GUSH SHALOM

L'ALTRA FACCIA DI ISRAELE...

QUELLA DELLA PACE

a cura di Claudio Prandini

 

 

 

Nei suoi giorni fiorirà la giustizia e abbonderà la pace, finché non si spenga la luna. E dominerà da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra. (Salmo 71,7-8)

 Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. (Matteo 5,9)

 

 

LA STORIA

 

fonte web

Da anni, Gush Shalom (blocco di pace) gioca un ruolo motore nella determinazione del programma morale e politico delle forze pacifiste in Israele.

Gush Shalom è un'organizzazione extraparlamentare, indipendente dai partiti o da altri gruppi politici. Alcuni suoi militanti appartengono a partiti politici, ma il Blocco non è allineato su alcuno di essi in particolare. L'obiettivo principale di Gush Shalom è quello di influenzare l'opinione pubblica israeliana e di condurla verso la pace e la riconciliazione con il popolo palestinese...

Il Blocco è stato fondato nel 1993, quando è apparso che tutti gli altri gruppi pacifisti in Israele non potevano e non volevano opporsi alle misure repressive introdotte dal nuovo governo laburista diretto da Yitzhak Rabin.

Quando Rabin espulse 415 militanti islamici dal Paese alla fine del 1992, una protesta spontanea di Israeliani ebrei e arabi condusse all'installazione di tende di protesta di fronte all'ufficio del Primo Ministro a Gerusalemme.
Questa protesta durò 45 giorni e 45 notti, passate in parte nel freddo glaciale di una Gerusalemme coperta dalla neve. Nel corso delle discussioni sotto le tende, e di fronte al silenzio di altri gruppi pacifisti, alcuni dei manifestanti decisero che era necessario un nuovo movimento pacifista israeliano. Essi stessi si definivano come «più orientati verso la pace di Peace Now» e fondarono Gush Shalom.

 

 

Manifestazione pubblica del "Blocco di pace" Gush Shalom

 

 

APPELLO PER LA PACE ALL'EUROPA

DA GUSH SHALOM

Annuncio speciale, pubblicato il 12 Aprile 2006 nelle edizioni

inglese ed ebraica da Haaretz e dal Jerusalem Post

 

"Non affamate un popolo intero per rovesciare

 il governo che è stato eletto!"
 

 

fonte web

Noi patrioti israeliani, preoccupati per il futuro del nostro stato, facciamo appello a voi, leaders dell’Unione Europea e capi dei governi europei:

Interrompete il blocco al governo palestinese!

Non affamate un popolo intero per rovesciare il governo che è stato eletto!

Solo tre mesi fa, dei supervisori europei hanno monitorato le elezioni palestinesi. Adesso date ai palestinesi questa lezione di democrazia: quello che state dicendo è che, se non fanno cadere il governo che hanno appena eletto, non ci sarà latte per i loro bambini, né medicine per i loro malati, né lavoro per i loro disoccupati, né stipendio per i loro dottori ed i loro insegnanti.

State somministrando la cinica medicina del consigliere del nostro primo ministro: “Dobbiamo farli dimagrire, ma non morire.”

Questa non solo è una politica barbara, ma è anche un terribile errore: nessun popolo al mondo si sottometterebbe ad una pressione esterna così brutale ed umiliante. L’inevitabile risultato sarà l’ulteriore radicalizzazione dell’opinione palestinese, e l’inasprimento dell’odio per Israele e per l’occidente in tutto il mondo arabo e musulmano.

Renderà la prospettiva di pace ancor più remota, quella pace di cui abbiamo bisogno come dell’aria per respirare. Porterà ad un bagno di sangue che costerà la vita di migliaia di persone – israeliani, palestinesi, europei ed americani.

Parlate con il governo palestinese!

Cominciate un dialogo con Hamas!

Certamente devono riconoscere il diritto all’esistenza dello Stato di Israele, come Israele deve riconoscere il diritto all’esistenza dello Stato Palestinese. Ma questo riconoscimento avrà origine dai negoziati, e non il contrario.

Certamente dovranno fermare la violenza, anche Israele deve farlo. Ma anche a questo stadio si può ottenere un armistizio protratto.

Certamente devono accettare la soluzione dei due stati, e la stessa cosa vale per Israele. Ma i loro leaders hanno già fatto intendere che sono pronti a farlo – e questo deve essere messo alla prova con i negoziati.
*Facciamo appello a voi, leaders dell’Europa:

Ottenere la pace è nell’interesse dell’Europa, come lo è di Israele e della Palestina. Non cedete alla pressione di interessi provenienti dall’esterno, la cui politica ha già condotto recentemente a molti fallimenti nel Medio Oriente.

Per il bene di tutti: seguite una linea indipendente, guidata dal buon senso e dall’etica!

Gush Shalom
Blocco di pace israeliano

 

 

APPROFONDIMENTI

 

 

 

Samir Hamad, uno degli ultimi kamikaze palestinesi

 

L’UNIONE EUROPEA RISCHIA DI TRAMUTARE

LA CRISI IN PALESTINA IN UNA CATASTROFE

 

Gerusalemme, 13 Aprile 2006

“La crisi in Palestina rischia di tramutarsi in una catastrofe a causa della decisione presa dall’Unione Europea di sospendere i finanziamenti all’Autorità palestinese”, ha avvertito oggi da Gerusalemme un gruppo di deputati al Parlamento Europeo di diversi schieramenti politici.
I sette europarlamentari, i primi politici ad incontrarsi con i neo-eletti rappresentanti dell’Autorità palestinese, appartenenti alla lista Cambio e Riforma (Hamas), hanno dichiarato di essere convinti che le richieste avanzate dall’Unione Europea “possano essere realizzate attraverso la diplomazia”.
I Ministri degl’Esteri europei hanno deciso di sospendere i finanziamenti fino a quando il governo guidato da Hamas, non riconosca lo Stato di Israele, rinunciando alla violenza, e accettando gli accordi presi nel passato.
Ma “i rappresentanti di Hamas ci hanno detto chiaramente che sono pronti a riconoscere le frontiere sancite nel 1967 e l’OLP come legittimo rappresentante della popolazione palestinese, che implica, il riconoscimento di Israele. Loro hanno rispettato il cessate il fuoco da più di 18 mesi e sono pronti a continuare su questa linea, ovvero quella della non-violenza, anche loro hanno detto di averne abbastanza di spargimenti di sangue. Al tempo stesso chiedono reciprocità; Israele deve fare lo stesso. La nostra diplomazia può colmare la lacuna”, ha detto Luisa Morgantini, che guida la delegazione di europarlamentari.
“Suggerire, come fa il Consiglio Europeo, di delineare un confine netto tra gli aiuti alla popolazione palestinese e gli aiuti al governo, che la popolazione palestinese ha recentemente eletto attraverso un processo elettorale approvato internazionalmente, non è solo un nonsenso politico, ma è un nonsenso pericoloso. L’impatto dell’incapacità da parte dell’Autorità palestinese di poter pagare i servizi di sicurezza, gli insegnanti, gli impiegati civili, ecc, non solo renderà più profonda la povertà ma rischia di portare al collasso le istituzioni e di portare al caos”, ha aggiunto.

Luisa Morgantini, per conto della delegazione, ha inoltre denunciato:

“Il percorso del Muro taglia nettamente la Cisgiordania in 64 aree separate controllate da 740 checkpoints e cerca di annettere la maggior parte di Gerusalemme e della Valle del Giordano, mentre continua anche l’espansione delle colonie e la costruzione di ulteriori strade di collegamento israeliane, si rende evidente che la “cantonizzazione” dei territori della Cisgiordiania è già in uno stato avanzato e cerca di prevenire la creazione di uno stato palestinese, indipendente e sostenibile”.

Gli altri membri del Parlamento europeo impegnati nella delegazione hanno concordato:

“mentre condanniamo il lancio di missili da parte di gruppi estremisti palestinesi considerandolo sbagliato e controproducente”, la delegazione condanna allo stesso tempo in modo forte “gli sconvolgenti omicidi e ferimenti dei civili palestinesi, tra cui bambini, causati dai continui bombardamenti israeliani sulla striscia di Gaza, dove la popolazione è strangolata dalla chiusura e sull’orlo della fame. Questa risposta sproporzionata deve essere condannata dalla comunità internazionale, inclusa l’Unione Europea.
Il fatto che nessuna sanzione sia proposta a Israele affinché senta la pressione di adempiere al diritto internazionale su questi fatti, evidenzia un ulteriore questione, ovvero se l’Europa ha delle intenzioni serie nell’implementare la Road Map come base di una pace sostenibile.
L’Unione Europea deve parlare ad alta voce per la giustizia e deve al contempo intraprendere passi concreti che insistano sull’inserimento di Israele nel processo della Road Map mettendo fine alle azioni unilaterali. Deve obbligare Israele a sottostare al diritto internazionale e ad entrare in dialogo con il nuovo governo palestinese, che è l’unico percorso in grado evitare disastri”.

Concludendo, la delegazione di europarlamentari “richiama il Consiglio Europeo affinché riveda urgentemente la propria decisione, onde evitare di essere responsabile di una punizione collettiva di una già fortemente punita popolazione palestinese e deve ascoltare l’appello inviato da Gush Shalom, un coraggioso gruppo israeliano, che chiede all’Europa di cancellare la propria decisione. La revisione non può essere ritardata in quanto la gravità della situazione è tale che potrebbe essere troppo tardi aspettare anche solo un mese”.

Al loro ritorno al Parlamento Europeo, la delegazione di europarlamentari chiederà un incontro, con la Commissaria Ferrrero-Waldner, con l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione Europea, Javier Solana, con il rappresentante speciale dell'Ue per il processo di pace in Medio Oriente Marc Otte, e il Presidente del Parlamento Europeo Josep Borrell, affinché esercitino pressioni sull’urgenza di una revisione della decisione presa dall’Unione Europea e affinché si intraprenda un approccio equilibrato al conflitto israelo-palestinese, con iniziative che ristabiliscano un tavolo di negoziati il prima possibile.
 

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Note:

Per maggiori informazioni è possibile contattare i deputati al Parlamento Europeo:
Luisa Morgantini (GUE/NGL, Italia) lmorgantini@europarl.eu.int
Chris Davies (ALDE, GB) cdavies@europarl.eu.int
André Brie (GUE/NGL, Germania) abrie@europarl.eu.int
David Hammerstein Mintz (GREENS/EFA, Spagna) dhammerstein@europarl.eu.int
Veronique Mathieu (PPE-ED, Francia) vmathieu@europarl.eu.int
Proinsias De Rossa (PES, Irlanda) pderossa@europarl.eu.int
Margrete Auken (GREENS/EFA, Danimarca) mauken@europarl.eu.int



 

"Santo Padre, non si unisca anche lei a questo silenzio. Dia voce a quei coraggiosi che, dentro il popolo ebraico, parlano e non sono ascoltati..."

fonte web

 

CAPI DELLE CHIESE DI GERUSALEMME:

IN NOME DI CRISTO RISORTO NON

BOICOTTATE GLI AIUTI AI PALESTINESI

Forte appello alla riconciliazione. Pesanti critiche

per le scelte della comunità internazionale.

 

 

Gerusalemme (AsiaNews) - Un potente appello alla riconciliazione fra Israele e Palestina e una richiesta alla comunità internazionale di non boicottare gli aiuti per il popolo palestinese è stato lanciato oggi dai 13 patriarchi e capi cristiani di Gerusalemme con il Messaggio pasquale 2006.

Le chiese cristiane di Terra Santa – ortodossi, armeni, maroniti, cattolici latini, copti, siriaci, anglicani e luterani – celebreranno la Pasqua il 16 aprile o il 23 aprile. I capi delle chiese domandano ai propri fedeli che la vicinanza delle date sia un segno di maggiore solidarietà e di testimonianza comune della resurrezione di Gesù, in una “chiara sfida di amore verso tutti quelli con cui entriamo in contatto”.

La situazione di violenza e di angoscia che si vive in Terra Santa, dove Gesù è vissuto, sembra mettere alla prova la fede nella sua resurrezione. “In questi giorni – si dice nel Messaggio – siamo di fronte a una via oscura, a un blocco della vita politica fra il nuovo governo israeliano e il nuovo governo palestinese”.

I capi delle chiese esprimono alla comunità internazionale la loro disapprovazione per il boicottaggio degli aiuti al popolo palestinese. “Non si può boicottare un popolo già gravato da oppressioni e ingiustizie. La comunità internazionale è rimasta immobile e non ha fermato queste oppressioni; proprio questa paralisi ha generato la violenza, il terrorismo e le umiliazioni verso la dignità della persona”. “Invece del boicottaggio – continua il Messaggio pasquale – noi chiediamo alla comunità internazionale di afferrare questa opportunità….per tentare di mettere fine alle sofferenze della nostra terra e dei suoi abitanti. Noi [vi] chiediamo di trasformare la nostra terra - dove la gloria e la voce di Dio sono apparsi all’uomo - in una terra dove splende la gloria dell’essere umano, liberato da ogni forma di oppressione e paura”.

Un altro appello è rivolto alle autorità israeliane e palestinesi: “Se esiste una sincera volontà - si dice nel Messaggio – sarete capaci e avrete forza di superare tutti gli ostacoli, per raggiungere sicurezza, pace, giustizia per tutti, palestinesi e israeliani”. Rivolgendosi solo alle autorità israeliane si aggiunge: “Chiediamo alle autorità israeliane di riconoscere che le misure unilaterali sono un altro aspetto del conflitto e [creano] una permanente sofferenza per i due popoli. Per questo, con urgenza, chiediamo loro di prendere le misure giuste per liberare gli esseri umani, israeliani e palestinesi, e di guardare all’Autorità palestinese come un aiuto e un partner per costruire la pace, la cui edificazione non è impossibile”. Nulla, nel documento si dice dell’atteggiamento dell’atteggiamento del nuovo governo palestinese verso Israele.

L’ultimo appello è per i cristiani del mondo intero, che “condividono” insieme a ai capi cristiani “la responsabilità della riconciliazione in questa Terra Santa, basata sulla verità, la giustizia, l’uguaglianza fra popoli e persone”. “Avete fatto tutto il possibile – si chiede nel messaggio – per riportare giustizia e dignità agli esseri umani e ai credenti che vivono vicino ai luoghi santi, i luoghi alle radici della vostra fede e della redenzione del mondo intero?”. I capi cristiani spingono i loro fratelli e sorelle di fede nel mondo a fare pressione sui loro governi ( “per far finire le sofferenze dei due popoli”) e sui media dei loro paesi (“per portare vita, amore, fiducia fra i due popoli di questa terra”). E soprattutto, continua il Messaggio, “fatevi domande di continuo sul cosiddetto ‘Muro di sicurezza o di isolamento’, sui check-point, sulla distrutta dignità dell’essere umano in questa terra di Redenzione e di amore”.


L’appello è firmato da Teophilos III, patriarca greco-ortodosso; dal patriarca latino Michel Sabbah; dal patriarca Torkom I Manooghian, armeno ortodosso; dal Custode di Terra Santa p. Pierbattista Pizzaballa; da mons. Anba Abraham, vescovo copto-ortodosso; mons. Swerios Malki Murad, arcivescovo siro-ortodosso; mons. Abouna Grima, arcivescovo etiope-ortodosso; mons. Paul Sayyah, arcivescovo maronita; Riah Abu el-Assal, vescovo anglicano; Mounib Younan, vescovo luterano; mons. Pierre Malki, vescovo siro-cattolico; P. Raphael Minassian, armeno cattolico; archimandrita Mtanios Haddad, greco-cattolico.