ISRAELE E DEMOCRAZIA, UN

EQUILIBRIO DIFFICILE

 

NO AI MATRIMONI MISTI - RAZZISMO ETNICO

E RELIGIOSO NELLA TERRA DI GESÙ

 

“Sputare su una ragazza che non si comporta secondo la legge della Torah va bene”, ha sostenuto Moshe. ”Anche a sette anni. Ci sono rabbini che ci consentono di sapere come camminare per strada e come una donna SI DEVE VESTIRE".

 

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

Ovadiah Yosef,

Un importante Rabbino, Ovadiah Yosef, guida spirituale di Shas, un partito fondamentalista religioso attualmente nella coalizione dell’attuale governo Israeliano, ha detto che “I non Ebrei sono nati solo per servire noi. Senza questa funzione, non hanno motivo di essere al mondo – esistono solo per servire il Popolo di Israele”,

 

 

INTRODUZIONE

 

Israele: Corte Suprema nega cittadinanza

ai palestinesi sposati con israeliani

Fonte web

La Corte Suprema di Giustizia di ha confermato una legge che nega la cittadinanza ai palestinesi sposati con israeliani, sostenendo che essa aiuterà lo Stato a difendersi dal “suicidio nazionale”, riporta l’agenzia di stampa palestinese Maan. Il precedente governo centrista difese il divieto per motivi di sicurezza.

Con 6 voti a favore e 5 contrari, la Corte Suprema ha respinto questa settimana le petizioni contro il divieto del 2003, che gli attivisti dei diritti umani definiscono “razzista”, poiché costringe i cittadini israeliani di origine palestinese ad emigrare qualora decidessero di sposarsi con i palestinesi della o della Striscia di .

L’Associazione per i Diritti Civili in Israele, uno dei quattro gruppi che ha presentato la petizione, ha accusato la Corte “di aver ceduto alla tirannia della maggioranza del Knesset (parlamento)”.

Il giudice Asher Grunis, la cui nomina a prossimo presidente della Corte è stata ben accolta dai conservatori, ha dichiarato di avere votato a favore della legge di cittadinanza perché “la sua revoca vorrebbe dire migliaia di palestinesi che entrano nel paese dopo avere sposato cittadini israeliani. Il ‘suicidio nazionale’ non rientra nei diritti umani”.

“Il colpo, come viene presentato, alla vita familiare va visto come un danno certo alle vite e alle istituzioni di Israele. L’esperienza insegna”.

Nel 2005, l’allora ministro della Giustizia Tzipi Livni affermò che “la demografia viene prima della legge sulla cittadinanza”, aggiungendo che ogni afflusso palestinese rappresenterebbe un “suicidio demografico”.

Normalmente Israele naturalizza i coniugi dei suoi cittadini, anche se con delle limitazioni, come la negazione del diritto di voto. Molti palestinesi vedono opportunità economiche nel diventare un cittadino israeliano, come l’accesso alla salute e ad altri servizi di base.

La legge israeliana garantisce, in linea di principio, tutti i diritti civili, inclusa la rappresentanza politica, ai suoi cittadini palestinesi, in netta maggioranza musulmani. Ma gruppi pro-diritti umani denunciano le discriminazioni che i palestinesi residenti in Israele subiscono sul posto di lavoro, nell’istruzione e nei finanziamenti pubblici.

Circa il 20%, 1,3 milioni di persone, della popolazione di Israele è di origine palestinese. Essi sono in gran parte i discendenti dei palestinesi che rimasero durante la guerra del 1948, anno in cui si stima che oltre 700.000 palestinesi fuggirono o furono espulsi.

 

 

Odio demenziale a Cristo -TV Israeliana.

Blasfemia, razzismo e idiozia

 

La vera gioventù ebraica...

 

 

Israele separa ancora i palestinesi del ’48 sposati

con palestinesi da Gaza e Cisgiordania

Fonte web

(Nella foto: Mohammed e Lana Khatib)Da quando Israele ha adottato nel 2003 “misure per la sicurezza e d’emergenza”, le coppie miste israelo-palestinesi vivono in una situazione di limbo.
Questa situazione permarrà ancora in futuro, dopo che l’Alta Corte ha respinto ieri una petizione nella quale si chiedeva di permettere a queste famiglie di poter vivere unite.

La controversa “Legge sulla Cittadinanza” di Israele prevede che ogni persona di discendenza ebraica possa essere naturalizzato e possa quindi diventare cittadino israeliano (Legge del Ritorno). Ma la stessa legge include anche disposizioni che rendono estremamente improbabile per i non ebrei diventare cittadini israeliani.

Fino al 2003, i non ebrei, palestinesi compresi, sposati a cittadini israeliani, sarebbero ancora potuti diventare cittadini di Israele.
Poi, in quello stesso anno, la Knesset (il parlamento israeliano) approvò il provvedimento con il quale si introduceva per i palestinesi spostati a israeliani, il divieto di ottenere la cittadinanza israeliana. Se inizialmente il provvedimento fu considerata essere una misura d’emergenza temporanea, diretta a impedire che combattenti palestinesi potessere introdursi legittimamente in Israele e sferrare attacchi, a distanza di 9 anni, la Knesset non dimostra di avere intenzione di rimuoverla.

Nel 2007, la legge fu anzi estesa fino a includere iracheni, siriani, iraniani e libanesi sposati a israeliani.

La decisione giudiziaria di ieri investe oltre 100mila palestinesi della Cisgiordania e di Gaza sposati con cittadini israeliani.

Queste persone vivono nel limbo, per riuscire a vedere il proprio coniuge, devono chiedere costantemente il permesso, senza mai avere la certezza che Israele lo concederà. 
Essi inoltre, non possono svolgere, né avere un’attività lavorativa in Israele, e questa realtà rende estremaente ardua e stressante la loro vita quotidiana.

Nel 2008, un servizio della BBC, raccontò la storia di Mohammed e Lana Khatib, palestinesi che non possono vivere insieme a causa dell’emendamento alla Legge di Cittadinanza.
Lana è di Jenin (Cisgiordania) mentre il marito, Mohammed, è cittadino di Israele.
In quell’occasione, lui aveva parlato di una “vita condotta in uno stato di insicurezza” e aveva detto: “Probabilmente verrà il giorno in cui Israele non concederà a mia moglie il permesso e io resterò da solo con due bambini”.

 

 

Palazzo della Corte Suprema di'Israele

 

 

Il dramma dei matrimoni

misti arabo-israeliani

Fonte web

"Rinnega tuo padre; e rifiuta il tuo nome: o, se non vuoi, legati solo in giuramento all’amor mio, ed io non sarò più una Capuleti”. Neanche nei suoi sogni più strani, Fareed avrebbe mai immaginato che queste famose parole pronunciate dalle labbra di Giulietta nell’immortale tragedia di Shakespeare, avrebbero descritto perfettamente la sua situazione attuale.

Fareed, un uomo di 35 anni, mai avrebbe pensato, e con lui altri migliaia di egiziani, che un atto semplice come sposare la donna dei propri sogni, lo avrebbe trasformato in una sorta di eroe di una storia d’amore. Romeo e Giulietta è stato scritto alla fine del 1500, ma la recente decisione della Suprema Corte Amministrativa dell’Egitto di togliere la cittadinanza a coloro che hanno sposato donne israeliane, potrebbe costringere molte coppie ad impersonificare la versione moderna di questa tragedia.

Secondo la sentenza, non impugnabile, ogni caso deve essere considerato singolarmente prima di “prendere le misure necessarie per togliere loro la nazionalità”.

“Il matrimonio è amore e l’amore ha le sue regole, non conosce confini, nazionalità o politica. E’ un diritto umano che nessuna legge può negare”, spiega Fareed con amarezza. L’uomo racconta la storia del suo matrimonio con Nadia, una donna palestinese con passaporto israeliano. Vive in una piccola casa nel quartiere di Giza, al Cairo, con la moglie e i tre figli, Osama, 17, Noha, 14, e Noor, 8.

“Tutto ebbe inizio 20 anni fa. Mi sono laureato in tempi difficili, quando l’Egitto stava cominciando a ricostruire da zero la sua economia dopo la guerra. Trovare lavoro nella mia città natale, Tanta, non era facile in simili condizioni economiche e scarse opportunità.

La maggior parte dei miei colleghi hanno intravisto un futuro promettente a 610 km di distanza, in quella che è l’attuale penisola del Sinai – o ‘Terra di Fayrouz’, come piace chiamarla agli egiziani – nella città di Taba, l’ultimo territorio che l’Israele doveva restituire.” Nel 1988, una lunga controversia si concluse con la sentenza del collegio arbitrale internazionale a favore dell’Egitto. Fareed trovò un buon lavoro nel settore del turismo emergente nel Sinai, dove erano stati costruiti molti resort, hotel e villaggi di prima classe. Il governo egiziano ha istituito infrastrutture con ingenti investimenti e incoraggiato i giovani a lavorarci.

“Per me è stato un colpo di fortuna”, ha detto Fareed, “ho incontrato Nadia mentre lavorava per un’azienda internazionale di tour turistici. Indossava il velo e parlava il dialetto arabo-palestinese, sembrava una qualsiasi brava ragazza palestinese musulmana. Dopo averla conosciuta meglio, sono rimasto impressionato dalla sua natura laboriosa e ho deciso di sposarla e creare con lei una famiglia”.

Fareed non è stato l’unico a sorprendersi quando Nadia gli ha detto di essere cittadina arabo-palestinese di Israele, con passaporto israeliano. Anche i suoi genitori erano riluttanti ad approvare la sua decisione di sposarla. Nonostante considerassero Nadia e tutti gli arabi-israeliani come dei veri eroi, la futura sposa possedeva comunque il passaporto “nemico”.

“Il problema principale è che molti nel mondo arabo o non sanno nulla degli ‘arabi del 1948′ oppure hanno frainteso la situazione”, insiste Fareed. “Questi arabi si identificano come palestinesi, e Nadia proviene da una famiglia di commercianti di Abu Ghosh. Come la maggior parte degli arabi, si sono rifiutati di lasciare le loro terre dopo la guerra arabo-israeliana del 1948 e hanno preferito rimanere lì, resistendo alla tattica di Israele di trasferire le loro case in terre di proprietà statale. Hanno così ricevuto la cittadinanza israeliana,” ha raccontato.

Nel 2003 e dopo decenni di forzato spostamento che ha portato oltre l’80 per cento delle famiglie palestinesi ad andarsene, l’Ufficio centrale di statistica israeliano ha constatato che gli arabi residenti costituivano circa il 20% della popolazione di Israele.

Fareed ha dovuto affrontare enormi problemi e enorme stress psicologico prima e dopo il matrimonio con Nadia. “Avevamo deciso di vivere in Egitto, vicino a dove lavoro, visto che il trattato di pace firmato tra Egitto e Israele nel 1979, permetteva ai civili israeliani di attraversare il confine con l’Egitto come normali visitatori stranieri. Al contempo, gli egiziani potevano entrare e lavorare in Israele. Fino ad ora non ci sono dati ufficiali sui matrimoni tra uomini egiziani e donne israeliane. E visto che le autorità egiziane si rifiutano di fornire il numero esatto di simili, la speculazione dilaga.

I dati diffusi recentemente da un gruppo locale per i diritti umani stimano che ci sono almeno 17.000 uomini egiziani sposati con donne israeliane, in gran parte discendenti dagli “arabi del 1948″. Chi è contro la normalizzazione alza il numero a oltre 30.000, mentre l’Assemblea del Popolo riduce la cifra a 10.000. Il verdetto è basato su un articolo riguardante la cittadinanza, secondo il quale il governo deve revocare la cittadinanza a coloro che sono sposati con israeliane, o hanno effettuato il servizio militare, oppure abbracciato il sionismo.

La coppia ha cercato di scoprire la ragione di questo sfratto improvviso, ma la polizia ha rifiutato di fornire loro alcun dettaglio. Così Fareed ha contattato uno zio, ufficiale militare in pensione, e dai suoi contatti nella polizia si è scoperto che la presenza di Nadia era considerata una minaccia alla sicurezza nazionale.

“Finora a mia moglie è stato negato il visto per entrare in Egitto. Non capisco perché 37.000 turisti israeliani, che rappresentano circa il 2 per cento del totale del turismo in Egitto, sono stati autorizzati senza problemi a passare le loro vacanze sulle rive del Mar Rosso, mentre un migliaio di donne arabe israeliane sposate con uomini egiziani vengonoespulse per motivi di sicurezza”, mi ha spiegato Fareed.

La maggior parte di queste coppie non ha molta scelta. Sono costrette o a rimanere in Egitto, a costo di destabilizzare la famiglia per l’assenza della madre, oppure a spostarsi in Paesi come Stati Uniti, Australia, Canada, o addirittura in Israele. La maggior parte delle coppie miste ha scelto proprio quest’ultimo come nuova residenza.

“La società ebraica ha elementi razzisti che non tollerano nè arabi nè musulmani. Hanno anche incoraggiato l’emigrazione dei cittadini arabi verso altri paesi. La discriminazione risulta risulta evidente dal fatto che arabi ed ebrei studiano in scuole separate, vengono curati in ospedali diversi, e i cittadini arabi ricevono meno risorse”.

Un sondaggio effettuato dal Centro israeliano contro il razzismo nel 2008, ha rivelato che il 75% degli israeliani non sarebbero d’accordo a vivere in un edificio dove alloggiano anche residenti arabi. Il 60% non accetterebbe visitatori arabi nelle proprie case e circa il 40% sostiene che agli arabi andrebbe tolto il diritto di voto. “Si tratta di una esecuzione morale per me”, ha affermato Fareed: “Non ho commesso alcun crimine che meriti una tale brutale punizione, persino alle spie non viene strappata la nazionalità.”

Sebbene la maggior parte degli egiziani pensi che sposare donne israeliane sia un fenomeno nuovo comparso con la fase finale del trattato di pace di Camp David del 1979 tra Egitto e Israele, gli ebrei egiziani erano considerati una parte essenziale della società e non dei nemici. La popolazione egiziana ebrea contava 88.000 individui nel 1952, in occasione dell’ultimo censimento poco prima della rivoluzione egiziana.

Prima del conflitto arabo-israeliano in Palestina, i matrimoni tra egiziani musulmani ed ebrei egiziani erano comuni, soprattutto nelle aree urbane, dove c’era un’alta concentrazione di ebrei. Dopo lo scoppio del conflitto arabo-israeliano, essendo stati accusati di spionaggio, gli ebrei sono fuggiti per li pressioni della società egiziana.

Nel 1995, dopo cinque anni di matrimonio, il governo egiziano aveva rifiutato di concedere il rinnovo del soggiorno a Nadia, imponendole di lasciare il Paese entro poche settimane.

 

 

Autorità religiosa israeliana, Ovadiah Yosef,

dice che i non ebrei sono tutti somari

 

 

Sposa in chiesa una non ebrea e perde

la cittadinanza israeliana

Fonte web

Un incubo, una maledetta storia dai contorni kafkiani da cui ci si vorrebbe svegliare come se nulla fosse avvenuto. Non e' possibile trovare altra descrizione per la battaglia condotta dal cittadino Chaim Ze' evi, "un tranquillo quarantaduenne che fa l'elettricista ad Eilat", come lui stesso si definisce, contro i regolamenti dello Stato israeliano in materia di matrimoni e religione. Poco più di un anno fa Chaim parte per una lunga vacanza negli Stati Uniti. Nel Missouri conosce Coleen Latimore, un' americana di 54 anni, e 8 mesi or sono decide di prenderla in moglie. Sin qui apparentemente nulla di male, ogni anno decine di israeliani si sposano all' estero. Ma in questo matrimonio ci sono almeno due ombre che non piacciono ai burocrati del ministero degli Interni: Coleen non e' ebrea e, soprattutto, i due commettono l' "errore" di farsi sposare nella biblioteca di una chiesa da un amico prete, che nel Missouri ha anche la facoltà di celebrare il rito civile.

Chaim torna in Israele per registrare il matrimonio e richiedere la cittadinanza per la moglie (che per legge va concessa automaticamente a ogni coniuge di cittadino israeliano). Ma a quel punto il mondo gli crolla addosso. "Lei sposandosi in chiesa non e' più riconosciuto come ebreo dallo Stato", gli dice un alto funzionario del ministero degli Interni sequestrando la sua carta di identità. Di colpo Chaim per la legge diventa contemporaneamente apostata e apolide. "Io non sono mai stato un estremista. Faccio il mio lavoro senza impicciarmi dei fatti altrui. Ma sono contrario a un sistema che decide la mia religione e rifiuta mia moglie. Mi fanno ridere quelli che non vogliono riconoscere la mia cittadinanza. E dove li mettiamo allora i tre anni di servizio militare e i 24 come riservista nelle unità combattenti?", dichiara esasperato allo Haaretz.

Anche per gli esperti si tratta di una decisione che non ha alcuna giustificazione legale, specie se si ricorda che negli ultimi anni decine di migliaia di russi non ebrei sono stati accolti in Israele grazie al solo certificato di matrimonio con un ebreo, spesso neppure riconosciuto come valido dal rabbinato di Gerusalemme. "Una persecuzione assurda. Anche se Chaim si fosse veramente convertito, cosa che non e' avvenuta poiché lui continua a considerarsi pienamente ebreo, nessuno avrebbe avuto il diritto di togliergli la cittadinanza", sostiene Yael Gilboa, portavoce dell' Associazione per la difesa dei diritti civili. La vicenda sottolinea ancora una volta il grave problema dei matrimoni misti e le gravi limitazioni imposte alla libertà della persona dalla legislazione israeliana, che in questo campo resta totalmente sottomessa alle regole religiose dettate dal rabbinato.

Un mese fa fece scalpore la denuncia pubblica di Ze' ev Chafets, ex portavoce del governo ai tempi di Begin, che sposatosi con una "Shiksa" (come in gergo yiddish vengono spregiativamente chiamate le non ebree) scopriva la "scomoda" necessita' di effettuare la cerimonia all'estero poiché qui non sono ammessi matrimoni misti. "Mi preoccupo per il futuro di mio figlio, che sarà considerato come cittadino di serie "B", scrisse Chalet. "Israele si vanta di essere l'unica democrazia del Medio Oriente. Ma per tutto ciò che concerne lo status personale è una teocrazia".

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Israele :Il Ministro dell'Interno permette ancora

al Gran Rabbinato di decidere "chi è Ebreo"

Fonte web

Il Ministero dell'Interno continua a condizionare la concessione della cittadinanza solo se approvata dal Gran Rabbinato - nonostante gli accordi in senso contrario. Di recente la domande di cittadinanza di due persone è stata negata perché il Gran Rabbinato non ha riconosciuto la Corte rabbinica che li aveva convertiti . Nessuno dei due ha voluto essere identificata e solo una ha accettato di raccontare la sua storia, sotto falso nome. "Ruth" ha spiegato di aver scoperto l'ebraismo dopo aver incontrato degli ebrei durante i suoi viaggi e di aver trascorso lunghi periodi in Israele per approfondire l'argomento.Qualche anno fa, si era affiliata con una congregazione di Manhattan, iniziando a studiare seriamente l'ebraismo con il suo rabbino. Dopo un anno la comunità ha riconosciuto la sua conversione.

Pochi mesi fa è arrivata in Israele per un altro soggiorno, ma questa volta il Ministero dell'Interno ha rifiutato di rinnovare il suo visto di studio, suggerendo di presentare una domanda per usufruire , così, della Legge del Ritorno. Lei lo ha fatto e la domanda è stata respinta. In una lettera datata il 1 novembre, il ministero ha intimato a Ruth di lasciare il paese in quanto : "Secondo il Gran rabbinato, si tratta di una conversione che non è riconosciuta"Fonti informati dicono che da quando le comunità ortodosse all'estero non rispondono ad un'autorità centrale, la valutazione della conversione è complessa .In generale, quando si tratta di Nord America, il Gran Rabbinato è pronto ad accettare le conversioni fatte sotto gli auspici degli Haredi o di quelle del Consiglio Rabbinico di America ,ma non di altre organizzazioni ortodosse come l'International Fellowship.L' Agenzia Ebraica ha dichiarato ad Haaretz di aver approvato la conversione. Ma a quanto pare il ministero dell'Interno,dopo aver consultato il Gran Rabbinato, ha deciso altrimenti.

 

 

Na’ama Margolese, di solo 8 anni, la giovane di Beit Shemesh traumatizzata

dagli insulti degli haredim solo perché vestiva all'occidentale mentre andava a scuola.

 

 

Israele: la “provocazione” degli Haredim

Fonte web

In Israele si è aperto un novo fronte interno di scontro: tra tradizionalisti ultraortodossi e i religiosi moderati uniti ai partiti laici.
Il fatto più grave, di pochi giorni fa, è il caso di una bambina di 8 anni che ha raccontato in televisione di essere stata colpita da insulti e sputi da parte di ebrei ortodossi perchè vestita, secondo loro, in modo «immodesto»
La storia diffusa dalla televisione ha fatto salire la protesta e sono scoppiate manifestazioni spontanee contro gli Haredim, gli ultra ortodossi.
“Non sono solamente i diritti delle donne in pericolo – ha avvertito dal palco Tzipi Livni, leader di Kadima, all’opposizione in parlamento -, ma è la stessa immagine di Israele a risultarne danneggiata”. Ne è altrettanto consapevole il premier Benjamin Netanyahu: “L’esclusione delle donne va contro i valori democratici di Israele” ha ribadito ieri sera.
E il capo dello Stato, Shimon Peres, aveva esortato gli israeliani ad affollare Beit Shemesh, ieri sera, contro gli estremismi religiosi: “Tutti noi, religiosi, laici, tradizionalisti, dobbiamo come un sol uomo difendere il carattere di Israele da una minoranza che infrange la nostra solidarietà”.

Il calore a sostegno di Na’ama è stato accompagnato, se non superato, dal pubblico sdegno nei confronti di ‘Moshe’, l’autista haredi che, nel report televisivo, seduto al volante della sua auto spiegava, sempre così con aria indifferente, perché mai sputare ad una ragazzina che gli era stato detto fosse di sette anni fosse giustificato. 

“Sputare su una ragazza che non si comporta secondo la legge della Torah va bene”, ha sostenuto Moshe. ”Anche a sette anni. Ci sono rabbini che ci consentono di sapere come camminare per strada e come una donna si dovrebbe comportare.” 

Chi sono gli ultraortodossi

Timorati di Dio, ultraortodossi, intransigenti della fede e del credo. Si può attribuire qualunque nome si voglia, senza eccedere nell’insulto, ma resta il fatto che gli Haredim sono persone intollerabili ed intolleranti. Già qualche settimana fa abbiamo dato notizia di quello che accade nel quartiere di Gerusalemme Mea Sheraim, dove l’ortodossia è portata fino a conseguenze inimmaginabili per noi occidentali.

Ma anche gli ultraortodossi d’Israele hanno manifestato in piazza perché scandalizzati dalla piega sempre più “occidentale” che il paese avrebbe preso secondo loro e sono scesi in piazza ieri vestiti come vittime dell’Olocausto per sostenere il diritto alla separazione dei generi nei loro quartieri e in altri luoghi pubblici, ha suscitato critiche e polemiche in Israele. Le foto di bambini con la stella di David appuntata sulla giacca e di uomini che indossavano le uniforme a strisce dei campi di concentramento campeggiavano oggi su tutte le prime pagine dei giornali israeliani. L’immagine che ha colpito di più l’opinione pubblica è stata quella di un bambino, le mani alzate in segno di resa, che ricordava la celebre foto del bambino terrorizzato nel ghetto di Varsavia occupato dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Ultraortodossia

In questo periodo i giornali italiani (e anche quelli israeliani) parlano molto delle aggressioni e degli scontri causati da alcuni charedim (definiti qui come “ultra ortodossi”), ma quasi nessuno ha prestato attenzione ad una notizia molto positiva che proviene sempre da quel “mondo”. I volontari di Zaka, quell’organizzazione fondata nel 1995 in seguito all’ondata di attentati terroristici, dai religiosi Yehuda Meshi Zahav, rav Moshe Aizenbach e rav Zvika Rosental hanno ora iniziato infatti un corso per donne arabe sulla sicurezza casalinga, la prevenzione di incidenti domestici e le cure di primo soccorso.

 

Il popolo ebraico è fortemente plurale,

ecco la sua composizione

 

Avete letto tutti, immagino, delle notizie piuttosto infami sulla bambina insultata a Beit Shemesh perché andava a scuola indossando una maglietta con le maniche corte, degli autobus separati per genere, della manifestazione di ieri a Gerusalemme in cui alcune persone sono sfilate in divisa da deportati nei Lager per protestare contro la "repressione" dello stato israeliano.