Quei bravi ragazzi global del
Fondo Monetario Internazionale
OVVERO COME TOGLIERE AI POVERI PER DARE AI RICCHI
(a cura di Claudio Prandini)
Indovinello: Qual è la differenza fra Tony Soprano e il Fondo Monetario Internazionale? Risposta: nessuna, eccetto il fatto che Tony e i suoi compari mafiosi, che estorcono denaro e impoveriscono una manciata di persone nel New Jersey, sono personaggi televisivi; il FMI, invece, fa le stesse cose a centinaia di milioni di persone nel mondo reale....
Logo del FMI
FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE
& BANCA MONDIALE
COSA È IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE (FMI)?
Un
problema di fondo per il commercio internazionale è quello dei pagamenti, perché
non esiste una moneta universale. I pagamenti quindi sono sempre avvenuti
facendo riferimento all'oro o a monete di economie forti come quelle
dell'Inghilterra e degli Stati Uniti.
All'inizio di questo secolo tuttavia, il mondo attraversò una grande crisi
economica che generò sfiducia in tutte le monete. Anche le relazioni monetarie
internazionali, di conseguenza, divennero confuse, provocando gravi difficoltà
per gli scambi internazionali.
Agli inizi degli anni '30 furono indette numerose conferenze internazionali per
trovare una soluzione ai problemi monetari mondiali, ma non ebbero successo.
Finalmente nel luglio 1944, nella cittadina di Bretton Woods, situata nel New
Hampshire (USA), venne organizzata proficuamente la Conferenza Internazionale
Monetaria e Finanziaria a cui parteciparono 44 paesi. La soluzione trovata per
ridare stabilità monetaria al mondo non fu quella di istituire un'unica moneta
(ipotesi proposta dal famoso economista J.M. Keynes), ma quella di creare un
organismo denominato Fondo Monetario Internazionale (FMI) con due scopi
fondamentali: - supervisionare e garantire la parità tra le monete dei diversi
paesi, - fornire aiuto finanziario a breve termine (3-5 anni) ai paesi membri
che attraversano crisi economiche legate a gravi squilibri della bilancia dei
pagamenti, attraverso la concessione di prestiti attinti da un fondo formato dai
versamenti dei paesi membri.
Ogni paese membro con momentanee difficoltà di pagamento può ritirare dal fondo
fino al 25% della quota che ha versato. Se ha bisogno di una quota superiore,
deve chiedere un prestito. Per riceverlo, deve però dimostrare come intende
risolvere i suoi problemi di pagamento e deve accettare le indicazioni date dal
Fondo stesso per risanare la sua economia. Questi piani di aggiustamento
influiscono più o meno pesantemente nella politica economica dei vari paesi.
Oggi aderiscono al FMI 178 paesi, e il loro potere decisionale è proporzionale
alle quote versate. Le 5 nazioni più industrializzate del mondo (Usa, Giappone,
Germania, Inghilterra e Francia) controllano, da sole, il 39% dei voti. (vedi
figura)
COSA È LA BANCA
MONDIALE?
Come
il FMI, fu fondata nel 1944 a Bretton Woods, la conferenza che si tenne negli
Stati Uniti alla vigilia della fine della seconda guerra mondiale, per cercare
di stabilire delle regole all'economia mondiale.
La comunità internazionale assegnò alla Banca Mondiale il ruolo indicato dal suo
nome formale: Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (IBRD
International Bank for Reconstruction and Development) ed i primi prestiti della
banca furono diretti alla ricostruzione delle economie europee distrutte dalla
Seconda Guerra Mondiale. Quando l’Europa ebbe terminata la sua ricostruzione la
banca volse il suo sguardo verso i paesi più poveri del pianeta. Attualmente lo
scopo ufficiale della BM e’ quello di favorire lo sviluppo dei paesi poveri
fornendo loro risorse finanziarie ed assistenza tecnica in progetti specifici.
Nei suoi primi due decenni di vita, due terzi dei contributi hanno finanziato
progetti idroelettrici
e di trasporto.
Alla Banca Mondiale aderiscono 151 paesi, ciascuno dei quali partecipa con una
quota di
capitale compatibile con la propria forza economica.
Data la suddivisione del capitale, i paesi industrializzati insieme hanno
all'interno della Banca più del 60% dei voti.
La Banca Mondiale è definita un ente che promuove lo sviluppo, ma il concetto di
sviluppo su cui si fonda è molto legato alla "crescita" del Prodotto Interno
Lordo, più che la benessere degli abitanti di un paese.
Viene criticata dalle organizzazioni non governative perché finanzia progetti
con effetti negativi dal punto di vista sociale e ambientale. In molti paesi
sono state finanziate opere (dighe e miniere, ad esempio) che oltre a
distruggere migliaia di ettari di foreste e di buona terra, hanno messo in seria
difficoltà migliaia di persone che abitavano la zona.
In altri casi sono stati finanziati progetti inutili e costosi che hanno solo
procurato profitti alle imprese costruttrici del Nord e debiti ai paesi del Sud.
Attualmente la Banca mondiale ha un ruolo importante, assieme al Fondo Monetario
Internazionale, nella gestione del debito estero.
DOVE PRENDONO I SOLDI?
La BM
è una banca d’investimento che riceve soldi da soggetti investitori e li “gira”
ai paesi richiedenti. Proprietari della banca sono i 181 paesi che la
costituiscono. Ottiene i soldi che presta ai paesi in via di sviluppo attraverso
l’emissione di obbligazioni (che hanno una classificazione (rating) AAA, cioè
ottima, poiché sono garantiti dai governi membri), che
vengono vendute direttamente anche a governi e banche centrali.
Il FMI non e’ un intermediario fra investitori e beneficiari, anche se ha a
disposizione un fondo valutato in più di 215 miliardi di dollari. Queste risorse
provengono dalle quote di sottoscrizione dei paesi associati. L’adesione al FMI
comporta, infatti, il versamento di una quota di sottoscrizione. Questa, oltre
ad alimentare il fondo, è la base per determinare quanto un Paese può chiedere
in prestito o ricevere nella periodica allocazione di speciali beni chiamati SDR
(special drawing rights) e determina il potere di voto: più quote versate = più
potere acquisito.
CHE EFFETTI HANNO?
BM E FMI ED I PIANI DI AGGIUSTAMENTO STRUTTURALI
Nel
1982, quando il Messico dichiarò di non poter più pagare i suoi debiti, il FMI
intervenne in suo aiuto per salvare le banche creditrici. In cambio dell’aiuto,
il Messico fu però costretto ad attuare una serie di riforme che facevano del ripianamento del debito l’obiettivo primario del paese. Nacquero così i Piani di
Aggiustamento Strutturale.
Le scelte imposte partono da una considerazione molto semplice: chi ha un debito
da pagare deve lavorare molto, vendere molto e consumare poco, in modo da
disporre di un grande avanzo per ripagare il debito. I paesi devono cioè
produrre il più possibile per l'esportazione, sfruttando ogni risorsa naturale
vendibile, senza curarsi dei danni ambientali e sociali che ne possono derivare.
Inoltre devono svalutare la moneta e bloccare i salari, per rendere le proprie
merci meno care delle altre e acquistare competitività a livello internazionale.
Queste misure fanno calare i consumi, perché i lavoratori hanno meno reddito a
disposizione e spesso la svalutazione della propria moneta rispetto al dollaro
provoca l'aumento dei prezzi.
Viene anche chiesto di aumentare i tassi di interesse per far arrivare capitali
dall'estero e per stabilizzare l'inflazione (rialzo dei prezzi). Ne subiscono le
conseguenze le imprese locali che per investire devono chiedere prestiti ad un
tasso molto alto.
Infine è richiesto di tagliare nel bilancio pubblico, e questo significa quasi
sempre tagli
ad esempio nel settore dell'istruzione, della sanità e dei servizi sociali.
Non si hanno invece "ingerenze" nel bilancio militare, considerando la sicurezza
interna
dello Stato non discutibile dall'esterno.
Secondo un rapporto del 1996, prodotto dalla stessa BM per analizzare l’impatto
sociale dei PAS, in 8 dei 23 paesi esaminati si è avuto un aumento della
povertà, mentre in 11 dei rimanenti 15 paesi la povertà è diminuita meno del 2%.
Inoltre i tagli alle spese sociali hanno portato ad un incremento della
mortalità infantile e alla diminuzione del livello scolare.
BM E FMI ED L’AMBIENTE
Secondo un documento interno della BM, datato giugno 1996, la valutazione di
impatto ambientale non svolge un ruolo determinante nell’attuazione dei progetti
poiché spesso viene svolta troppo tardi.
BM e FMI, pur riconoscendo la rilevanza della Convenzione ONU sui mutamenti
climatici, continuano a finanziare progetti che contribuiscono al riscaldamento
globale del pianeta: gli studi realizzati dal Fondo per la Difesa dell’Ambiente
indicano che, sui 48 prestiti accordati dalla BM a programmi energetici per un
complessivo ammontare di 7 miliardi di
dollari, solo 2 di essi considerano l’efficacia nell'uso e nella conservazione
dell'energia.
BM E FMI ED I DIRITTI UMANI
BM e
FMI non hanno mai mostrato di accettare la funzione di coordinamento attribuita
all'ONU dalla Carta delle Nazioni Unite, e tanto meno di sottomettersi ai
principi generali del Diritto Internazionale; esse, infatti, forti del loro
controllo sulla quasi totalità del finanziamento estero, si sono poste in
contraddizione con i principi della sovranità degli Stati, del non-intervento
negli affari esteri e della libera determinazione dei popoli, con il risultato
di favorire la violazione massiccia e continua dei diritti dell'uomo, in
particolare dei suoi diritti economici, sociali, culturali; in definitiva dei
suoi diritti allo sviluppo.
Secondo le analisi della BM, il monitoraggio degli effetti sociali viene
trascurato in circa il 50% dei progetti della Banca e i Piani di Aggiustamento
Strutturale, che rappresentano almeno la metà di programmi della Banca,
raramente sono sottoposti a tali valutazioni.
CONCLUSIONI
A 56
anni dalla loro creazione, BM e FMI hanno dimostrato di non essere in grado di
creare le basi per un sistema di giustizia e stabilità economica al quale
possano partecipare tutti i popoli del pianeta.
Occorre pertanto sviluppare un nuovo approccio economico e finanziario che
faccia prevalere i bisogni ed i diritti dei popoli rispetto agli imperativi di
liberalizzazione e globalizzazione dei mercati.
Benché all’interno della BM e del FMI siano ben consci di ciò (nel 2000 l'autore
principale del Rapporto sullo Sviluppo Mondiale, Ravi Kanbur, si è dimesso in
segno di protesta dopo i tentativi da parte del management della BM di alterare
parte dei risultati delle sue ricerche sulle cause della povertà), le due
istituzioni continuano a fare gli interessi delle imprese multinazionali e dei
governi dei paesi più industrializzati, i reali beneficiari dell’attuale stato
delle cose, riproponendo le vecchie ricette (PAS) per contrastare la povertà, i
cui risultati sono stati definiti catastrofici anche dal “New York Times”.
Per maggiori informazioni contatta la Rete di Lilliput:
e-mail: rete.lilliput.tn@libero.it - sito: nodi.retelilliput.org/trento/
Altro logo del FMI
La verità sul Fondo
Monetario Internazionale
L'Accordo Istitutivo acquisì efficacia nel 1945 e l'organizzazione nacque nel
maggio
I suoi obiettivi sono (dovrebbero
essere):
- Promuovere la cooperazione monetaria internazionale
- Facilitare l'espansione del commercio internazionale
- Promuovere la stabilità e l'ordine dei rapporti di cambio, evitando
svalutazioni competitive
- Dare fiducia agli Stati membri rendendo disponibili, con adeguate garanzie, le
risorse del Fondo per affrontare difficoltà della bilancia dei pagamenti
- In relazione con i fini di cui sopra, abbreviare la durata e ridurre la misura
degli squilibri delle bilance dei pagamenti degli Stati membri.
Ogni membro (attualmente 185
paesi) può accedere al credito del fondo (SBA ed EFF), in un anno, fino al
massimo del 100% delle quote sottoscritte e, cumulativamente, fino al massimo
del 300%; l'ammontare dei prestiti può essere elevato in casi eccezionali.
Il Fondo Monetario Internazionale è fortemente criticato dal movimento no-global
e da alcuni illustri economisti, come il Premio Nobel per l’economia Joseph
Stiglitz, che lo accusano di essere un'istituzione manovrata dai poteri
economici e politici del cosiddetto Nord del mondo e di peggiorare le condizioni
dei paesi poveri anziché adoperarsi per l'interesse generale.
Il sistema di voto, che chiaramente privilegia i paesi "occidentali", è
considerato da molti iniquo e non democratico. Il FMI è accusato di prendere le
sue decisioni in maniera poco trasparente e di imporle ai governi
democraticamente eletti che si trovano così a perdere la sovranità sulle loro
politiche economiche.
Il board esecutivo e il board dei
governatori del FMI non danno a tutti i Paesi la stessa possibilità di essere
rappresentati.
L’assegnazione del numero dei voti è basata sul sistema “un dollaro un voto”,
che quindi antepone la ricchezza alla democrazia. I paesi più ricchi controllano
il board esecutivo sia in termini di seggi che di voti, nonostante il Fondo sia
quasi completamente impegnato in Paesi a basso e medio reddito. Questo sistema,
creato durante il periodo coloniale e controllato dai governi dei Paesi
sviluppati, è inadeguato e necessita di essere radicalmente modificato.
Perciò molti economisti, rappresentati del governo e associazioni chiedono una
struttura del Fondo che sia realmente democratica, che abbia gli stessi standard
di democrazia richiesti a livello nazionale. Per raggiungere questo obiettivo,
si auspica l’adozione immediata di un sistema di voto a doppia maggioranza. Le
decisioni dei board dovrebbero essere prese solo con il consenso della
maggioranza dei governi membri e con la maggioranza dei voti a favore. Il
sistema “un Paese, un voto” contro-bilancerebbe il sistema “un dollaro, un
voto”. La combinazione dell’attuale sistema di voto con la richiesta di un
accordo della maggioranza dei governi membri contribuirebbe a superare
l’ineguaglianza che caratterizza il meccanismo decisionale del FMI.
Come espresso prima Joseph
Stiglitz ha apertamente criticato l’operato del Fondo Monetario Internazionale.
Stiglitz ha rivestito ruoli rilevanti nella politica economica. Ha lavorato
nell'amministrazione Clinton come Presidente dei consiglieri economici (1995
–1997); alla Banca Mondiale ha assunto la posizione di Senior Vice President e
Chief Economist (1997 – 2000), prima di essere costretto alle dimissioni dal
Segretario del Tesoro Lawrence Summers.
Stiglitz esprime il suo disappunto per la politica del FMI nel suo libro
intitolato "Globalization and Its Discontents" 92 ("La globalizzazione e i suoi
oppositori"), dove analizza gli errori del FMI e della gestione delle crisi
finanziarie che si sono susseguite negli anni novanta, dalla Russia ai paesi del
sud est asiatico all'Argentina. Stiglitz illustra come la risposta del FMI a
queste situazioni di crisi sia stata sempre la stessa, basandosi sulla riduzione
delle spese dello Stato, una politica monetaria deflazionista e l'apertura dei
mercati locali agli investimenti esteri. Tali scelte politiche venivano di fatto
imposte ai paesi in crisi ma non rispondevano alle esigenze delle singole
economie, e si rivelavano inefficaci o addirittura di ostacolo per il
superamento delle crisi.
Stiglitz critica il FMI su diversi
punti.
Analizzando la crisi dell’Est asiatico, Stiglitz ricorda che il 2 luglio 1997
crollò il baht tailandese che segnò l’inizio della più grande crisi economica
dai tempi della Grande depressione, una crisi che partendo dall’Asia sarebbe
andata a colpire anche Russia e America Latina.
Il baht, che per dieci anni era stato scambiato con un rapporto di 25:1 rispetto
al dollaro, dalla sera alla mattina subì una svalutazione di circa il 25 per
cento.
America latina... Povero che grida contro la politica neoliberista del FMI |
Ormai la crisi è passata ma
sfortunatamente le politiche imposte dal FMI durante quel periodo tumultuoso
hanno peggiorato la situazione, e in molti casi hanno provocato addirittura
l’inizio di una crisi: secondo Stiglitz una liberalizzazione eccessivamente
rapida dei mercati finanziari e dei capitali è stata probabilmente la causa
principale della crisi, sebbene vi abbiano condotto anche alcune politiche
sbagliate condotto dai singoli paesi.
Oggi gli esperti del FMI hanno riconosciuto molti errori, ma non tutti.
Si sono resi conto, per esempio, di quanto possa essere pericolosa una
liberalizzazione troppo rapida del mercato dei capitali, ma è un cambiamento di
opinione che arriva quando ormai è troppo tardi per aiutare i paesi in
difficoltà.
Nei tre decenni precedenti alla
crisi, l’Est asiatico non era soltanto cresciuto più velocemente di qualsiasi
altra regione del mondo, più o meno sviluppata, riuscendo addirittura a ridurre
la povertà, ma aveva anche acquisto stabilità e si era salvato dagli alti e
bassi che caratterizzavano tutte le economie di mercato.
Tanto che quei risultati positivi vennero descritti come “il miracolo asiatico”.
Quando scoppiò la crisi però il FMI e il Tesoro degli Stati Uniti fecero aspre
critiche contro questi paesi, incolpandoli di avere dei governi corrotti e
urgeva una riforma radicale.
Stiglitz però si interroga: “come è possibile che le istituzioni di questi paesi
abbiano funzionato così bene per tanto tempo se sono marce e corrotte?” . La
risposta si evinse chiaramente dalla relazione intitolata “The East Asian
Miracle” realizzata dalla Banca Mondiale su pressione dei giapponesi: quei paesi
asiatici avevano avuto successo non solo malgrado il fatto di non aver seguito
il diktat del Washington Consensus, ma proprio perché non li avevano seguiti; fu
così evidenziato l’importante ruolo svolto dai governi.
Mentre le politiche del Washington
Consensus mettevano in risalto la privatizzazione, i governi asiatici a livello
nazionale e locale davano contributi per la creazione di imprese efficienti che
hanno svolto un ruolo decisivo nel successo di alcuni di questi paesi.
Quando cominciò la crisi, l’Occidente non ne colse la gravità.
Il FMI per risolvere la crisi impose un’impennata dei tassi d’interesse e tagli
alle spese, nonché di introdurre nei paesi cambiamenti sia economici che
politici.
Il FMI stava fornendo miliardi di dollari a questi paesi, ma a condizioni di
così ampia portata che i paesi che accettavano i finanziamenti finivano per
rinunciare a gran parte della loro sovranità economica.
Nonostante ciò, i programmi del
FMI sono falliti: avrebbero dovuto arrestare la caduta dei tassi di interesse,
che invece si sono mantenuti in discesa, senza che il mercato abbia minimamente
dimostrato di aver preso atto che fosse arrivato il FMI a “salvare la
situazione”. Imbarazzato dal fallimento della sua ricetta il FMI ha puntualmente
incolpato il paese di turno di non aver attuato sul serio le riforme necessarie.
Con l’aggravarsi della crisi aumentò la disoccupazione: la percentuale di
disoccupati era quadruplicata in Corea, triplicata in Thailandia e decuplicata
in Indonesia.
Il rallentamento nella regione ha avuto ripercussioni globali:la crescita
economica complessiva fu rallentata e, con questo rallentamento, sono crollati i
prezzi delle materie prime.
Secondo il premio Nobel americano,
a generare le crisi economiche dall’Est asiatico all’America Latina, dalla
Russia all’India, ritiene che la colpa vada imputata alla liberalizzazione dei
movimenti di capitali. Secondo Stiglitz essa può creare rischi enormi persino in
quei paesi che hanno banche forti, borse valori mature e altre istituzioni che
molti di quei paesi in crisi non possedevano. Nonostante egli esempi del
passato, il FMI ripropone la sua ricetta di liberalizzazione dei capitali, nella
bizzarra ipotesi che questa migliorerebbe la stabilità economica attraverso una
maggior diversificazione delle fonti di finanziamento. Basterebbe però
analizzare i dati relativi ai flussi di capitali per rendersi conto che essi
hanno un andamento prociclico, cioè defluiscono da un determinato paese in tempi
di recessione, proprio quando il paese ne ha più bisogno, e affluiscono verso il
paese nel periodi di rapida espansione, esasperando le pressioni
inflazionistiche.
Analizziamo due casi:
Il FMI si giustificava dicendo che le sue politiche avrebbero aiutato a
riportare la fiducia nei mercati dei paesi colpiti. Ma chiaramente un paese in
piena recessione non ispira alcuna fiducia.
2. Confrontando quello che è
successo in Cina invece, che come
Mentre i paesi in via di sviluppo
con mercati dei capitali liberalizzati hanno registrato un declino dei redditi,
l’India è cresciuta di oltre il 5% e
Conn Hallinan è analista in politica estera al Foreign Policy, ed insegnante di
giornalismo all’Università della California a Santa Cruz. Hallinan scrive che
l’ultima vittima in ordine di tempo del FMI sia stata appunto l’Argentina: la
terza economia, per importanza, dell'America Latina è stata fatta deragliare
dalle politiche del Fondo Monetario Internazionale che hanno già devastato
popolazioni ed economie da Mosca a JaKarta riempiendo al contempo i forzieri
delle banche e delle organizzazioni finanziarie.
Secondo Hallinan il mito più
diffuso riguardo al FMI è che si tratti di un organismo “internazionale".
Infatti, ha molti membri ma gli Stati Uniti ed i suoi alleati prendono tutte le
decisioni. L'Olanda, ad esempio, ha più potere di voto della Cina e dell'India.
"Internazionale" sarebbe quindi una comoda finzione che permette
all'organizzazione di evitare il controllo del Congresso. Quello che il FMI fa è
di fare un'offerta che non è possibile rifiutare.
Quando L’Argentina attraversò un periodo economico burrascoso all’inizio degli
anni ’90, il Presidente Bush (senior) e il Fondo offrirono un prestito
condizionato all’ancoraggio del Peso Argentino al Dollaro, alla totale
privatizzazione di banche e servizi, alla rimozione di dazi doganali ed alla
liberalizzazione della circolazione dei capitali.
L’Argentina ha abboccato e i
capitali stranieri sono affluiti. Per alcuni (i benestanti) l’economia decollò,
ma legare il peso al dollaro ha reso le esportazioni argentine proibitive mentre
l’inondazione di importazioni estere a basso costo ha minato la base industriale
del paese: chiusura di fabbriche, diffusione della disoccupazione ed implosione
del debito. La libera circolazione dei capitali ha permesso a compagnie
straniere di spillare profitti all’estero ed ha aperto le porte ai “vulture
funds”, che hanno acquistato gran parte del debito per fare il colpo grosso con
gli elevati tassi d’interesse.
Il fondo Toronto Trust Argentina98 ha avuto un ritorno del 79,25% sui debiti
acquistati pari a trenta volte quello che avrebbe realizzato con i Bonds del
tesoro statunitensi.
L’effetto delle privatizzazioni
proposte dal FMI portarono una compagnia francese ad acquistare gli acquedotti
del paese e aumentare le tariffe del 400%.
L'Argentina era guardata dal mondo come il paese dove il pensiero unico del
F.M.I. e della Banca Mondiale aveva vinto. Un miracolo economico! Ma le
privatizzazioni prima o poi finiscono, lo squilibrio commerciale resta, lo Stato
deve drenare denaro sui mercati internazionali attraverso prestiti
internazionali in valuta, ad ogni giro i tassi salgono e il rating diminuisce. I
tassi alti scoraggiano l'economia e per tre anni l'Argentina va in recessione.
Le Grandi Famiglie (3% della popolazione) incominciano a cambiare i pesos in
dollari. Servono altri prestiti, sempre più cari.
A questo punto scoppia la crisi
finanziaria.
Nessuno presta più soldi all'Argentina che è costretta a tagliare del 13% i
salari pubblici e a bloccare totalmente la spesa pubblica. Neanche questo basta,
ed ecco l'F.M.I., caritatevole, giungere in soccorso, prestando 8 miliardi di
dollari . con una clausola, però, che l'Argentina aderisca al F.T.A.A. (Free
Trade Area of the Americas) cioè si apra al libero scambio con gli USA.
Doppia trappola: il deflusso di
dollari non potrà che aumentare, per il libero scambio e in più si mette in
ginocchio il Brasile e si fa saltare il Mercosur (il Mercato dell'America del
sud).
La crisi finanziaria argentina è solo rimandata di qualche mese: una boccata
d'ossigeno per l'UBS, Citygroup e Chase Manhattan e altre grandi banche che
hanno ancora qualche mese per “securizzare” i propri crediti, cioè farli
scomparire nel risparmio gestito di fondi pensione. Quando la stessa cosa
avvenne in Messico nel
Dopo il Sud Est asiatico e
Meraviglie della globalizzazione
dei mercati finanziari!
Ma a dicembre del 2001 la crisi esplode senza remissione. Prima l'annuncio del
default sul debito, bonds sovereign e local market instruments collocati
compiacentemente sui mercati internazionali per un valore di oltre 58 miliardi
di dollari vanno in default. Il Ministro dell'Economia Domingo Cavallo tentò un
ultimo colpo da presitigiatore finanziario: lo Swap del debito.
Tassi al 7% invece del 30% e più e allungamento delle scadenze. I mercati non
accettano. Gli argentini così incominciano a dubitare che un dollaro valga un
peso. Le banche sono prese d'assalto per cambiare pesos in dollari. I capitali
defluiscono e con essi la possibilità di far fede agli impegni assunti con il
F.M.I. In più la crisi riduce i profitti e i consumi. Crollano dunque anche le
entrate fiscali e l'obiettivo del `deficit di bilancio zero torna ad essere
quello che era sempre stato: una pura utopia. Si limita la possibilità di
ritirare denaro a 1.000 dollari mese. I bancomat vengono presi d'assalto e
presto vanno in Tilt. Ormai è crisi di liquidità. Il F.M.I. nega la `tranche' di
oltre 1 miliardo di dollari dell'ultimo accordo di sostegno.
Anche loro sanno che sarebbe ormai
solo una goccia in un mare di debiti. Iniziano gli assalti ai supermercati e la
crisi che tutti conosciamo.
Il crac in Argentina non può essere imputato semplicemente alla corruzione
nazionale ma al sistema “politico” del FMI che, invece di sostenere una
partecipazione vera nello sviluppo della nazione, ha introdotto meccanismi
monetaristici che hanno portato alla rovina economica il paese.
Tra Paesi che soccombono in crisi finanziarie, c’è invece un paese che si libera
dal debito nei confronti del FMI e Banca Mondiale, ovvero il Venezuela del
Presidente Hugo Chàvez.
Il paese sudamericano ha estinto il debito con il Fondo Monetario Internazionale
e
Il Venezuela ha recuperato interamente la sua sovranità; le sue orme potrebbero
essere seguite da tanti altri paesi sudamericani od europei. Naturalmente tutto
dipende se al tavolo delle trattative si indossi la veste del finanziatore
pro-lobby o del debitore.
Si commenta da sola....
Quei bravi ragazzi global del
Fondo Monetario Internazionale
Siccome la situazione italiana non è molto distante da quella Argentina di qualche anno fa, proponiamo un articolo del 2002 che fa comprendere - se ancora ce ne fosse bisogno - il vero scopo del Fondo Monetario Internazionale...
Indovinello: Qual è la differenza fra Tony Soprano (1) e il Fondo Monetario Internazionale? Risposta: nessuna, eccetto il fatto che Tony e i suoi compari mafiosi, che estorcono denaro e impoveriscono una manciata di persone nel New Jersey, sono personaggi televisivi; il FMI, invece, fa le stesse cose a centinaia di milioni di persone nel mondo reale.
L’ultima
vittima in ordine di tempo dell'organizzazione è l’Argentina: la terza economia,
per importanza, dell'America Latina è stata fatta deragliare dalle politiche del
Fondo Monetario Internazionale (Fmi) che hanno già devastato popolazioni ed
economie da Mosca a Jakarta riempiendo al contempo i forzieri delle banche e
delle organizzazioni finanziarie.
E queste politiche sono state ideate proprio qui, negli USA.
Il mito più
diffuso riguardo al Fmi è che si tratti di un organismo “internazionale".
Infatti, ha molti membri ma gli Stati Uniti ed i suoi alleati prendono tutte le
decisioni. L'Olanda, ad esempio, ha più potere di voto della Cina e dell'India.
"Internazionale" è una comoda finzione che permette all'organizzazione di
evitare il controllo del Congresso. Quello che il Fmi fa è di fare un'offerta
che non è possibile rifiutare. Quando L’Argentina attraversò un periodo
economico burrascoso all’inizio degli anni ’90, il Presidente Bush (senior) e il
Fondo offrirono un prestito condizionato all’ancoraggio del Peso Argentino al
Dollaro, alla totale privatizzazione di banche e servizi, alla rimozione di dazi
doganali ed alla liberalizzazione della circolazione dei capitali.
L’Argentina
ha abboccato e i capitali stranieri sono affluiti. Per alcuni – i benestanti –
l’economia decollò, ma legare il peso al dollaro ha reso le esportazioni
argentine proibitive mentre l’inondazione di importazioni estere a basso costo
ha minato la base industriale del paese: chiusura di fabbriche, diffusione della
disoccupazione ed implosione del debito. La libera circolazione dei capitali ha
permesso a compagnie straniere di spillare profitti all’estero ed ha aperto le
porte ai “vulture funds”(1), che hanno acquistato gran parte del debito per fare
il colpo grosso con gli elevati tassi d’interesse.
Il fondo Toronto Trust Argentina ha avuto un ritorno del 79,25% sui debiti
acquistati – 30 volte quello che avrebbe realizzato con i Bonds del tesoro
statunitensi (3)
L’effetto delle privatizzazioni
Una compagnia francese acquistò
gli acquedotti del paese e aumentò le tariffe del 400%. La mafia lavora con
manganelli e fucili a canne mozze, il Fmi, invece, fa danni con documenti dal
nome ottuso come Technical Memorandum of Understanding (memorandum
tecnico d’intesa) che l’Argentina ha firmato nel 2000.
L’accordo obbligava l’Argentina a tagliare il suo budget, diminuire gli stipendi
dei dipendenti pubblici del 15% e le pensioni del 13%.
Niente di
cui preoccuparsi ha detto il Fmi. Fate come diciamo e la produzione farà un
salto in avanti del 3,7%. Invece è caduta del 2,1% (fino a scomparire dai
grafici quattro mesi fa). «Hey ragazzi, siamo qui per voi», ha detto il
Fmi. «Abbiamo pronto un prestito di 26 miliardi di dollari per aiutarvi».
Non esattamente. Gli Argentini possono ottenere il prestito se saldano in
dollari il loro debiti.
A causa del disastro, devono pagare un premio del 16% per ottenere i dollari. Il
pagamento di un anno del loro debito estero di 132 miliardi di dollari, più il
premio, arriva a 27 miliardi di dollari. Gli Argentini non vedranno neanche
l’ombra del “prestito” dell’Fmi: finirà direttamente nei caveau della Citibank a
New York o della Fleet Bank di Boston. L’Fmi insiste anche affinché l’Argentina
pareggi il bilancio per fine 2002, cosa che richiederebbe al governo di tagliare
il bilancio di 7 miliardi di dollari e di aumentare le tasse di altri 4 miliardi
di dollari, come se gli Stati Uniti effettuassero tagli di spesa e aumenti di
tasse per 400 miliardi di dollari in un solo anno o 2.500 dollari per famiglia.
Nessuno
dovrebbe sorprendersene.
Il curriculum del Frni è un
puro disastro. E’ stato il Fmi che aiutò
Quando è iniziata la crisi delle banche asiatiche, il Fmi arrivò con i suoi
prestiti ma solo se tutti avessero privatizzato ed aperto i loro mercati. Il
risultato è stato un enorme disastro per tutte le economie asiatiche eccetto
Giappone e Taiwan. In Indonesia, 100 milioni di persone vivono con meno di 1
dollaro al giorno. Quando gli Argentini hanno chiesto aiuto all'amministrazione
Bush, era logico pensare che l'avrebbero ottenuto. Dopo tutto, l'Argentina è
stata uno dei pochi paesi dell'America Latina a sostenere attivamente la guerra
del Golfo del 1991, è una sostenitrice vigorosa della NATO e sta inviando forze
di pace in Afghanistan per un costo di 20 milioni di dollari. Ma, come Tony
Soprano e i suoi bravi ragazzi, l'amministrazione non permette all'amicizia e
alle alleanze di intromettersi negli affari.
L'amministrazione Bush si è lavata le mani da ogni responsabilità, nonostante
tutta la crisi sia disseminata delle sue impronte digitali. «E’ chiaramente
stato il Dipartimento del Tesoro a spingere l'Argentina oltre i limiti facendola
collassare», commenta Walter Molano della Bcp Securities, «quindi penso
che l'aspetto della responsabilità debba essere sollevato». Proprio così.
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1)
Protagonista principale della serie televisiva "I Sopranos" che tratta la vita
di una famiglia di italoamericani mafiosi dei New Jersey.
2) Letteralmente “fondi avvoltoio": si tratta di fondi comuni, soprattutto
americani, specializzati nell'investimento in società fallite. Tali fondi
puntano sul capital gain ottenibile in seguito alla loro ristrutturazione.
3) Negli USA: obbligazioni a medio-lungo termine della Tesoreria dello Stato. Le
treasury bonds vengono emesse in un procedimento d'asta e scambiate su base
d'interesse. Simili ai BTP italiani.
Documento originale:
The Global Goodfellas at the FMI, traduzione di Stefano Traldi. L’autore è
cronista dell’Examiner e assistente di giornalismo e soprintendente presso
l'Università della California, Santa Cruz.
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