ESPERIENZE DI FEDE

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ABBRACCIAMO LA VITA

Il mio nome è Emanuele e sono nato per dono ricevuto dal Signore il I° febbraio 2005 alle ore 22,40.

Questa lettera ve la volevo scrivere io per raccontarvi un po' la mia storia, ma sono troppo piccolo, e così ho chiesto in prestito due mani e dettandogli lentamente, spero che scrivano tutto ciò che ho in mente.

Sono stato concepito dai miei genitori intorno la data della "Serata di Primavera" del Centro Missionario e così mi sono sentito, fin dal primo momento, di far parte di una grande famiglia, che ha il motto di "Lo farò volentieri".

Questa frase dovete tenervela in mente perché anch'io l'ho adottata fin dal mio concepimento e ne farò un mio stile di vita.

I mesi sono trascorsi inesorabili, senza problemi, dentro la pancia della mia mamma; stavo motto bene perché lei mi dava da mangiare, mi faceva passeggiare, mi faceva ascoltare la musica, partecipare alla vita quotidiana e molto spesso mi accarezzava (oh, che belle quelle coccole!).

Io in compenso dentro quella pancia ci stavo un po' stretto e così di tanto in tanto le mollavo qualche calcione, così per farmi spazio e per farle capire che presto tra mamma e papà avrei comandato io!

Mentre crescevo e passavano i giorni sentivo tanta gente fare i complimenti alla pancia della mamma e poi come il solito concludevano: maschio o femmina? Prima che i miei genitori rispondessero continuavano: "Beh, l'importante è che sia sano!"

Fortunatamente papà e mamma non pensavano proprio la stessa cosa, perché loro mi volevano così come il Signore mi voleva: bello o brutto, sanissimo o con qualche problema, e così mi sono fatto coraggio e sono andato avanti. Potevo lasciarli soli in attesa per tanto altro tempo?

E così mi sono fatto coraggio e "facendolo volentieri" ho deciso che non avrei mai potuto deluderli.

Il 14 gennaio, durante un'ecografia, ho fatto vedere ad un certo Dottor Mazza che sarei nato con una piccola malformazione al primo tratto d’intestino, chiamato duodeno. Ohibò! Non so perché, ma non si è voluto attaccare allo stomaco! 1 miei genitori erano avvertiti, appena uscito non sarei tornato a casa con loro, ma mi sarei fatto operare al pancino e avrei passato un po' di tempo al policlinico di Modena, reparto di neonatologia, per rimettermi completamente in forma.

Come avevo sentito tante volte, anche oggi, forse con voce un po' più sommessa, ma con la stessa determinazione mi hanno ribadito il loro amore e la voglia di avermi tra loro.

Il 28 gennaio ho reincontrato il Dottor Mazza, questa volta mi ha fatto conoscere anche un chirurgo dei neonati, che si chiama Ceccarelli. Ho capito subito che ero in buone mani, e potevo mettere la mia esistenza nelle sue mani, che erano coordinate dal Signore. Bello! Tutto procedeva per il meglio, in più diceva che non sarei uscito il 28 febbraio, ma molto prima.

lo sentivo tanto affetto intorno a me e volevo andarli a conoscere tutti, dal primo all'ultimo: nonna Rita, nonno Giovanni; la zia Pina, lo zio Ciccio, la nonna Livia, il nonno Salvatore, la zia Titti, Annarita, Stefano e Paola; e poi le cugine, tutte femmine: la Martina, la Giulia e quella che mi baciava sempre, la Sara. Inoltre c'era un gran tifo intorno a me: tutti gli altri parenti ed amici volevano che andassi a proseguire gli alberi genealogici delle due famiglie.

Con tutta questa gente che mi aspettava dovevo scegliere un nome appropriato, che doveva dare risalto alla mia venuta e aiutarmi a combattere i primi ostacoli della vita in modo sicuro e fermamente convinto di farcela. Pensa e ripensa, camminando e riflettendo ho trovato: EMANUELE, ossia Dio con Noi!

Cosi il 1° febbraio mi sono fatto coraggio e, spingi che ti rispingi, sono venuto al mondo tra la contentezza e la preoccupazione, ho messo fuori la testa e poi il corpicino; ero in una sala tutta pulita e mi teneva in mano una donna, l'ostetrica che ho potuto leggere si chiamava Galli. Intorno a lei tante infermiere carine, poi sono riuscito finalmente a vedere il papà e la mamma, con parte della mia prossima famiglia.

Ma ancora una volta hanno dovuto chiamare il papà. Non sapevo se questa volta si sarebbe arrabbiato perché la dottoressa gli doveva dire che i problemi erano diversi: oltre l'atresia del duodeno, mamma natura, aveva attaccato l'esofago nel posto sbagliato e quindi sarebbero dovuti intervenire anche lì. La cosa diventava sempre più difficile!!

Io non mi sentivo mica male. Forse un po' confuso per essere uscito da quel posto così caldo e tenero, ma ora dovevo affrontare la realtà: i miei genitori si comportavano abbastanza bene, li vedevo anche su di morale. Poi, tutto ad un tratto c'è stato un tam tam per me: tutti, dico proprio tutti, specialmente i bambini, hanno iniziato a recitare delle strane cose, che si chiamano preghiere e che mi dovevano aiutare a stare in questo mondo.

Secondo voi, io avrei potuto deluderli adesso che mi chiamavano Emanuele?

E allora, con ancora più forza mi sono preparato all'intervento, perché anche io avrei voluto un giorno "farlo volentieri".

L'operazione è durata 5 ore e mezzo, ed ora mi sto riposando. Ceccarelli ha detto ai miei genitori che mi sono comportato molto bene e adesso tutto intorno a me ci sono delle splendide infermiere che mi fanno le coccole e fanno a turno a cambiarmi il pannolino e curarmi.

Hanno avvertito il mio papà e la mia mamma che il cammino per ristabilirmi sarà lungo. Loro hanno accolto tutto come dono e non si lamentano che non mi hanno avuto subito con loro. Hanno capito che qui sono in ottime mani e anche loro lo sanno, visto che vivono credendo nel Signore, fonte di vita.

Per conto mio non vi chiedo tanto: statemi vicino, continuate a vivere nel Signore, fate memoria di tutto ciò che vivete senza disperazione e, se vi aiuta, parlate anche della mia malattia, perché non sempre i nostri progetti sono quelli che il Signore ha voluto per noi.

Comunque io sono sempre qui, cerco di guarire e di crescere perché io e le persone vicine a me abbiamo scelto la vita. Una vita che, per quanto dura possa essere, conviene sempre e solo viverla.

Emanuele C.

 

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Ci siamo sposati il 14 settembre 1996 e Marco, bimbo down, aveva già compiuto 3 anni e non lo conoscevamo ancora, e non sapevamo ancora che sarebbe diventato nostro figlio.

Allora pensavamo di trascorrere almeno nove mesi della nostra vita insieme senza figli, di goderci insieme i primi mesi da sposati, se Nostro Signore ha stabilito in nove mesi il tempo dal concepimento alla nascita ci sarà un senso in questa attesa.

Due mesi dopo a novembre in comunità avevano chiesto la disponibilità di una coppia ad accogliere Marco, bimbo down, che non aveva più nessuno che si occupava di lui. Quella sera tornando a casa non eravamo più sicuri che era giusto per noi goderci i primi mesi da sposati, non eravamo più sicuri che l’attesa di una nascita sia una questione di tempo.

Cominciò il tempo di avvento del Natale di Gesù. La nostra preparazione al Natale aveva preso per noi, una dimensione nuova di attesa, di preghiera, di apertura all’accoglienza di Marco, bimbo down. Ogni nostro pensiero si faceva preghiera, ogni problema con la preghiera prendeva una luce diversa, una piega nuova. Il nostro lavoro? le nostre famiglie? che futuro ci aspetterà? che futurò gli spetterà? Interrogativi forti, molto concreti che con la preghiera si semplificavano, eravamo sempre più impotenti di fronte ad un bambino che chiedeva di vivere in una famiglia.

Eppure è vero che la nostra società  non sa accogliere i diversamente abili, le nostre famiglie quando seppero della nostra scelta si comportarono proprio come si comporta la società: è un impegno, siete sicuri?, come farete con il lavoro? e quando sarà grande?, non seppero aiutarci e grazie a Dio non li abbiamo ascoltati.

Oggi 26 gennaio 2004 Marco, bimbo down, ha compiuto 11 anni, anche se lui per dirlo agli altri usa i due pollici delle sue piccole mani. Vive nella nostra famiglia da 7 anni e crediamo che è il pezzo forte della nostra casa. Marco è il compagno di giochi di suo fratello Francesco di 4 anni, insieme fanno battaglie ed emulano i loro eroi preferiti (a volte Zorro, altre volte Peter Pan). Marco è il fratello maggiore e sicuramente più responsabilizzato del nostro piccolo Filippo di 8 mesi, lo prende in braccio con molta attenzione, molto meglio e con più cura di Francesco che tende anche a fargli i dispetti. Marco pratica sport e va a Basket con tanti altri bambini normodotati che hanno imparato a capire le sue grida e le sue lune e che molte volte lo lasciano andare a canestro.

Marco vive il suo impegno nella chiesa nella vita della nostra comunità parrocchiale ed ogni domenica è puntuale a servire la messa a modo suo, ma con puntiglio e zelo nel suonare la campanella. Marco va a scuola e quando la domenica andiamo a fare un giro in centro tutti i bambini lo salutano e: “ciao Marco” è ripetuto in ogni angolo.

Certo non è facile, e molte volte è difficile capirlo, a volte si butta per terra, a volte manifesta disagio facendo la pipì addosso. Molte volte è nostro figlio Francesco che lo capisce meglio…la saggezza dei bambini.

La sera lo portiamo a letto. Lui si spoglia si mette il pigiama con la maglia rigorosamente al contrario…spegniamo la luce. A volte ci corichiamo vicino a lui, è in quei momenti, a volte stanchi e assonnati che capiamo e sentiamo le sue piccole mani sul nostro viso o che cercano il nostro naso o le nostre labbra…è la carezza di Dio.

Pietro e Laura

 

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Mamma fino alla fine

Luigi e Anna sono due giovani molto semplici. Lui di Torre del Greco (Na) fa il mestiere del fabbro, lei di Poggiomario (Na) è una sarta. Il 28 Luglio del 2000 decidono di fidanzarsi essendosi conosciuti qualche giorno prima e innamorati a prima vista. Anna, chiede consiglio a uno dei sacerdoti del suo paese per essere indirizzata nel vivere nella luce di Dio questo nuovo fidanzamento. Dopo pochi mesi decidono di ufficializzare il loro amore e appena dopo un anno, il 22 Aprile del 2002, Luigi e Anna si uniscono in nozze.
Passano alcuni mesi dal matrimonio e il forte desiderio di maternità li spinge a recarsi dal ginecologo per ricercare la tanto desiderata gravidanza. Il medico chiede ad Anna di raccontargli il suo stato di salute, ed è in questo contesto che emerge un episodio che era stato quasi cancellato dalla sua vita: all’età di otto anni Anna entra in stato di coma e viene ricoverata in ospedale; fortunatamente dopo una settimana esce dal pericolo e rimane ricoverata per indagini mediche. Viene scoperta la presenza di un angioma celebrale congenito, una vena che gocciolava sangue, una piccola emorragia che dopo alcune settimane spontaneamente si ferma. Nell’ascoltare ciò il ginecologo richiede un’indagine più approfondita e una visita neurochirurgica, sconsigliando vivamente il ricercare una gravidanza prima che il suo stato di salute non fosse chiarito. Luigi e Anna non perdono tempo e ricorrono subito ad un neurochirurgo il quale ascoltando la sua storia le vieta assolutamente di rimanere incinta e le prospetta un intervento che lui stesso avrebbe organizzato. Anna e Luigi a malincuore accolgono le indicazione del medico e nello stanziare la gravidanza attendono con ansia e trepidazione il momento dell’intervento. Passano mesi finché, nell’Agosto 2003, scoprono di aspettare un bambino. La notizia viene accolta con grande stupore e gioia, ma la paura del suo stato di salute era sempre presente in lei e nella sua famiglia. Agli inizi di Settembre, alla sesta settimana di gravidanza, decidono di ricorrere alle cure di un altro neurochirurgo. Quest’ultimo le prescrive l’aborto per avere la possibilità di intervenire sul suo stato di salute e per non aggravarla in modo irrimediabile: la gravidanza avrebbe accelerato il flusso sanguigno e avrebbe provocato una emorragia celebrale. Anna rifiuta all’istante questa soluzione e rivolgendosi al medico dice: “piuttosto muoio ma il bambino non si tocca!”. I giorni passano e Anna è irremovibile, anche Luigi cerca di persuaderla ad abortire ma lei gli risponde:“ la porta è lì, se vuoi, puoi anche andare” e aggiunge: “il Signore ci ha donato questa creatura e Lui sa che cosa deve fare”.
Per Anna iniziano mesi davvero felici. L’attesa del bambino la riempie di gioia. Fin da subito inizia a preparare il corredino, compra anche la culla. Ma alcune sue affermazioni rivelano il suo stato di incertezza e di paura. Un giorno dice alla suocera: “se muoio si prenderà cura lei di mio figlio?”. Alla sua mamma invece non fa sapere nulla del pericolo che corre per non farla preoccupare. Sono mesi nei quali Anna non desidera comunicare niente se non la gioia per il bambino. Anche al sacerdote dal quale ricorreva nei momenti più difficili, non fa cenno del suo stato. Ormai aveva deciso e niente e nessuno poteva farle cambiare idea.
Ed ecco che la storia arriva al suo compimento. Alla fine di dicembre Anna è rapita da forti e intensi mal di testa. Di questo ne parla solo con la sorella Patrizia la quale le consiglia di andare dal ginecologo. Ma ancora una volta essa rifiuta ogni confronto per paura di compromettere la vita del suo bambino perché essa valeva più della sua sofferenza.
Ma nel giorno di capodanno la cosa si fa seria. Arriva con Luigi alla casa della mamma e cerca subito un letto sul quale poggiare il capo, comincia a vomitare e poi a perdere i sensi.
Inizia così la corsa per gli ospedali. Dapprima viene portata alla clinica S. Lucia di S. Giuseppe Vesuviano (Na), poi per mancanza di attrezzature adeguate viene subito trasferita al S. Giovanni Bosco di Napoli, ottimo per la rianimazione, ma lì i medici sono chiari: Anna è entrata in coma irreversibile. Per cercare di salvare la vita del bambino, che Anna fino ad allora aveva custodito con cura, si decide di farlo nascere. Per questo viene trasferita al Cardarelli dove il bambino appena nato avrebbe potuto usufruire di attrezzature più adeguate. Quel giorno sembra non finire più, fino a che in serata viene alla luce il piccolo Antonio. La creatura pesa 570 gr ma subito si dimostra piena di vivacità. Purtroppo però ha poche speranze di sopravvivere e dopo una settimana lascia la vita che con tanta fatica la mamma gli aveva donato.
Anche la vita di Anna il quattro gennaio si spegne definitivamente. E la corsa finisce.
E stato tutto inutile? Inutile la storia di una donna che ha trovato nel suo essere mamma la ragione ultima della vita? Inutile una mamma che fino alla fine ha voluto rispettare quella scintilla della vita accesa nel suo grembo?
Cosa ha spinto Anna a questa decisione se non la consapevolezza che nel grembo c’era un bambino, una vita che non valeva meno della sua?
Certo una storia apparentemente triste ma rivestita di quel amore che vince ogni cosa; una vicenda intessuta di dolore dove possiamo intravedere una gioia che neppure la morte può cancellare. Quella gioia e serenità che Anna ha lasciato sul volto dei suoi familiari testimoni della suo coraggio.

Testimonianza di p.Vincenzo

Ho conosciuto Anna quando venne a chiedermi consiglio sul suo fidanzamento che aveva da poco iniziato. E’ nato così uno splendido rapporto: veniva da me ogni qualvolta aveva un dubbio sulla fede e sulle scelte della vita o semplicemente per parlare di Dio. Per lei era importante il confronto e il parere del prete, era colui che poteva aiutarla a discernere la Volontà di Dio. La sua era una fede molto semplice ma nello stesso tempo profonda e concreta. Intravedevo in lei il forte desiderio di vivere la Volontà di Dio nel quotidiano. Un giorno venne e mi chiese una Bibbia, poi in seguito una corona del rosario ed io le regalai anche il libro di preghiere “Pregate, pregate”, infatti desiderava coltivare la preghiera ogni giorno.
Il 1 Gennaio di questo anno, Anna è stata ricoverata in ospedale, il giorno dopo io ero fuori per motivi di studi. La telefonata di una amica in comune mi avvisa dell’accaduto. Non capii subito di che si trattasse, in quel momento Anna esulava dai miei pensieri. Tra l’altro non ero nemmeno a conoscenza che ella fosse in attesa di un figlio. A differenza delle altre volte, non era venuta da me per prendere consiglio sul da farsi, la convinzione di tenersi il bambino era così scontata che non ha avuto bisogno della conferma del padre spirituale. In questa storia non c’era bisogno d’intermediari che le chiarissero la Volontà di Dio, poiché nel suo cuore tutto era chiaro. La sua vocazione alla maternità è così forte che non ha avuto esitazioni nell’accogliere la Volontà di Dio.
Quando sono ritornato in parrocchia bussa alla porta della nostra comunità Roberto, il fratello di Anna, chiedendomi preghiere per sua sorella. Era il primo venerdì del mese giorno nel quale si tiene l’adorazione eucaristica in parrocchia. Con un gruppo di amici e conoscenti di Anna avevamo stabilito di incontrarci alle 16.30 per pregare, invitai anche Roberto a pregare insieme a noi. Durante la preghiera affidiamo Anna alle cure di S.Anna, protettrice delle partorienti, e a S.Antonio nostro patrono. Nel frattempo decido di andare in ospedale da Anna, per cui lasciai gli altri che continuavano a pregare e con due amiche andammo a Napoli. Giunti in ospedale chiesi di poter entrate nella sala di rianimazione, mi fu subito concesso, mentre mi preparavo per entrare mi venne un brivido di paura, ero preoccupato pensavo chissà cosa troverò al di là del vetro?, ero in procinto di entrare nella camera dove vi è la sofferenza, temevo l’incontro con Anna, ero abituato a vederla sorridente e gioiosa per cui rifiutavo di immaginarla sofferente, ed effettivamente almeno esternamente non lo era. Anna era stesa su un lettino ricoperta da un lenzuolo bianco e con il viso colorito, molto bello. Il suo era un dormire angelico. Domandai ai medici circa il suo stato di salute, mi dissero che era molto grave e non era cosciente, per cui non avrebbe avuto la possibilità di sentirmi. Ma io invece percepivo che lei c’era e che in qualche modo avvertiva la mia presenza. Gli amministrai subito l’unzione degli infermi, e poi rimasi li a parlare e a pregare con lei la coccolavo e cercavo di trasmetterle tutto il mio affetto cercando di farle percepire che non era sola in quel momento tanto difficile, ma che tutti eravamo con lei. Dicono che sono stato nella sala quasi un’ora, io non né sono cosciente so solo che mi trasmise tanta pace. Quando uscii fuori dalla sala incontrai Luigi suo marito lo abbracciai, il suo dolore era grande ma non avevo parole se non lo stargli vicino in silenzio che in momenti come quelli credo sia il modo migliore per comunicare la speranza e l’amore di Dio. Il giorno della morte di Anna andai a casa sua per pregare e impartirle la benedizione, in quella occasione Luigi mi disse: “Gesù mi ha messo a dura prova, ma io non cado perché Egli mi dà la forza” Di fronte a tali parole, che per me furono una professione di fede, mi inginocchiai davanti a Luigi e con le mani gli asciugai le lacrime poi lo abbracciai fortemente, con la consapevolezza che in tutto questo c’era Dio che lo stava accompagnando. Al mio lungo abbraccio Luigi provò consolazione e confidò a sua madre: “Quell’abbraccio sembrava quello di Cristo, ciò mi dà la forza di andare avanti”.
Mentre ero in casa di Anna rimasi felicemente sorpreso, Anna aveva arredato la sua casa con i segni della fede che gli avevo consigliato il giorno del suo matrimonio: un crocifisso, un icona della sacra famiglia e nel posto più bello della aveva messo un leggio con la bibbia aperta. Mi dice un sua amica “padre Vincenzo vede quella Bibbia la leggeva tutti i giorni”.
Il 6 gennaio giorno dell’epifania alle 15.30 nella chiesa parrocchiale gremita da una grande folla celebrai la messa per Anna. La commozione fra i convenuti era tanta, anch’io mi lasciai prendere dalla commozione, effettivamente il dolore era grande ma contemporaneamente anche lo stupore di fronte a una testimonianza così forte. Mentre leggevo le parole del Vangelo che secondo la liturgia del giorno raccontavano la visita dei magi al piccolo nato, quelle parole sembravano descrivere gli stati d’animo di quando stavamo vivendo, infatti nell’omelia paragonai Anna ai re magi i quali all’annuncio della nascita del bambino provano una grande gioia. Anche Anna all’annuncio dell’attesa del suo bambino ha provato una gioia tale che il pensiero stesso della morte non è riuscito a portargliela via. Infine consigliai a tutti i presenti di assumere di fronte alla scelta di Anna un atteggiamento di contemplazione e di silenzio, poiché ella appoggiata in Dio aveva deciso di donare la vita. Alle mie parole diversi presenti rimasero soddisfatti, avevano trovato una risposta, infatti nei giorni precedenti i commenti nel paese erano stati i più vari: Perché Dio non l’ha aiutata? A cosa è servito se poi è morta? Ma è proprio questo quello che Dio vuole?.... Invece una scelta così radicale, vissuta nella consapevolezza e nella gioia di donare la vita, a mio avviso andava semplicemente accolta e rispettata, Anna proprio perché si è abbeverata quotidianamente alla Parola di Dio è stata guidata dallo Spirito Santo a una scelta così grande.
Questa storia nonostante la sua drammaticità mi ha tanto arricchito, mi ha incoraggiato a vivere con più slancio il mio ministero pastorale spingendomi a proporre il Vangelo nella sua chiarezza e genuinità senza mezzi termini. Anna ci ha insegnato che se non avesse avuto la Parola di Dio come guida non avrebbe potuto vivere con gioia la sua difficile gravidanza. Invece la fede l’ha guidata a percorrere quei sentieri che umanamente sono assurdi, la sua scelta ci ha testimoniato che la Parola se accolta si fa vita e che Dio attraverso gli insegnamenti della Chiesa semina e a suo tempo raccoglie frutti di santità.

 

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LA STORIA DELLE APPARIZIONI

(da: www.mammadellamore.it)

Dal 1992 Marco si ritrovava, ogni sabato sera, con alcuni amici per la recita del Santo Rosario.
Gli eventi straordinari iniziarono il 26 marzo 1994 quando egli fu invitato, presso una famiglia, per un incontro di preghiera e per festeggiare poi un compleanno.
Durante la serata sentì dentro di sé, per ben tre volte, una voce che gli diceva... "figliolo, scrivi!" La quarta volta ..."Marco, figlio caro, non temere sono la Mamma, scrivi per tutti i tuoi fratelli...".
Erano le ore 22.35 quando la Mamma donava il suo primo messaggio in locuzione, cioè sotto dettatura.
Per circa sei mesi la Vergine, che aveva chiesto di essere venerata con il titolo di MAMMA DELL'AMORE, portò privatamente e ogni giorno i suoi messaggi al suo strumento Marco, per aiutarlo nella sua crescita spirituale e per rafforzare la sua fede, in vista di una futura "missione pubblica", come la definiva LEI.
Nel mese di luglio dello stesso anno, per la prima volta, Marco ebbe la visione della Vergine che gli si presentò, come ancora oggi, sotto sembianze umane: "Una giovane di 15-16 anni con indosso un abito lungo di color oro chiaro ed un manto, che le scende dal capo lungo il corpo fino ai piedi, di color oro più scuro, come la fascia che le cinge i fianchi".
Sempre secondo il racconto del veggente, quando lui cade in estasi, vede la Madonna avvolta in una luce forte, ma allo stesso tempo delicata e si ferma a circa un metro e mezzo da lui.
A volte si presenta con in braccio Gesù Bambino, altre volte con la corona del Santo Rosario.
Nel messaggio del 20 maggio 1995 la Vergine invitò il veggente e i fratelli che gli erano accanto a recarsi in preghiera ..."In quella Chiesa ove la prima pietra che vi è stata messa, che è stata portata lì, giunge da quel luogo dove è sgorgata l'acqua, da Lourdes... anche lì vi saluterò...".
In un successivo messaggio, alla domanda che i fratelli si erano posti: "Quale sarà la Chiesa?", la Mamma rispose ..."in quel luogo ove c'è uno stabile che sta crollando, che è inclinato... in PARATICO...". La Chiesa indicata era quella dei Tengattini, a circa 100 metri di distanza dalla quale sorge un vecchio albergo che, data la zona non bonificata, è ceduto da un lato rendendolo pericolante.
Il 26 giugno 1995 Marco e i fratelli si recarono davanti alla Chiesa indicata e la Mamma non fece mancare il suo saluto..."Ecco, proprio costì vengo a dirvi: questo è il luogo prescelto per portare tante anime a Dio, per portare gioia ai fratelli; voi ritrovatevi costì in preghiera, Gesù concederà...".
Da allora, ogni 26 del mese in località Paratico, precisamente davanti alla Chiesa dei Tengattini ci si ritrova in preghiera. Qui la Mamma porta il suo saluto e i suoi messaggi e qui affluiscono pellegrini che vanno via via aumentando.
Sempre nel 1995 Marco ricevette due messaggi privati: uno per il Papa ed uno per il Vescovo di Brescia, che furono consegnati scrupolosamente come richiesto.
La Vergine Maria donò al veggente ben 11 segreti che egli definisce "grandi ed importanti" e che riguardano: il Mondo, l'Italia, le Apparizioni nel Mondo, il Ritorno di Gesù sulla terra, la Chiesa, il Papa ed altri segreti personali inerenti la sua vita e il suo cammino.
Il più pressante, che ci invita a pregare, è quello che viene chiamato il TERZO SEGRETO DI FATIMA.
Marco a chi chiede di questi segreti, risponde: "Nessuno deve essere curioso dei segreti, essi devono rimanere tali. Posso solo dire che il mondo si salva tramite la PREGHIERA e la devozione a MARIA, ultima ancora di salvezza per tutto il genere umano".
La Mamma inoltre, a ricordo del primo anniversario delle Apparizioni e per confermare la sua presenza, ha donato al suo strumento una stimmate, a forma di croce, sul petto, che da allora ha sanguinato otto volte o durante la settimana santa o come preannuncio di avvenimenti difficili e particolari per l'umanità.
Nel 1997, su volere e desiderio della Mamma dell'Amore, è nata l'Associazione che diffonde i messaggi della Vergine e che aiuta chi ha bisogno.
Il 18 settembre 1998 Marco è stato ricevuto in udienza dal Vescovo di Brescia Mons. Bruno Foresti. Il 10 novembre dello stesso anno è stata nominata una "commissione" per constatare la veridicità delle Apparizioni della Vergine e il contenuto dei messaggi.
Il 17 luglio 1999, alle ore 21.25, Elena, moglie di Marco, si è avvicinata al quadro raffigurante la Mamma dell’Amore, situato su un ripiano della loro mansarda, per recitare una preghiera con la figlia.
Mentre pregava ha notato che sul vetro, dal volto della Vergine, con esattezza dall’occhio sinistro, stava fuoriuscendo una gocciolina d’acqua, che poi è scivolata luogo il vetro fino alle mani. Stupìta ha chiamato Marco. Entrambi, con emozione, hanno appoggiato un dito e portato alla bocca, hanno constatato che la goccia aveva un sapore salato. Marco ha immediatamente informato telefonicamente alcuni membri dell’Associzione che, giunti nella sua abitazione, si sono resi conto della veridicità delle lacrime. Alle ore 23.40 sono arrivate anche alcune persone provenienti dalle province di Milano e Varese, alle quali era stata data la notizia di quanto stava avvenendo. Dopo alcuni minuti di raccoglimento davanti al quadro della Mamma, alla presenza di 18 testimoni, è avvenuta l’ultima lacrimazione.
Martedì 20, in mattinata, Marco, con sei persone presenti al miracolo della lacrimazione, si è recato in Curia. E’ stato ricevuto da Mons. Lucio C., nominato dal precedente Vescovo di Brescia Mons. Bruno F., presidente della commissione, che ha l’incarico di conoscere e studiare gli avvenimenti collegati con le apparizioni della Mamma dell’Amore.

Ogni 26 del mese, davanti alla Chiesa dei Tengattini-Paratico (Brescia), attorno alle ore 20 iniziano gli incontri di preghiera.
E’ dal mese di agosto 1999 che, con l’autorizzazione della Curia di Brescia, alle ore 20.30, nella Chiesa parrocchiale di Clusane d’Iseo (Brescia), a pochi chilometri da Paratico, avviene l’incontro di preghiera e l’ora di grazia, con la presenza di Marco.

 

 

Ultimo aggiornamento: lunedì 14 aprile 2014