I JEANS CHE DANNO LA

MORTE A CHI LI FABBRICA

 

CAMPAGNA CONTRO LA SABBIATURA DEI JEANS CHE FA

AMMALARE GLI OPERAI DEI PAESI POVERI, SOLO PERCHÉ

A NOI RICCHI PIACCIONO I JEANS INVECCHIATI

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

Sabbiatura? No, grazie. I jeans  scoloriti

possono uccidere chi li produce

Fonte web

I jeans scoloriti possono uccidere. Non chi li indossa, ma chi li produce. Nel gennaio 2011 inizia una campagna internazionale per vietare il processo di sabbiatura, con il quale il denim (il tessuto dei jeans) assume un aspetto vissuto.

La sabbiatura viene affidata ad aziende che operano in Paesi poveri. E’ il trattamento più a buon mercato per schiarire i jeans , e dà anche i risultati migliori. Ma i lavoratori che la praticano si ammalano di silicosi.

Personalmente, ritengo orribili i jeans  acquistati già scoloriti. E apprezzo invece la loro progressiva schiaritura “personalizzata”, modellata sulle abitudini e sui gesti quotidiani di chi, giorno dopo giorno, li indossa. Ma la questione va ben al di là dei gusti personali.

La campagna internazionale contro la sabbiatura dei jeans è organizzata da Clean Clothes Campaign, una rete  di organizzazioni sindacali e organizzazioni non governative europee.

La tecnica consiste nello “sparare” sulla stoffa getti di sabbia. Respirando le polveri che contengono la silice della sabbia si contrae facilmente la silicosi, una malattia irreversibile, incurabile e anche mortale.

Per dare un’idea della pericolosità: in Turchia  la sabbiatura dei jeans  è iniziata nel 2000 ed è stata vietata nel 2009. Si stima che la metà delle 10.000 persone che hanno lavorato nel settore sia ora affetta da silicosi.

Secondo Clean Clothes Campaign, la maggior parte dei jeans  slavati destinati alla vendita in Europa vengono trattati – senza tanti riguardi per i lavoratori – in Paesi come Bangladesh, Messico, Cambogia, Cina, Pakistan, India, Indonesia…

La campagna invita a mettere fuori legge la sabbiatura, a non acquistare jeans  sabbiati e a far pressione sulle aziende di jeans affinché non utilizzino questa tecnica.

La pagina italiana della campagna per l’abolizione della sabbiatura dei jeans, a partire dalla quale si possono scaricare dati e statistiche

 

Esempio di sabbiatura per invecchiare i jeans.

Nei paesi poveri questa procedura avviene

senza le più basilari norme di sicurezza.

 

Esempio di lavanderie industriali per jeans

 

Parte da Istanbul l’appello “Vestiti puliti”

per tutelare gli operai del tessile

La Turchia promuove la "Clean Clothes Campaign", una petizione per chiedere ai governi degli Stati che producono jeans di rinunciare alla tecnica della "sabbiatura". Secondo numerosi studi questo processo provocherebbe la silicosi, malattia polmonare mortale

Fonte web

Fashion victim, letteralmente. Perché anche la moda può uccidere e acquistare un paio di jeans può significare mettere in pericolo la vita degli operai che li fabbricano. Arriva da Istanbul, in occasione del Forum internazionale 2010, l’appello contro i “jeans killer” della Clean Clothes Campaign, la rete globale di associazioni che si batte per la difesa dei diritti dei lavoratori del tessile. Una petizione per chiedere ai governi degli Stati produttori dei circa cinque miliardi di jeans che vengono immessi ogni anno nel commercio, l’abolizione della tecnica della sabbiatura, il trattamento all’origine dell’effetto “invecchiato” del denim. Questa tecnica è responsabile, secondo diversi studi scientifici, dell’aumento fra gli operai del settore dei casi di silicosi, una malattia polmonare mortale.

Secondo il report “Vittime della moda” pubblicato dalla coalizione, nella sola Turchia, paese fra i maggiori esportatori mondiali di jeans, sono cinquemila i lavoratori ad essersi ammalati negli ultimi dieci anni e circa cinquanta i decessi dovuti all’esposizione ad agenti chimici e polveri legate alla tecnica della sabbiatura meccanica. Un bilancio sufficiente al governo di Ankara per vietare, nel 2009, la pratica in tutti i laboratori tessili del Paese, ma che non ha ancora convinto stilisti e produttori delle maggiori marche di jeans ad abbandonare per sempre la moda dell’effetto slavato. Dal Bangladesh alla Cina, passando per Pakistan, Indonesia, India e diversi stati del Nord Africa, secondo la Clean Clothes Campaign, sarebbero ancora centinaia le piccole fabbriche nate in seguito alla delocalizzazione dei grandi marchi occidentali, dove la decolorazione del denim si ottiene spruzzando sul tessuto sabbia ad alto contenuto di silice, sostanza estremamente pericolosa per la salute che viene invece maneggiata dagli operai in ambienti insalubri e senza le adeguate protezioni.

“La maggior parte dei jeans che troviamo nei nostri negozi provengono da Paesi dove non esistono o non vengono applicate norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro - afferma Deborah Lucchetti, coordinatrice per l’Italia della Campagna Abiti Puliti – Non si possono mettere in pericolo vite umane per una moda, di fronte a questa consapevolezza l’unica soluzione è quella di bandire questa tecnica”. Un appello che la sezione italiana della coalizione ha rivolto a nove fra i marchi più famosi del made in Italy, informandoli dei rischi e chiedendo loro di garantire ai clienti jeans liberi dal sandblasting. “Abbiamo interpellato Prada, Gucci, Versace, Benetton, Armani, Dolce e Gabbana, Diesel, Replay e Cavalli” spiega la coordinatrice – perché anche gli stilisti e i creativi devono rendersi conto che le loro scelte possono essere determinanti per imporre tendenze che non abbiano conseguenze cosi pericolose”.

Fra le prime risposte, quella del marchio Benetton che ha dichiarato di voler cessare la vendita di jeans sbiaditi entro il 2011 e di Prada che afferma di ricorrere a tecniche alternative per ottenere l’effetto “sbiadito”. Versace sostiene invece di avere tutta la sua filiera in Italia così come Gucci, disponibile però a verificare fino in fondo la situazione insieme a rappresentanti della Clean Clothes Campaing negli stabilimenti marchigiani della “Valle dei jeans”, dove vengono sbiancati i capi del marchio fiorentino. “Da gennaio 2011 inizieremo un’azione di pressione diretta con il coinvolgimento dei consumatori nei confronti delle aziende che non risponderanno o che, come Dolce&Gabbana, ci hanno già detto di non essere interessate alla nostra campagna”, conclude Deborah Lucchetti. Fra i grandi marchi internazionali, hanno invece già aderito Levi’S e la catena H&M.

 

 

Aderisci alla campagna perché non si muoia per la moda dei paesi ricchi

 

 

Killer Jeans: Campagna per

l'abolizione della sabbiatura dei Jeans

 

Fonte web

27 novembre 2010 - La Clean Clothes Campaign ha lanciato un appello ai produttori di jeans e ai governi per fermare la sabbiatura del denim. La sabbiatura (sandblasting) può causare una forma acuta di silicosi, malattia polmonare mortale. La tecnica sta mettendo in grave pericolo la vita di migliaia di lavoratori. È spesso eseguita in piccoli laboratori dell'economia sommersa nei paesi produttori di jeans come il Bangladesh, l'Egitto, la Cina, la Turchia, il Brasile e il Messico dove quasi tutti i jeans venduti in Europa sono prodotti. Nella sola Turchia, sono stati documentati 46 casi di decessi di sabbiatori a causa della silicosi.
Si tratta probabilmente solo la punta dell'iceberg.
 
Firma l'appello. Puoi fare la differenza!

In altri paesi non esistono statistiche disponibili ma il numero di vittime e potenziali vittime future è stimato essere molto elevato. La Clean Clothes Campaign (CCC), in collaborazione con il Comitato di Solidarietà dei Lavoratori della Sabbiatura in Turchia (Solidarity Committee of Sandblasting Labourers), chiede ai produttori di jeans di garantire che la sabbiatura sia eliminata dalla filiera produttiva. Un certo numero di aziende del settore moda e della distribuzione hanno già vietato la vendita di jeans sandblasted o hanno annunciato pubblicamente che li avrebbero eliminati gradualmente nei prossimi mesi. Tra questi Lévi-Strauss & Co. e Hennes & Mauritz (H & M).

La CCC invita i governi dei paesi produttori di jeans a mettere fuori legge la sabbiatura del denim, ad assicurare l’applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro e a garantire pensioni di invalidità ai sabbiatori che hanno contratto la silicosi. Anche i consumatori nei paesi importatori possono dare un contributo concreto assicurandosi che i jeans che acquistano non sono stati trattati con questo processo potenzialmente mortale.
I consumatori possono anche firmare un appello sul sito internazionale della CCC per sostenere le richieste della Campagna verso l'industria dei jeans e i governi.

Da gennaio 2011 la CCC avvierà un’azione di pressione diretta alle aziende di jeans che rifiuteranno di bandire la tecnica della sabbiatura dalla produzione alla quale tutti i consumatori partecipare attivamente.

 

 

Testimonianza:

QUANTE MIGLIAIA DI Adulhalim CI SONO NEL MONDO?

La malattia è progredita fino al 46 per cento dei miei polmoni. Non posso fare sforzi fisici, non posso correre o arrampicarmi. Se prendo un raffreddore è molto pericoloso per me. Mi manca sempre il fiato e non posso parlare. Può anche peggiorare. Quando capita devo andare in ospedale per un mese e prendere l’ossigeno direttamente». Adulhalim Demir è un operaio turco, ha 46 anni, tre figli piccoli e una malattia antica, la silicosi, che un tempo consumava poco alla volta i minatori dopo una vita passata sotto terra a mangiare polvere. Adulhalim però non ha mai visto una miniera, il male che gli ruba l’aria l’ha respirato in una fabbrica di jeans. Per un anno ha lavorato come «sabbiatore esperto» in un laboratorio che produceva pantaloni sbiancati per Tom Hilfiger.

La sua mansione era semplice: sparare sabbia ad alto tenore di silice con un compressore, per ammorbidire il denim e dargli quella patina invecchiata che piace alle grandi firme della moda e agli altri di conseguenza. La paga non era un gran che, ma gli operai immigrati come Adulhalim potevano dormire nei locali dove lavoravano: ventiquatt’ore al giorno a respirare aria impregnata di polveri di silice. «Credo che sia stato allora che mi sono ammalato». Adhulhalim oggi è testimonial della Campagna per l’abolizione del sandblasting, come si chiama la sabbiatura dei jeans, promossa da Solidarity Committee of Sandblasting Labourers, dalla Campagna Abiti Puliti e dall’International Labor Rights Forum L’iniziativa, di cui Fair è il coordinatore italiano, viene presentata oggi ad Istanbul, sotto uno slogan esplicito: «I jeans che uccidono».

Perché è esattamente quello che accade, lontano da noi, dai nostri armadi pieni di pantaloni sbiaditi ad arte, logorati non dall’uso ma da qualche operaio che per questo rischia la vita: l’unica che ha. L’appello è rivolto alle imprese – in Italia Diesel, Armani, Gucci, Prada, Versace, Cavalli, D&G, Benetton, Replay – perché rinuncino integralmente alla sabbiatura e ai governi perché vietino questa procedura, l’importazione di jeans sabbiati e garantiscano assistenza ai lavoratori malati. [...] (I jeans che uccidono come in miniera Se la silicosi è fashion - Il caso)

 

 

Firma l'appello per l'abolizione della sabbiatura. Puoi fare la differenza!

Scarica la scheda di approfondimento sulla sabbiatura (sandblasting)

Scarica il report "Vittime della moda" (versione italiana)

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Il report “Vittime della moda”

(pdf da Campagna Abiti Puliti)

 

“Quei jeans uccidono. Mettiamoli al

bando.” (articolo da Avvenire)

 

“Salute: quando la moda uccide, il male killer

degli operai del jeans” (articolo da IGN)

 

“Il jeans che uccide chi lo fa”

(articolo da Diritti Distorti)