ITALIA COME LA GRECIA?
La ristrutturazione dei bilanci continentali farà
piombare l’Europa in una profonda recessione.
Lo afferma il premio Nobel per l'economia
Joseph Stiglitz
(a cura di Claudio Prandini)
TRA STANGATA UE E DEBITO PUBBLICO IL COLLASSO POTREBBE ESSERE VICINO. LA MICCIA POTREBBE ESSERE LA CRISI DEL GOVERNO BERLUSCONI CHE, CON UNA FEROCE CAMPAGNA ELETTORALE, DAREBBE FIATO ALLA SPECULAZIONE INTERNAZIONALE. |
Domani potrebbe toccare all'Italia...
INTRODUZIONE
Arriva la superstangata Ue.
Italia come la Grecia?
Come capita di sovente, le notizie più importanti sono quelle che sfuggono al radar dei grandi media. E infatti questa notizia non la trovate sulla home page dei principali quotidiani nazionali (tranne quella del Giornale.it), ma solo su quelli economici come il Sole 24 Ore, ma con tono anodino, tranquillizzante. E invece è una bomba, che annuncia una superstangata europea per l’Italia, che rischia di dover adottare misure simili a quelle imposte alla Grecia. Infatti la Commissione europea ha adottato la proposta legislativa che riscrive il Patto di Stabilità. I dettagli tecnici e la versione soft li trovate in questo articolo del Sole 24 Ore, ma le sue implicazioni sono spiegate molto bene nel Fattoquotidiano che riportiamo più avanti.
In sintesi.
- I Paesi caratterizzati da un rapporto debito/Pil superiore al 60% dovranno infatti tagliare l’eccesso del proprio debito di almeno un ventesimo all’anno se vorranno evitare di incorrere nelle sanzioni di Bruxelles.
Dunque l’Italia dovrà tagliare otto punti in tre anni, pari a 130 miliardi di euro
- Chi non ottempera deve pagare una multa pari allo 0,2% e subire tagli ai fondi per lo sviluppo e ai sussidi agricoli, sospensione del diritto di voto nel Consiglio dei ministri dell’Unione per quegli Stati membri incapaci di adeguarsi alle direttive.
A spingere in questa direzione è l’establishment europeo del misterioso presidente Von Rompuy, che il Financial Times considera molto influente (guarda caso), e della Germania che guida il drappello dei “duri e puri”.
Non è ancora detto che il Patto di stabilità venga adottato in questa forma. L’Italia si oppone, la Francia anche. Ma la direzione è quella e d’altronde lo stesso Tremonti, nell’intervista che poche settimane fa ho citato su questo blog, ha lasciato intendere che la decisione ormai è presa. L’Italia potrà limare e attenuare, ma non potrà spingersi oltre.
Da parte mia alcune considerazioni.
- Che l’Italia debba ridurre il debito è fuor di dubbio, ma imporre una tabella di marcia di questo tipo mi sembra folle, perché significa uccidere qualunque speranza di crescita e, anzi, in epoca di deflazione come questa, provocare un arretramento dell’economia reale e uno suo depauperamento, questo sî strutturale. Crollo dei consumi, moria di piccoli commerci e piccole imprese, aumento della disoccupazione. Il rimedio è peggiore del male?
- Che senso ha punire con multe stratosferiche un Paese che non ha risorse finanziare per rispettare la tabella di marcia? E’ come chiedere soldi a un imprenditore sul lastrico. Non li ha e così accentui le sue difficoltà. Misura strampalata.
- Dietro questo percorso vedo delinearsi due disegni.
Quello dell’establishment europeo che si batte per il definitivo disgregamento degli Stati nazionali e un trasferimento di potere e sovranità a Bruxelles, ma senza consenso popolare diretto; dunque gestendo l’Europa secondo gli attuali nebulosissimi criteri, che attribuiscono all’Europarlamento poteri marginali.
E quello della Germania la quale pretende che l’Europa si adegui ai propri standard, senza chiedersi se tutti i Paesi possano adottare le sue strutture economiche, finanziarie e sociali. Come ho già scritto, riconosco ai tedeschi molti meriti, ma il loro modello non è applicabile dappertutto e non può essere esportato in modo rigido, perché implica, alla lunga, l’eliminazione delle peculiarità di Paesi come l’Italia, che hanno un alto debito, ma anche virtù industriali proprie. Il rischio è di appiattire tutta l’Europa, rendendola nominalmente più stabile ma di fatto più povera, molto più povera, per compiacere la Germania. Ne vale la pena?
Entrambi gli scenari mi sembrano molto inquietanti. Ma sui giornali nessuno (o quasi) ne parlerà in questi termini. Prevarrà la retorica, prevarranno il provincialismo e la pavidità delle nostre élite (anche giornalistiche)
O no?
Debito pubblico italiano a 1827 miliardi
Il punto di La Malfa: sul debito pubblico
puntuali arriveranno le sanzioni UE
Ue, conti pubblici. Berlino detta la
lineadura. E per l’Italia sono guai
Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble difende il giro di vite e propone sanzioni severe per i trasgressori. Con un debito pari al 116% del Pil, l’Italia rischia di farsi sommergere da multe e penalizzazioni
Ristrutturazione dei conti e severe
sanzioni pronte ad abbattersi implacabilmente sui trasgressori. I dettagli delle
proposte sul nuovo Patto di Stabilità europeo saranno resi noti soltanto
mercoledì ma per le nazioni più indebitate del Continente, Italia in primis,
l’allarme è già scattato, ed è un allarme che sembra presagire lacrime e sangue
e in Finanziaria.
In attesa di presentare in via ufficiale il proprio progetto il commissario Ue
Barroso e il numero uno agli affari monetari dell’Unione Holli Rehn avrebbero
già incassato un sostegno importantissimo: quello della Germania. A rivelarlo il
Financial Times, citando una lettera inviata dal ministro delle finanze
tedesco Wolfgang Schäuble ai 26 colleghi europei. Una missiva,
quella di Berlino, che conterrebbe proposte serissime pensate
con un solo obiettivo: sistemare i conti dell’Unione prima che sia troppo tardi.
Al centro della questione, ovviamente, c’è la drastica dieta dimagrante da
imporre al disavanzo pubblico. I Paesi caratterizzati da un rapporto
debito/Pil superiore al 60% dovranno infatti tagliare
l’eccesso del proprio debito di almeno un ventesimo
all’anno se vorranno evitare di incorrere nelle sanzioni di Bruxelles.
Per una Paese come la Francia, che secondo le previsioni
dovrebbe chiudere il 2010 con debito pari all’83% del prodotto
nazionale si tratterebbe di tagliare 4 punti percentuali all’anno per i prossimi
tre anni. Per l’Italia, che con il suo 116%
detiene il peggior quoziente d’Europa, sarebbe necessario tagliarne ben otto.
Per un totale di circa 130 miliardi. Proprio
Italia e Francia, manco a dirlo, rappresentano
oggi i leader indiscussi della linea “morbida” di chi si oppone al piano tedesco
e, in particolare, al principio delle sanzioni automatiche pronte a scattare
senza appello di fronte al mancato raggiungimento degli obiettivi.
Il progetto tedesco, sostenuto anche da Olanda e Gran Bretagna, sembra rimarcare
in modo inequivocabile ciò che per molti analisti è già una verità consolidata:
in Europa non c’è più tempo da perdere. La crisi greca, i guai di Spagna,
Irlanda e Portogallo, e il generale
deterioramento dei conti pubblici prodotto dagli interventi di soccorso al
sistema finanziario rischiano di scavare una voragine incolmabile nei bilanci
degli Stati membri. Alla fine del 2009, il Fondo Monetario Internazionale aveva
lanciato l’allarme sull’evoluzione del rapporto debito/Pil nelle economie più
avanzate. Secondo le previsioni del Fmi, il valore del quoziente tedesco
dovrebbe passare dal 78,7 all’89,3% entro il 2013, quello inglese dal 68,7 al
98,3, quello francese dall’83 al 96,3. Lo stato dei conti italiani, infine,
sarebbe pronto ad andare fuori controllo facendo segnare ancora una volta un
poco invidiabile primato: 128,5%. In assenza di drastiche
manovre, insomma, la situazione sarebbe destinata ad esplodere.
Le sanzioni
In questo quadro, sembrano molto rigide anche le ‘punizioni’ per chi trasgredirà
i limiti. Multe milionarie per chi non riuscirà a ridurre
sufficientemente il proprio debito, tagli ai fondi per lo
sviluppo e ai sussidi agricoli, sospensione del diritto
di voto nel Consiglio dei ministri dell’Unione per quegli Stati membri
incapaci di adeguarsi alle direttive. Le ipotesi lanciate da Schäuble
identificano una linea strategica ancor più radicale del previsto. Già da
qualche giorno, infatti, si era parlato apertamente di requisiti contabili più
stringenti rispetto al passato ma le proposte tedesche sulle sanzioni rischiano
ora di cogliere di sorpresa anche coloro che ultimamente si erano preparati al
peggio.
In attesa di sapere se la linea tedesca saprà prevalere, il contenuto generale
del piano Barroso-Rehn ha già inflitto una chiara sconfitta alle velleità
espresse nel recente passato dal governo italiano. In estate, Giulio
Tremonti aveva espresso soddisfazione per la decisione dell’Ue
di includere il debito netto dei privati nel suo indice di sostenibilità
sovrana. Una scelta che penalizzava nazioni come la Gran Bretagna caratterizzate
da più elevati livelli di indebitamento presso famiglie, banche e imprese. Il
nuovo Patto di Stabilità, al contrario, rilancia prepotentemente il peso del
rapporto tra debito pubblico e prodotto nazionale. Un vero e proprio tallone
d’Achille per l’Italia che, nella classifica mondiale per valore del quoziente,
è superata da appena cinque Paesi.
Debito pubblico italiano: nomi, numeri
e date da sapere (prima parte)
Debito pubblico italiano: nomi, numeri
e date da sapere (seconda parte)
TRA DUE ANNI L'ITALIA DOVRÀ PAGARE
40 MILIARDI DI EURO
Mentre gli italiani seguivano con
apprensione le scontate vicende del voto di fiducia sul governo Berlusconi, alla
Camera del deputati a Roma, con gli occhi incollati agli schermi tv o alle
dirette video dei siti internet, come se davvero ci fossero dubbi sul
comportamento dell’ex camerata Gianfranco Fini Tulliani, la commissione
dell’Unione europea varava delle decisioni che certamente hanno rovinato del
tutto la festa di compleanno di Silvio Berrlusconi e che sono soprattutto
destinate a rovinare le nostre feste e anche le nostre quaresime per gli anni a
venire.
L’Italia rischia una stangata di 40 diconsi quaranta miliardi di euro per tre
anni di seguito, a partire dal 2012, che solo una ripresa bomba dell’economia
post crisi e un forte aumento delle entrate fiscali possono deviare dal nostro
futuro.
Cosa è successo mercoledì a Bruxelles, mentre la capitale europea era invasa da
oltre centomila lavoratori in sciopero provenienti da tutta Europa per
protestare contro i tagli già decisi o almeno studiati da governi più solerti e
meno paralizzati dal timore di perdere il residuo consenso? C’è stato il
previsto via libera alla stretta sui debiti pubblici eccessivi, per evitare in
futuro un nuovo caso-Grecia.
Quel che non ci era stato detto, quanto meno con chiarezza e in modo esplicito,
è che si tratta di un giro di vite che all’Italia ”costerà molto”, e questo lo
ha detto, con forse una punta di sadismo verso gli odiatissimi italiani, il
commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, sottolineando però
come tale sforzo sia ”necessario” per un Paese il cui debito supera il 118%.
”Incoraggio il governo italiano a ridurre il deficit e il debito pubblico molto
elevato rapidamente e in maniera soddisfacente, perché ciò è essenziale per
tornare ad una crescita sostenibile”, ha detto il guardiano dei conti pubblici
europei, invitando tutti i governi a ”prendere seriamente” questa sfida.
Anche perché, come ha sottolineato il presidente della Commissione Ue, José
Manuel Barroso, facendo sfoggio di un’ipocrita morale ma anche lui felice dei
guai che incombono sulla testa di Berlusconi e degli italiani, ”un debito
pubblico enorme è un qualcosa di deleterio e di antisociale, perché vuol dire
che non si possono fare spese nei settori in cui c’è bisogno”. Per questo, ha
sottolineato Barroso, ”d’ora in poi deficit e debiti pubblici eccessivi dovranno
essere trattati alla stessa stregua”.
In pratica, secondo le nuove regole adottate mercoledì dalla Commissione Ue,
sarà possibile aprire una procedura di infrazione anche per i Paesi il cui
debito pubblico supera la soglia massima prevista del 60%; e anche se il deficit
è sotto il tetto del 3%. L’apertura di tale procedura, però, non sarà
automatica: dal momento in cui entreranno in vigore le nuove regole (l’auspicio
è entro la metà del 2011) dovranno infatti passare tre anni prima che Bruxelles
valuti la situazione di un Paese. Ma in quei tre anni l’obbligo sarà quello di
ridurre il debito eccessivo di almeno un ventesimo l’anno (per l’Italia, secondo
i calcoli degli esperti, potrebbe significare un esborso di oltre 40 miliardi di
euro l’anno).
Ma nella sua valutazione, Bruxelles terrà conto anche dei cosiddetti ‘fattori
rilevanti” che possono incidere sul livello del debito pubblico, come le
previsioni sull’andamento della spesa pensionistica o l’esposizione sul fronte
dei titoli pubblici, oppure ancora il livello del Pil nominale. Sarà così anche
per l’Italia, per la quale, come ha spiegato Rehn, ”terremo conto del debito
privato nel caso in cui abbia un impatto significativo nel servire il debito
pubblico”. Un aspetto questo fortemente voluto dal governo italiano, che ha
sempre sostenuto come in Italia il peso della crisi sia stato limitato dallo
scarso livello di indebitamento di famiglie ed imprese.
La riforma del Patto Ue proposta da Bruxelles prevede quindi un rafforzamento
delle sanzioni per i Paesi non virtuosi, ma senza modificare i trattati.
Modifiche che invece la cancelliera tedesca, Angela Merkel, continua a chiedere
a gran voce, spingendo per sanzioni politiche molto piùdure, come la sospensione
del diritto di voto per i Paesi recidivi nel violare le regole del Patto Ue.
La proposta della Commissione Ue, al momento, prevede sanzioni che potranno
scattare preventivamente, prima ancora che un Paese sfori i parametri del
deficit e del debito: Basta che le sue politiche di bilancio siano giudicate
”non prudenti”. Ci sarà l’obbligo, per il Paese nel mirino, di costituire un
deposito fruttifero in cui versare lo 0,2% del Pil, deposito che diventerà
infruttifero se il Paese entrerà in procedura di infrazione. Se le violazioni
non saranno corrette, la somma versata si trasformerà in multa definitiva, che
potrà aumentare se i conti non verranno messi a posto nei tempi previsti.
Previste multe anche per i Paesi che non correggeranno i propri squilibri
macroeconomici, quelli che minacciano la stabilità della zona euro. A differenza
di quanto accade ora, infine, le sanzioni proposte dalla Commissione Ue saranno
subito operative, e potranno essere bocciate solo da un voto a maggioranza
qualificata degli Stati membri (il cosiddetto meccanismo del ‘voto al contrario’).
La cosa che non convince tutti i ministri seduti al tavolo della task force
sulla governance economica guidata dal presidente della Ue, Herman Van Rompuy.
Ma sul ruolo di questa task force, Barroso ha voluto lanciare un messaggio
chiaro: ”Solo alla Commissione nella Ue può fare proposte legislative, nessun
altro”, ha detto, sottolineando come ”sarebbe un errore rimandare le iniziative
dell’esecutivo europeo”.
Si tratta di un messaggio rivolto ai ministri finanziari dei 27 che giovedì e
venerdì saranno riuniti a Bruxelles coi banchieri centrali della Ue, per
l’appuntamento semestrale dell’Ecofin informale
Giulio Tremonti, ministro dell'economia nel governo Berlusconi
Le nuove stime del governo. Deficit stabile al 5%, ma debito in aumento al 118,5% del Pil. Inflazione sotto controllo e disoccupazione all’8,7% Bruxelles vara il pacchetto austerità: all’Italia potrebbe costare fino a 40 miliardi di euro. Oggi ne discute l’Ecofin
Nel giorno in cui la Commissione europea dà il via libera alla «stretta» sui debiti pubblici, che se approvata potrebbe costare all’Italia fino a 40 miliardi di euro, Giulio Tremonti presenta al Consiglio dei ministri le stime di crescita e di finanza pubblica dell’Italia per il 2010 e gli anni successivi. La Dfp (decisione di finanza pubblica, che sostituisce il vecchio Dpef) ipotizza una crescita dell’1,2% alla fine di quest’anno.É una cifra migliore delle stime più recenti; ma per il 2011 la previsione scende all’1,3% contro l’1,5% precedente. Nel 2012 e 2013, l’economia dovrebbe crescere rispettivamente dell’ 1,8% e del 2%. Alla Dfp farà seguito, nelle prossime settimane, la legge di stabilità, quella che fino allo scorso anno era la Finanziaria. «Sarà sostanzialmente tabellare, e di contenuto assai ristretto- afferma il documento- anche per evitare le drammatizzazioni del passato». Del resto, la sostanza è stata già approvata con la manovra estiva.
I numeri della finanza pubblica, contenuti nel documento di 58 pagine approvato ieri a palazzo Chigi, non si discostano dalle stime precedenti. Il deficit di quest’anno è stimato al 5% del Pil, mentre dovrebbe calare al 3,9% nel 2011, e successivamente al 2,7% nel 2012 e 2,2% nel 2013. É il percorso di rientro concordato con Bruxelles. Aumenta invece il debito pubblico: toccherà il 118,5% del Pil alla fine di quest’anno, e crescerà ancora al 119,2% l’anno prossimo, per poi riprendere il «percorso di riduzione» nel 2012. Gli altri numeri: la pressione fiscale, «dopo il picco registrato nel 2009» al 43,2% del Pil, dovrebbe scendere quest’anno al 42,8% e al 42,4% nel 2011, per poi riprendere quota nel 2012, al 42,6%. L’inflazione media dovrebbe attestarsi all’1,6% quest’anno. La crisi economica si farà sentire sul mondo del lavoro: il tasso di disoccupazione salirà quest’anno all’8,7% dal 7,8% dell’anno passato, e resterà allo stesso livello nel 2011.
Nel 2012, infine, la disoccupazione dovrebbe calare all’8,6%. Questo il quadro macroeconomico italiano su cui si innesta il dibattito sulla riforma del patto europeo di stabilità, necessaria ad evitare il ripetersi di «casi Grecia». Ieri la Commissione europea ha presentato le sue proposte, che ricalcano le anticipazioni dei giorni scorsi: nuove sanzioni per rafforzare la disciplina di bilancio, vincoli alla crescita della spesa pubblica, target annuali per la riduzione del debito eccessivo (riduzione di un ventesimo ogni anno). La riforma del patto costerà all’Italia «una somma molto significativa - spiega il commissario all’Economia Olli Rehn- perchè il livello del debito pubblico è molto elevato, ed è necessario ridurlo rapidamente per tornale a una crescita sostenibile. Incoraggio il governo italiano ad agire ». Le proposte verranno esaminate oggi e domani, sempre a Bruxelles, dai ministri delle Finanze e dai governatori delle banche centrali nella riunione «informale» dell’Ecofin.
Le posizioni dei diversi Paesi, si sa, sono lontane. La cancelliera tedesca Angela Merkel, che guida il partito del «rigore», chiede che vengano cambiati i Trattati per affrontare con regole nuove eventuali crisi nell’area dell’euro. «Siamo a favore del livello più elevato di automatismi nelle sanzioni», ha detto la Merkel, riconoscendo tuttavia che si tratterà di negoziati «molto duri». All’Ecofin si discuterà anche di eventuali sanzioni nei confronti delle agenzie di rating che bocciano il debito degli Stati sulla base di valutazioni sbagliate. Anche il Fondo monetario pensa che le agenzie di rating abbiano contribuito all’instabilità finanziaria.
APPROFONDIMENTO
Stiglitz: Germania fuori dall’euro
La ristrutturazione dei bilanci continentali farà piombare l’Europa in una profonda recessione. La soluzione, secondo il premio Nobel per l’economia, è l’uscita della Germania da Eurolandia e la conseguente svalutazione della moneta unica
Crescono i rendimenti delle nostre obbligazioni e di conseguenza anche gli interessi sul debito pubblico. Lontano dal Bel Paese c’è preoccupazione e scetticismo sullo stato dei conti. E le elezioni anticipate vengono date per scontate.
L’Eurostat, l’ente statistico della Commissione europea ha fornito i nuovi ed aggiornati dati sullo stato delle varie economie del G7. La ripresa economica appare di portata ancora limitata su scala globale e in alcuni paesi – tra cui l’Italia – molto modesta. Smentendo ancora una volta il facile ottimismo di cui il nostro governo, in particolare per bocca del nostro premier, si va vantando.
La Decisone di Finanza Pubblica, la rivoluzionaria invenzione del ministro dell’economia, nasce già morta e totalmente priva di indicazioni per il futuro. Mentre l’Italia continua ad affondare. Meno di un anno fa, il ministro Tremonti annunciava trionfalmente l’approvazione bipartisan della Legge n.196, la nuova legge sulla contabilità e la finanza pubblica. Un provvedimento, diceva allora il ministro “rivoluzionario”, che avrebbe fatto da volano per rendere l’Italia un paese finalmente europeo.