Virus aviario o

guerra batteriologica?

 

Maurizio Blondet - fonte web

STATI UNITI - Mentre si agita l'allarmismo mondiale sull'imminente pandemia da influenza aviaria, il dottor Johan Hultin di San Francisco è riuscito a far rivivere il virus della «spagnola», che falciò da 20 a 40 milioni di vite nel 1918.
Uno sforzo che Hultin ha perseguito per dieci anni, e che ha compreso l'esumazione dei resti di alcuni morti di spagnola, ben conservati nel permafrost sub-artico, l'asportazione dei loro polmoni e la coltivazione (con varie manipolazioni genetiche) del virus assassino.
Un grande successo scientifico, come ha scritto tutta la stampa?
«Dal punto di vista scientifico, è l'equivalente del cercare il sepolcro di Dracula e strappargli il piuolo che gli attraversa il cuore», è il commento di Jean Shinoda Bolen, medico e ricercatore (1).
 
E segnala che Hultin non è un ricercatore solitario: lavora per l'Armed Forces Institute of Pathology di Rockwille (MD), e la ricerca gli è stata finanziata dal Pentagono. 
Lo scopo dichiarato è studiare un vaccino per un agente patogeno che non esisteva più: ora che è stato riportato alla vita, è in qualche modo un'arma batteriologica ideale, perché letale solo per i non vaccinati. 
Perché altrimenti questa ricerca finanziata dalla Difesa?
Questo particolare rende credibili i peggiori sospetti, dichiarati per iscritto da Leonard Horowitz, esperto internazionale di sanità pubblica e occhiuto sorvegliante delle manipolazioni genetiche a scopo militare.
Horowitz sostiene che nel 1975 Henry Kissinger affidò alla CIA la preparazione di germi che potessero «ridurre la popolazione mondiale», come risulta dagli atti del Congresso dell'epoca.

Ed accenna ad un agghiacciante «successo» di alcuni ricercatori (O'Conner, Stewart, Kinard, Rauscher ed altri) dello Special Virus Cancer Program, che sarebbero riusciti, lavorando sui virus ricombinanti, a «combinare» i virus influenzali con un virus che provoca leucemia acuta linfocitica, per produrre una bio - arma capace di trasmettere la leucemia, come l'influenza, attraverso lo starnuto (2).
E ricorda che l'Institute of Science in Society di Londra, quando esplose l'allarme SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome), si chiese se «l'ingegneria genetica non abbia prodotto per inavvertenza il virus SARS».
Per inavvertenza?
Gli studi militari nel settore biologico, spaventosi per le loro possibilità, sono i segreti meglio conservati.
Ne sappiamo pochissimo.

Si sa però che fra i teorici della Revolution in Military Affairs (la nuova dottrina preferita da Rumsfeld) si è contemplata la possibilità di «una forma di schiavitù» farmacologica, in cui «la popolazione presa di mira non sa di essere messa in schiavitù» (3).
E non è detto che simili farmaci - arma vengano riservati al nemico, dice Horowitz: i comandi supremi, disponendo  di un così comodo mezzo di «convinzione», possono adottarlo contro la loro popolazione.
La diffusione di epidemie funzionali al potere fa parte dei tipi di «conflitti meno che bellici» (conflicts short of war) studiati, appunto, nella Revolution in Military Affairs per un utilizzo strategico.
 
I motivi possono essere diversi. La manipolazione psicologica delle popolazioni, disposte a cedere le libertà civili e personali di fronte al terrore di un'emergenza; la riduzione pianificata di popolazioni, con mezzi che appariranno «naturali» come un'influenza; e la nozione, ben studiata dalla strategia, che «nessuna grande pandemia si è sviluppata senza paralleli grandi sconvolgimenti socio-politici».
La stessa «spagnola» ne dà l'esempio, visto che coincide con l'avvento del bolscevismo in Russia e dei fascismi nell'Europa occidentale.

Horowitz si domanda dunque se l'allarmismo indotto in questi anni - sulla SARS ed ora sull'influenza aviaria - non faccia parte di una preparazione all'uso di malattie per controllo dei propri cittadini.
Riferiamo i suoi dubbi, lasciandone a lui la responsabilità.
Per esempio Horowitz si domanda: quanto è letale questa influenza aviaria?
Secondo i dati ufficiali ha ucciso 65 persone in due anni.
Abitanti del Sud-Est asiatico, dove vigono servizi sanitari discutibili, ma di cui non si conoscono - per esempio - le condizioni di immunosoppressione.

Per mettere le cose in prospettiva, è bene sapere che l'influenza comune uccide ogni inverno 40 mila nord-americani, per lo più anziani col sistema immunitario compromesso.
Anche in Italia, l'influenza falcia migliaia di persone di questa categoria (è un bel risparmio per l'INPS).
Quanto è trasmissibile l'influenza aviaria?
Come si sa ufficialmente, il virus H5N1 fino ad oggi non è mutato sì da trasmettersi da persona a persona.
Ma allora perché, si chiede Horowitz, l'amministrazione USA ha approvato lo stanziamento di 3,9 miliardi di dollari, e si prepara a stanziare altri 10 miliardi, per «vaccini e farmaci antivirali» per un agente patogeno che ancora non esiste?

A meno che…
A meno che il vaccino sia in corso di preparazione.
Il che implica che il virus mutante che agisce (o agirà) sull'uomo può essere già stato creato in laboratorio per avere il vaccino. 
Incredibile?
Resta il fatto che il virus H5N1 non ha finora operato con contagio da uomo a uomo, e molto debolmente dal contatto diretto di uomini con volatili.
Può tramutarsi però, ci dicono, in un virus che colpisce l'uomo ricombinandosi con il comune virus influenzale.
Ma come?
Horowitz dice: io posso farlo in laboratorio.
 
Bisogna coltivare il virus dei polli su tessuti umani per un periodo piuttosto lungo, poi iniettarlo nella scimmia e infine nell'uomo per vedere se ha l'effetto devastante che ha sui polli.
Ma questo non è un processo spontaneo.
Non sarà che il virus per l'uomo esiste già, pronto per una diffusione «accidentale» come alcuni credono sia avvenuto per la SARS?
Un'altra domanda: come mai non si fa che parlare del vaccino prossimo venturo per questo virus non ancora esistente, come se fosse la soluzione?
I vaccini, per essere efficaci, devono essere specifici.
Ora, poiché i virus «nuovi» sono i più velocemente mutanti (i virus «storici», proprio perché sono antichi, sono più stabili) nessuno può garantire che un vaccino non venga sul mercato quando il virus è mutato tanto, da rendere quel vaccino inefficace.
 
I vaccini richiedono anni, o almeno mesi di prove sperimentali sulla popolazione. Perché i media, imbeccati dal governo e dalle farmaceutiche, ci assicurano che «quel vaccino (non esistente) per un virus che non è ancora nato, sarà efficace?».
Horowitz si domanda se, tra i risultati collaterali auspicati dall'allarme influenza aviaria, non ci siano gli interessi delle industrie farmaceutiche.
Business Week (4) ha parlato dei ricchi profitti che la Roche sta facendo con il suo Tamiflu, il «solo farmaco considerato efficace contro l'influenza aviaria».
Al punto che il governo USA ne ha acquistato abbastanza per 4,3 milioni di pazienti, e ne ha ordinato dell'altro.
 
Ma l'efficacia del Tamiflu non è affatto garantita, specie sulle categorie a rischio, gli anziani con altre affezioni croniche.
Mentre sono accertati parecchi effetti collaterali, dal vomito alla diarrea e alla bronchite.
Dopo il caso del farmaco Vioxx ritirato dalla Merck perché ha ammazzato decine di migliaia di pazienti, ci si può davvero fidare della coscienza degli industriali del farmaco?
In USA, le malattie iatrogene (provocate dai farmaci, dagli ospedali, o dai medici) sono la prima causa di morte.
Davvero dobbiamo temere soltanto l'ancora inesistente influenza dei polli «umana»?
Domande.
Ci limitiamo a riferirle.
 

Note
1)
 Jean Shinoda Bolen, «1918 flu virus, Dracula, A-Bomb», Commondreams, 16 ottobre 2005
2) L.G. Horowitz, «Emerging viruses: AIDS and Ebola, nature, accidente or intentional?», Tetrahedron Publishing Gropu, 2001.
3) Si veda il mio «La strage dei genetisti», Effedieffe, 2004
4) Wang P. «Avian Flu, inoculate your portfolio», 1 ottobre 2005. 
 

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