Giovanni Widmann


BREVE STORIA DEL MOVIMENTO EUGENETICO

(originale)

 

Una delle principali misure adottate a scopo eugenico è stata la sterilizzazione coattiva di particolari categorie di soggetti, malati mentali, criminali, portatori di gravi tare ereditarie. Il provvedimento pratico rispondeva ad un preciso assunto teorico, il quale leggeva la costituzione bio-psichica individuale in termini di ereditarietà dei caratteri fisici e mentali, riservando conseguentemente un ruolo determinante alla presunta trasmissione ereditaria anche dei caratteri patologici. Perciò inibire la capacità procreativa di queste categorie sociali attraverso la sterilizzazione rivestiva una funzione eugenica, poiché impediva la trasmissione alla discendenza dei caratteri sfavorevoli; quindi tale provvedimento si collocava tra le pratiche di eugenica negativa, tese ad impedire la riproduzione dei soggetti affetti da tare ereditarie. Va aggiunto che la sterilizzazione di fatto è stata storicamente la pratica eugenetica socialmente più efficace e praticabile, non tanto per la sua sostenibilità sociale, che anzi non vi fu mai, scatenando dibattici etici e giuridici e provocando immaginabili drammi privati, ma piuttosto perché essa dava risultati certi ed era tecnicamente di facile realizzazione, specie quella maschile, mentre alquanto utopico appariva fin dall’inizio il progetto di eugenetica positiva basato sull’accoppiamento di soggetti dotati di tratti desiderabili, data la scarsa praticabilità e accettabilità sociale di tale ipotesi, che avrebbe dovuto prevedere una rigida regolamentazione di unioni matrimoniali da sempre viste come il frutto di libere e condivise scelte affettive.

Le società di eugenica sociale sorte all’inizio del Novecento in vari Paesi europei e negli Stati Uniti, come la Britains Eugenics Society e lAmerican Eugenics Society, aderirono tutte a questo paradigma ereditarista, ulteriormente rafforzato dal contemporaneo diffondersi del mendelismo, e in coerenza con tale orientamento promossero listituzionalizzazione dell'eugenica come nuova dottrina sociale, il cui scopo era la conservazione e il miglioramento del patrimonio biologico della specie umana. La sterilizzazione tendeva dunque a realizzare questo obiettivo di prevenzione e igiene razziale, secondo un rigido determinismo genetico mirante a selezionare e limitare forzatamente la funzione procreativa di determinati gruppi sociali.


Brevi cenni storici sulla sterilizzazione eugenica nei vari Paesi


Già Galton agli inizi del Novecento si era espresso a favore della segregazione sessuale di particolari categorie di soggetti tarati, impedendo loro di procreare. Allo stesso modo, molti eugenisti dell’epoca ritenevano che il progresso sociale avesse compromesso l’azione della selezione naturale, permettendo la possibilità di riproduzione a soggetti mediocri e in questo modo inducendo un rischio di degenerazione della specie. Per questo urgeva intervenire con misure di selezione artificiale che scongiurassero tale rischio. Tale visione ispirò dunque varie misure di eugenica negativa, di cui la sterilizzazione chirurgica maschile fu una delle più diffuse.

Solitamente la memoria va alle aberranti pratiche nazionalsocialiste degli anni Trenta in Germania, senza sapere che l’origine e la pratica della sterilizzazione eugenetica è molto più antica. Uno dei primi paesi ad applicare la sterilizzazione forzata furono infatti gli Stati Uniti sul finire dell’ottocento. Già nel 1898 lo Stato del Michigan esaminò la proposta di legge per la castrazione di malati mentali, epilettici e criminali recidivi. l’Indiana, nel 1907, promulgò la prima legge statunitense che prevedeva la sterilizzazione coatta di malati mentali, delinquenti recidivi e violentatori. Di lì a breve la legge dell’Indiana fu estesa ad altri 15 stati americani. Nel 1931 ben trenta stati avevano approvato leggi sulla sterilizzazione. Nel 1921 la Società Americana di Eugenetica propose la sterilizzazione selettiva del 10% della popolazione, giudicata composta da elementi inquinanti, al fine di evitare il suicidio della razza bianca. Una folta schiera di eugenisti propugnava la sterilizzazione forzata di vite senza valore, impedendo la procreazione dei soggetti più deboli, giudicati non adatti alla procreazione in quanto portatori di tratti ereditari indesiderabili. Tra il 1907 e il 1960 si stima che negli ospedali psichiatrici pubblici siano state eseguite oltre 60.000 sterilizzazioni chirurgiche obbligatorie. Oltre a criminali sessuali, ritardati mentali e portatori di tare ereditarie, molti stati approvarono leggi per la sterilizzazione eugenica mediante vasectomia anche di alcolizzati o appartenenti a gruppi etnici ritenuti pericolosi per la razza bianca.

A questo proposito va ricordata la progressiva campagna di chiusura verso gli immigrati dopo la prima guerra mondiale, culminata nella dura legge contro l’immigrazione approvata nel 1924, il Johnson Act (Immigration Restriction Act). La legge aveva lo scopo di regolamentare la composizione etnica e razziale degli Stati Uniti, sulla base dei principi sostenuti dal movimento eugenetico americano. In particolare la limitazione dei flussi d’immigrazione colpiva i popoli dell’area del Mediterraneo e dell'Europa dell’est, intorno ai quali circolavano pregiudizi su una presunta inferiorità biologica. La filosofia eugenetica statunitense legittimava tali scelte con la necessità di preservare il sangue della stirpe americana dalla contaminazione biologica del meticciato. Negli Stati Uniti il movimento eugenetico finanziò ricerche sulla trasmissione ereditaria di tratti sociali, in particolare di quelli indesiderabili, e classificò individui, gruppi e razze collocandoli su una scala di valore umano. Quindi promosse soluzioni biologiche per problemi sociali come la criminalità, in base al rigido geneticismo che contraddistingueva la sua impostazione teorica. In particolare gli eugenisti americani sostenevano l’esistenza di una correlazione tra la frenastenia (idiozia ed imbecillità patologiche) e la condotta immorale o la tendenza al crimine. Tratti sociali come l’alcolismo, la prostituzione o la povertà, conseguente alla disoccupazione e alla malattia cronica, erano in sostanza imputabili ad una degenerazione ereditaria, a sua volta accertata attraverso la misurazione del QI, e perciò del presunto potenziale intellettivo. Era dunque scientificamente provata la connessione tra scarsa intelligenza e comportamento degenerato, e da ciò discendeva una biologizzazione delle differenze tra le classi sociali, per cui la diversa distribuzione di potere, funzioni e ricchezza tra le stesse era proporzionale al diverso livello di dotazione intellettiva ereditaria. La degenerazione tuttavia era attribuita anche a particolari razze e gruppi etnici, di cui si sosteneva l’inferiorità e perfino la tendenza criminale. I popoli dell'Europa meridionale e orientale, ebrei in particolare, erano considerati geneticamente inferiori e si osteggiavano i matrimoni misti, paventando il rischio di una contaminazione del sangue dei pionieri americani. I negri, poi, erano considerati in assoluto possessori del più basso potenziale intellettivo. Charles B. Davenport, fondatore del più importante centro americano per la ricerca e la diffusione della dottrina eugenetica, lEugenics Record Office, nel 1910 si fece promotore della sterilizzazione dei non idonei alla riproduzione, frenastenici e degenerati, considerando la propagazione delle tare ereditarie di costoro una minaccia per la società americana.

In quegli anni in Europa la sterilizzazione a scopo eugenetico alimentò molti dibattiti, ma la pratica non ebbe larga diffusione. I provvedimenti più significativi di sterilizzazione coatta furono quelli nazionalsocialisti degli anni Trenta, ispirati da una concezione biologica delle razze e dall’esigenza di preservare l’integrità e la purezza del sangue della razza ariana dal rischio di inquinamenti e contaminazioni. Questo programma di igiene razziale fu attuato dapprima attraverso la sterilizzazione su larga scala di intere categorie sociali di indesiderabili e più tardi con la loro sistematica soppressione fisica mediante eutanasia. L’uccisione pietosa di vite indegne di essere vissute, handicappati fisici e mentali, malati incurabili, anziani, sfociò quindi nello sterminio di massa di interi gruppi etnici e razziali ritenuti biologicamente inferiori e pericolosi per la purezza della razza nordica ariana, come gli zingari e gli ebrei.

La dottrina razziale ed eugenetica nazionalsocialista presupponeva una matrice biologica delle differenze razziali. Alcune razze, come la semitica e la negra, erano giudicate inferiori, mentre si proclamava l’esistenza di una pura razza ariana nordica detentrice dell’eccellenza biologica, la cui purezza andava preservata dai pericoli di degenerazione rappresentati dai suoi elementi interni inquinanti e dalla contaminazione con altri gruppi o razze giudicate aliene ed inferiori. In questo senso i nazionalsocialisti intendevano preservare la purezza del sangue tedesco e purificare il patrimonio genetico della nazione mettendo a punto un programma eugenetico radicale che doveva creare una società omogenea sotto il profilo razziale, fisicamente forte e mentalmente sana. Inoltre, in linea con i tradizionali assunti dell’eugenetica d’inizio secolo, l’ideologia razziale nazionalsocialista aderiva ad un marcato geneticismo, secondo cui determinati tratti fisici e psichici, specie patologici, erano ereditari. Allo stesso modo si riteneva che tratti sociali come la criminalità, l’alcolismo o la socialità avessero cause organiche, in particolare fossero associabili alla frenastenia, termine che indicava la condizione di idiozia o imbecillità congenita e patologica responsabile del comportamento deviante, e fossero caratteristici di specifici gruppi etnici o razziali, considerati perciò degenerati ed inferiori, come gli zingari, gli ebrei o i negri.

Tale biologizzazione delle differenze tra i vari gruppi etnici e razziali e della costituzione bio-psichica individuale, aveva i suoi propugnatori e sostenitori tra importanti scienziati ed accademici già prima dell’avvento del nazionalsocialismo. Conseguentemente a tale impostazione ereditarista, medici, psichiatri, antropologi e genetisti enfatizzavano la necessità di attuare una politica di rigenerazione della razza basata sull'ostracizzazione di determinate categorie sociali portatrici di caratteri indesiderabili e sulla salvaguardia della purezza del sangue ariano dal pericolo di contaminazione con razze giudicate inferiori. Il nazionalsocialismo piuttosto radicalizzò tali teorie e soprattutto promosse una graduale e progressiva politica di esclusione e discriminazione di questi gruppi alieni o degenerati, dapprima inibendo la funzione procreativa di coloro che a vario titolo erano giudicati pericolosi per l’integrità biologica della nazione, disabili fisici e psichici, quindi attuando una sistematica eliminazione di queste vite senza valore, e questo ben prima di pianificare la cosiddetta soluzione finale verso gli ebrei, la quale casomai fu il naturale sbocco di iniziative eugenetiche pensate e realizzate nel periodo antecedente l’olocausto.

Fondamentalmente la scienza della razza nazionalsocialista contemplò provvedimenti di eugenetica negativa tendenti a impedire la capacità procreativa di individui a vario titolo giudicati portatori di tare ereditarie, ma vi furono anche iniziative ispirate agli assunti dell’eugenetica positiva, finalizzate a favorire la procreazione di individui ritenuti detentori dell’eccellenza biologica della pura razza ariana (i Lebensborn).

Nel corso del tempo la diffusione della pratica di sterilizzazione eugenica di determinate categorie sociali non ha conosciuto confini geografici ed ha interessato trasversalmente sistemi politici e giuridici profondamente diversi, comune tanto a organizzazioni statuali liberal-democratiche quanto a regimi totalitari. In particolare colpisce come tale pratica si sia protratta fino ad anni recenti, com'è il caso dei paesi scandinavi. In questi casi la decisione di sottoporre a sterilizzazione varie categorie sociali non era tanto ispirata da motivi razziali quanto piuttosto dall’intento di impedire la diffusione tra la popolazione di malattie genetiche ed ereditarie che avrebbero gravato sullo stato assistenziale, con un eccesso di spesa sanitaria. Qualche dato: in Svezia tra il 1935 e il 1996 quando una coraggiosa campagna di stampa ha denunciato l’intensità del fenomeno, sono stati sterilizzati circa 230.000 tra handicappati, malati mentali e asociali, ossia persone socialmente marginali. Anche delinquenti, minoranze etniche, indigeni di razza mista e prostitute furono sottoposti al trattamento, imputati di pesare sull'assistenza pubblica e di essere portatori di malattie e di stili di vita dagli alti costi sociali. La sterilizzazione coattiva è rimasta in vigore fino al 1976, anno in cui una nuova legge rendeva obbligatorio il consenso degli interessati. Oggi le autorità pubbliche tentano un risarcimento economico per chi ha subito tale menomazione. Lo stesso paradigma economicistico ed utilitaristico connotava la legislazione di stati come la Danimarca e la Norvegia, dove rispettivamente nel 1929 e nel 1934 furono varati provvedimenti di sterilizzazione miranti a migliorare la qualità genetica della popolazione attraverso l’inibizione dell’eredità patologica di particolari gruppi sociali. Anche la Finlandia consentiva la sterilizzazione forzata a scopo eugenetico. In Svizzera la sterilizzazione forzata venne approvata nel 1928 e rimase in vigore fino al 1970. In Francia, benché storicamente illustri eugenisti abbiano teorizzato misure di igiene razziale (Carrel, Richet), la sterilizzazione a scopo dichiaratamente eugenico non è mai stata praticata, come peraltro in Italia. Più recentemente, piuttosto, ha preso consistenza il fenomeno della sterilizzazione di donne affette da disturbi psichici, con motivazioni peraltro diverse da quelle propriamente eugenetiche, ascrivibili piuttosto a ragioni di ordine terapeutico o cautelativo. In Francia risultano sterilizzate presso manicomi circa 15.000 donne. Anche in Austria, pur in assenza di norme in materia, risulta che il 70% delle donne con handicap psichico viene normalmente sterilizzato. In Spagna la Corte Costituzionale nel 1994 ha ammesso la sterilizzazione coatta dei malati psichici. Anche in Australia si registrano un migliaio di casi. In Giappone, dove la sterilizzazione a scopo eugenico fu legalizzata nel 1948, la legge è stata revocata nel 1996. Più conosciute sono le pratiche di sterilizzazione attuate nel corso degli anni in Cina e in India. Nel 1995 la Cina ha promulgato una legge sulla salute materna e infantile che di fatto istituisce una forma di eugenetica di stato: è fatto obbligo alla coppia di sottoporsi ad esame prematrimoniale obbligatorio allo scopo di ricercare eventuali malattie genetiche, infettive o mentali. Se il subendo è colpito da malattia mentale o infettiva il matrimonio è interdetto fino a nuovo ordine, mentre in caso di accertata presenza di malattia genetica grave l’autorizzazione a contrarre matrimonio è subordinata all’impegno da parte della coppia a sottoporsi a trattamento anticoncezionale di lungo periodo o, in alternativa, a farsi sterilizzare. In India nei decenni scorsi la sterilizzazione è stata attuata soprattutto come forma di controllo demografico, ma in forme spesso sottilmente coercitive o subdole. Va poi ricordato come in anni anche recenti ampi programmi di sterilizzazione femminile più o meno forzata siano stati realizzati in molti Paesi dell’america latina, dal Messico al Brasile, dal Perù alla Bolivia. Il fenomeno ha coinvolto soprattutto donne indigene e meticcie appartenenti agli strati più poveri della popolazione, con l’intento di limitare l’espansione demografica dei quei particolari gruppi etnici. Un curioso residuo della vecchia impostazione macro-eugenetica, addirittura ispirato alla Repubblica di Platone, fu il programma di pianificazione familiare proposto dal governo tecnocratico di Singapore nel 1984. La preoccupazione per il calo del tasso di fertilità tra le donne più acculturate del paese, insieme alle tesi sull’ereditarietà dell’intelligenza, indussero il governo a introdurre dei provvedimenti che frenassero il fenomeno. In concreto il programma prevedeva incentivi economici alle donne con basso livello di istruzione affinché si sottoponessero a sterilizzazione, in modo da limitare l’espansione della prole. Incentivi e premi di diversa natura erano invece previsti per quelle donne istruite che avevano una prole numerosa e per facilitare l’unione tra persone altamente acculturate.

Per quanto riguarda l'Italia, va detto che malgrado il dibattito acceso sul tema, coloro che agli inizi del ventesimo secolo proponevano misure di eugenica negativa come la sterilizzazione furono sempre una minoranza. Più tardi, poi, l’avvento del fascismo e la sua politica demografica pronatalista impedirono qualsiasi tipo di controllo della fecondità, qualificando come reato contro la sanità e integrità della stirpe la procurata impotenza alla procreazione, insieme all’aborto, alla contraccezione, al contagio venereo. Tale condanna della sterilizzazione, come di qualsiasi altra misura di controllo della fecondità ispirata ad un costume sessuale edonistico, ebbe ulteriore vigore dopo la stipula del Concordato con la Chiesa cattolica. In ogni caso in anni recenti anche l'Italia ha conosciuto il fenomeno della sterilizzazione di particolari categorie sociali, soprattutto giovani donne affette da handicap mentale, seppur con motivazioni diverse da quelle propriamente eugenetiche. Il professor Pinkus, coordinatore del gruppo di lavoro sulla sterilizzazione istituito dal Comitato Nazionale per la Bioetica, stima che dal 1985 al 1999 (anno di pubblicazione del documento del CNB) siano stati sterilizzati almeno 6.000 disabili psichici.

Giova ricordare che dagli anni Sessanta le pratiche sterilizzanti hanno in gran parte perso la loro valenza eugenica e rientrano piuttosto tra gli strumenti di regolazione delle nascite nelle politiche di family planning, quindi come misure contraccettive individuali o sociali finalizzate alla pianificazione demografica, spesso consigliate e favorite da organismi internazionali, i quali subordinano l’aiuto economico ai popoli in via di sviluppo all’attuazione di programmi statali di contenimento della natalità. Capitolo a parte riveste poi la sterilizzazione terapeutica, in quanto non pone i quesiti etici e giuridico-legali della sterilizzazione eugenica o contraccettiva.