DON VERZÉ, IL MANAGER DI DIO

MA È VERAMENTE QUESTA LA VOCAZIONE PER UN SACERDOTE?

INTANTO IL VATICANO ENTRA NEL CONSIGLIO D'AMMINISTRAZIONE

E SI AFFACCIANO IPOTESI DI FONDI NERI DEL SAN RAFFAELE

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

Don Luigi Verzé

 

 

INTRODUZIONE

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Don Luigi Maria Verzé (Illasi, 14 marzo 1920) è un imprenditore italiano. Verzé, già segretario di san Giovanni Calabria, è un sacerdote della diocesi di Verona. È il fondatore dell'ospedale San Raffaele, presidente della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor e attuale rettore dell'Università Vita-Salute San Raffaele.

Si laurea in Lettere classiche e filosofia nel 1947 presso l'Università Cattolica di Milano. Viene ordinato sacerdote nel 1948. Diventa segretario di Giovanni Calabria e su mandato di questi e del cardinale Ildefonso Schuster avvia nella Milano del dopoguerra diverse scuole di avviamento professionale per ragazzi di periferia e successivamente delle case-albergo per anziani.[1] Nel 1950 apre in collaborazione con Giovanni Calabria un centro di assistenza all'infanzia abbandonata a Milano; successivamente Verzé progetta e fonda l'Ospedale San Raffaele di Milano.

Nel 1964 gli viene comminata dalla Curia milanese «la proibizione di esercitare il Sacro ministero»,[2] mentre nel 1973 viene sospeso a divinis dalla stessa Curia, presieduta dal cardinale Giovanni Colombo.[3]. Queste pene in seguito sono state revocate.[senza fonte] Nel 1996 affianca all'Ospedale San Raffaele una iniziativa di formazione universitaria in Medicina, assumendo la presidenza anche di questo ente. Le vicende di Verzé si incrociano presto con quelle di Silvio Berlusconi, all'epoca imprenditore e proprietario di Edilnord, dato che il sacerdote aveva acquistato un terreno di 46 mila metri quadri - con l'idea di costruire quello che sarebbe poi diventato il "San Raffaele" - vicino all'area che sarebbe poi diventata "Milano 2", il complesso residenziale realizzato da Berlusconi.[4]

Il problema di allora era il transito su quell'area degli aerei in partenza dall'aeroporto di Milano-Linate, "così, nel 1971 inoltrarono, assieme, una petizione al Ministro dei Trasporti al fine di salvaguardare la tranquillità degli abitanti di Milano 2 e i ricoverati del san Raffaele".[5] Tuttavia la modifica delle rotte, accordata dal Ministero, creò problemi di rumore ai comuni limitrofi; "la questione delle rotte si trascinerà per qualche anno, tra direttive serrate, proteste, irregolarità e comitati antirumore [...] la direttiva Civilavia del 30 agosto 1973, a seguito dell'incontro di marzo scontenta tutti, eccetto, naturalmente, Edilnord e San Raffaele".[6] Il 13 marzo 1973 si incontrano infatti comitati dei cittadini e funzionari del ministero, ma le carte topografiche di riferimento risultano pesantemente manomesse: Pioltello e Segrate rispecchiano la cartografia del 1848 mentre Milano 2, terminata al 25%, risulta completata].

Nel luglio 2011 don Verzé lascia tutte le cariche nella Fondazione San Raffaele, dopo l'intervento del Vaticano per ripianare i conti dell'istituto, che chiude il 2010 con un debito di 900 milioni di euro e perdite per 60 milioni di euro.[7]. Nel marzo 1976 è stato condannato dal tribunale di Milano ad un anno e quattro mesi di reclusione per tentata corruzione in relazione alla convenzione con la facoltà di medicina dell’università statale di Milano e la concessione di un contributo di due miliardi di lire da parte della Regione Lombardia[8]. Inoltre è stato incriminato di truffa aggravata nei confronti della signora Anna Bottero alla quale ha sottratto un appartamento del valore di 30 milioni di lire.[8] Nel marzo del 1977 Verzé è riconosciuto colpevole di «istigazione alla corruzione». Tuttavia tra archiviazioni, rinvii a giudizio e prescrizioni, non si arriva ad alcuna sentenza definitiva.[9]

Malgrado questi eventi, la crescita del San Raffaele non si ferma e nel corso degli anni '90 aumenta la sua capacità di ospitare i degenti; tuttavia la magistratura si accorge di qualcosa che non va nell'andamento dei lavori. Nel 1995 Verzé finisce nuovamente nel mirino della magistratura per presunte irregolarità. Tre anni dopo, il sacerdote è messo sotto attenzione per altri lavori nella stessa area. La indagini s'infittiscono quando, nel 1999, la procura mette sotto la sua lente cinque professori del San Raffaele.[10] Nel febbraio 2011 Verzé è assolto per intervenuta prescrizione dall'accusa di ricettazione di due quadri del '500 di scuola napoletana. Nel giudizio di appello il sacerdote era stato condannato a 1 anno e 4 mesi di reclusione. La Cassazione respinge le richieste della difesa di assoluzione piena con la motivazione che "il giudice del rinvio ha correttamente fornito un'ampia e consistente giustificazione, spiegando in modo ragionevole che Don Verze' era al corrente della provenienza illecita dei quadri". [11] [12] Una serie di collusioni fra Luigi Verzé e un rappresentante del SISMI, Pio Pompa, sono state riscontrate all'interno di un'indagine giudiziaria a carico di quest'ultimo e Nicolò Pollari. Dalle carte risulta che Pompa teneva costantemente al corrente Verzé di quanto accadeva in ambito politico ed istituzionale, affinché Verzé stesso potesse sfruttare le suddette informazioni in modo da ottenere particolari vantaggi per le sue attività imprenditoriali.

 

 

 

 

Il San Raffaele e la cupola dei misteri

 

Dal buco di un miliardo di euro al sucidio

di Cal, ai segreti ancora da scoprire.

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Dall'arcangelo Raffaele, issato sull'avveniristica e costosissima cupola che copre l'ospedale, all'inferno del debito, fino alla treagedia di un suicidio, quello di Mario Cal, braccio destro di don Luigi Verzè, che forse si porta dietro inconfessabili segreti.
Solo l'anno scorso, don Verzé padre, padrone e fondatore, celebrava in pompa magna i suoi 90 anni con una sfilata di “raffaelliani” famosi (tra loro si chiamano così, quasi fossero una setta di adepti), che ne esaltavano l'indomito attivismo, la pugnace volontà di pensare sempre in grande, sfidando la legge del conto economico - ma allora apparentemente sembrava ancora tutto rose e fiori - e quella della natura, vista la sua tensione verso l'immortalità alimentata dalla convinzione di poter allungare, grazie ai laboratori di ricerca del suo istituto, la vita almeno fino a 120 anni. La sua, ovviamente, e quella del suo grande amico e sponsor Silvio Berlusconi, che verso di lui prova «un amore profondo», e ne viene naturalmente ricambiato con l'indulgenza che merita, visto che don Luigi lo definisce «il più grande imprenditore italiano di tutti i tempi».

DON LUIGI PRETE MONDANO. Nulla insomma, fino a pochi mesi fa, sembrava dovesse scalfire l'irresistibile ascesa di questo prete sui generis, che al regno di Dio preferiva di gran lunga quello degli uomini, tanto da battersi per differire quanto più possibile il primo. Un prete mondano, che amava non solo il lusso sopra ogni altra cosa, ma soprattutto la sua ostentazione.

VINI PREGIATI A TAVOLA. Uno dei tanti sponsor che faceva affluire cospicue donazioni racconta dei pranzi e delle cene che don Verzè amava innaffiare con vini di gran pregio. «Una volta fece portare in tavola una bottiglia di Chateau Lafite di sublime annata, e di fronte al mio stupore disse di averne comprata per 20 mila dollari una cassa a un'asta di Christie's».

CREDITORI ALLA PORTA. Eppure, mentre il fondatore pasteggiava a Bordeaux di gran pregio, i debiti si accumulavano e i fornitori non vedevano un soldo. La cosa è nota, si racconta da oltre un anno e mezzo. Anche se un medico, in camera caritatis, ha ammesso che molti non vedevano un soldo da almeno tre anni.

QUEL MILIARDO INVISIBILE. Naturamente, ci si chiede sempre ex post come sia stato possibile che nessuno sapesse o avesse visto niente, dai revisori dei conti alle banche creditrici, che solo quando la situazione era già compromessa hanno chiuso i rubinetti.
In fondo un miliardo di euro non è cifra che si nasconde tra le pieghe contabili. Forse c'era qualcuno che aveva ordinato di tenerli aperti? Forse la protezione del presidente del Consiglio era considerata un collaterale di assoluta garanzia?
Guarda caso, quando l'astro berlusconiano ha cominciato a scendere, quel mirabile monumento alla carità e all'ingegno umano è diventato di colpo un monumento al debito, e Raffaele da arcangelo guaritore – in ebraico significa “medicina di Dio” - si è trasformato in sterminatore.

Mario Cal, prima e speriamo ultima vittima, di questa vicenda

Quello di Mario Cal è uno strano suicidio, con la pistola ritrovata in un sacchetto di plastica, lontano dal corpo, come se la prima cosa che è venuta in mente a chi ha scoperto il cadavere fosse stata quella di preoccuparsi dell'arma.
Il manager era il più stretto collaboratore di don Verzè, sapeva e conosceva tutto, compresi quei segreti ben nascosti nello scrigno della Fondazione Monte Tabor, la cassaforte del prete.
Personaggio anche lui controverso, ne condivideva l'amore per lusso (auto costose, ville) e qualche inclinazione all'intrigo di bottega, visto che la ditta di Pompe funebri della moglie era tra i fornitori raccomandati dall'istituto.
Come se il business della salute non bastasse a ingrassare le sue tasche, e dovesse concorrervi anche quello della morte.

LE CARTE CHE SCOTTANO. Adesso i magistrati cominceranno il lungo scavo tra le carte, e si preannunciano capitoli di clamoroso malaffare. Mentre sul San Raffaele si è scatenata la guerra di successione tra le componenti cattoliche, ammesso che successione ci sia visto che sembra ardua impresa scongiurarne il fallimento.
L'Opus dei, via cardinal Bertone, ha piazzato i suoi uomini, Cl promette strenua resistenza. Don Verzé, prete-manager di un Dio molto terreno tace, provato dal dolore e forse dal senso di colpa.

 

 

 

 

Berlusconi intascherebbe soldi dello

Stato, Don Verzè un jet…e Vendola?

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L'inchiesta promette bene. Per una volta non si avrà a che fare con escort, processi del Presidente del Consiglio, Bunga Bunga o cricche, ma anche questa volta "Repubblica" e il "Corriere della Sera" sembrano aver colto nel segno, pubblicando ieri un'attenta relazione sulle avventure imprenditoriali e gli oscuri finanziamenti incassati da Don Verzè, il padre padrone della sanità privata lombarda, già noto alle cronache per la grande amicizia che lo lega a Silvio Berlusconi e per la sospensione dal sacerdozio inflittagli nel 1964 da Papa Polo VI, con l'invito a occuparsi "più di sacramenti che degli affari".

Secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, infatti, la Don Verzè S.p.a., nota al grande pubblico per le gestione dell'ospedale San Raffaele, presidio all'avanguardia e da tempo privilegiato da una politica regionale molto attenta, sotto la guida di Roberto Formigoni, alla sanità privata, vanterebbe altre attività, slegate dal contesto sanitario, che avrebbero accumulato un buco di diversi milioni di euro.
Si tratterebbe, nel dettaglio, della gestione di alcune fazendas nella regione brasiliana di Pernambuco coltivate a mango, meloni e uva, che avrebbero conseguito un deficit di 5 milioni nel primo semestre 2010, solo in parte coperto dai 2,6 milioni versati dal ministero dello Sviluppo Economico (del fu ministro Scajola) ad una società creata ad hoc da Don Verzè.

Inoltre, se l'Hotel Don Diego, costruito e gestito in Sardegna dalla Monte Tabor (la società dietro cui opera il prete imprenditore), ha perso "solo" 1,2 milioni in due anni, i guai veri sono da imputare alle avventure aeree, per cui la Assion Aircraft & Yachting, società neozelandese controlla da Don Verzè, ha registrato una perdita di 10,9 milioni per il controllo del Challenger Cl604, jet privato del San Raffaele gestito operativamente da Alba Servizi, azienda che fa capo, per tornare alla decennale amicizia con il Presidente del Consiglio, alla Fininvest.

Fino a qui, naturalmente, siamo solo di fronte ad avventure imprenditoriali spregiudicate e sbagliate che, d'altronde, non sembrano preoccupare nemmeno lo stesso Don Verzè.
"I buchi di bilancio - ha detto più volte - sono un problema del mio socio di maggioranza, Dio".
Le ultime indiscrezioni in merito al nuovo caso escort legato a Ruby e Nadia Macrì, pubblicate questa mattina da "Il Corriere della Sera", tuttavia, fanno ragionevolmente credere che il prete milanese avesse un garante economico più affidabile, e immediato, di Dio.

Secondo Perla Genovesi, ex militante di Forza Italia ed assistente parlamentare dell'onorevole Enrico Pianetta, arrestata per traffico internazionale di droga lo scorso luglio e divenuta collaboratrice di giustizia, diversi miliardi pubblici sarebbero stati girati, nel corso del legislatura 2001-2006 guidata dai governi Berlusconi II e III, alla fondazione di Don Verzè.
La Genovesi, come si legge nell'interrogatorio che ha poi portato all'individuazione del "via vai di escort a Villa Certosa", spiega che Pianetta, per cinque anni a capo Commissione del Senato sui Diritti umani, avvalendosi della sua posizione avrebbe versato nelle casse della Fondazione di San Raffaele di Don Verzè e in alcuni conti di Silvio Berlusconi svariati miliardi di euro pubblici, mascherando l'operazione dietro lo stanziamento di fondi per la costruzione di ospedali nel Terzo Mondo.

"Questi soldi erano dello Stato, - ha spiegato l'ex assistente - e non erano stati utilizzati interamente per queste cose. Gli chiesi (a Pianetta, ndr) quanti soldi più o meno si erano intascati grazie a lui, e mi disse che era il valore di una finanziaria, alcuni miliardi. La fetta più grossa, oltre a don Verzé, era stata assicurata, non so sotto quale forma, sicuramente non in maniera diretta, al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Lì io rimasi di stucco".
La stessa Genovesi, terminata la legislatura, sarebbe stata "ringraziata" da Pianetta con un posto di lavoro al San Raffaele di Milano, due mesi di contratto per un totale di 10mila euro netti.
"Chiesi all'impiegato che mi stava facendo firmare il contratto quando avrei iniziato, e dove sarei dovuta andare. - ha spiegato agli inquirenti - L'impiegato mi sembrava alquanto imbarazzato alla mia domanda. Non rispose, abbassò la testa e lì capii che non sarei mai andata a fare quel lavoro".
I soldi, però, giunsero puntualmente attraverso bonifici sul suo conto corrente.

Per concludere questa ricostruzione, il più possibile organica, delle diverse notizie apparse negli ultimi tempi a proposito di Berlusconi, Don Verzè e, infine, il Governatore della Regione Puglia Nichi Vendola, è necessario andare a rispolverare un'inchiesta di "Italia Terra Nostra" che fece molto discutere questa estate e di cui anche il nostro giornale diede conto.

Sembra che Vendola, forse troppo preso a incarnare il ruolo di salvatore della patria e della "sinistra", non abbia valutato a fondo la caratura dei personaggi cui ha deciso di affidare le sorti della sanità pugliese e, in particolare, del destino di tanti cittadini di Taranto.
Il leader di SEL, infatti, si è trovato di fronte alla necessità di incrementare il livello qualitativo delle strutture sanitarie della città, circostanza resa necessaria ed urgente in particolar modo per l'alta concentrazione di tumori legata, secondo diversi studi, alla presenza degli impianti dell'Ilva.
Qual'è stata, dunque, la risposta della regione Puglia?

Presto detto: la chiusura dei due ospedali pubblici esistenti al fine di costruire (con una conseguente perdita di alcuni posti letti) il San Raffaele del Mediterraneo.
Una struttura pubblico-privata legata, anche nella composizione del CdA, direttamente alle sorti e ai fondi delle varie società e fondazioni che fanno a capo a Don Verzè.

Per chiudere impietosamente il cerchio vale la pena di riportare una dichiarazione che, veritiera o meno che sia, dovrebbe comunque invitare alla riflessione, se non altro alla luce di quanto riportato.
"Vengo in Puglia per trovare un amico: Vendola. - raccontò ai giornalisti Don Verzè, in visita a Taranto lo scorso 15 febbraio - Nichi, fossero come te tutti i politici. Non dovrei parlare di politica ma ve lo confesso: Silvio Berlusconi è entusiasta di Vendola".

 

 

 

 

San Raffaele di Milano: la caduta

di Don Verzè il manager di Dio

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Negli ultimi giorni si è assistito alle manovre per salvare il San Raffaele di Milano, che hanno visto l'entrata in campo del Vaticano, àncora di salvezza per l'ospedale privato fondato dal prete cattolico Don Verzè.

Considerato ormai un imprenditore italiano più che un prete, Don Verzè, sospeso d

alla curia milanese a divinis nel 1973 pena poi revocata, si è allontanato dalla pratica del sacerdozio per dedicarsi all'imprenditoria.

Lo dimostra questa storia del San Raffaele, ospedale che nasce a Segrate nel 1969, per iniziativa di Don Verzè, capo della associazione “San Raffaele di Monte Tabor”, su un terreno messo a disposizione dal conte Bonsi  e finanziato principalmente dalla famiglia Bassetti, ben presto si trasforma da iniziativa privata di limitate dimensioni, in un ospedale di grosse dimensioni che comincia a succhiare, a vario titolo, soldi pubblici, interloquendo con la politica fino ad ottenere la convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.

La mania di grandezza del fondatore porta questa associazione ad espandersi in molti altri paesi (Brasile, Filippine, India, Algeria, Polonia, Israele, Malta, Cina) ad intraprendere attività commerciali, agricole, alberghiere, fino alla gestione di una società che amministra un jet privato a disposizione dei suoi dirigenti.

Oggi questa attività multinazionale è in fallimento, gravata da 600 milioni di debiti, Don Verzè è stato esautorato senza complimenti dal Vaticano, che con i soldi dello IOR cercherà di non far fallire l’intera baracca, dove ha già inserito i propri uomini nella direzione della fondazione Monte Tabor.

L’esperienza manageriale di chi sosteneva di avere in Dio il solo regista, con l’aiuto della Divina Provvidenza, che forse si è un po' distratta, è miseramente fallita malgrado il fiume di denaro pubblico e privato arrivato nelle casse della associazione.

Sarebbe auspicabile che un ospedale che nasce privato e seleziona il suo personale su basi religiose, resti privato e viva della vendita delle prestazioni al pubblico pagante.

In Italia gran parte dei costi della sanità sono attribuibili alle convenzioni con strutture private che gonfiano le spese e speculano sulla salute della popolazione.

E’ troppo chiedere che questa truffa finisca e le strutture private vivano nel mercato? Senza più convenzioni dove si rubano soldi pubblici.

 

 

 

 

Don Verzè e i business ‘laici’: piantagioni di

frutta esotica, hotel di lusso e jet privati

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Non c’è solo il centro San Raffaele di Milano, eccellenza medica nazionale, negli “affari” di Don Luigi Verzè: con la società Monte Tabor controlla infatti molti altri interessi dai connotati più “laici”. Piantagioni di frutta esotica in Sudamerica, alberghi di lusso in Sardegna, jet privati.

Una delle società controllate dalla Monte Tabor si chiama Vds Export, è una  newco cui la Monte Tabor ha girato tre mesi fa il 40% dell’omonima azienda brasiliana della famiglia veneta Garziera, una holding che controlla diverse fazendas che coltivano mango, meloni e uva.  La nuova società è nata perché Vds naviga in acque agitate (5 milioni di perdite tra gennaio e maggio 2010).

Fondamentali per la nascita di Vds Export sono stati i finanziamenti ricevuti dalla Simest,  realtà pubblica controllata dal ministero dello Sviluppo economico, che si è impegnata a versare 2,6 milioni alla controllata di Don Verzè. La delibera è stata firmata da Scajola poco prima che l’interim passasse a Silvio Berlusconi.

Poi ci sono l’Hotel Don Diego in Sardegna, un 4 stelle a Porto San Paolo, che ha chiuso il bilancio in rosso per 600mila euro. E poi, da circa due anni, c’è la  Costa Dorata, la società della Monte Tabor che controlla la struttura e che ha affittato l’albergo alla Don Diego Srl.

Infine il ramo-aviazione,  con la Airviaggi. L’attività di elisoccorso ha chiuso il bilancio in pareggio, ma ci sono i 10,9 milioni di perdita sulla controllata neozelandese Assion Aircraft & Yachting, titolare di un contratto di leasing sul Challenger Cl604, il jet privato del San Raffaele, gestito operativamente dalla Alba servizi della Fininvest.

Una “buco” che influisce su tutti i conti del gruppo: ad assorbire i guai di questi 0business collaterali potrebbero essere i conti delle attività sanitarie gestite dalla Monte Tabor i cui risultati, però, non sono pubblici.

 

 

Enrico Bondi «super advisor»

 

 

San Raffaele, finisce l'era di don Verzè

La prima riunione del board targato Vaticano conferisce
i poteri a Profiti. Enrico Bondi sarà un «super advisor»

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Giuseppe ProfitiSi chiude l'era di Don Verzè al San Raffaele. Il nuovo consiglio di amministrazione della Fondazione Monte Tabor «targato» Vaticano ha dato piene deleghe al vicepresidente Giuseppe Profiti, presidente dell'ospedale Bambin Gesù di Roma. Il board della Fondazione che controlla il polo ospedaliero fondato dal prete-medico composto ha poi chiamato Enrico Bondi in qualità di superconsulente per il risanamento. Nello stesso consiglio siedono oggi oltre allo stresso Profiti , il preside della facoltà di Medicina e chirurgia dell'università Vita Salute San Raffaele Massimo Clementi, il giurista Giovanni Maria Flick, il presidente dello Ior , la banca vaticana, Ettore Gotti Tedeschi, l'imprenditore Vittorio Malacalza, il professore di accounting della Bocconi Maurizio Pini.

RISANAMENTO - «Tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione - come si legge in una nota - sono stati conferiti a Profiti con l'espressa volontà del presidente Luigi Maria Verzè». Il nuovo consiglio «ha infatti necessità di poter operare una ricognizione degli effettivi dati aziendali e contabili della Fondazione e la valutazione di un Piano di Risanamento nell'interesse del grande progetto San Raffaele voluto dal Fondatore Don Verzè» precisa il comunicato. Il Consiglio «è fiducioso - conclude la nota - di avere il tempo e di essere in grado di portare avanti con serenità l'attività di risanamento al fine di salvaguardare le risorse umane impegnate nell'Opera e gli interessi di tutti gli interlocutori coinvolti nell'attuale crisi ed è altresì convinto che il San Raffaele continuerà ad esercitare il ruolo internazionalmente riconosciutogli nelle attività di clinica e di ricerca».

IL RISTRUTTURATORE -Aretino, chimico di formazione, Enrico Bondi si è guadagnato nel corso di una lunga carriera nei grandi gruppi italiani la patente del «risanatore». Portò la Montedison fuori dalle acque tempestose del crac Ferruzzi e assunse più di recente la guida della Parmalat, prima come Commissario nella fase che seguì il fallimento di Tanzi e poi come amministratore delegato della Nuova Parmalat. Incarico che ha lasciato da poco con il passaggio ai francesi di Lactalis dell'azienda alimentare di Collecchio. Ma alla pensione l'infaticabile Bondi, 77 primavere, ancora non pensa.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

La stranissima coppia: Massimo CACCIARI e DON VERZE'
 

Venghino, venghino! Parte la nuova Facoltà di Filosofia dell’Università Vita – salute San Raffaele. Promotore: don Luigi Verzè. Preside: Massimo Cacciari. Il corso di laurea in filosofia è triennale e si organizza attorno a due curricula: filosofia della prassi e filosofia della mente e dei linguaggi. Fra i docenti: padre Enzo Bianchi, Edoardo Boncinelli, Luca Cavalli-Sforza, Roberta De Monticelli, don Bruno Forte, Salvatore Natoli, Piergiorgio Odifreddi, Giovanni Reale, Guido Rossi, Emanuele Severino, Salvatore Veca. Le attività didattiche si svolgeranno nel Palazzo Borromeo a Cesano Maderno, nel cuore della Brianza. L’antico complesso, stile barocco lombardo, con un ampio parco e 3.700 mq di affreschi, accoglierà ottanta aspiranti filosofi. Il costo annuo d’iscrizione è di 4.150 euro.

 

 

San Raffaele, i sospetti sui conti per i politici

L'ospedale Fonti interne: contabilità parallela per creare fondi all'estero