CASO KAZAKISTAN:
TUTTI SCANDALIZZATI MA INTANTO CON IL
DITTATORE KAZAKO SI FANNO AFFARI
UN SOTTOBOSCO DI AFFARI E COMPLICITÀ
CIRCONDA IL CASO ABLYAZOV
(a cura di Claudio Prandi)
INTRODUZIONE
Il governo kazako: «Espulsione decisa dalle
autorità italiane, non è escluso il ritorno»
Sul caso Ablyazov arriva la replica del governo zakako. Astana respinge le responsabilità dell'espulsione di Alma Shalabayeva e figlia e in una nota inviata all'agenzia di stampa Adnkronos martedì sera, il ministro degli esteri del Kazakistan addebita la decisione «alle autorità italiane». «È sorprendente - spiega il comunicato - il fatto che le circostanze di questo episodio che ha coinvolto Alma Shalabayeva nella Repubblica italiana siano state raccontate in modo distorto». Confermando la decisione di trattenere ancora madre e figlia il ministro kazako ribadisce però la possibilità di un rientro in Italia: «Per ora resta, ma non è escluso il ritorno». Purché la richiesta arrivi dalla diretta interessata, dietro cauzione, e sempre che Roma offra le dovute garanzie: «Per questo motivo -prosegue la nota- Alma Shalabyeva dovrebbe rivolgersi agli organi competenti della Repubblica del Kazakhstan con la richiesta della libertá negli spostamenti, compreso l'estero, con la cauzione».
BONINO - La notizia si inserisce a sorpresa nel dibattito interno italiano e tra le polemiche che hanno coinvolto la Farnesina, costretta a smentire le indiscrezioni di stampa emerse nelle ultime ore: «Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, non ha mai pensato di dimettersi». Rimangono numerosi «punti oscuri»sulla vicenda, è la posizione del ministro Bonino ma, secondo quanto riferito dalla titolare della Farnesina - lunedì - all'ingresso del Consiglio Affari Esteri Ue a Bruxelles, sono altre istituzioni «a dover chiarire». Il ministro aveva poi aggiunto: «Per quello che seguo in solitario e con grande attività dal primo giugno, di fronte a istituzioni del Paese che continuavano a ripetere che tutto era regolare, la mia preoccupazione è stata difendere questa signora». Il ministro Bonino ha infine sottolineato che all'Italia non è stato chiesto di riferire del caso Shalabayeva presso le istituzioni europee. Ma l'affaire kazako continua a far discutere. Intanto, martedì, l'altra figlia di Alma Shalabayeva, Madina, ha affidato una dichiarazione all'agenzia D'Antoni&partners: «Desidero ringraziare il ministero degli Affari Esteri italiano per gli sforzi che ha fatto - ha detto Madina Ablyazova - e che continua a fare, nell'interesse di mia madre e mia sorella e sono anche consapevole dell'impegno personale del ministro Bonino che sta facendo il possibile per trovare una soluzione diplomatica per il rientro di mia madre e di mia sorella».
INTRECCI - intanto, si intrecciano, anche fuori dall'Italia, altre questioni legate al dissidente kazako: la Spagna ha concesso al Kazakistan l'estradizione dell'amico, ed ex capo delle guardie del corpo di Mukhtar Ablyazov, Aleksandr Pavlov. Gli avvocati di Pavlov, che nel suo paese è accusato di frode bancaria e terrorismo, hanno preannunciato il ricorso contro il decreto pronunciato lunedì da un tribunale di Madrid, ritenendo pretestuose le accuse rivolte a Pavlov, come rende noto Radio Europa libera. Accuse, denunciano i legali, fabbricate ad arte ad Astana solo per ottenere da Pavlov informazioni su Ablyazov.
L'AUSTRIA INDAGA - Sull'espulsione di Alma Shalabayeva e della figlia, si muove anche la magistratura austriaca. Lo riferisce, nel numero in edicola mercoledì, il settimanale Oggi. Su denuncia dalla famiglia Ablyazov - scrive il settimanale - la procura di Vienna ha aperto un'inchiesta per sequestro di persona, in quanto l'aereo utilizzato per il rimpatrio apparteneva alla compagnia Avcon, battente bandiera austriaca. Tecnicamente il presunto reato si sarebbe quindi realizzato in territorio austriaco e il pubblico ministero, se l'inchiesta andrà avanti, potrà decidere di estendere le indagini ai protagonisti dello scandalo in Italia.
Kazakistan, “Prodi riceve uno stipendio
milionario dal dittatore Nazarbayev”
Lo Spiegel International punta i riflettori sui rapporti tra i due, rivelando che l'ex premier è membro dell'Intenarnational Advisory Board del leader kazako. Risale invece al 23 maggio l'ultima visita dell'ex leader dell'Ulivo nel Paese, dove dal 2011 è tornato tre volte l'anno.
Silvio Berlusconi non è l’unico politico italiano ad avere rapporti con Nursultan Nazarbayev. Un articolo pubblicato a marzo da Spiegel International punta i riflettori sul legame tra l’ex premier Romano Prodi e il dittatore kazako. “Per essere un tiranno, il signore del Kazakistan ha a sua disposizione alcuni insoliti sostenitori: gli ex cancellieri tedesco e austriaco Gerhard Schröder e Alfred Gusenbauer, gli ex primi ministri britannico e italiano Tony Blair e Romano Prodi, così come l’ex presidente polacco Aleksander Kwaniewski e l’ex ministro degli interni tedesco Otto Schily”, afferma il quotidiano, ricordando che “tutti costoro sono membri nei loro Paesi di partiti socialdemocratici”.
Gusenbauer, Kwaniewski e Prodi, prosegue lo Spiegel, “sono ufficialmente membri dell’Intenarnational Advisory Board di Nazarbayev. Si incontrano diverse volte ogni anno, nella più recente occasione due settimane fa (quindi all’inizio di marzo, ndr) nella capitale kazaka Astana, e ciascuno di loro percepisce onorari annuali che raggiungono le sette cifre”. Secondo la stampa britannica, l’ex primo ministro britannico Blair, pure lui advisor, “riceve ogni anno compensi che possono arrivare a 9 milioni di euro (11,7 milioni di dollari)”.
“Schröder, per quanto lo riguarda, nega di essere membro dell’Advisory Board. Ciononostante, egli s’incontra di quando in quando faccia a faccia con l’autocrate venuto dalle steppe asiatiche ed elogia il Kazakistan come un “Paese internazionalmente riconosciuto e aperto”. Nel novembre del 2012, Schröder si congratulò col Kazakistan in quanto Paese scelto per ospitare l’Expo 2017, che egli descrisse come il “prossimo passo verso la modernizzazione”.
“Il fatto che un diplomatico tedesco si inchini davanti ai kazaki fino a tale punto è già abbastanza brutto”, dice la deputata dei Verdi Viola Von Cramon. “Ma peggio ancora, sottolinea, è il fatto che politici come Schröder, Schily, Prodi e Blair si lascino coinvolgere negli interessi di Nazarbayev. “Specialmente perché ora il suo regime sta diventando sempre più severo. Ma grazie all’influenza dei lobbisti occidentali, poco di quello che succede oltrepassa i confini”.
L’ultimo incontro tra Prodi e Nazarbayev risale al 23 maggio, una settimana prima del blitz che ha portato all’espulsione della moglie e della figlia del dissidente kazako. Con un discorso di dieci minuti al Palazzo dell’indipendenza di Astana, capitale del Paese, l’ex premier ha parlato dei problemi dell’Eurozona, dopo l’introduzione di Nazarbayev. E, come spiega Panorama, “dal 2011 ha fatto visita tre volte l’anno, mantenendo ottimi rapporti con il dittatore”.
Per definire gli intrecci tra i due Paesi, prosegue il settimanale, bisogna invece tornare al 1997. Il 4 maggio l’ex leader comunista, padre padrone del Paese, viene decorato con il Gran cordone, la più alta onoreficenza concessa dal Quirinale, su proposta di Prodi, allora presidente del Consiglio. Nel 2000 viene poi scoperto il giacimento di Kashagan e l’Eni entra subito nel consorzio per lo sfruttamento. Risale invece al 2009 la firma del trattato tra Italia e Kazakistan, con Berlusconi presidente. E oggi l’Italia è il terzo partner commerciale del Paese, dopo Cina e Russia.
Kazakistan, il potere corrotto di Nazarbayev
Famiglie. Tangenti. Epurazioni. La struttura di comando nel Paese di Ablyazov. Dove dominano i clan del presidente.
Il
Kazakistan è uno Stato in mano ai clan. Familiari, tribali, economici.
A chi si domanda
come l'ambasciatore Adrian Yelemessov si sia potuto fare strada all'interno del
Viminale guidato dal
vicepremier Angelino Alfano, può essere utile capire quali sono i meccanismi
di potere su cui si regge lo Stato in mano ormai da oltre 20 anni a Nursultan
Nazarbayev.
Il Kazakistan è passato dal socialismo sovietico al capitalismo, senza che la
sua struttura di clan etnici e familiari venisse scalfita. L'Unione sovietica ha
solo allungato la lista delle etnie in lotta fra loro.
LE DIVISIONI
IN CLAN. Il Paese è diviso tradizionalmente in tre grandi famiglie
dette jus, divise a loro volta in clan e sottoclan. L'attuale gruppo
dirigente appartiene al clan Shaprashty ed è espressione delle tribù meridionali
del Paese.
Lo stesso sangue, in uno Stato in cui i tradimenti e le epurazioni sono
all'ordine del giorno, dà maggiori garanzie di fedeltà al comando. Attualmente
al governo del Paese 13 ministri arrivano dal Sud, tre dalla regione Karaganda
nel Nord Ovest e solo uno dalla Kostanay nel Nord del Paese.
GLI ESPERIMENTI DELL'URSS. Nursultan si è circondato di fedelissimi e familiari, che si sono spartiti le sterminate ricchezze del Paese: una terra desolata grande nove volte l'Italia, popolata solo da 16,6 milioni di persone e usata dai sovietici come cortile per gli esperimenti atomici, ma 11esima al mondo per riserve di petrolio, prima per giacimenti di uranio, seconda per cromo, piombo, zinco, quinto per il rame e tra le primi 10 nazioni al mondo per le riserve d'oro.
IL GENERO AL
COMANDO. Fino alla fine del 2011, a gestire tale tesoro per Nazarabyev,
era il genero Timur Kulibayev, messo a capo del fondo sovrano del Kazakistan
Samruk-Kazyna, la società che controlla, tra miniere e idrocarburi, il 90%
dell'economia della nazione.
Come risulta dal cablogramma del 25 gennaio 2010 raccolto da Wikileaks, a
spiegare all'allora ambasciatore americano Richard E. Hoagland come funzionavano
gli affari fu nientemeno che Maksat Idenov, all'epoca vicepresidente della
società kazaka KazMunayGas che, secondo la Kazakh Telegraph Agency, fu
più tardi ufficialmente invitato a lavorare per l'Eni.
L'economia di mercato significa «tangenti per i meglio inseriti»
Nella
cena riservata con l'ambasciatore Usa, Idenov aveva denunciato l'esistenza di un
cerchio magico che stava attorno al presidente kazako.
Tra i suoi componenti il 47enne Kulibayev è il più in vista. Secondo gli
analisti, il marito di Dinara Kulibayeva, una delle tre figlie di Nazerbayev e
frequentatore dei migliori salotti londinesi - è amico del principe Andrea di
Inghilterra e della ex di Lapo Elkann, Goga Ashkenazi - era anche il candidato
alla successione per la presidenza della Repubblica.
Poco importano le formalità burocratiche. Quello che conta è il clan, la banda,
il gruppo di potere.
A CAPO DEL FONDO SOVRANO. E il miliardario Kulibayev, per molto
tempo, è stato al centro di questo potere.
Il fondo sovrano Samruk-Kazyna ha partecipazioni nelle società estrattive
Kazakhmys e Enrc, controlla 400 imprese comprese la Kazatomprom dedicata
all'uranio e la società petrolifera KazMunayGas che partecipa dello sfruttamento
di giacimenti come il Kashagan, capace di produrre 1,7 milioni di barili al
giorno: il 2% della produzione di petrolio del mondo.
Non a caso il genero del dittatore è il terzo uomo più ricco del Kazakistan, con
un patrimonio stimato da Forbes in 1,3 miliardi di dollari. Parlando
con l'ambasciatore Usa, Idenov lo etichettò come un «Buddha con la manicure
francese». Secondo il manager petrolifero, Kulibayev «sbavava per ottenere
profitto» dalle multinazionali straniere come la British Gas (Bg) e l'Eni.
COME GOLDMAN SACHS. Ma i suoi colleghi non erano da meno.
Quando l'ambasciatore chiese conto della corruzione dilagante nel Paese, Idenov,
sempre secondo i cablogrammi di Wikileaks, rispose cristallino: «Il capitalismo
(...) significa un'enorme quantità di denaro (...). Quasi tutti quelli in alto
sono confusi. Sono confusi dalla loro mentalità sovietica (...) dagli eccessi
della corruzione del capitalismo. Se i manager di Goldman Sachs possono fare 50
milioni in un anno e dirigere l'economia americana, si chiedono cosa facciamo
noi di diverso?».
Insomma, pochi scrupoli. Secondo Idenov, in Kazakistan l'economia di mercato
significa semplicemente «cospicue tangenti per i meglio inseriti».
Un sistema di squali che nuotano nell'impunità
Nel
gruppo ristretto attorno a Nazarbayev stavano fino a pochi mesi fa anche Aslan
Musin, ex capo dello staff presidenziale, considerato la seconda persona più
importante nell'amministrazione dell'apparato statale e Karim Masimov, ex primo
ministro e il più longevo della storia del Kazakistan, con forti legami con i
dirigenti comunisti di Pechino.
A dicembre del 2011, però, Kulibayev è stato costretto a lasciare la poltrona
di Samruk-Kazyna dopo che uno sciopero dei lavoratori della società nazionale
petrolifera è finito nel sangue, con decine di morti. E da allora, con
successivi rimpasti di governo conclusi a settembre 2012, tutti i suoi avversari
a partire proprio da Musin e Masimov sono stati ridimensionati.
STOP A CHI HA TROPPA INFLUENZA.
Intervistato dal quotidiano di 'opposizione' Republic, l'ex ministro
dell'Energia, Viktor Khrapunov, ha dato la sua interpretazione: i due avevano
aumentato «troppo la loro influenza» in vista della successione di Nazarbayev.
Oggi, per Khrapunov, ci sono nuove alleanze e nuove faide: Dariga, la figlia
primogenita del presidente si è lanciata in politica e il cognato miliardario la
appoggia contro i fratellastri e i funzionari di governo, in particolare quelli
legati al ministero degli Esteri. Il clan vince sempre. E il denaro pure.
SI COLPISCONO I PIÙ DEBOLI.
Secondo gli oppositori persino la campagna anti-corruzione lanciata da
Nazarbayev negli ultimi anni è stata strumento di una lotta di potere interna.
In un cablogramma di Wikileaks del 22 aprile 2009, l'ambasciatore americano
annotò i commenti: «Quelli colpiti sono gli anelli più deboli della catena», «i
veri squali continuano a operare nell'impunità», «i funzionari coinvolti sono
solo una minuscola frazione di coloro che hanno le mani sporche».
Anche
Mukhtar Ablyazov è dentro al sistema. Il 28 settembre 2009 quando Hoagland
chiese al giornalista Sergey Duvanov se il rifugiato fosse un criminale, il
cronista rispose: «Certo che lo è. Lo sono tutti. È il sistema che Nazarbayev ha
creato». E a cui l'Italia si è inchinata e ha aperto le porte.
Caso Ablyazov: Finmeccanica e gli affari con il Kazakistan
Ablyazov troppo filo Russia. E anti Europa. Per questo fu fatto fuori da Nazarbayev. Così l'Italia ne approfittò.
È
verosimile ipotizzare che qualcuno, nel 2009, abbia gridato «Abbiamo una banca!»
al presidente kazako Nursultan Nazarbayev quando il
dissidente Mukhtar Ablyazov fuggì dal Paese dopo essere stato costretto a
cedere al governo il controllo della Bta, uno dei principali istituti di credito
locali.
Un acquisto importante, perché operato tramite il fondo sovrano Samruk Kazyna,
l'istituzione statale che, presieduta dal vice di Nazarbayev, Kairat Kelimbetov,
raccoglie i risparmi dei pensionati e dei ceti medi kazaki.
BTA CONCORRENTE DEL FONDO SOVRANO. Nelle mani del governo
cadeva infatti un pericoloso avversario, la Bta appunto, che sotto la guida di
Ablyazov era diventata leader nell'erogazione di prestiti alle famiglie e al
consumo in Kazakistan.
Ablyazov, marito di Alma, la donna
che la polizia italiana ha consegnato alle autorità kazake insieme con la
figlia di sei anni facendo esplodere un
caso
internazionale, con la sua politica economica diretta verso l'ex Urss,
rappresentava però anche un ostacolo ai nuovi affari del regime, diretti
soprattutto all'Europa occidentale.
GLI ACCORDI A ROMA CON FINMECCANICA. Così mentre l'oppositore
si rifugiava a Londra, il 6 novembre 2009 a Roma, il fondo Samruk Kazyna e
Finmeccanica firmavano una serie di accordi che portarono l'azienda pubblica
italiana a operare nella Repubblica ex sovietica nei settori militare, delle
ferrovie, degli elicotteri e delle tecnologie ottiche.
Alla cerimonia, insieme con l'allora presidente di Finmeccanica Pierfrancesco
Guarguaglini, erano presenti i due leader amici: Nazarbayev e Silvio Berlusconi,
i quali suggellarono la cooperazione che il ruolo di Ablyazov - troppo filo
russo - rendeva ardua se non impossibile, vista la sua forza nel mercato interno
del denaro.
Le ambizioni politiche di Ablyazov: da tycoon a ministro e oppositore
Ablyazov non si era limitato agli affari e alla finanza. Aveva fatto il suo ingresso nella scena politica negli Anni 90, come rappresentante di una generazione che in Italia avremmo definito dei Giovani Turchi. Uomini rampanti, brillanti, in carriera. Ablyazov dopo avere scalato i vertici delle società energetiche pubbliche, da vero e proprio boiardo di Stato, divenne ministro dell'Energia.
IL CONTROLLO DELLA BTA. Poi
arrivarono le divergenze col raìs Nazarbayev, il passaggio all'opposizione e
l'operazione che lo condusse, nel 2005, con capitali raccolti negli ambienti
ostili al presidente, a controllare la Bta e a farne uno strumento di politiche
economiche divergenti da quelle de governo.
La Bta diventò molto aggressiva sul mercato interno. Erogava mutui e prestiti,
offriva a impiegati, operai, famiglie e pensionati la possibilità di investire
in depositi e in fondi previdenziali. Ablyazov partì così alla caccia di denaro
proprio nel feudo del fondo sovrano Samruk Kazyna.
La guerra fu feroce sul piano interno, con un gioco al ribasso che la Bta finì
per pagare con buchi spaventosi sui conti, coperti con bond che fecero il giro
del mondo e vennero sottoscritti anche da qualche investitore privato italiano.
L'ESPANSIONE NELL'EST EUROPEO. Nel
frattempo però la banca di Ablyazov attaccava anche all'estero. Aprì filiali e
stipulò accordi in Ucraina, Armenia, in altre Repubbliche ex sovietiche. Poi
ancora in Serbia e nei Balcani. Ma soprattutto era forte nei circuiti di
trasferimenti di denaro da parte degli emigrati come Money Gram. Non un affare
da poco. I soldi dei kazaki all'estero tornavano in patria attraverso i canali
di Bta e, dunque, era facile che venissero depositati poi sui conti e nei
prodotti della banca dell'oppositore.
Tutto ciò era inaccettabile per Nazarbayev, perché questi denari erano sottratti
agli investimenti che proponeva invece il fondo sovrano per conto del governo.
IL BUCO DI 2 MILIARDI DI DOLLARI.
Lo scontro finale si consumò nel 2009. La lotta con lo Stato ebbe un costo
pesante. In Bta si creò una voragine di almeno 2 miliardi di dollari, aperta a
furia di offerte, acquisizioni, coperta da emissioni disperate di bond.
Soffriva però anche Samruk Kazyna, finché Nazarbayev decise di nazionalizzare la
Bta proprio attraverso il fondo statale: certo, l'operazione costò cara, ma
dalla scena sparì un concorrente pericolosissimo.
Ablyazov, tra l'altro, fu accusato di usare i soldi della banca per fomentare le
proteste di piazza e gli scioperi che, secondo Nazarbayev, spaventavano gli
investitori stranieri.
Gli accordi con Astana da 1 miliardo e mezzo circa di euro
Mentre il banchiere dissidente aveva puntato alla conquista dei mercati dell'Est europeo e dei Paesi ex sovietici, Nazarbayev insisteva per tessere relazioni con l'Europa occidentale, tra cui l'Italia. Rapporti che dopo la fuga di Ablyazov a Londra conobbero una nuova fioritura.
IL FORUM DI ASTANA. Fu in questo scenario che Guarguaglini venne invitato a un forum economico ad Astana. Un meeting seguito dalla visita di Stato di Nazarbayev in Italia (era il 6 novembre 2009) che si concluse con la stipula di quattro intese tra governi e ben 16 accordi commerciali tra imprese.
GLI APPALTI
DI ANSALDO. Come sempre, la parte del leone la fece Finmeccanica, la
quale si accaparrò gli appalti per innovare ferrovie, fornire carri armati ed
elicotteri e creare centri di ricerca e di manutenzione civili e militari nel
Paese centro asiatico.
Un buon affare, se si considera che il solo contratto per le ferrovie portò
nelle casse di Ansaldo (gruppo Finmeccanica) 70 milioni di euro per 300
chilometri di binari.
Il valore preciso delle intese non fu mai reso noto, ma secondo alcune stime
doveva aggirarsi attorno al miliardo e mezzo di euro.
LA STRETTA DI MANO TRA IL CAV E NAZARBAYEV. Intese di simile portata non si preparano certo in pochi giorni. Per sancire gli accordi a lungo preparati, a Palazzo Chigi ci fu la stretta di mano tra Berlusconi e Nazarbayev, sotto lo sguardo soddisfatto di Kelimbetov, presidente del fondo sovrano e uomo forte della finanza kazaka dopo la fuga di Ablyazov.
APPROFONDIMENTO
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera