LA CRICCA CHE STA GETTANDO

NELLA POVERTÀ L'AMERICA

E IL RESTO DEL MONDO

 

CRONACA DI UN DISASTRO ANNUNCIATO DA PARTE DI UNA

CLASSE DIRIGENTE E FINANZIARIA INGORDA, LADRA E STUPIDA.

 

INTANTO IN EGITTO GIÀ AVVENGONO I PRIMI TUMULTI PER
LA CARENZA DI PANE E 15 SONO GIÀ I MORTI IN DUE SETTIMANE.
 

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

INTRODUZIONE

 

Più volte da queste pagine abbiamo lanciato l'allarme, quando ancora quasi nessuno ne parlava, ed ora il bubbone è scoppiato: siamo in recessione. Solo Bush e gli economisti di corte, che vengono via via intervistati nei telegiornali, ostentano ottimismo sperando che la gente ci creda. Ma la gente ormai, almeno in america, non ci crede più. Per decenni sono stati imbottiti con un unico verbo: consumare, consumare, consumare, fino a schiattare perché troppo obesi. Gli USA erano il paese che da solo consumava più energia di un intero continente come l'Africa. Il verbo dell'iper-liberismo era la sua vera religione che non si poteva discutere. Il mercato è tutto si diceva, tanto che venne anche esportato sotto forma di globalizzazione. Il pesce grosso deve mangiare quello piccolo... Questo è in pratica la globalizzazione, versione economica del darwinismo evoluzionista il cui programma sta in questa semplice affermazione: l'uomo è sostanzialmente una bestia è come tale deve comportarsi, ovvero dove c'è da prendere bisogna prendere, dove c'è da depredare si deve depredare senza tanti scrupoli. Trasformare la terra in un grande mercato dove il più ricco e il più forte si prende ciò che vuole è sempre stato il sogno della grande finanza internazionale.

 

Ora però i nodi stanno venendo al pettine. Tendopoli di poveri stanno nascendo anche nella nazione più ricca del mondo. Sono persone che hanno perso la casa da chi li ha illusi con bilance truccate e ora vivono come si vive nel terzo mondo, come si vive in Afghanistan, in Iraq o nel Burundi. Cittadini americani, provenienti sempre più dalla classe media, che ora non sanno più come sarà il loro futuro. L’economia degli Stati Uniti è in fase di dissolvimento. Si è aperta una la spaventosa voragine nella liquidità a disposizione delle banche con la crisi del mercato immobiliare americano e, sopratutto, con quella dei mutui che ormai sta coinvolgendo gradualmente anche quelli sostanzialmente "regolari" e non solo i cosidetti "subprime". Nonostante i telegiornali siano più preoccupati di raccontare il duello Hillary-Barak, si sta ormai diffondendo il panico fra gente, che in barba a qualsiasi tentativo di minimizzare la situazione, hanno ormai fiutato l’inizio della peggior crisi finanziaria che abbia mai colpito l’america moderna.

 

Anche in Italia i nostri giornali e le nostre TV, servili come sempre, non mostrano le tendopoli di disperati che stanno nascendo a macchia di leopardo negli Stati Uniti. È giunta l'ora di guardare in faccia la realtà: il tempo delle vacche grasse sta per finire! Ora forse prende sempre più corpo ciò che la Scrittura ha profetizzato: «È caduta, è caduta Babilonia la grande, quella che ha abbeverato tutte le genti col vino del furore della sua fornicazione»... (capitalista) (Ap 14,8).

 

 

 

 

USA, non ce la fanno a pagare il

Mutuo: finiscono nelle tendopoli

 

 

Signora americana che ora vive in una tendopoli

Fonte web

La signora americana nella foto abitava in un appartamento di tre camere e due bagni. Adesso vive in una tendopoli. Motivo? Non poteva più pagare l'esosissimo mutuo. Ho trovato un servizio della BBC che mi ha lasciato con la pelle d'oca. Il luogo è la California, non il terzo mondo, dove da giugno scorso è sorta una tendopoli accanto alla ferrovia che ospita ormai centinaia di persone. Ogni giorno ne arrivano di nuove. E non sono immigrati, clandestini, fuorilegge: sono intere famiglie americane "medie", che hanno perso la casa per la crisi dei mutui e ora sono senzatetto, ridotte a piantare una tenda o una roulotte in mezzo a un campo. C'è un uomo che mostra la sua vecchia casa, una villetta con garage e giardino: ora la sua famiglia dorme in terra (vedere filmato in fondo alla pagina). Qui un altro drammatico video autoprodotto. Sono attonita, scusatemi...

 

 

I nuovi baraccati nella nazione più ricca del mondo

 

 

 

 

 

Il costo umano della depressione
 

Maurizio Blondet 17 marzo 2008
 

In USA stanno nascendo strane tendopoli: sono le famiglie che hanno perso la casa perché non possono pagare il mutuo. Tendopoli alla periferia di Los Angeles. Tendopoli alla periferia di Ontario, California (1). Qui, gli attendati sono 400 e più. Chiese e volontari locali portano cibo e coperte. Gli attendati fanno di tutto per tener pulito, portare via la spazzatura, cercare acqua per lavare sé e la biancheria.

Ma le autorità hanno minacciato: coloro che non risultano residenti ad Ontario, saranno rimandati in bus ai loro luoghi di domicilio. Come Patty Barnes, che dopo la morte del marito non è più stata in grado di pagare l’affitto: «Ricevo una pensione d’invalidità di 800 dollari il mese, non si trova una stanza per questa cifra». La manderanno via perché lei abitava a Fontana, è venuta ad Ontario sapendo di trovare una città di tende già in qualche modo organizzata e assistita. La tendopoli qui esiste da sei mesi.

Una delle tante tendopoli per coloro che hanno

perso la casa.


Edna Silver è venuta a donare coperte. «Come può succedere questo? Siamo il Paese più ricco del mondo ed abbiamo gente che vive in questo modo…». Non sa ancora che accadrà anche peggio. Che più americani arriveranno alla tendopoli, che altre tendopoli cresceranno come funghi.

La fine della settimana scorsa è avvenuto un fatto fatale: all’asta dei Buoni del Tesoro americani decennali sono comparsi per acquistare ben pochi investitori esteri, asiatici, medio-orientali o europei. Ancora nelle scorse settimane, gli investitori esteri compravano il 25% dei BOT USA. Stavolta, solo il 5,8% (2).

E’ accaduto anche all’Italia: l’asta settimanale di BOT è stata un insuccesso, benchè i titoli di debito italiani diano un interesse superiore a quelli tedeschi di oltre mezzo punto. Ma in USA il segnale è più infausto perché l’America dipende di più dal credito, dall’afflusso annuo di 800 miliardi di dollari presi a prestito a basso tasso per pagare il suo «benessere» fondato sui consumi delle famiglie, inesauste consumatrici a credito.

Gli stranieri detengono ormai oltre 6 trilioni (6 mila miliardi) di dollari di BOT americani, il 66% dell’intero debito federale. Ed ora, visto che Ben Bernanke sta continuando a tagliare i tassi primari, fra questi «investitori» inquieti sta nascendo la convinzione che la Federal Reserve, lasciando crollare il dollaro a minimi mai visti, stia deliberatamente e cinicamente svalutando il proprio debito. Mettendo nei guai i prestatori, che hanno tesaurizzato Buoni del Tesoro come rifugio-risparmio. Chi sono?

Al primo posto è il Giappone (con 901 miliardi di dollari in BOT americani), poi viene la Cina (870). Seguono la Gran Bretagna (475), e - udite udite - due microscopici paradisi fiscali, il Lussemburgo (424) e le Cayman (422). Poi Belgio (369), Irlanda (179), Germania (156), Svizzera (140), Bermuda (133), Olanda (123), Corea (118), Russia (109), Taiwan (107), Canada (106), Brasile (103). Questi non vogliono più perdere i loro risparmi, mettendoli in dollari che scendono di valore ogni giorno.

Per questo lunedì, quando Bernanke ha aperto la settimana con un nuovo taglio ai tassi primari (altra «iniezione di liquidità») le Borse asiatiche hanno risposto con cadute dei corsi: il ribasso ulteriore è interpretato come segnale che i salvataggi della FED stanno fallendo.

L’implosione delle azioni, anche di quelle solide, fa emergere un nuovo tragico evento: la rotta dei fondi-pensione americani (3). Sono fondi enormi, «a capitalizzazione», a cui i lavoratori USA contribuiscono per anni nella speranza di avere in cambio una decente pensione. Ma la promessa di pensioni decenti si basa tutta sul presupposto che i pacchetti azionari su cui
i fondi investono i loro immensi capitali siano beneficiati da un rialzo continuo e regolare, in tempi storici. Non è certo più il caso, ora le Borse precipitano e resteranno basse per anni.

«Questo cataclisma finanziario», scrive il bollettino Europe 2020 (3), il sito francese di previsioni finanziarie, «avrà una dimensione umana drammatica, in quanto corrisponde all’entrata nello stato di pensionati della prima ondata dei ‘baby boomers’ in USA, Europa e Giappone: i profitti dei fondi-pensione crollano nel momento stesso in cui devono cominciare a versare la prima grande serie di versamenti ai loro assistiti».
 

La gente incomincia a protestare per la

casa...

I baby boomers sono quelli nati nel dopoguerra, tra il 1945-50: una classe numerosissima. La privatizzazione delle pensioni - un altro pilastro dell’ideologia liberista - mostra la sua falsità truffaldina. Il pilastro crolla, e crolla addosso a decine di milioni di ultrasessantenni che hanno lavorato una vita e contribuito una vita ai fondi pensioni, credendo di avere messo in atto una forma di risparmio dignitosa e sicura. Così gli hanno fatto credere i poteri, le «autorità» politiche e finanziarie. Ora, queste persone dovranno trovarsi un lavoro nella terza età; in un momento in cui la depressione aumenta la disoccupazione.

I più fortunati di loro avranno finito di pagare il mutuo della casa: ma i prezzi immobiliari sono in caduta libera, è impossibile mettere in vendita la propria per raggranellare quattrini per la vecchiaia. Dunque, le tendopoli dei senza-casa stanno crescendo in numero e affollamento. E questi disgraziati scopriranno - come i travolti dall’uragano Katrina - di non avere un governo capace, o anche solo volonteroso di soccorrerli: con l’ideologia privatista, lo Stato ha abbandonato la società intera alla «mano invisibile del mercato»; e quando il mercato implode, semplicemente,
il potere pubblico ha perso i soldi per i soccorsi, ed anche la competenza al soccorso pubblico.

Anche un New Deal è poco probabile: la crisi borsistica del ‘29 lasciò un’America iper-industrializzata, le cui industrie aspettavano solo commesse e capitali per rimettersi in moto. Con la guerra mondiale, la potente industria americana fornì tutti gli alleati di tutto, carri armati scarponi, armamento e petrolio, vestiario e prodotti di consumo. Oggi, non ci sono più industrie da riavviare, sono andate in Oriente. I soldati americani in Iraq marciano su scarponi «Made in China», e acquistati a debito. Ma non si creda che i cinesi e i giapponesi siano messi meglio.

Qui, è il concetto stesso di globalizzazione - la specializzazione di intere nazioni come produttrici industriali, come aziende esportatrici - che sta crollando. La Cina sta facendo fluttuare in alto lo yuan per strangolare l’inflazione ufficialmente sul 9%, le sue merci costano di più agli americani col dollaro debolissimo. Quanto la Giappone, lo yen rincara: e la Toyota perde 350 milioni di dollari per ogni punto di rialzo dello yen. Non potrà esportare ancora a lungo.

E quanto esporterà la Germania, con l’euro a 1,57 sul dollaro? L’euro è reso forte solo dalla corsa di pseudo-capitali roventi che cercano un rifugio dalla crisi del dollaro. Un rifugio momentaneo della liquidità mal guadagnata con la finanza speculativa. Lo dimostra il fatto che, per quanto l’euro si rafforzi, i prezzi delle materie prime si rafforzano ancora di più. Grano, greggio ed oro sono diventati la vera «moneta», mentre le monete cartacee del mondo si liquefano e diventano instabili.

Gli attendati americani, senza lavoro e senza casa, in età da pensione, dovranno affrontare anche questo: il rincaro del cibo e della benzina. Giustamente Tremonti ha invocato la necessità di una nuova Bretton Woods, l’instaurazione concertata nel mondo di cambi stabili e di un ordine regolamentato, sottratto al «mercato» finanziario e alle sue follie. Ma chi ascolta un Tremonti, nel mondo?

Ci vorranno anni perché nelle teste più stupide della storia - quelle al potere - entri una nuova (o vecchia) idea che nega il dogma liberal-globalista. Anni di miseria e sciagure. Incarnazione stessa della idiozia, c’è in USA un uomo allegro in questi giorni terrorizzanti: il presidente Bush (4).

Ha scelto questo momento per prodursi in un tip-tap scimmiottante Gene Kelly. E’ andato all’Economic Club di New York ed ha esordito: «Vengo a voi da ottimista». Ha definito la tempesta sul dollaro «un momento interessante». Ed ha consigliato a Bernanke di «non sterzare troppo», perché sta guidando una macchina su un terreno scivolo, e «se correggi troppo, finisci nel fosso».

E’ il tipo umano di comandante che ha prodotto la globalizzazione: uno che si è abituato all’irresponsabilità, che non prova nemmeno a fare qualcosa, che allegramente ammette di non avere mezzi per cambiare il corso della catastrofe, perché tutto è stato demandato al «mercato», ed ogni politica è dettata dal «mercato» e dai suoi custodi sovrannazionali, da nessuno votati, irresponsabili e che non pagheranno il conto.

Infatti, ridacchiando, Bush ha detto: «Il 2008 sarà un anno favoloso per il partito repubblicano!». Forse sa qualcosa (quei campi di concentramento che ha fatto allestire in giro per gli USA possono venir buoni per stroncare una rivolta mostruosa, forse una guerra civile, sospendendo la cosiddetta «democrazia» una volta per tutte?), forse ha un motivo più profondo per essere ottimista. In fondo, 70 milioni di americani l’hanno votato: perchè, da veri cristiani rinati, hanno visto in lui il comandante supremo che li avrebbe guidati verso l’Armageddon, la battaglia finale del Bene contro il Male assoluto, l’Islam, a fianco di Israele tornata nella Terra Promessa per volontà di Dio. Come gli hanno spiegato i loro tele-predicatori, questo è il vero fine dell’America, prima della Grande Tribolazione che secondo la Bibbia deve arrivare.

Ecco, la Grande Tribolazione è qui: dunque non lamentatevi, americani «religiosi» rinati. Sono le profezie che si avverano, non siete contenti? Libero mercato ai piani alti più irrazionalismo millenarista alla base: è questo il cocktail di cui ci toccherà bere la feccia.


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1) «Ontario Tent City Residents To Be Kicked Out Monday», KNBC.com, 14 marzo 2008.
2) Ambrose Evans-Prichard, «US losing confidence vote as investors flee», Telegraph, 17 marzo 2008.
3) «Fin 2008: Dèroute des fonds de pension», GEAB Europe 2020, 15 marzo 2008.
4) Maureen Dowd, «Soft shoes in hard times», New York Times, 16 marzo 2008. «The dollar’s crumpling, the recession’s thundering, the Dow’s bungee-jumping and the world’s disapproving, yet George Bush has turned into Gene Kelly, tap dancing and singing in a one-man review called ‘The Most Happy Fella’. […] In on-the-record sessions with reporters - and more candid off-the-record ones - he has seemed goofily happy in recent weeks, prickly no more but strangely liberated and ebullient».
 

 

 

 

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