LE VACCHE MAGRE
STANNO TORNANDO...
PREPARIAMOCI!
Perché mai il
vento sussurra ch’è tempo d’espiare?
"Chi pensa che questi danni strutturali si possano risolvere in qualche mese
si sbaglia di grosso. Serviranno anni e anni. Sempre che si cominci finalmente a
curare la cause e non gli effetti del problema. Cosa dalla quale siamo ben
lontani". "La decisione del segretario al Tesoro Paulson & Co. di creare un
ente che riacquisti i titoli tossici dal sistema finanziario, che dispone di 700
miliardi di dollari, mette in moto una spirale inflazionistica criminale". |
(a cura di Claudio Prandini)
Prepariamoci, il passato potrebbe tornare!
VOCI E RUMORI DALL'AMERICA NEL VORTICE DELLA CRISI IL VOTO DI NOVEMBRE SOSPESO? "McCain
ha sospeso la propria campagna elettorale, ha rifiutato (poi fatto
all'ultimo minuto, ndr) il faccia-a-faccia con Obama, perchè - dice – deve
stare a Washington a gestire «l’emergenza nazionale» del salvataggio di
Wall Street. La scusa è palesemente ridicola, non avendo McCain nessun
potere e nessuna competenza nella faccenda. La realtà è che i sondaggi lo
danno sconfitto. Già nel 2007 avevamo riferito in "America, quo vadis?" che il governo americano stava costruendo campi di detenzione in vari luoghi degli Stati Uniti. L'anno scorso la domanda era sul perché della costruzione di questi campi e soprattutto per chi? Quest'anno la domanda è: questi campi sono stati costruiti in vista delle inevitabili sommosse popolari dovute alla grande crisi economica in arrivo? Se è così allora qualcuno sapeva già, con largo anticipo, che il sistema finanziario stava per collassare, continuando però a dilapidare tranquillamente. Ora sempre più americani saranno senza casa e senza lavoro... Anzi, forse, una casa già ce l'hanno... quelle costruite dalla Halliburton per conto del governo, i campi di detenzione e le prigioni degli USA! E' proprio il caso di dire: dove sta andando la regina dell'occidente??? |
INTRODUZIONE
A CHE ORA IL CRACK?
«Quando avevo sette
anni mi capitò un giorno di vedere in un servizio del telegiornale una immagine
che mi sarebbe rimasta impressa a lungo nella mente.
Il servizio trattava di economia, e l’analisi del giornalista di turno era
accompagnata da un video che mostrava una macchina che stampava banconote a
ritmi elevati.
Rimasi letteralmente a bocca aperta.
Ovviamente conoscevo il valore dei soldi, e i miei genitori non facevano che
ripetermi che occorre fatica per guadagnarseli.
Vedere tante banconote create così velocemente senza alcuno sforzo mi lasciò
molto perplesso.
Feci allora a mio padre una domanda che all’epoca mi parve ovvia:
“Papà, ma se esiste una macchina che fa i soldi, allora perché non se ne
stampano tanti da darli a tutta la gente, così che nessuno poi sarà povero?”
Mio padre mi guardò comprensivo, e sorridendo mi disse solo:
“Perché se si stampano tante banconote poi alla fine non avranno più alcun
valore, testina...”
Mio padre non aveva una laurea in economia, e il suo mestiere all’epoca era
quello di caposquadra edile.
La sua risposta era dettata semplicemente dal buon senso, quel buon senso che
invece manca del tutto alle persone che occupano i gradini più bassi
dell’attuale civiltà umana, ovvero i banchieri centrali.
Sarebbero passati circa venti anni prima che mi rendessi conto che mio padre con
quella semplice constatazione mi aveva spiegato il meccanismo dell’inflazione,
quel meccanismo che schiere di laureati delle più autorevoli facoltà di economia
mondiali stentano a comprendere.
Perché alla fine sarebbe bastato il buon senso per rendersi conto che una
economia basata sul denaro creato dal nulla (slegato da qualsiasi bene
materiale), ed un sistema finanziario totalmente svincolato dal mondo della
produzione reale siano destinati al crollo, a breve o a lungo termine.
Negli ultimi anni le transizioni borsistiche hanno vissuto in un mondo a parte,
un mondo immaginario fatto di numeri irreali che si materializzavano e
scomparivano su dei monitor.
Una ricchezza fittizia che per qualche tempo ha dato l’illusione di potersi
tramutare in ricchezza materiale, attraverso l’uso indiscriminato e l’abuso del
credito facile e dell’indebitamento.
Diversi analisti, spesso non economisti, già in tempi non sospetti avevano
lanciato l’allarme sulla vacuità di un tale sistema, e sulla sua inevitabile
fine.
Bollati all’epoca come catastrofisti e come nemici del progresso, quando ancora
questi epiteti costituivano una grave offesa, si sono rivelati negli anni
semplicemente persone dotate di buon senso, il solito vecchio buon senso del
tutto estraneo a chi davvero aveva creduto che la ricchezza si potesse creare e
moltiplicare dal nulla, meramente giocando con dei numeri su degli schermi.
E fanno davvero sorridere le parole di un
Greenspan, per anni a capo della Federal Reserve,
quasi sorpreso dalle dimensioni dell’attuale crisi.
“Non potevamo immaginare”, sarà il mantra che ripeteranno per molto tempo
gli esperti del settore.
Quello che migliaia di semplici internauti sanno da anni, semplicemente
informandosi ed andando oltre le menzogne preconfezionate dei media mainstream,
a quanto pare giunge come una inaspettata sorpresa per i più grandi guru
dell’economia mondiale.
Gli
eventi dell’ultima settimana rappresentano il triste
epilogo di un meccanismo corrotto e fallace fin dalle sue fondamenta, un sistema
che si espandeva e prosperava mentre il conto alla rovescia che già ne indicava
la fine procedeva inesorabile.
E a poco serviranno le pezze che le varie banche centrali tenteranno di
applicare sulle falle che si susseguiranno: queste operazioni serviranno solo ad
allontanare di poco il momento della resa dei conti, rendendo ancora più
doloroso il momento della caduta.
Nel frattempo,
vecchi articoli ironici appaiono sempre meno
scherzosi...».
Non vi raccontano ancora tutto...
una volta eravamo banchieri
Eugenio Benetazzo - 19 Settembre 2008
Once we were bankers, cioè una volta eravamo
banchieri, così si presenteranno tra dieci anni davanti ad una pinta di birra in
un qualche squallido pub di alcolizzati, molti consiglieri di amministrazione di
istituti di credito e di banche d'affari che sono destinati a fallire nei
prossimi trimestri. Ormai le prime pagine dei giornali si sprecano con titoli
sempre più drammatici del tipo siamo innanzi ad un altro 29, i mercati
collassano come nel 29, panico in borsa come nel 29 e così via ricalcando su
questo stile. E pensare che quando due anni fa scrissi prima, Duri e Puri:
Aspettando un nuovo 1929, e successivamente, Best Before: Preparati al peggio,
venni letteralmente bannato come un ridicolo catastrofista e censurato da quasi
tutti i forum finanziari per il pessimismo ostentato. A distanza di due anni
adesso fanno tutti a gara a scimmiottare il mio pensiero, i miei avvertimenti ed
i miei consigli: andate a vedervi come in Marzo di quest'anno preannunciavo il
fallimento (http://it.youtube.com/watch?v=M42jzhI64bw)
di tre banche americane con largo anticipo ! Ma per quanto si sforzino di
tentare di dare una spiegazione tecnicamente raffinata ed inattacabile, la
maggior parte di questi giornalisti, analisti e trader di borsa non fa altro che
dimostrarsi un mero replicante di notizie clonate ed apprese di sfuggita dalla
televisione o lette avidamente in qualche redazionale economico.
Non siamo innanzi ad un altro 1929, ma già come scrivevo con inaspettato
anticipo nel 2006, abbiamo di
fronte un nuovo 1929, ovvero uno scenario macroeconomo di crisi globale che non
ha precedenti storici e che non si può spiegare riduttivamente ancorandosi ai
vecchi ed obsoleti modelli econometrici. Dalla Northern Rock alla Indymac, dalla
Bear Stearns alla Fannie Mae, dalla Lehman Brothers alla AIG, troviamo un
denominatore in comune: più grande è la banca, più la probabilità che essa sia
stata oggetto di contagio finanziario tende ad aumentare. Già qui individuiamo
un primo elemento distintivo: il 1929 vide una carneficina di piccoli istituti
di credito cascare uno dietro l'altro quasi ad effetto domino, mentre i grandi
colossi bancari di allora rimanevano relativamente immuni dal crash economico.
Nel 2008 assistiamo ad una caratteristica situazionale esattamente opposta: più
sono ridotte le dimensioni della banca, più elevata diventa la presunzione di
stabilità finanziaria. Questo è una naturale conseguenza della gestione
ordinaria dell'attività bancaria per un piccolo istituto di credito: infatti
difficilmente quest'ultimo ha spinto all'estremo l'erogazione dei mutui ad
intervento integrale, difficilmente ha rapporti ed interessi strategici con le
grandi realtà bancari e difficilmente, infine, ha ideato e progettato prodotti
finanziari strutturati con il fine unico di ottenere ingenti facili profitti e
sodomizzare contemporaneamente con grande eleganza la propria clientela. Ecco
perchè ho sempre appoggiato, per esempio, il circuito del credito cooperativo
(attenzione però che nel cesto ci potrebbe essere sempre qualche isolata mela
marcia).
Per ritornare in argomento sappiate comunque che la crisi è solo all'inizio,
tutt'altro che passata! Pensate all'estate scorsa, quando iniziarono le prime
avvisaglie dei subprime statunitensi: dai media nazionali ci venne subito
raccontato che non ci si doveva preoccupare in quanto l'Europa più di tanto non
era coinvolta. Le stime iniziali sulle perdite presunte ammontavano a circa 250
MLD di dollari. Oggi siamo ad oltre i 2000 MLD.
Generalmente gli Stati Uniti anticipano gli altri mercati con sei/nove mesi,
perciò è presumibile aspettarsi nei prossimi mesi momenti poco incoraggianti
anche per la situazione finanziaria in Europa. Tanto per dare qualche spunto di
riflessione portiamo ad esempio il caso sovietico con il governo russo che è
dovuto intervenire per sostenere le prime tre banche del paese: non da meno si è
deciso di congelare le quotazioni di borsa per due giorni consecutivi.
In Europa chi con certezza se la sta passando molto male sono il Regno Unito e
la Spagna. Per il primo si sta vivendo un momento di forte preoccupazione per le
sorti di HBOS (Halifax Bank of Scotland), la più antica e prestigiosa banca
inglese, mentre la Spagna sta vivendo la peggior crisi immobiliare della sua
storia. Molto presto anche nel paese della paella ci scapperà il morto.
A sentire gli insiders degli Uffici Legali, anche l'Italia non se la passa così
bene come le discutibili rassicurazioni del Presidente del Consiglio a Porta a
Porta darebbero a pensare. Solo nella mia regione ci sono alcuni istituti di
credito con oltre 5.000 contratti di mutuo di ultima generazione in sofferenza,
alcuni sono riusciti a cartolarizzarli (scaricando quindi su di voi il rischio
di default), altri li hanno ancora sul groppone. Prestate attenzione a
sottoscrivere prodotti di liquidità con tassi di interesse molti allettanti:
rappresentano il disperato tentativo di drenare liquidità dal mercato. Lo stesso
Draghi ha cambiato in meno di sei mesi le sue posizioni e convinzioni sulla
crisi in atto. Voglio riportarvi un esempio emblematico che mi ha visto
partecipe in prima persona: tre mesi fa una prestigiosa (si fa per dire) ed
imponente banca italiana non mi ha consentito di incassare per contanti un suo
assegno CIRCOLARE di 1.500 euro sostenendo che non aveva liquidità sufficiente
in cassa, invitandomi pertanto a tornare il giorno successivo. I dipendenti
della filiale pensavano fosse una candid camera, ma quando mi hanno sentito
chiamare il 112 per verbalizzare lo stato di insolvenza, improvvisamente hanno
fatto spuntare fuori una mazzetta di banconote da 5 euro e qualche blister di
monete da 2 euro e si sono letteralmente messi a contare sull'unghia euro su
euro !
La crisi assumerà presto anche un altro volto quando inizierà ad emergere anche
il marcio del sistema industriale anch'esso drogato e sovralimentato dal debito
facile e dalle promesse illusorie del turbocapitalismo sfrenato. Il
ridimensionamento dei fidi e delle esposizioni debitorie con il rientro forzato
dagli scoperti sta già facendo le sue vittime. Solo nella provincia di Vicenza
tre recenti casi eclatanti di imminente default industriale hanno già colpito
grandi aziende leader di mercato, passando dal settore tessile a quello
metalmeccanico.
La Cassa Integrazione che colpisce migliaia di lavoratori e lo spettro
dell'insoluto quotidiano che inquieta il sonno di imprenditori si occuperanno di
fare il resto, andando ad alimentare l'altra faccia della crisi quella
socioeconomica. Persino Confindustria ormai non riesce più a nascondere la
gravità dell'attuale periodo storico, sottolineando come il nostro paese sia in
piena recessione, purtroppo di natura strutturale e non ciclica come ci vogliono
erroneamente convincere i media.
L'effetto detonatore finale tuttavia lo dovrebbero dare i Credit Default Swaps
ovvero i CDS, per non dilungarmi eccessivamente con terminologie tecniche troppo
noiose, li potete considerare come sofisticate polizze assicurative che coprono
il rischio per un sottoscrittore di un obbligazione che la stessa non venga poi
onorata alla scadenza prestabilita. Ecco quindi come si spiega il comportamento
discriminatorio della FED riguardo ai recenti fallimenti e salvataggi: alcune
banche sono state nazionalizzate (quindi il popolo americano si è preso in quel
posto le perdite capitalizzando gli istituti), mentre altre sono state
abbandonate al loro destino. Questa strategia discriminatoria è stata
implementata sapendo benissimo che ci saranno altre banche da salvare nei
prossimi trimestri e soprattutto perchè il fallimento di alcuni istituti come
Fannie Mae o Freddie Mac avrebbe comportato perdite per successivi rimborsi
assicurativi legati ai CDS notevolmente superiori agli aiuti federali. La Fed e
le altre banche centrali non so fino a dove si spingeranno: ormai è una
consuetudine ascoltare da più di un anno rumors del tipo sono state imesse
ingenti iniezioni di liquidità per stabilizzare il sistema. Questo tipo di
notizia viene presentata come se fosse una fenomenale medicina per tutti i mali
del sistema, ma purtroppo non è così! Più si vuole intervenire a sostegno del
malato moribondo, più si acconsentirà di farlo sopravvivere intubato ed
alimentato artificialmente. Solo una crisi dalle conseguenze ingestibili,
proprio come quella che stiamo vivendo, potrà gettare le basi e le condizioni
per ridisegnare e riorganizzare completamente ripartendo da zero sia il sistema
monetario che quello di accesso al credito. Ma questo comporterebbe decretare la
fine della globalizzazione e della intoccabile influenza dei potenti banchieri
del pianeta, a strepitoso vantaggio di tutti i popoli della Terra.
La globalizzazione presenta il conto
Crack bancari: crisi del Sistema
o fallimento controllato?
Marcello Pamio - 19 settembre 2008
Il Sistema Economico sta letteralmente crollando sotto il peso di debiti,
speculazioni, investimenti forsennati e satanici, oppure è arrivato l’occasione
e la possibilità di destare le nostre coscienze?
Importantissime banche come Citigroup, Bear Stearns, Lehman Brothers
e Merrill Lynch, tanto per citare solo qualcuna, hanno fatto un triste
epilogo. La Lehman è fallita e ha già chiesto l’amministrazione controllata (ex
articolo 11), la Merrill Lynch è invece stata salvata, o per meglio dire,
acquistata dalla Bank of Amerika.
Richard Fuld, il
padre-padrone della Lehman (quarta banca d’affari statunitense) esce da questo
crack in piedi: “dal 1993 fino al
Dall’altra parte Stanley O’Neal, ex numero uno di Merrill Lynch lascia il
suo prestigioso ufficio con una pensione da 161 milioni di dollari[2],
e questo dopo aver creato una voragine da 40 miliardi di dollari.
Il mega boss della Citigroup, Chuck Prince, si è intascato invece 68
milioni di dollari, e l’ex presidente di Bear Stearns, Jimmy Cayne soli
60 milioni di dollari.[3]
La cosa
interessante e che si ripete ogni qualvolta una azienda crolla e/o fallisce, i
manager escono sempre a testa alta e con le tasche piene di denaro. Denaro dei
contribuenti
Per esempio
Questo dovrebbe farci riflettere…
Ecco l’elenco dei più
grandi crac della storia moderna:
1) Lehman Brothers (639 miliardi)
2) Worldcom (103,9 miliardi)
3) Enron (63,4 miliardi)
4) Conseco (61,4 miliardi)
5) Texano (35,9 miliardi)
6) Financial Corp. of America (33,9 miliardi)
7) Refco (33,3 miliardi)
8) IndyMac Bancorp (32,7 miliardi)
9) Global Crossing (30,2 miliardi)
10) Calpine (27,2 miliardi).
La questione importante
però è un’altra.
Le banche che chiudono i battenti sono il segnale che il Sistema sta crollando o
invece anche queste rientrano in manovre occulte da parte di coloro che operano
dietro le quinte?
Osservando gli
azionisti di Lehman Brothers risultano delle cose molto interessanti:
AXA (9.46%);
FMR Corporation
(5.69%);
Citigroup (4.5%);
Barclays Plc (3.92%);
State Street Corporation
(3.1%);
Morgan
Stanley (3.1%);
Mellon Financial (1.9%);
Vanguard Group (1.9%);
Deutsche Bank AG (1.4%), ecc.
Vediamo gli azionisti
di Merrill Lynch:
FMR Corporation (4.8 %);
Barclays Plc (3.5%);
Janus
Capital Corp. (2.9%);
Citigroup (2.6%);
AXA (2.40%);
State Street Corporation
(0.12%), ecc.
Tutti questi azionisti
si possono scremare ulteriormente perché per esempio State Street Corp. è
controllata dal gruppo Barclays (quindi Rothschild) della City di Londra.
In pratica le due banche crollate (Lynch e Brothers ma anche tutte le altre)
appartengono a quei due gruppi che controllano realmente l'economia planetaria:
il ramo statunitense dei Rockefeller e quello europeo dei Rothschild: le due ali
dello stesso avvoltoio (o aquila calva del Grande Sigillo statunitense).
Nomi di casate storiche
ebraiche che si possono citatare solo nei libri e/o articoli sul complottismo ma
sono invece tabù nella carta stampata o in televisione. Chissà come mai…
Quindi il crollo di grosse banche potrebbe rientrare nel cosiddetto “fallimento
controllato”.
Per quale motivo lascerebbero fallire delle proprie aziende?
Lo sfruttamento del
Mercato avviene spesso attraverso le cosiddette “Branch” (rami, derivazioni),
che vengono create ad hoc per raggiungere determinati obiettivi. Questo
ovviamente fino all’esaurimento.
Quando il mercato è stato spolpato ed è divenuto sterile, si chiude la filiale,
creata per tale scopo, e gli utili vengono spartiti tra di loro.[4]
Il buco lasciato? Non ci sono problemi: paga Pantalone, cioè il cittadino
suddito!
La Merrill Lynch, Fannie Mae e Freddie Mac (le due società con un portafoglio di
circa 6000 miliardi di dollari in mutui ipotecari) e le altre idem.
Questo “fallimento controllato” però non riguarda i grossi Imperi che stanno
dietro le quinte, ma le “Branch”, cioè i rami collegati, che come in botanica si
possono potare quando diventano marci e inutili.
In pratica bruciano i
soldi nostri per poi ributtarsi nella mischia come lupi assatanati alla ricerca
di nuovi mercati da sbranare.
Dall’altra parte, grazie a questi crash controllati, possono far legiferare ai
loro camerieri (politici) leggi che stringono ulteriormente le libertà
individuali di tutti noi, e che non sarebbero mai passate altrimenti.
Certamente faranno saltare altre banche d’affari, d’investimento, assicurazioni,
società mutualistiche (la prossima sarà AIG, American Internationale Group, la
più grande società di assicurazioni del mondo, anche se verrà salvata in
extremis dal governo): 1929 docet.
Di una cosa però in tutto questo scenario i Burattinai non hanno tenuto conto:
tale crisi sistemica dei mercati e delle finanze, pur se controllata, avrà
sempre la funzione pedagogica di far prendere coscienza a molte persone di tutto
questo Sistema e anche delle possibili soluzioni.
Coscienza che il
Sistema è in metastasi e che non potrà quindi avere una vita lunga con le cure
allopatiche odierne: iniezioni di liquidità, stampa di moneta, chirurgia
bancaria, ecc.
Coscienza che il denaro è un mezzo e non un fine, e che possiamo acquistare
(merci e prodotti) SOLO perché NOI lo accettiamo (il denaro).
Un pezzo di carta, un foglietto, uno “Sconto che cammina”, uno Scec, per fare
solo dei piccoli esempi, hanno lo stesso valore del denaro: basta accettarli!
La vera guarigione avverrà nel momento in cui si passerà da un Sistema
luciferico centrato nel dio denaro e nel potere dell’uomo sull’uomo, ad un
Sistema dove invece è l’Uomo al centro e il collante l’Unione e la Solidarietà.
I Grandi Manipolatori
possono far crollare decine di banche, piazzare l’esercito nelle città,
installare videocamere e microfoni ovunque (cose che stanno realizzando),
mettere in ginocchio milioni di persone, far esplodere la bolla immobiliare, ma
non possono proprio far nulla a livello di Coscienza Individuale.
Su questo terreno i Rothschild, Rockefeller e tutti gli altri possono
solo stare a guardare…(e con invidia).
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[1] “Richard ‘Gorilla’ Fuld vale 466 milioni di dollari”, Marco Mairate, http://new.bluerating.com/protagonisti/59-il-fatto/1280-richard-gorilla-fuld-vale-466-milioni.html
[2] Idem
[3] Idem
[4] “Le branch e il fallimento controllato delle multinazionali”, Etleboro Italia, http://etleboro.blogspot.com/
[5] Idem
Tremonti pessimista... il peggio può arrivare!
Iniezioni di liquidità:
ne voglio anch’io!
I rialzi incredibili, spasmodici delle Borse
mondiali hanno qualcosa di sinistro: come il benessere di un canceroso terminale
a cui viene annunciata una cura «rivoluzionaria», e già si sente meglio.
La cura rivoluzionaria annnunciata dal potere americano è la Resolution Trust
Corporation, una immane pattumiera in cui il governo getterà, dopo averli
comprati a sconto, gli «attivi non-liquidi» e «tossici» (ossia obbligazioni e
titoli che nessuno vuol comprare), con la speranza di poterli vendere a poco a
poco negli anni seguenti, quando ci sarà la ripresa. Magari perfino con un
profitto da parte dello Stato, dicono gli ottimisti.
Perchè, dicono questi ottimisti, non dimentichiamo che cosa c’è sotto gli attivi
tossici che nessuno vuole a nessun prezzo: ci sono immobili, case. Di cui i
proprietari non hanno potuto pagare il mutuo, e che quindi sono crollate di
valore. Ma fra cinque, dieci anni, gli immobili saliranno; lo Stato li venderà,
e il costo del salvataggio, che oggi appare colossale per i contribuenti, sarà
più che ragionevole.
In realtà, vari Resolution Trust furono messi in atto durante il New Deal, senza
alcuna ripresa: dieci anni dopo, a salvare l’America dalla depressione fu
l’entrata in guerra (grande consumatrice di prodotti industriali, e assorbitrice
di disoccupati).
Ma ammettiamo che gli ottimisti abbiano ragione (1). Allora la domanda è: perchè
il potere americano - che ha iniettato 900 miliardi di dollari di liquidità alle
banche, senza alcun risultato - non ha invece iniettato un po’ di liquidità
nelle tasche dei cittadini col mutuo, in modo che potessero pagarlo?
Non si dice di pagar loro il rateo intero; bastava pagare la differenza tra
l’interesse richiesto dai creditori, e quello che i piccoli debitori potevano
pagare. Con una frazione minima di quel che la FED ha dilapidato nei vani
tentativi di salvataggio, si sarebbero ottenuti i seguenti risultati: non ci
sarebbero stati pignoramenti per insolvenze dei piccoli debitori; milioni di
case sequestrate non sarebbero state gettate sul mercato deprimendo i prezzi
(-20%); i cittadini sarebbero rimasti nelle loro case, assicurandone la
manutenzione contro il degrado sociale; i ratei dei mutui sarebbero stati pagati
regolarmente; e dunque, anche i titoli confezionati dagli speculatori mescolando
e frazionando quei mutui, non avrebbero perso valore, non sarebbero diventati
«tossici». E non ci sarebbe stata la crisi.
Insomma: se si fosse iniettata liquidità in basso - ai poveri debitori - si
sarebbe mantenuto l’intero ordine economico e sociale ad un prezzo più che
ragionevole.
Naturalmente, i teologi del liberismo vi risponderanno: perchè sarebbe stato
regalare qualcosa a gente che non lo merita, una casa a chi non poteva
permettersela. Nel capitalismo di mercato, «non si danno pasti gratis» (no free
lunch). Se si sbaglia, si fallisce. Il liberismo è moralistico.
Questa obiezione è diventata alquanto debole negli ultimi giorni, perchè le
Banche Centrali hanno regalato enormi pasti gratis a speculatori criminali
dell’alta finanza, a gente che sicuramente non li meritava.
Nel penultimo (e vano) intervento di «iniezione di liquidità», la FED, con il
soccorso della BCE, della Banca centrale giapponese ed altre, ha versato nelle
tasche dei veri criminali 180 miliardi di dollari: che è, tanto per confronto,
dieci volte il bilancio della NASA. Siccome non bastava, ha alzato l’iniezione a
247 miliardi.
Come già detto, l’insieme degli interventi delle settimane precedenti tocca i
900, i mille miliardi: abbastanza per regalare ad ogni americano l’assistenza
sanitaria, più grandi programmi di manutenzione infrastrutturale, più chissà
quali altri programmi di ricerca e sviluppo allo scopo di trovare nuove fonti di
energia, una dozzina di Progetti Manhattan.
Insomma: il potere ha preferito regalare miliardi agli straricchi, rovinatisi
con le loro mani, che qualche milione ai poveri cittadini. Quelli da cui,
dopotutto, dipende la stabilità economica e persino della finanza speculativa.
Perchè tutte le creazioni finanziarie e gli strumenti più fantasiosi creati per
aumentare i profitti a debito inventati dai genii di Goldman e di Morgan, si
basano, in ultima istanza, su un presupposto: che milioni di cittadini anonimi,
con un buon lavoro e un decente stipendio, continuino regolarmente a pagare il
rateo del mutuo, la rata per l’automobile, la quota sulla carta di credito. Ora,
è questa base che è stata rovinata, e dunque per questo niente risanerà la
finanza.
La globalizzazione ha portato via, in Cina ed India, i lavori ben pagati degli
americani; da tempo gli americani non potevano più comprare la nuova auto a
rate, se non accendendo ipoteche sulle loro case; questo ha funzionato solo
finchè il valore delle case saliva, ma oggi - che è sceso a precipizio - non è
più possibile.
L’ideologia liberista applicata fanaticamente ha precarizzato il lavoro: e a
milioni di lavoratori con contratto trimestrale mica si può far credito per
comprarsi una casa e una macchina. Ma se non si può indebitare il cittadino
commune, tutto il grande casinò sovrastante si blocca.
La facilità di ottenere credito a buon prezzo è assolutamente centrale nel
sistema americano, del sogno americano a vendite rateali; ora questo meccanismo
è rotto, ed è stato rotto dal basso. Ecco perchè gli interventi dall’alto,
mettere soldi nelle tasche degli speculatori, non sono serviti.
Con questi soldi regalati, le banche dovevano riprendere a farsi prestiti
vicendevoli di routine; invece, le banche hanno usato i fondi per accaparrarsi
Buoni del Tesoro, insomma se li sono incamerati in un investimento
(relativamente) sicuro. Sia per aumentare il capitale di fronte a perdite di cui
loro sole sanno l’entità, sia perchè sanno benissimo che le altre banche sono -
come loro - insolventi, e quindi non credibili come debitrici. Quante siano le
perdite, quanto enormi siano i buchi, è una cosa che le banche non vogliono far
sapere. Sarebbe come mostrare le carte in una partita di poker, diventata
rischiosissima.
Per questo sono così allegre oggi all’annuncio del Resolution Trust governativo:
tutte quante getteranno i loro «attivi» tossici insieme, mostreranno tutte
insieme le loro scartine. Sperano così di ricominciare il vecchio giocco:
tornare a indebitare i cittadini sulle carte di credito, sulle vendite rateali,
aprendo fidi ad indebitamento continuo alle imprese (2), concedendo mutui a
rischio, indebitandosi enormemente per speculare (come fanno gli hedge fund). Ma
se sotto non ci sono milioni di lavoratori industriali, che ricevono salari
perchè producono merci buone e vendibili, la giostra non può più riprendere.
L’attuale generazione è stata scottata abbastanza dal crack: prima che arrivi
un’altra generazione senza memoria del disastro, da convincere che conviene
investire in Borsa e fare debiti permanenti, è difficile che nell’economia ci
sia abbastanza capitale (pseudo-capitale) da finanziare una ripresa. La scritta
«non si fa credito» resterà sull’economia per almeno 15 anni.
Una delle idiozie che si sentono dire dai liberisti terminali è: con questi
salvataggi di banche che il mercato ha condannato, il governo USA sta diventando
socialista. Ha nazionalizzato Fannie, Freddie, AIG… L’idiozia è duplice.
Anzitutto, non si tratta di socialismo, ma di fascismo economico: quella che
viene annunciata è una colossale IRI. Ma l’IRI fascista incamerò aziende che
producevano beni industriali, per salvare posti di lavoro qualificati, impedire
la dispersione di competenze tecniche preziose, mantenere aree di eccellenza e
modernità al Paese.
Invece la IRI americana salva finanziarie. Che non producono niente, se non
titoli di debito, «pagherò», cambiali. E peggio. Il fascismo nazionalizzò la
Ansaldo siderurgica; il Tesoro americano ha nazionalizzato Las Vegas.
Voglio vedere se le banche al Resolution Trust conferiranno i loro derivati. La
sola J.P. Morgan ha un’esposizione in derivati di 90 trilioni di dollari: quasi
sette volte il PIL americano, e quasi il doppio del prodotto lordo mondiale. Si
tratta di un nozionale, ma che comunque può comportare perdite di 7-9 trilioni
di dollari. Abbastanza da sfondare anche la più robusta pattumiera (3).
-------------------------
1) L’ultimo Resolution Trust è stato creato in USA negli anni ‘80, per superare
la crisi delle casse di risparmio (Saving & Loans), che si erano messe a
speculare nell’ingegneria finanziaria, rovinandosi (un po’ come i Comuni
italioti, acqusitando prodotti «strutturati»). Il governo mise sotto tutela 747
casse di risparmio e digerì 394 miliardi di dollari di attivi tossici di queste,
che riuscì a vendere in parte, però nel giro di sette anni. Alla fine, le
perdite per le finanze pubbliche (leggi: contribuenti) risultarono 75 miliardi
di dollari. Il Resolution Trust per risanare la finanza dopo la crisi dei
subprime dovrà spendere molto di più: nell’ordine non di 75 miliardi, ma di
migliaia di miliardi di dollari, «trilioni».
2) Le aziende grandi hanno preso l’abitudine - il vizio da drogati - di
riciclare i loro debiti, continuamente accendendone di nuovi per pagare i
vecchi. Alle banche infatti non interessa che il debito sia restituito (non è
denaro loro, ma dei risparmiatori) bensì che i debitori continuino a pagare gli
interessi. Il guaio è che, quando si instaura una crisi del credito - come oggi
- le imprese non possono contrare nuovi debiti per pagare quelli vecchi, o
possono farlo solo a tassi d’interesse proibitivi. E’ in questo modo che la
crisi finanziaria si ripercuote sull’economia reale. Ma qui c’è un motivo di
ottimismo: l’indebitamento delle imprese è migliorato dal 2001. Il tasso di
autofinanziamento delle aziende americane è passato dal 75% al 92%, quello delle
europee dal 75% all’88%. Ciò conferma che la finanza ha solo una parte marginale
come ausiliaria dell’economia reale; il resto è mero gioco d’azzardo, spreco
distruttore.
3) L’ultimi idiozia che si sente ripetere: questo «non sarà il ‘29», perchè
adesso le Banche Centrali iniettano liquidità ad alluvione... Il motivo della
crisi attuale è identico a quella del 1929: l’abuso di indebitarsi non per
produrre, ma per speculare in Borsa. Piccola differenza: allora ad indebitarsi
furono dattilografe e fattorini, che si facevano prestare diciamo 2.000 dollari
dalla banca, li gettavano in Borsa, ne guadagnavano (finchè saliva) 2.500, ed
erano in grado di pagare gli interessi e tenere un piccolo lucro. Oggi, ad
indebitarsi non sono le dattilografe ma i fondi speculativi e le banche
d’affari. E non per 2 mila dollari, ma per 60-80 volte il loro capitale.
APPROFONDIMENTO
CURARE LE CAUSE E NON GLI EFFETTI
Chi pensa che questi danni strutturali si possano risolvere in qualche mese si sbaglia di grosso. Serviranno anni e anni. Sempre che si cominci finalmente a curare la cause e non gli effetti del problema. Cosa dalla quale siamo ben lontani.
CRISI: 200 ECONOMISTI USA BOCCIANO IL PIANO
Ecco il documento contro il progetto salva-Wall Street firmato da alcuni dei
migliori accademici e professori di economia e finanza degli Stati Uniti.
Critici divisi in due scuole di pensiero, sul salvataggio Paulson.
La decisione del segretario al Tesoro Paulson & Co. di creare un ente che riacquisti i titoli tossici dal sistema finanziario, che dispone di 700 miliardi di dollari, mette in moto una spirale inflazionistica criminale.
Oggi abbiamo letto gran parte della stampa italiana cartacea per cercare di capire come venivano percepiti ed eventualmente criticati gli eventi di ieri. Nessuna traccia di indignazione come invece si ritrova un po' ovunque e in maniera anche molto intelligente in parecchi siti inglesi e americani pro market. Ma in italia, lo sappiamo, si preferisce vivere prevalentemente di favole, calcio e chiacchiere inutili.
Tra coloro che si interessano di questioni economiche in
maniera seria e disinteressata – sono dunque esclusi tutti gli operatori del
campo e i giornalisti che scrivono per le testate mainstream – molti da anni
ponevano l'attenzione sulla fragilità dell'attuale sistema economico
internazionale, una figura mitologica sempre evocata ma mai ben compresa.