni ed azioni. Principale fautore di questa liberalizzazione finanziaria è stato il precedente presidente della Fed, Alan Greenspan. Questi, divenuto governatore nel 1987, prima di tale nomina era stato membro del consiglio d’amministrazione della J.P. Morgan, la prima banca ad usufruire della liberalizzazione.

Nei 18 anni di governatorato di Greenspan si è avuta la più grande espansione della finanza speculativa della storia mondiale. Adesso il problema sta emergendo lentamente, ma è come un treno che, una volta in moto, nessuno, nemmeno la Fed, può più arrestare ed è lanciato su dei binari di scadenze improrogabili.

Se le cifre riportate nell’articolo di Mike Whitney sono corrette, un crollo di borsa come quello del ’29-’30 sarebbe più che imminente; forse anche di dimensioni maggiori, perchè la crisi avrebbe dimensioni planetarie.

In questo ultimo periodo, i grandi gruppi finanziari e bancari americani si sono premuniti piazzando i titoli spazzatura sia in Europa che in Asia. In Asia è noto che il patrimonio delle maggiori istituzioni bancarie e finanziarie è costituito - quasi di norma - da titoli statunitensi, espressi in dollari. Essi sono valutati AA o addirittura AAA dalle agenzie, cosiddette indipendenti, di valutazione dei valori mobiliari, come Standard & Poors, Moody’s e Fitch. Come per indiscussa convenzione di tesoreria tali titoli stimati primari sono – ma forse è meglio dire “erano” – considerati virtualmente privi di rischio.

Ad essere esposte in prima linea dovrebbero esserci teoricamente i fondi pensione, le assicurazioni e le grandi fondazioni americane, come pure i maggiori gruppi finanziari e bancari statunitensi, che sono all’origine dell’emissione incontrollata di titoli atipici di questi lunghi decenni. Eppure c’è da dubitare che chi ha le chiavi del potere finanziario e monetario sia chiamato a rispondere dei propri misfatti.

Alla radice del problema, infatti, ci sono le banche centrali ed in primo luogo la Fed, che da tempo aveva un chiaro quadro della situazione. Chi controlla la Fed, sa dunque che non può fornire la soluzione nell’ambito stesso della Fed.

 

Prototipo della nuova moneta,

l'Amero, dell'unione nord americana

 

Amero, la nuova moneta del Nord America

In questo scenario di imminente crisi bancaria è emersa una curiosa notizia: gli Stati Uniti si preparano, insieme a Canada e Messico, a lanciare una moneta unica, detta “Amero”.

In altri termini dopo l’esplosione cruenta della bolla monetaria da tempo covata, la soluzione proposta sarebbe l’abolizione del dollaro, sostituito dalla valuta dell’Unione del Nord America, l’Amero appunto. A tale unione monetaria, oltre agli Stati Uniti, verrebbero costretti a farne parte il Messico, cui l’idea in linea di principio potrebbe non dispiacere, ed il Canada che non gradisce nemmeno un po’ l’idea di perdere la propria sovranità monetaria, ma che non vi si può sottrarre, pena la minaccia di perdere la cospicua fetta del proprio patrimonio espressa in dollari statunitensi, che diverrebbero privi di valore.

Dell’Unione del Nord America se ne era parlato a Waco nel Texas nel marzo 2005 tra Bush, il presidente messicano Fox ed il primo ministro canadese Martin. Il progetto era stato poi ripreso nel corso dello stesso anno da un rapporto del Consiglio Relazioni Estere (Council on Foreign Relations – CFR), lo stesso potente gruppo di potere da cui sono stati espressi quasi tutti i presidenti statunitensi sia democratici e che repubblicani e da un gruppo di lavoro interministeriale dei tre paesi.

Su Wikipedia.com alla voce “Amero” sono già riprodotte delle foto di coniazioni, definite “prototipi”. Su “Youtube”[3] è disponibile un filmato in cui ridiscute dell’Amero alla televisione commerciale americana CNBC.

Di recente il sito http://www.halturnershow.com/AmeroCoinArrives.html, ha mostrato delle foto con tali coniazioni, ma con in più una piccola “D” stampigliata nella moneta da 20 Amero. La “D” starebbe ad indicare che tale moneta proverrebbe dalla zecca di Denver. Curiosamente[4], la zecca di Denver è chiusa alle visite al pubblico per lavori di ristrutturazione fino al 28 settembre. AsiaNews non è in grado di stabilire se tutto ciò è realmente fondato. Certo è che il progetto sembrerebbe ben articolato[5]. L’Unione Nordamericana avrebbe una popolazione simile a quella dell’Unione Europea, e sarebbe la risposta adeguata all’attuale crisi bancaria destinata fatalmente a risolversi in crisi monetaria.

Di fatto, più che un’unione monetaria, questa operazione sarebbe l’inglobamento di metà del continente americano negli Stati Uniti. Per l’Asia più che gli aspetti politici – tutta l’area è da tempo il cortile di casa degli Stati Uniti – sono interessanti le conseguenze economiche. In primo luogo l’Amero sarebbe decisamente meno forte del dollaro, a causa della presenza del peso messicano, protagonista di una non lontana insolvenza. In tal modo il valore dell’Amero rispetto alle altre valute mondiali si deprezzerebbe in modo rapido, costringendo la Cina e tutta l’Asia ad una rapida rivalutazione di fatto delle proprie monete che di propria sponte non hanno mai dato mostra di aver realmente intenzione di attuare. In secondo luogo la conversione dei dollari circolanti fuori dagli Stati Uniti sarebbe sottoposta a logiche misure anti-riciclaggio e di legittimità di possesso. In Asia ed in molti altri paesi del mondo, il pagamento in contanti ed in dollari è più diffuso di quanto non si pensi. Anche in questo caso gli effetti non mancherebbero e non sarebbero di poco conto.

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Note:

[1] Vedi: http://onlinejournal.com/artman/publish/article_2396.shtml
[2] Secondo informazioni che AsiaNews ha tratto dalla BRI, la Banca dei Regolamenti Internazionali, includendo i derivati ed i contratti atipici, il totale della finanza non convenzionale è molto di più, quasi cinquanta volte il Pil mondiale.
[3] Vedi: http://www.youtube.com/watch?v=6hiPrsc9g98
[4] Vedi: http://www.usmint.gov/mint_tours/index.cfm?action=StartReservation
[5] Vedi: http://en.wikipedia.org/wiki/Independent_Task_Force_on_North_America

 

 

 

 

 

 

IL DOLLARO BRUCIA
 

Di Gennaro Carotenuto

E se fossimo alla fine del dollaro? E se fosse necessaria una nuova Bretton Woods per un'uscita non traumatica dal predominio del dollaro?

I paesi petroliferi amici degli Stati Uniti, a cominciare dai sauditi, hanno gradito ben poco, anzi per niente, la decisione della FED sul taglio dei tassi che ha fatto svalutare pesantemente il dollaro. La banca centrale saudita se n'è apertamente svincolata rifiutando di tagliare i propri tassi. Perché dovremmo farci pagare in una moneta sempre più deprezzata, è la domanda alla quale sempre più economisti rispondono: nessuna. Se la FED continua a far andare il dollaro in caduta libera, c'è un limite al farci pagare con carta straccia. Ci vogliono un dollaro e 41 centesimi per comprare un Euro. Appena nel febbraio di 5 anni fa bastavano 87 centesimi. Il dollaro brucia, ed è una notizia molto preoccupante. Molto preoccupante per più motivi.

Innanzitutto per l'Unione Europea. Questa si è costruita un mercato interno da 350 milioni di persone, per poi puntare tutto (per una scellerata scelta ideologica neoliberale) sulla relazione con Cina e Stati Uniti, svilendo molti dei vantaggi che da quel mercato interno potevano derivare. Commerciare con i nostri partner storici, la Germania innanzitutto, con il dollaro più o meno debole è indifferente, ma competere (forse bisognerebbe ridefinire questa sinonimia esasperata tra commerciare e competere) con Cina e Stati Uniti significa legarsi a doppio filo al destino del dollaro e obbligarsi a sostenerlo continuamente.

Come si può competere (noi italiani ci abbiamo costruito il nostro miracolo quasi mezzo secolo fa) con un dollaro che vale pochissimo e con la macchina produttiva statunitense (intatta ed enorme, ovviamente) che funziona a tutto vapore e oliata dal favore di una moneta debole? Allo stato attuale la BCE e la FED giocano una commedia nella quale la FED scappa al ribasso, si fa quasi raggiungere (a costi enormi per la BCE), poi riscappa.

Ovviamente in molti tentano di correre ai ripari. Proprio ieri a Manaus in Amazzona, Lula da Silva e Hugo Chávez (con il contemporaneo assenso di Nestor Kirchner e Rafael Correa da Buenos Aires) hanno confermato che il Banco del Sud vedrà la luce.

Ma il problema per gli Stati Uniti è enorme. Nel più catastrofico degli scenari, l'economia statunitense perderebbe 800 miliardi di dollari l'anno dalla fine del dollaro come moneta di riferimento. Nell'improbabile scenario "atomico", la vendita cinese di una parte consistente dei 900 miliardi di dollari posseduti come riserva da quel paese, per gli SU, che sul potere del dollaro come moneta di riferimento fondano la loro capacità di vivere al di sopra delle loro possibilità e finanziare il loro enorme passivo, sarebbe la bancarotta. E' uno scenario altamente improbabile, perché lo sviluppo cinese è legato a doppio filo alla sinergia con il dollaro. Il Banco Centrale Cinese, come del resto la BCE, prenderebbero una decisione molto grave, per le loro stesse economie innanzitutto, se decidessero di smettere di sostenere il corso del dollaro che oggi sembra interessare loro più di quanto non interessi alla stessa FED che per il caso dei mutui si è mosso sul tasso di sconto senza alcuna considerazione per le ripercussioni internazionali, come il clamoroso NO saudita dimostra.

Gli Stati Uniti dimostrano continuamente di muoversi da impero senza poterselo più permettere. Al di là di scorciatoie belliche che i fondamentalisti protestanti al potere in quel paese hanno nel loro DNA, non sarebbe necessaria una nuova Bretton Woods che ridisegni completamente i nuovi equilibri monetari mondiali, pensando ad una uscita soft e non traumatica dal predominio del dollaro sull'economia mondiale?

Al momento non è all'ordine del giorno, perché sarebbe la presa d'atto del fallimento finanziario prima ancora che etico del modello neoliberale di globalizzazione. Aspettiamoci traumi.

 

 


Operatore di Wall Street

 

 

LE BANCHE SONO IN DIFFICOLTÀ?
 

DI MIKE WHITNEY - Information Clearing House

"Le nuove divinità capitalistiche debbono amare i poveri, visto che ne stanno creando in così gran numero" Bill Bonner, “The Daily Reckoning”

"La speranza di ogni banca centrale è di riuscire a nascondere al pubblico il vero problema, e la verità è che il pubblico, anche i professionisti di Wall Street, non hanno la minima idea di quale sia. Capiscono che ha qualcosa a che fare con gli strumenti derivati, ma nessuno si rende conto che si è appena scoperto una montagna di oltre 20 trilioni[1] di dollari di titoli di credito non finanziati e non regolati privi di mercato, e quindi senza alcun valore reale... Quando il dollaro capirà la gravità della situazione, che sia subito o tra qualche mese, avremo raggiunto il fondo" Jim Sinclair, analista finanziario

Circa un mese fa avevo scritto un articolo, "Stock Market Brushfire: Will there be a run on the banks?", in cui dimostravo come il collasso del mercato immobiliare e il deterioramento delle obbligazioni fondiarie sul mercato secondario stessero creando difficoltà al sistema bancario. Ora i problemi sono venuti alla luce del sole.

Dal Wall Street Journal:

"I crescenti tassi d'interesse interbancari sono una delega in bianco per l'accresciuto rischio che alcune banche, da qualche parte, possano andare a carte quarantotto" (Editoriale, WSJ, 2007.06.09)

Per ironia della sorte, lo staff editoriale del WSJ, che di solito difende la liberalizzazione e il laissez-faire economico, sta adesso chiedendo agli enti di controllo di "stare addosso alle banche che si suppone dovrebbero controllare, in modo da evitare ogni imprevisto fallimento bancario che potrebbe agitare i mercati e confermare i peggiori timori di cui si mormora".

"Fallimenti bancari imprevisti?"

Gli standard creditizi sono divenuti più rigidi e le banche sono sempre più restie a prestarsi denaro l'un l'altra, non sapendo chi potrebbe ritrovarsi in portafoglio miliardi di dollari in pericolose obbligazioni ipotecarie (CDO, obbligazioni ipotecarie garantite). Non ha alcuna importanza che "la base economica sia solida", come ama ripetere Bernanke. Che le banche esitino a prestarsi denaro l'un l'altra è un chiaro segno di una reale incertezza sulla solvibilità delle altre banche. Il commercio rallenta e gl'ingranaggi della macchina economica cominciano ad arrugginirsi.

Le disgrazie delle banche sono state aggravate dalla fuga degl'investitori dai fondi comuni d'investimento in titoli del mercato monetario[2], molti dei quali coperti con titoli garantiti da ipoteca (MBS). Gl'investitori guardinghi scelgono la sicurezza dei titoli di stato USA, anche se gl'interessi sono scesi a una velocità da record, e ciò sta creando problemi al mercato dei titoli di credito negoziabili e a quelli meno noti dei SIV (Structured Investment Vehicle) e dei “conduits”. Questi veicoli d'investimento dal suono bizzarro formano l'indispensabile circuito che assicura la normalità dei mercati. Quello dei titoli di credito negoziabili è un mercato da 2,2 trilioni di dollari; quando perde oltre 200 miliardi di dollari, com'è successo nelle ultime tre settimane, gli effetti si ripercuotono sull'intero sistema.

Lo sfaldamento del credito si è diffuso a tutta la gamma dei titoli di credito negoziabili e dei debiti di secondo livello. Le banche stanno accaparrandosi i contanti e rifiutando i prestiti, anche a coloro che avrebbero i titoli per ottenerlo. Il collasso dei prestiti subprime è solo una faccia della verità. Per oltre il 50%, i prestiti ipotecari concessi in questi ultimi due anni sono stati di tipo non convenzionale: niente pagamento anticipato, nessuna verifica delle entrate "non documentate", soli interessi, ammortamento negativo[3], finanziamento congiunto, mutuo 2-28[4], tassi civetta, ipoteca a tasso variabile (ARM). Tutti esempi degli scadenti standard creditizi degli ultimi anni, e tutti concausa di un tasso di sofferenze senza precedenti. Ora le banche hanno in mano 300 miliardi di dollari di queste obbligazioni ipotecarie "senza mercato" e altri 200 miliardi di dollari in prestiti ipotecari garantiti, altrettanto pericolosi.

Ancora più angosciante, le grandi banche d'investimento possiedono miriadi di operazioni "fuori bilancio" in sofferenza; sono state quindi obbligate a stringere la cinghia e ridurre la concessione di prestiti, il che sta accelerando la flessione del settore immobiliare. Di solito le bolle speculative immobiliari si sgonfiano lentamente su periodi di 5 o 10 anni, ma questa volta la situazione è diversa. La tempesta delle riserve, le difficoltà finanziarie di molti proprietari di case e la sensibile contrazione delle emissioni di prestiti (a causa del crescente sfaldamento del credito) rendono inevitabile un crollo del mercato immobiliare a fine 2008 o agl'inizi del 2009. Si prevede che alla fine del terzo trimestre le banche storneranno una quota considerevole dei loro debiti in obbligazioni ipotecarie, per non doverle contabilizzare come perdite, e ciò accelererà ulteriormente il declino dei prezzi delle case.

Le banche stanno anche risentendo dell'improvvisa lentezza delle rilevazioni con capitale di prestito[5] (LBO). I problemi legati al credito hanno ridotto a poca cosa le contrattazioni private di azioni. In luglio sono stati trattati 579 miliardi di dollari di LBO, ma in agosto la quantità è scesa a un miserabile 222 miliardi, e possiamo aspettarci che a settembre il totale sia a due cifre. Non si fanno grandi contrattazioni e il debito non migliora. Nelle prossime cinque settimane bisognerà rifinanziare oltre 1 trilione di debiti. Nel clima attuale non sarà un'impresa facile. Qualcosa deve succedere. Il mercato si è congelato e l'accordo di riacquisto[6] di 60 miliardi di dollari del FED non è stato certo di aiuto.

Nei primi sette mesi del 2007 gli LBO hanno rappresentato il 37% delle transazioni negli USA.

37%! Come faranno i giganti della finanza a truccare i sensazionali profitti così ottenuti?

Risposta: non potranno farlo. Proprio come non potranno truccare le enormi commissioni d'istruttoria ottenute "convertendo" le ipoteche e vendendole a fondi di pensione, compagnie d'assicurazione e banche straniere.

Come ha detto Steven Rattner, della DLJ Merchant Banking, "è diventato praticamente impossibile finanziare una contrattazione privata di azioni superiore al miliardo di dollari". L'epoca d'oro delle acquisizioni e megafusioni sta arrivando alla fine. Ci possiamo attendere che i giganti della finanza seguano la stessa traiettoria delle dot.com dopo le vicende NASDAQ nel 2001.

Anche le banche d'investimento si trovano a dover fronteggiare enormi perdite potenziali per gl'impegni "fuori bilancio". Nel suo articolo "Conduit Risks are hovering over Citigroup" (WSJ 9-5-07) David Reilly sottolinea che "banche come la Citigroup Inc. potrebbero essere sommerse da strumenti d'investimento affiliati, i titoli di credito negoziabili, che emettono decine di miliardi di dollari in debito a breve"... Citigroup, ad esempio, possiede all'incirca il 25% del mercato dei SIV, una gestione patrimoniale totale di circa 100 miliardi di dollari". Il più grande SIV di Citigroup è Centauri Corp., la cui esposizione debitoria, secondo un rapporto Citigroup, ammontava a 21 miliardi di dollari nel febbraio 2007. CENTUARI NON VIENE MENZIONATA NEL RAPPORTO ANNUALE 2006 trasmesso alla Securities and Exchange Commission.

Qualche investitore teme che se veicoli come Centauri s'incagliano, non riuscendo a vendere i titoli negoziabili o subendo dure perdite nella componente patrimoniale che gestiscono, la Citibank potrebbe entrare in una tormenta, perché sarebbe obbligata a dare una mano e prestare fondi per mantenere lo strumento operativo oppure addirittura a farsi carico di una parte delle perdite".

Allora, molti investitori non sanno se Citigroup potrebbe metter mano al portafogli per i "21 miliardi di dollari di esposizione debitoria". O forse tutti i 100 miliardi sono in sofferenza; chi può saperlo? (le azioni della Citigroup sono scese di oltre il 2% dopo la pubblicazione del rapporto nel WSJ).

Un altro rapporto reso noto da CNN Money alimenta con nuovi argomenti i dubbi sul fatto che le "affiliate d'intermediazione" delle banche potrebbero essere nei guai:

"Le comunicazioni della Fed del 20 agosto a Citigroup e Bank of America mostrano che la Fed, che controlla buona parte del sistema finanziario statunitense, ha accettato di esentare le due banche dalle norme che limitano operativamente l'ammontare dei prestiti che le banche assicurate a livello federale possono fare con le affiliate d'intermediazione. L'esenzione, temporanea, significa ad esempio che la banca Citibank della Citigroup può sensibilmente aumentare il finanziamento a Citigroup Global Markets, la sua sussidiaria d'intermediazione. Secondo le comunicazioni, Citigroup e Bank of America avevano sollecitato l'esenzione in modo da poter fornire liquidità per i prestiti ipotecari, i titoli garantiti da ipoteca, e gli altri titoli in portafoglio... L'insolita iniziativa della Fed mostra che le più importanti società di Wall Street continuano ad avere problemi per finanziare le loro operazioni a causa delle attuali difficoltà del mercato". (CNN Money)

Bisogna credere che altre grandi banche siano coinvolte nello stesso genere di strategie "nascondi e cerca"? Tutto questo non vi fa pensare al "fuori bilancio" della Enron?

Wall Street Journal:

"Tradizionalmente SI PARLA MOLTO POCO dei problemi di contabilità fuori bilancio; in una certa misura dipendiamo quindi dalle informazioni che i responsabili sono disposti a fornirvi e che, per dirla tutta, sono molto limitate", afferma Mark Fitzgibbon, direttore della ricerca alla Sandler O'Neill & Partners.”... Le norme contabili NON OBBLIGANO LE BANCHE A REGISTRARE SEPARATAMENTE LE INFORMAZIONI SUL RISCHIO che si assumono quando prestano soldi alle entità per consentire loro di continuare a funzionare durante le crisi di mercato" … "I veicoli (SIV e conduit) HANNO SPESSO SEDE IN UN PARADISO FISCALE ED ESISTONO SOLO A FINI D'INVESTIMENTO, IN OPPOSIZIONE ALLE TRADIZIONALI ATTIVITÀ SOCIETARIE".

Pensate ancora che le banche si muovano su un terreno solido?

"In base al valore di mercato e al valore patrimoniale, Citigroup è la più grande banca del paese. I suoi ultimi risultati finanziari mostrano che amministra fuori bilancio veicoli conduit usati per emettere titoli di credito negoziabili per un valore di circa 77 MILIARDI di dollari.

Citigroup è inoltre affiliata a veicoli d'investimento strutturato, i SIV, con un valore di 'circa 100 miliardi di dollari', secondo una lettera che il mese scorso Citigroup ha inviato ad alcuni investitori SIV" (IBID)

Certo, e quante di queste "componenti patrimoniali" sono in effetti obbligazioni industriali, finanziamenti per auto, crediti su carte di credito, prestiti a studenti, convertiti in titoli e adesso sottoposti a forte pressione in un mercato depresso?

In un "mercato in ascesa" i prestiti possono rappresentare un proficuo flusso di entrate che trasforma i debiti di qualcun altro in un appetitoso cespite patrimoniale. In un mercato in discesa, invece, le sofferenze possono far sparire trilioni in una sola notte.

Come siamo finiti in questo pasticcio?

Oltre 20 anni di tenace lobbying dell'industria finanziaria hanno conseguito che venisse annullato il Glass-Steagall Act, approvato dal Congresso dopo il crollo del 1929. La legge era stata scritta per limitare i conflitti d'interesse nei casi in cui alle banche viene permesso di sottoscrivere azioni o obbligazioni.

L'industria finanziaria ha eroso per anni la Glass-Steagall, prima di riuscire a eliminarne le restrizioni normative nell'agosto 1987, quando Alan Greenspan, ex direttore della J.P. Morgan e uno di quelli che avevano proposto la liberalizzazione bancaria, divenne presidente del Federal Reserve Board.

"Nel 1990, la J.P. Morgan fu la prima banca ad essere autorizzata dalla Federal Reserve a sottoscrivere titoli, nei limiti del 10%. Nel dicembre 1996, con il sostegno di Alan Greenspan, il Federal Reserve Board adottò la storica decisione di permettere alle holding bancarie di possedere affiliate d'investimento nei limiti del 25% delle loro attività nella sottoscrizione di obbligazioni (rispetto al precedente 10%).

Questa ulteriore ingannevolmente allargata reinterpretazione da parte della Fed della sezione 20 del Glass-Steagall Act, nel 1987, rese praticamente obsoleta la legge". (The Long Demise of Glass Steagall, Frontline, PBS)

Nel 1999, dopo 25 anni e 300 milioni di dollari di lobbying, il Congresso, con l'aiuto del presidente Bill Clinton, si decise infine ad annullare il Glass-Steagall Act, spianando così la strada ai problemi che adesso dobbiamo affrontare.

Le norme di Basilea sono un altro fattore che ha contribuito alle attuali difficoltà bancarie. Secondo il sito web della BRI (Banca dei regolamenti internazionali):

"Il Committee on Banking Supervision di Basilea è un forum per la collaborazione regolare sui problemi di vigilanza nel settore bancario. L'obiettivo è migliorare la comprensione dei principali temi di supervisione e migliorare la qualità della vigilanza bancaria in tutto il mondo. Per farlo, il forum favorisce lo scambio d'informazioni su temi, approcci e tecniche di vigilanza nazionale, al fine di favorire un approccio comune. Il Comitato usa l'approccio comune per sviluppare periodicamente linee orientative e norme di vigilanza nelle aree in cui vengono considerate necessarie. Da questo punto di vista, il Comitato è conosciuto per le sue norme internazionali sull'adeguatezza patrimoniale, i principi centrali per una vigilanza bancaria efficace, e l'accordo sulla vigilanza bancaria transfrontaliera".

Basel 2 (il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria) esige che "le banche aumentino il loro capitale di riserva in proporzione ai prestiti in bilancio".

Suona bene, vero? Così vengono protetti sia il sistema bancario nel suo insieme che i singoli risparmiatori. Sfortunatamente le banche hanno trovato il modo di aggirare le norme sulle riserve minime "cartolarizzando" l'assieme dei titoli garantiti da ipoteca invece di conservare le singole ipoteche (cosa che avrebbe richiesto maggiori riserve). In questo modo le banche si sono assunte forti spese di emissione e distribuzione, ma hanno trasferito buona parte dei rischi d'insolvibilità sugl'investitori di Wall Street. Ora le banche sono sommerse da qualcosa come 300 miliardi di dollari di obbligazioni ipotecarie (CDO) che nessuno vuole e non è certo che dispongano di riserve sufficienti per coprire le perdite.

Entro ottobre dovremmo sapere come andrà a finire. Come David Wessel spiega in "New Bank Capital requirements helped to Spread Credit Woes":

"Le banche si comportano adesso piuttosto come società di titoli occupate a svalutare il patrimonio quando i prezzi di mercato scendono, anche a livelli angoscianti, più che a conservare i crediti in sofferenza, anche per un decennio, e pretendere che siano rimborsati".

Il lato negativo della faccenda è che quando le banche avranno cancellato tutti i loro MBC e CDO infetti, i fondi di copertura, le società di assicurazione e i fondi pensionistici saranno costretti a fare lo stesso: scaricare una massa di obbligazioni sul mercato, deprimendo i prezzi e innescando una ondata di vendite. È questo che la Fed sta cercando d'impedire con il suo accordo di riacquisto da 60 miliardi di dollari.

Disgraziatamente la Fed non può illudersi di eliminare mezzo trilione di debiti inesigibili dal bilancio delle banche o di prevenire il collasso dei relativi fondi e organismi finanziari, sommersi da queste bombe a tempo senza mercato. Inoltre, la maggior parte degli strumenti ipotecari derivati (CDO) sono stati massicciamente potenziati con il leverage a basso interesse del riporto. Quando il valore dei CDO verrà finalmente determinato, cosa che prevediamo accadrà prima della fine del terzo trimestre, possiamo attenderci che il mercato azionario precipiti e la recessione immobiliare si trasformi in una vera esplosione della crisi economica.

ALAN GREENSPAN: IL QUINTO CAVALIERE?

E allora di chi è la colpa? Si è già cominciato a puntare il dito e sempre più gente si rende conto che questa enorme bolla è partita dalla Federal Reserve, come logico corollario delle politiche di "denaro facile" dell'ex responsabile Alan Greenspan.

L'economista e scrittore Henry C. K. Liu riassume la gestione di Greenspan alla Fed nel suo articolo "Why the Subprime Bust will Spread":

"Greenspan ha diretto la più grande espansione della finanza speculativa nella storia, che include tra l'altro un'industria dei fondi di copertura da un trilione di dollari, bilanci gonfiati delle società di Wall Street per quasi 2 trilioni, un mercato di accordi di riacquisto pari a 3,3 trilioni, e un mercato degli strumenti derivati con valore fittizio superiore a 220 trilioni.

Nei 18 anni di guida di Greenspan, la componente patrimoniale delle società sponsorizzate dallo stato si è gonfiata dell'830%, da 346 a 2.872 miliardi di dollari. Le GSE sono entità finanziarie create dal Congresso statunitense per finanziare prestiti sussidiati a certi gruppi di mutuatari, ad esempio proprietari di case con reddito basso o medio, agricoltori e studenti. I crediti ipotecari (MBS) hanno raggiunto i 6,55 trilioni, con un aumento del 670%. L'esposizione dei titoli garantiti da attività (ABS) è passata da 75 miliardi a oltre 2,7 trilioni di dollari" ( Henry Liu, “Why the Subprime Bust will Spread”, Asia Times).

Ma nessuno giustifica le accuse a Greenspan meglio di Greenspan stesso. Ecco alcuni dei suoi interventi nel corso della Federal Reserve System’s Fourth Annual Community Affairs Research Conference (Washington D.C. 8 aprile 2005), chiara dimostrazione di come abbia personalmente approvato ogni politica che ha incancrenito e si è diffusa nell'intera economia statunitense.

Greenspan, campione dei prestiti subprime:

"Il progresso ci ha offerto una miriade di nuovi prodotti, come i prestiti subprime e i programmi di credito di nicchia per gl'immigrati. Si tratta di sviluppi rappresentativi delle risposte di mercato che hanno pilotato l'industria dei servizi finanziari nel corso della storia del nostro paese. Con i progressi tecnologici, i mutuanti hanno potuto profittare di modelli di valutazione del credito e di altre tecniche per estendere efficacemente il credito a una più larga fascia di consumatori".

Greenspan, principale fautore dei CDO:

"Anche lo svilupparsi di un mercato secondario di ampia base per i prestiti ipotecari ha notevolmente aumentato le possibilità dei consumatori di accedere al credito. Riducendo il rischio di prestiti a lungo termine e a tasso fisso, e garantendo la liquidità per i mutuanti ipotecari, il mercato secondario ha contribuito a stimolare una larga concorrenza nel campo ipotecario. I titoli garantiti da ipoteca hanno aiutato a far nascere un mercato nazionale, e addirittura internazionale, delle ipoteche, e il supporto del mercato per una più ampia scelta di prodotti di prestito ipotecario per il settore immobiliare è diventato un fatto corrente. Siamo così arrivati alla cartolarizzazione di una gamma di altri prodotti di prestiti al consumo, ad esempio i prestiti automobilistici e per l'uso delle carte di credito".

Greenspan, sostenitore del finanziamento a persone con scarso credito

"Mentre una volta i richiedenti meno favoriti si sarebbero semplicemente visti rifiutare il credito, adesso i finanziatori sono in grado di soppesare in modo efficiente il rischio dei singoli richiedenti e di valutarlo appropriatamente.

Le migliorie hanno portato alla rapida crescita dei prestiti ipotecari subprime... incoraggiando un'innovazione costruttiva che risponde alla domanda del mercato e va a tutto beneficio dei consumatori".

"Il miglior accesso al credito al consumo, e in particolari i più recenti sviluppi, hanno portato significativi vantaggi.

Senza alcun dubbio, innovazione e liberalizzazione hanno esteso la disponibilità del credito a praticamente tutte le classi di reddito. L'accesso al credito ha permesso alle famiglie di acquistare la casa, far fronte alle emergenze, ottenere beni e servizi. La proprietà immobiliare è a un massimo storico, e il numero di finanziamenti ipotecari immobiliari a famiglie a reddito basso o moderato e alle famiglie delle minoranze è rapidamente cresciuto negli ultimi cinque anni. Anche le carte di credito e i prestiti personali rimborsabili sono ora alla portata della grande maggioranza delle famiglie".

Greenspan, fautore dei "cambi strutturali" che aumentano il credito ai consumatori

Se pensiamo all'evoluzione del credito al consumo negli Stati Uniti, dobbiamo concluderne che l'innovazione e il cambiamento strutturale dell'industria dei servizi finanziari ha svolto un ruolo critico nel fornire un più facile accesso al credito per un'ampia maggioranza dei consumatori, inclusi quelli con mezzi limitati. Senza queste forze sarebbe stato impossibile per i consumatori a basso reddito ottenere la capacità di accesso ai mercati creditizi che adesso posseggono.

Viene così sottolineata l'importanza del nostro ruolo come decisori politici, ricercatori, banchieri e sostenitori dei consumatori nel portare avanti un'innovazione costruttiva che risponde alla domanda del mercato e va a tutto beneficio dei consumatori". (Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve, Federal Reserve System’s Fourth Annual Community Affairs Research Conference, Washington D.C., 8 aprile 2005)

Le stesse affermazioni di Greenspan sono il più potente atto di accusa a suo carico. Dimostrano che ha svolto un ruolo fondamentale nel preparare il disastro che ora incombe su di noi. Gli sforzi dei media saccenti, dei portavoce, e dei cosiddetti esperti per scaricare la colpa sulle agenzie di rating, sugli usurai predatori o sulla credulità di chi sollecitava prestiti (che potrebbero aver mentito sui debiti esistenti) mancano completamente il punto centrale. I problemi sono cominciati alla Federal Reserve ed è qui che bisogna cercare i responsabili.

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NOTE (A CURA DEL TRADUTTORE)

[1] Negli Usa, 1 trilione equivale a mille miliardi

[2] Negli Usa, fondo comune d'investimento a capitale variabile che converte le disponibilità monetarie raccolte tra i sottoscrittori in titoli di credito ad alto rendimento trattati dal mercato monetario. Le quote emesse non sono garantite dal governo federale

[3] Negli Usa, l'aumento della somma principale di un mutuo quando le rate di rimborso non sono sufficienti a soddisfare gl'interessi maturati, che vengono quindi aggiunti alla somma capitale

[4] Negli Usa, mutuo subprime con un tasso di interesse nullo o minimo nei primi 2 anni, e più elevato (agganciato al LIBOR) nei successivi 28. Vantaggioso se è possibile rifinanziarsi nei primi due anni

[5] Negli Usa, l'acquisto di azioni in circolazione da parte del gruppo dirigente di un'impresa, con un esborso minimo di contanti e facendo ricorso a prestiti di notevole entità, a garanzia dei quali vengono date le attività dell'impresa stessa

[6] Negli Usa, accordo di prestito usato dagli operatori del mercato monetario di NY per finanziare la loro posizione e dalla Riserva federale per aumentare o diminuire le riserve bancarie
 

 

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