ITALIA, PERCHE' FINGI DI NON VEDERE...?

STAI IMPOVERENDO E SFRUTTANDO UN POPOLO

DALLA PELLE NERA E SENZA DIFESE...!

    APPELLO PER CHIEDERE AL PARLAMENTO UNA INDAGINE CONOSCITIVA

PER ATTI CONTRO I DIRITTI UMANI DI ENI-AGIP IN NIGERA (vai qui)

A cura di Claudio Prandini

 

 

 

 

INTERVISTA AL BOSS NIGERIANO

CHE LOTTA CONTRO L'ENI


«La vostra multinazionale arma il governo nigeriano fornendo elicotteri da guerra all’esercito. Gli stessi elicotteri che poi volano e sparano sopra le nostre teste. Sono tutti una mandria di banditi.... Nelle zone petrolifere c’è un livello di inquinamento spaventoso e la gente vive nella povertà più assoluta. Il governo nigeriano è sordo, composto com’è da ladri e gangster. Io sono un mujaheddin, un combattente musulmano, al servizio del popolo» (vedere qui). 

 

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“È come il paradiso e l’inferno. Loro hanno tutto, noi niente. Se protestiamo, ci mandano i soldati…” (Eghare W. O. Ojhogar)

 

 

 

 

 

PREMESSA

 

Prima di fare questo "servizio" non credevo che la situazione in Nigeria fosse così grave, anche per colpa di noi italiani! Ho trovato una terra e un popolo violentato da governanti corrotti e fondamentalmente asserviti all'occidente e alle sue compagnie petrolifere, lasciando alla gente non solo le briciole ma soprattutto inquinamento, povertà e fame al popolo del Delta del Niger. Mi sembra di sentire un grido antico che si rinnova anche oggi per troppi luoghi della terra: «Fino a quando gli empi, Signore, fino a quando gli empi trionferanno? Alzati, giudice della terra, rendi la ricompensa ai superbi... Uccidono la vedova e il forestiero, danno la morte agli orfani. Dicono: «Il Signore non vede, il Dio di Giacobbe non se ne cura» (Salmo 93). Sì, alzati giudice della terra per far si che i miti possano finalmente ereditare la terra come tu hai promesso! (Mt 5,5)

 

Ora, in attesa che misericordia e giustizia facciano il loro corso, mi chiedo cosa possiamo fare noi?! Una cosa:  chiedere ai nostri politici una indagine parlamentare per appurare se l'Eni-Agip si sia macchiata di atti che vanno contro i diritti dell'uomo in Nigeria. E' vero o no che l'Italia vende elicotteri da guerra alla Nigeria, che poi il governo locale usa contro i ribelli del Delta petrolifero? (Vedere qui). E' vero o no che ormai in Nigeria le multinazionali del petrolio rappresentano uno stato nello stato, dove il 90% del petrolio estratto prende il volo e nel paese scarseggia la benzina e la povertà è aumentata negli ultimi anni?(Vedere qui) A queste e ad altre domande dovrebbe rispondere una commissione d'indagine parlamentare seria! Per chiedere un'indagine parlamentare scrivere ai Presidenti della Camera, del Senato e al parlamentare reggiano Pierluigi Castagnetti, ed inoltre al Presidente della Repubblica italiana.

 

A questo punto vorrei ricordare, sempre a riguardo dell'Agip in Nigeria, che nel 2005 la società italiana venne accusata dall'Unrepresented Nations and Peoples Organization (UNPO), con sede in Olanda, di essere la vera responsabile della demolizione ordinata dal governo di centinaia di case ritenute troppo vicine alle installazioni dell'Agip. L'operazione lasciò  5.000 persone senza tetto e «Dopo l'inizio delle demolizioni in febbraio, Anyakwe Nsirimovu, dell'Institute for Human Rights and Humanitarian Law, aveva stigmatizzato il silenzio della Nigeria Agip Oil Company affermando: “Facciamo appello all'Agip affinché dimostri che le sue affermazioni, secondo cui è una compagnia socialmente responsabile, abbiano qualche significato di fronte ai migliaia di rifugiati davanti alla sua porta di casa. In assenza di azioni, prenderemo ogni iniziativa possibile per informare i proprietari e i clienti di Agip sulla posizione dell’azienda in questa vicenda». L'Agip, da parte sua, nega tutto: «“Non siamo informati di alcuna demolizione di case vicino alle nostre sedi di Port Harcourt. Ignoriamo se stanno avvenendo delle demolizioni e non abbiamo alcun ruolo in questo”» (vedere qui).

 

Fatto è «che, nel marzo 2004, Eni è stata esclusa dagli indici per l’investimento socialmente responsabile FTSE4Good (1), perché non soddisfaceva i criteri riguardanti i diritti umani che riguardano due gruppi di imprese a maggior rischio: quelle operanti nel campo delle risorse naturali, come petrolio, gas e miniere, e quelle che hanno una significativa presenza in Paesi con particolari problemi di rispetto dei diritti umani. In particolare, alle società del settore estrattivo veniva richiesto di chiarire la loro posizione sui diritti delle popolazioni indigene e sull’utilizzo di servizi di sorveglianza armati per il controllo di impianti e infrastrutture. Questa notizia è stata pubblicata dal periodico rsinews» (vedere qui).

 

Per concludere una notizia che la nostra stampa non ci ha mai dato: "Usa, Eni coinvolta in inchiesta SEC su corruzione in Nigeria. Intanto prosegue un'analoga inchiesta della magistratura francese. La Securities and Exchange Commission (SEC) statunitense ha aperto un’inchiesta su un’ipotesi di corruzione di esponenti del governo nigeriano da parte della società TSKJ, con sede legale nel paradiso fiscale dell’isola portoghese di Madeira e posseduta paritariamente, al 25 per cento, da Snamprogetti Olanda, filiale del Gruppo Eni, da Kellog Browx and Root (KBR), filiale della statunitense Halliburton, oggetto dell’inchiesta [...]" (vedere qui).

 

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(1) FTSE4Good è una serie di indici utili per gli investitori socialmente responsabili che valuta la performace finanziaria delle società che rispettano le norme globalmente riconosciute per quanto riguarda il comportamento delle aziende sul piano sociale.

 

 

 

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La verità sul

 petrolio nigeriano

 

 

 

Nigeria, una terra stuprata anche da noi italiani

 

Antonella Randazzo - 11 dicembre 2006

A causa del rapimento di tre italiani, lo scorso 6 dicembre, i telegiornali hanno parlato della situazione nigeriana, ma senza far comprendere cosa sta accadendo veramente. Hanno parlato di un paese poverissimo, come se la povertà fosse una sorta di calamità naturale. Hanno detto che il paese è ricchissimo di petrolio e di gas, ma non hanno spiegato come mai un paese così ricco di risorse energetiche sia così povero. Molti documentari e articoli “informativi” sulla Nigeria (ad esempio la puntata di Leonardo andata in onda su Raitre l’8 dicembre), hanno parlato di estrema “arretratezza” del paese, inducendoci a pensare che essendo un paese africano non ha avuto lo “sviluppo” dell’Europa. La giornalista del programma Leonardo disse che: “esistono bande per la libertà della Nigeria, peccato che esse si mescolino con la comune criminalità”, facendo intendere che ciò che accade in Nigeria è dovuto alla criminalità comune. I media alimentano l’etnocentrismo europeo e il razzismo, pur di tenere nascosta la vera condizione dell’Africa.

La verità è che il popolo nigeriano è vessato da un sistema criminale che gli sottrae le ricchezze e lo priva delle condizioni minime di sopravvivenza. L’Agip partecipa attivamente a questo sistema criminale, pagando milizie paramilitari che non esitano ad uccidere civili. Nei nostri media fanno notizia soltanto i rapimenti di persone che lavorano nella struttura petrolifera, mentre le centinaia di vite spezzate dai paramilitari dell’Eni e delle altre Corporation non generano alcun interesse. Darne notizia farebbe emergere qualche dubbio sull’operato delle Corporation che si appropriano delle risorse dell’Africa. I media (quelle poche volte che danno notizie sull’Africa) parlano genericamente di “corruzione” dei governi africani, ma non approfondiscono mai il discorso. Se esistono corrotti devono per forza esistere anche i corruttori e le vittime. Nessun telegiornale dice che i corruttori sono le Corporation (anche l’Eni), e che le vittime sono le popolazioni, costrette a vivere in condizioni di miseria e di degrado a causa della corruzione. La Nigeria è il primo produttore di petrolio in Africa, e il sesto esportatore nel mondo, ma la maggior parte della popolazione vive in condizioni di estrema miseria. Oltre il 30% degli abitanti è analfabeta e la disoccupazione tocca livelli del  70%.

L’Agip agisce con metodi propri dei gangster (come le altre Corporation) e inventa persino false notizie per depistare e nascondere la verità. La giornalista Anna Pozzi si è interessata alla situazione dell’Agip in Nigeria e il 30 marzo del 2006 ha tenuto una conferenza all’Università Bicocca di Milano, dal titolo “Nigeria Petrolio e corruzione”. La Pozzi sostiene che l’Agip ha mentito quando il 20 marzo denunciò un sabotaggio. In realtà, come avrebbe chiarito il presidente dell'IYC (Ijaw Youth Council), Oyeinfie Jonjon, non si trattava affatto di sabotaggio o di un attentato, ma di un cedimento del vecchio oleodotto subacqueo dovuto alla mancanza di manutenzione. Il fatto causò la perdita di petrolio che contribuì a devastare le già malridotte condizioni ambientali. L’Agip cerca di incolpare i nigeriani persino dei problemi dovuti alla propria negligenza. Gli oleodotti stanno producendo un immenso inquinamento e le autorità dell’Agip vorrebbero scaricare la responsabilità su altri.

I lavoratori nigeriani morti a causa di incidenti sono assai numerosi. Alla fine degli anni Novanta si ebbero diversi incendi nei pozzi dell’Agip, con una quantità impressionante di persone arse vive, ma i media italiani non se ne occuparono.
Il 21 giugno del 2005, le Comunità del Delta del Niger e i Friends of the Earth della Nigeria (Era) presentarono all’Alta Corte Federale della Nigeria una denuncia contro il governo nigeriano, contro la compagnia petrolifera di Stato (Nigerian National Petroleum Corporation-NNPC) e i suoi partners (Agip, Shell, Chevron, Esso e Total), per porre fine alla pratica altamente inquinante del gas flaring, ovvero la combustione in torcia del gas che fuoriesce dai pozzi petroliferi. Tale pratica, immette nell’atmosfera una quantità enorme di gas serre. Nel novembre del 2005, un giudice nigeriano dell’Alta Corte federale ha emesso un documento giudiziario che considera il gas flaring, come una tecnica che “va contro il diritto alla vita, alla salute e alla dignità”.

Nel 2004, l’Agip è stata esclusa dagli indici che indicano l’operato socialmente responsabile degli investitori (FTSE4Good), per aver demolito una bidonville dove vivevano 5.000 persone, rimaste senza casa. La costruzione degli oleodotti dell’Agip ha costretto diverse tribù, come gli Otari e gli Iyak a perdere le loro terre e a rimanere senza alcun mezzo di sostentamento.
Le associazioni per i diritti umani denunciano una lista lunghissima di abusi e di crimini commessi dalle Corporation contro la popolazione nigeriana.
Le notizie relative ai gruppi di nigeriani che lottano per cambiare la situazione sono assai frammentarie e confuse. Di sicuro le proteste e le sollevazioni popolari sono numerose, e ogni Corporation reprime con proprie milizie private. Le iniziative popolari di protesta sono diverse. Ad esempio, nel 2002, migliaia di donne delle comunità dello Ijaw, Itsekiri e Ilaje occuparono alcune strutture della ChevronTexaco per chiedere la fine dell’inquinamento e il risarcimento per i danni causati. Le donne furono represse duramente anche se riuscirono a negoziare poche concessioni.

Esistono anche gruppi di Resistenza indigena organizzata. Il gruppo militante più numeroso è quello dagli Ijaw, che da tempo cerca di trovare nuovi accordi con le Corporation, per ottenere una minima redistribuzione della ricchezza che deriva dalla vendita del greggio.
Negli ultimi anni sono stati organizzati diversi sequestri di personale nigeriano, europeo e americano. Solo nel 2006, sono avvenuti i sequestri di almeno 60 persone straniere e nigeriane. Il rapimento dei tre italiani e di un libanese è avvenuto in seguito ad un attacco alla stazione di pompaggio dell'Agip nello stato di Bayelsa. Gli ostaggi sono lavoratori della Nigeria Agip oil company (Naoc), e sono stati catturati in seguito ad un conflitto a fuoco, in cui le milizie dell’Agip hanno aperto il fuoco e gli assalitori hanno risposto. Il sito dell’Agip rende noto che un libanese è rimasto ucciso, mentre tre italiani e un altro libanese sono stati presi in ostaggio.

Ogni caso di rapimento andrebbe analizzato per verificare se si tratta di bande che hanno scopi di estorsione oppure di tentativi della Resistenza indigena di negoziare. Quando chiedono il risarcimento per i danni ambientali o vogliono cambiare la situazione nigeriana chiedendo di limitare il potere delle Corporation (come nel recente caso dei tre ostaggi italiani), si tratta della Forza di volontari del popolo del Delta del Niger (Ndpvf) o di gruppi affini. Secondo fonti Misna, le autorità locali starebbero trattando con i rapitori, ma non si precisa se c’è l’intenzione da parte della Corporation di cedere alle richieste dei rapitori. Lo scopo dei rapimenti è anche quello di far parlare della situazione nigeriana. Si tratta di un metodo ingenuo se si pensa che le stesse persone che controllano le Corporation hanno il potere mediatico di manipolare le informazioni.  Di sicuro, queste persone approfittano di questi fatti per criminalizzare gli indigeni attraverso i media occidentali. Quello che colpisce è che mentre di solito i giornalisti dei telegiornali corredano le notizie con interviste alla gente comune oppure alle autorità locali, quando si tratta dell’Africa non intervistano nessuno e si limitano a far vedere immagini di repertorio. Ciò avviene principalmente per non far capire qual è la vera situazione del paese. I media occidentali sono indotti a comportarsi come se il popolo africano non esistesse, e come se non vi fosse alcun governo locale. Il dramma è che davvero non esiste alcun vero governo (solo governi fantoccio), e che la vita degli africani viene considerata priva di valore.

Quasi tutti i sequestri si sono sempre risolti col rilascio degli ostaggi. Soltanto ad agosto e a novembre persero la vita un ostaggio nigeriano e un ostaggio britannico, durante non meglio precisati blitz delle forze governative. Oltre ai rapimenti vengono attuati anche attacchi alle stazioni petrolifere e sabotaggi. La Ndpvf è fra i movimenti più forti che lottano contro lo strapotere delle Corporation, e riunisce moltissimi giovani.
Occorre essere prudenti nel valutare i gruppi della Resistenza, e considerare che in tutto il Terzo Mondo vengono creati dalle stesse Corporation falsi movimenti di resistenza, per terrorizzare la popolazione e screditare ogni lotta indigena.

Anche il governo nigeriano utilizza diversi metodi per indebolire la popolazione e costringerla a rassegnarsi all’ingiustizia e alla povertà. Il 19 giugno del 2003, si verificò un incidente terribile che provocò la morte di oltre 400 persone, nello stato di Abia (Nigeria meridionale). Il governatore della regione disse: “Questo non è un disastro. Questo è un caso di persone che stavano derubando il governo. E' terribile che esseri umani ne siano coinvolti... gente spinta dalla povertà. Ho avvertito i leaders tradizionali di questa regione di mettere in guardia [la popolazione]. Ma certo non si può biasimare gente affamata - possano le loro anime riposare in pace”.
Colpisce la frase “stavano derubando il governo”, e l’ammissione che la popolazione vive in estrema povertà. I governi corrotti hanno la caratteristica di considerare il potere di governo come un’entità esterna al popolo, che tutto possiede e che tutto può gestire come vuole.

Quel giorno era accaduto che alcuni nigeriani, spinti dalla disperazione, avevano sottratto petrolio. In base alle testimonianze, alcune centinaia di persone stavano sottraendo carburante da un oleodotto che perdeva, all’improvviso, non si sa come, una scintilla ha provocato l’incendio. Il dubbio è che la falla sia stata aperta volontariamente. Diversi giorni prima, Innocent Ugoagha, un membro della tribù Amaokwe, aveva avvertito i responsabili del Consiglio di governo locale dell’esistenza della falla nell'oleodotto.  Dopo il terribile incidente, il governo si è limitato ad istituire l’ennesimo corpo militare per arrestare chiunque fosse trovato con taniche di benzina. Secondo l’organizzazione Environmental Rights Action (Era), si tratta di tecniche per criminalizzare la popolazione: “Il disastro di Amaokwe si poteva evitare, invece le autorità di limitano a parlare di sabotaggio: criminalizzare la popolazione è una comoda scusa”.[1]

Oltre all’Agip, in Nigeria operano anche la Total, la Shell, la Exxon-Mobil, la Chevron-Texaco e la Statoil. Nessuna di queste Corporation, per quanto si sappia, è disposta a trattare con i nigeriani per migliorare la situazione di estrema iniquità. Preferiscono continuare ad utilizzare il terrorismo per impaurire la popolazione. Queste Corporation, hanno prodotto gravi scompensi nell’ambiente, spezzando irreversibilmente l’equilibrio dell’ecosistema, e mettendo in serio pericolo la sopravvivenza di molte tribù indigene. Tutte utilizzano in maniera strumentale la paura e l’insicurezza dei popoli africani, che sono un triste retaggio di epoca coloniale. Come spiega il premio Nobel nigeriano Wole Soyinka: “Esistono vere cause di paura… ma esiste anche una manipolazione della paura per promuovere azioni anche illegali, per persuadere la gente, limitarne le libertà, facendo del timore una parte integrante della vita conscia e inconscia. È un nemico occulto, la paura, un quasi-Stato, che non riconosce leggi e responsabilità”.

 

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[1] Il manifesto, 26 settembre 2003.

 

 

Nigeria: il gigante del

petrolio senza benzina

 

 

Nigrizia - sabato, 26 novembre, 2005

10 novembre 1995. Il regime militare nigeriano non tollera intromissioni nelle questioni del petrolio e decide di farla finita con Ken Saro-Wiwa e la sua organizzazione (il Mosop) che si batte in difesa dei diritti del popolo ogoni, una delle 250 etnie della Nigeria. Wiwa e altri otto attivisti ogoni, dopo un processo sommario e un’inverosimile accusa di omicidio, vengono impiccati nella prigione di Port Harcourt.

Non sono stati dimenticati: lo scorso 10 novembre, in Nigeria e a Londra, ci sono state manifestazioni per ricordare il loro impegno. Saro-Wiwa e i suoi hanno avuto il torto di voler vivere con dignità nella propria terra. Solo che la loro terra si trova nel delta del Niger, una riserva di greggio tra le più ricche del mondo. Hanno avuto il coraggio di mettersi contro la Shell e contro la giunta del generale Sani Abacha portando in piazza nel 1993, nell’Ogoniland, più di 300mila persone per denunciare i disastri ambientali causati dai continui sversamenti di petrolio, l’impossibilità per gli ogoni di vivere di agricoltura a causa dell’inquinamento del terreno e dell’acqua, l’iniqua ripartizione delle risorse petrolifere.

Pur essendo cambiato in meglio lo scenario politico nigeriano, la condizione degli ogoni e degli altri popoli del delta del Niger non è però migliorata: il 70% della popolazione vive in condizioni di estrema povertà. Amnesty International e Friends of the Earth hanno di recente pubblicato dei rapporti in cui dimostrano che in quell’area della Nigeria i diritti umani sono ancora un miraggio e gli scempi ambientali una regola. Del resto la Nigeria è un serbatoio petrolifero privilegiato per Europa, Stati Uniti e in misura crescente anche per la Cina. E mentre il Medio Oriente rimane un’area difficile, la Nigeria e altri stati africani del Golfo di Guinea continuano ad essere “corteggiati” dall’Occidente. Corteggiamento che prevede una blanda attenzione per i diritti dell’uomo in cambio di concessioni per lo sfruttamento di petrolio e gas alle multinazionali del settore.

Poco importa se Friends of the Earth spiega che la Shell prosegue nella pratica di bruciare coltivazioni e foreste come misura per limitare gli sversamenti di petrolio. O se Amnesty International documenta con dovizia di particolari che lo scorso febbraio, nei dintorni del terminale petrolifero di Escravos, il popolo degli odioma ha subito uccisioni, stupri e soprusi che vedono coinvolti, con diversi gradi di responsabilità, il governo nigeriano e le multinazionali Chevron e Shell.

A guardare quello che succede nel delta del Niger, la repubblica federale della Nigeria sembrerebbe essere ancora sotto il tallone di una giunta militare, come è stata quasi sempre dall’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1960. Non è così. Dal 1999 il presidente si chiama Olusegun Obasanjo, che è un ex militare, ma anche una personalità stimata sul piano internazionale. Obasanjo è stato eletto e poi riconfermato nel 2003 sulla base di un programma di riforme piuttosto denso. Nei primi quattro anni è parso agli osservatori internazionali che qualche passo in avanti sia stato fatto sia nel rispetto delle libertà fondamentali sia nel preservare la coesione nazionale sempre traballante per il complicato insieme di appartenenze religiose ed etniche, oltre che per l’accavallarsi degli interessi economici.

Era tuttavia chiaro già dall’inizio che il presidente eletto democraticamente aveva davanti almeno quattro difficili sfide. Prima di tutto rompere con la “monocultura petrolifera” e diversificare l’attività produttiva: tanto più che il paese, tolta la fascia saheliana, è in un’area umida favorevole all’agricoltura e può puntare non solo all’autosufficienza alimentare ma anche all’esportazione. In secondo luogo combattere la corruzione, vero cancro morale e civile, per ridare un’accettabile efficienza alle pubbliche amministrazioni e per far funzionare i servizi: è emblematico che il maggiore produttore di petrolio dell’Africa non riesce a rifornire di benzina i propri automobilisti. La terza colossale sfida è quella di ripartire con più equità le entrate derivate dalla vendita del petrolio che rappresenta il grosso del gettito fiscale. Infine, porre un freno alla violenza: da quella interconfessionale (nel Nord 12 stati su 19 hanno adottato la shari’a, la legge islamica, e gli scontri tra musulmani e cristiani non sono inconsueti) a quella prodotta dalla grande criminalità (ecomafie, sfruttamento della prostituzione su scala internazionale) a quella della microcriminalità (Lagos è invivibile per questo). Una cosa è sicura: Obasanjo ha bisogno che i nigeriani si ricordino di uomini come Ken Saro-Wiwa. Ed anche noi.


LA SCHEDA:

Quando:
Protettorato britannico dal 1901 e colonia dal 1914, la Nigeria ottenne la completa indipendenza nel 1960. Dopo due colpi di stato e la sanguinosa guerra civile che si concluse con la sconfitta nel 1970 della Repubblica del Biafra, nel 1975 un nuovo colpo di stato senza spargimento di sangue portò al potere Murtala Ramat Mohammed che promise un rapido ritorno ad un governo civile del paese, ma fu ucciso durante un fallito golpe. Gli successe il capo del suo staff, Olusegun Obasanjo e nel 1979 le elezioni, sostanzialmente democratiche, furono vinte da Shehu Shagari. La Nigeria ricadde sotto governo militare nel 1983 e nel 1993 il generale Sani Abacha prese il potere. Alla sua morte nel 1998, dopo il breve periodo del Consiglio Governante Provvisorio, nel 1999 in Nigeria si celebrarono le prime elezioni libere in 16 anni nelle quali Olusegun Obasanjo venne eletto Presidente Federale e fu riconfermato nelle elezioni del 2003.

Dove:
Stato dell'Africa Occidentale situato nel Golfo di Guinea, con oltre 120 milioni di abitanti la Nigeria è la nazione più popolosa dell'intero continente. Tra i 250 gruppi etnici locali, il gruppo dominante nel nord è quello degli Hausa-Fulani, la maggioranza dei quali è di religione islamica. Tre etnie hanno da sempre il controllo politico: Hausa-Fulani al nord, Yoruba nel sudovest, Igbo nel sudest. La nazione è suddivisa in 36 stati federali ed il reddito pro capite non raggiunge 300 dollari.

Cosa:
Sui 51 miliardi di barili di riserve accertate in Africa, la Nigeria ne ha 34,3: oggi produce 2,4 milioni di barili al giorno e già nel 2007 prevede di estrarne 3,2. Ma, in seguito alla crisi dei mercati petroliferi, i governi dei G8 hanno chiesto alla Nigeria di portare la produzione a 6 milioni di barili al giorno entro il 2010. I maggiori importatori di greggio nigeriano sono gli Usa, l’Europa e la Cina. Tra il 2003 e il 2004, le entrate petrolifere nigeriane hanno sfiorato i 30 miliardi di dollari. Il petrolio rappresenta il 90% delle esportazioni, l’80% delle entrate statali, il 90% delle riserve in valuta estera.

 

 

 

 

APPENDICE

 

 

NIGERIA: E' ROSSO DEL SANGUE

OGONI IL PETROLIO DELLA SHELL
 

IL TESTAMENTO DI KEN SARO-WIWA
 

"Signor Presidente, tutti noi siamo di fronte alla Storia. Io sono un uomo di pace, di idee. Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto generosa di risorse; provo rabbia per la devastazione di questa terra; provo fretta di ottenere che il mio popolo riconquisti il suo diritto alla vita e a una vita decente. Così ho dedicato tutte le mie risorse materiali ed intellettuali a una causa nella quale credo totalmente, sulla quale non posso essere zittito.

Non ho dubbi sul fatto che, alla fine, la mia causa vincerà e non importa quanti processi, quante tribolazioni io e coloro che credono con me in questa causa potremo incontrare nel corso del nostro cammino. Né la prigione né la morte potranno impedire la nostra vittoria finale. Non siamo sotto processo solo io e i miei compagni. Qui è sotto processo la Shell. Ma questa compagnia non è oggi sul banco degli imputati. Verrà però certamente quel giorno e le lezioni che emergono da questo processo potranno essere usate come prove contro di essa, perchè io vi dico senza alcun dubbio che la guerra che la compagnia ha scatenato contro l'ecosistema della regione del delta sarà prima o poi giudicata e che i crimini di questa guerra saranno debitamente puniti. Così come saranno puniti i crimini compiuti dalla compagnia nella guerra diretta contro il popolo Ogoni".

 

 

Logo contro lo sfruttamento della Shell

in Nigeria - clicca sopra l'immagine

 

 

 

 

AVVENIMENTI

 

 

SHELL: DI TUTTO, DI PIU'

La multinazionale anglo-olandese Shell ha ammesso di aver acquistato, ormai diversi anni fa, armi per dotare la polizia nigeriana dell'equipaggiamento necessario alla difesa dei propri impianti petroliferi. Nega però acquisti recenti. C'è chi la smentisce, è la Humanitiex Nigeria, ditta nigeriana che si occupa d'importazione di armi, che ha chiesto un risarcimento di oltre un milione di dollari accusando la Shell di "rottura di contratto". Nella denuncia presentata all'Alta Corte di Lagos c'è una deposizione scritta e giurata di Gabriel Akinluyi, amministratore unico, nella quale dichiara che la Shell nel 1993 decise di fare un acquisto per rinnovare le armi da fuoco delle forze di sicurezza del paese.  NIGRIZIA - APRILE 1996

NESSUNA LIBERTA' PER GLI OGONI

A un anno dall'impiccagione di Ken Saro-Wiwa e di 8 suoi compagni "gli arresti arbitrari, le torture e gli omicidi sono sempre all'ordine del giorno per gli Ogoni", ricorda il giornale nigeriano dell'opposizione Tell. Le testimonianze raccolte dal settimanale lo dimostrano. Robert Azibaola, responsabile di una ONG ambientalista, è stato sottoposto ad un duro interrogatorio per aver chiesto di organizzare un incontro culturale in ricordo di Ken Saro-Wiwa, e gli è stato quindi vietato di tenere riunioni con più di due persone. Akinaa Deesor, produttore radiofonico per l'emittente statale Rivers State Radio è in prigione dal 18 luglio 1996 per aver trasmesso una canzone tradizionale Ogoni. - TELL (Nigeria) - 18 NOVEMBRE 1996

IL CONSIGLIO MONDIALE DELLE CHIESE DENUNCIA LA SHELL

Con un durissimo rapporto di 196 pagine, intitolato "Ogoni: la lotta continua", il Consiglio Mondiale delle Chiese (WCC) ha messo sotto accusa il governo nigeriano e la multinazionale petrolifera Shell per oppressione e devastazione ambientale, in particolare nella regione del delta del Niger. A poco più di un anno dall'esecuzione del poeta nigeriano Ken Saro-Wiwa e di altri otto attivisti del MOSOP (Movimento per la Sopravvivenza del Popolo Ogoni), si torna a parlare della drammatica situazione del Paese africano governato dal generale Sanni Abacha e delle pesanti responsabilità delle compagnie petrolifere occidentali nello sfruttamento e nelle condizioni inumane di vita dell'Ogoniland, la regione più colpita dall'inquinamento e dalla repressione governativa.

"Negli scorsi 30 anni, si è stimato che 30 miliardi di dollari di petrolio sono stati estratti dall'Ogoniland, senza alcun relativo beneficio per gli Ogoni. L'Ogoniland è impoverita e gli Ogoni, come altre minoranze produttrici di petrolio, hanno dovuto sopportare l'oltraggio dell'inquinamento ambientale e della devastazione": così il rapporto preparato da Deborah Robinson - membro dello Unit III ("Giustizia, Pace e Creato") del WCC ed inviata in Nigeria per valutare i danni provocati in una regione ricchissima di petrolio, eppure estremamente povera come l'Ogoniland - descrive le condizioni in cui versa il delta del Niger. Le continue trivellazioni, le enormi quantità di gas bruciato, le pioggie acide, lo smaltimento dei fanghi con incrostazioni di petrolio che raggiungono il metro di spessore hanno definitivamente compromesso la situazione ambientale dell'area, colpendone duramente gli oltre 550mila abitanti, come già denunciato dal MOSOP.

A seguito delle proteste e delle denuncie degli Ogoni per lo sfruttamento feroce della loro terra da parte del governo e dei suoi partner commerciali (Shell, Mobil, Chevron), si è scatenata, infatti, una massiccia campagna repressiva che, secondo il rapporto WCC, comprende intimidazioni, sequestri, arresti, torture, agguati e pestaggi tuttora in corso nei confronti di chiunque si azzardi ad intralciare gli affari miliardari delle multinazionali del petrolio. Se si pensa che l'esportazione del greggio rappresenta l'80% circa delle ricchezze del Paese, si capisce immediatamente quali e quanto ingenti siano gli interessi sotto il petrolio nigeriano. - ADISTA - 08 FEBBRAIO 1997

ARROGANZA SHELL

La compagnia anglo-olandese Shell ha portato in tribunale il 21 gennaio 1997 Massimo Corbara di Sarsina (Forlì) titolare di un'azienda di agriturismo. Motivo, la disdetta del contratto di fornitura di "gpl". Dice Massimo Corbara: "Le responsabilità della multinazionale nell'impiccagione di Ken Saro-Wiwa sono state enormi, io avevo firmato il contratto pochi mesi prima. Ho telefonato al rappresentante e gli ho detto di venire a riprendersi tutto. Mi hanno parlato di danni da pagare, risarcimenti. Poi è emerso che il contratto che avevo firmato era già stato contestato dall'Antitrust di Amato, e il Giudice ha invitato la Shell a ritirare le sue pretese, che da due milioni erano già scese a duecentomila lire". Massimo Corbara se l'è cavata col pagamento di una semplice tassa governativa. - FAMIGLIA CRISTIANA - 19 FEBBRAIO 1997

SHELL: AVANTI NONOSTANTE TUTTO

A distanza di un anno e mezzo dalle esecuzioni - fa notare Greenpeace - la Shell non solo rifiuta di bloccare i propri investimenti in Nigeria ma continua a fare affari con la giunta militare. Greenpeace ha pubblicato un rapporto, Shell-Shocked, che documenta i costi ambientali e sociali della multinazionale in Nigeria. Nel delta del Niger, la Shell ha forato 96 pozzi petroliferi e costruito 2 raffinerie, un complesso petrolchimico, una fabbrica di fertilizzanti e una ragnatela di oleodotti lunga quanto la distanza tra Londra e New York. - NIGRIZIA - MARZO 1997

 

 

APPROFONDIMENTO

 

 

Nigeria: Amnesty International presenta nuove

prove di violazioni dei diritti umani nella regione

petrolifera del Delta del Niger
“È come il paradiso e l’inferno. Loro hanno tutto, noi niente.

Se protestiamo, ci mandano i soldati…”
(Eghare W. O. Ojhogar, capo della comunità Ugborodo)
 

 

 

Alla conquista del petrolio africano

Da: Missione Oggi,  mensile dei missionari saveriani

 

 

 

DOSSIER ENI-AGIP - IN NOME DEL DIO PETROLIO

Dal 1998 Tactical Media Crew segue con attenzione le attività e le pratiche del Gruppo

 ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) - Agip (Azienda Italiana Generale Petroli).

 

 

 

Il bandito del petrolio (*)
Intervista al boss nigeriano

che lotta contro l’Eni
 

 

 

Italiani in Nigeria - Gli affari in Africa

del capitalismo di Casa Nostra
Nell’area del delta del Niger, alcune imprese italiane concorrono al saccheggio delle risorse

 petrolifere e del gas nigeriano. Mentre il paese è sempre più vittima di conflitti e violazioni

 dei diritti umani, una società di costruzione siciliana stringe un’alleanza con uno dei

 politici più discussi del continente africano.