LE VACCHE MAGRE

STANNO TORNANDO...

PREPARIAMOCI!

 

Perché mai il vento sussurra ch’è tempo d’espiare?
 

 

"Chi pensa che questi danni strutturali si possano risolvere in qualche mese si sbaglia di grosso. Serviranno anni e anni. Sempre che si cominci finalmente a curare la cause e non gli effetti del problema. Cosa dalla quale siamo ben lontani". "La decisione del segretario al Tesoro Paulson & Co. di creare un ente che riacquisti i titoli tossici dal sistema finanziario, che dispone di 700 miliardi di dollari, mette in moto una spirale inflazionistica criminale".
 

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

Prepariamoci, il passato potrebbe tornare!

 

 

VOCI E RUMORI DALL'AMERICA NEL VORTICE DELLA CRISI

IL VOTO DI NOVEMBRE SOSPESO?

"McCain ha sospeso la propria campagna elettorale, ha rifiutato (poi fatto all'ultimo minuto, ndr) il faccia-a-faccia con Obama, perchè - dice – deve stare a Washington a gestire «l’emergenza nazionale» del salvataggio di Wall Street. La scusa è palesemente ridicola, non avendo McCain nessun potere e nessuna competenza nella faccenda. La realtà è che i sondaggi lo danno sconfitto.

Il che induce alla domanda: i repubblicani stanno attuando un «Piano B»? L’allusione alla «emergenza nazionale» vuol dire qualcosa?

L’America che conta, da Wall Street al Congresso, sembra affondare nel caos e nel panico. Ma nel caos, il gruppo di potere che ha Bush come facciata o marionetta, ha uno scopo chiaro e determinato: salvare se stesso.

In un cambio di presidenza, il gruppo Cheney-neocon rischia di essere chiamato a rispondere del peggior disastro della storia americana, il collasso della finanza, il raddoppio del debito pubblico da parte di una presidenza che aveva ricevuto un bilancio in attivo, la perdita di prestigio e di credibilità della superpotenza, due guerre non concluse. E’ in sè un miracolo che una simile presidenza non sia sotto impeachment, e ciò suggerisce che continua ad essere coperta dalla nota lobby. Ma le garanzie per il futuro sono deboli. A meno che il gruppo non si mantenga al potere. Cavalcando l’emergenza nazionale...

La brigata anti-sommossa


La rivista ufficiale Army Times (1) ha annunciato che dal 1 ottobre una brigata di fanteria sarà dispiegata sul suolo della patria. Non si tratta di una unità della Guardia Nazionale, ma di un gruppo di combattimento in servizio attivo, prima dispiegato in Iraq: il «First Brigade Combat Team» della terza divisione di fanteria che viene posto sotto gli ordini del NorthCom, il comando inter-arma creato da Bush nel 2002 per «la difesa interna» coordinata a «supporto delle autorità civili». Army Times sottolinea che è la prima volta nella storia USA che avviene una simile missione interna.

Non dice che questo è un atto illegale: da un secolo una legge, il Posse Comitatus Act, vieta l’uso delle forze armate sul territorio americano. La rivista ufficiale aggiunge esplicitamente che la Brigata può esser chiamata «a dare una mano nei disordini civili e nel controllo delle folle o a fronteggiare possibili scenari di orrore, come avvelenamenti massicci e caos in risposta ad attacchi chimici, radiologici, nucleari…».

 I soldati stanno addestrandosi per apprendere l’uso dei «primi armamenti non-letali di cui sia fornito l’esercito»; un colonnello Roger Cloutier, intervistato, parla di armi non-letali «progettate per assoggettare individui rivoltosi e pericolosi» nel quadro di «controllo delle folle e del traffico»"... (Fonte web).

Già nel 2007 avevamo riferito in "America, quo vadis?" che il governo americano stava costruendo campi di detenzione in vari luoghi degli Stati Uniti. L'anno scorso la domanda era sul perché della costruzione di questi campi e soprattutto per chi? Quest'anno la domanda è: questi campi sono stati costruiti in vista delle inevitabili sommosse popolari dovute alla grande crisi economica in arrivo? Se è così allora qualcuno sapeva già, con largo anticipo, che il sistema finanziario stava per collassare, continuando però a dilapidare tranquillamente. Ora sempre più americani saranno senza casa e senza lavoro... Anzi, forse, una casa già ce l'hanno... quelle costruite dalla Halliburton per conto del governo, i campi di detenzione e le prigioni degli USA! E' proprio il caso di dire: dove sta andando la regina dell'occidente???

 

 

INTRODUZIONE

 

A CHE ORA IL CRACK?

Fonte web

«Quando avevo sette anni mi capitò un giorno di vedere in un servizio del telegiornale una immagine che mi sarebbe rimasta impressa a lungo nella mente.
Il servizio trattava di economia, e l’analisi del giornalista di turno era accompagnata  da un video che mostrava una macchina che stampava banconote a ritmi elevati.
Rimasi letteralmente a bocca aperta.
Ovviamente conoscevo il valore dei soldi, e i miei genitori non facevano che ripetermi che occorre fatica per guadagnarseli.
Vedere tante banconote create così velocemente senza alcuno sforzo mi lasciò molto perplesso.
Feci allora a mio padre una domanda che all’epoca mi parve ovvia:
Papà, ma se esiste una macchina che fa i soldi, allora perché non se ne stampano tanti da darli a tutta la gente, così che nessuno poi sarà povero?
Mio padre mi guardò comprensivo, e sorridendo mi disse solo: 
Perché se si stampano tante banconote  poi alla fine non avranno più alcun valore, testina...”

Mio padre non aveva una laurea in economia, e il suo mestiere all’epoca era quello di caposquadra edile.
La sua risposta era dettata semplicemente dal buon senso, quel buon senso che invece manca del tutto alle persone che occupano i gradini più bassi dell’attuale civiltà umana, ovvero i banchieri centrali.
Sarebbero passati circa venti anni prima che mi rendessi conto che mio padre con quella semplice constatazione mi aveva spiegato il meccanismo dell’inflazione, quel meccanismo che schiere di laureati delle più autorevoli facoltà di economia mondiali stentano a comprendere.

Perché alla fine sarebbe bastato il buon senso per rendersi conto che una economia basata sul denaro creato dal nulla (slegato da qualsiasi bene materiale), ed un sistema finanziario totalmente svincolato dal mondo della produzione reale siano destinati al crollo, a breve o a lungo termine.
Negli ultimi anni le transizioni borsistiche hanno vissuto in un mondo a parte, un mondo immaginario fatto di numeri irreali che si materializzavano e scomparivano su dei monitor.
Una ricchezza fittizia che per qualche tempo ha dato l’illusione di potersi tramutare in ricchezza materiale, attraverso l’uso indiscriminato e l’abuso del credito facile e dell’indebitamento.

Diversi analisti, spesso non economisti, già in tempi non sospetti avevano lanciato l’allarme sulla vacuità di un tale sistema, e sulla sua inevitabile fine.
Bollati all’epoca come catastrofisti e come nemici del progresso, quando ancora questi epiteti costituivano una grave offesa, si sono rivelati negli anni semplicemente persone dotate di buon senso, il solito vecchio  buon senso del tutto estraneo a chi davvero aveva creduto che la ricchezza si potesse creare e moltiplicare dal nulla, meramente giocando con dei numeri su degli schermi.

E fanno davvero sorridere le parole  di un
Greenspan, per anni a capo della Federal Reserve, quasi sorpreso dalle dimensioni dell’attuale crisi.
Non potevamo immaginare”, sarà il mantra che ripeteranno per molto tempo gli esperti del settore.
Quello che migliaia di semplici internauti sanno da anni, semplicemente informandosi ed andando oltre le menzogne preconfezionate dei media mainstream, a quanto pare giunge come una inaspettata sorpresa  per i più grandi guru dell’economia mondiale.

Gli
eventi dell’ultima settimana rappresentano il triste epilogo di un meccanismo corrotto e fallace fin dalle sue fondamenta, un sistema che si espandeva e prosperava mentre  il conto alla rovescia che già ne indicava la fine procedeva inesorabile.
E a poco serviranno le pezze che le varie banche centrali tenteranno di applicare sulle falle che si susseguiranno: queste operazioni serviranno solo ad allontanare di poco il momento della resa dei conti, rendendo ancora più doloroso il momento della caduta.
Nel frattempo,
vecchi articoli ironici appaiono sempre meno scherzosi...».

 

 

Non vi raccontano ancora tutto...

 

 

una volta eravamo banchieri

Eugenio Benetazzo - 19 Settembre 2008

Once we were bankers, cioè una volta eravamo banchieri, così si presenteranno tra dieci anni davanti ad una pinta di birra in un qualche squallido pub di alcolizzati, molti consiglieri di amministrazione di istituti di credito e di banche d'affari che sono destinati a fallire nei prossimi trimestri. Ormai le prime pagine dei giornali si sprecano con titoli sempre più drammatici del tipo siamo innanzi ad un altro 29, i mercati collassano come nel 29, panico in borsa come nel 29 e così via ricalcando su questo stile. E pensare che quando due anni fa scrissi prima, Duri e Puri: Aspettando un nuovo 1929, e successivamente, Best Before: Preparati al peggio, venni letteralmente bannato come un ridicolo catastrofista e censurato da quasi tutti i forum finanziari per il pessimismo ostentato. A distanza di due anni adesso fanno tutti a gara a scimmiottare il mio pensiero, i miei avvertimenti ed i miei consigli: andate a vedervi come in Marzo di quest'anno preannunciavo il fallimento (http://it.youtube.com/watch?v=M42jzhI64bw) di tre banche americane con largo anticipo ! Ma per quanto si sforzino di tentare di dare una spiegazione tecnicamente raffinata ed inattacabile, la maggior parte di questi giornalisti, analisti e trader di borsa non fa altro che dimostrarsi un mero replicante di notizie clonate ed apprese di sfuggita dalla televisione o lette avidamente in qualche redazionale economico.

Non siamo innanzi ad un altro 1929, ma già come scrivevo con inaspettato anticipo nel 2006, abbiamo di fronte un nuovo 1929, ovvero uno scenario macroeconomo di crisi globale che non ha precedenti storici e che non si può spiegare riduttivamente ancorandosi ai vecchi ed obsoleti modelli econometrici. Dalla Northern Rock alla Indymac, dalla Bear Stearns alla Fannie Mae, dalla Lehman Brothers alla AIG, troviamo un denominatore in comune: più grande è la banca, più la probabilità che essa sia stata oggetto di contagio finanziario tende ad aumentare. Già qui individuiamo un primo elemento distintivo: il 1929 vide una carneficina di piccoli istituti di credito cascare uno dietro l'altro quasi ad effetto domino, mentre i grandi colossi bancari di allora rimanevano relativamente immuni dal crash economico. Nel 2008 assistiamo ad una caratteristica situazionale esattamente opposta: più sono ridotte le dimensioni della banca, più elevata diventa la presunzione di stabilità finanziaria. Questo è una naturale conseguenza della gestione ordinaria dell'attività bancaria per un piccolo istituto di credito: infatti difficilmente quest'ultimo ha spinto all'estremo l'erogazione dei mutui ad intervento integrale, difficilmente ha rapporti ed interessi strategici con le grandi realtà bancari e difficilmente, infine, ha ideato e progettato prodotti finanziari strutturati con il fine unico di ottenere ingenti facili profitti e sodomizzare contemporaneamente con grande eleganza la propria clientela. Ecco perchè ho sempre appoggiato, per esempio, il circuito del credito cooperativo (attenzione però che nel cesto ci potrebbe essere sempre qualche isolata mela marcia).

Per ritornare in argomento sappiate comunque che la crisi è solo all'inizio, tutt'altro che passata! Pensate all'estate scorsa, quando iniziarono le prime avvisaglie dei subprime statunitensi: dai media nazionali ci venne subito raccontato che non ci si doveva preoccupare in quanto l'Europa più di tanto non era coinvolta. Le stime iniziali sulle perdite presunte ammontavano a circa 250 MLD di dollari. Oggi siamo ad oltre i 2000 MLD.
Generalmente gli Stati Uniti anticipano gli altri mercati con sei/nove mesi, perciò è presumibile aspettarsi nei prossimi mesi momenti poco incoraggianti anche per la situazione finanziaria in Europa. Tanto per dare qualche spunto di riflessione portiamo ad esempio il caso sovietico con il governo russo che è dovuto intervenire per sostenere le prime tre banche del paese: non da meno si è deciso di congelare le quotazioni di borsa per due giorni consecutivi.
In Europa chi con certezza se la sta passando molto male sono il Regno Unito e la Spagna. Per il primo si sta vivendo un momento di forte preoccupazione per le sorti di HBOS (Halifax Bank of Scotland), la più antica e prestigiosa banca inglese, mentre la Spagna sta vivendo la peggior crisi immobiliare della sua storia. Molto presto anche nel paese della paella ci scapperà il morto.

A sentire gli insiders degli Uffici Legali, anche l'Italia non se la passa così bene come le discutibili rassicurazioni del Presidente del Consiglio a Porta a Porta darebbero a pensare. Solo nella mia regione ci sono alcuni istituti di credito con oltre 5.000 contratti di mutuo di ultima generazione in sofferenza, alcuni sono riusciti a cartolarizzarli (scaricando quindi su di voi il rischio di default), altri li hanno ancora sul groppone. Prestate attenzione a sottoscrivere prodotti di liquidità con tassi di interesse molti allettanti: rappresentano il disperato tentativo di drenare liquidità dal mercato. Lo stesso Draghi ha cambiato in meno di sei mesi le sue posizioni e convinzioni sulla crisi in atto. Voglio riportarvi un esempio emblematico che mi ha visto partecipe in prima persona: tre mesi fa una prestigiosa (si fa per dire) ed imponente banca italiana non mi ha consentito di incassare per contanti un suo assegno CIRCOLARE di 1.500 euro sostenendo che non aveva liquidità sufficiente in cassa, invitandomi pertanto a tornare il giorno successivo. I dipendenti della filiale pensavano fosse una candid camera, ma quando mi hanno sentito chiamare il 112 per verbalizzare lo stato di insolvenza, improvvisamente hanno fatto spuntare fuori una mazzetta di banconote da 5 euro e qualche blister di monete da 2 euro e si sono letteralmente messi a contare sull'unghia euro su euro !

La crisi assumerà presto anche un altro volto quando inizierà ad emergere anche il marcio del sistema industriale anch'esso drogato e sovralimentato dal debito facile e dalle promesse illusorie del turbocapitalismo sfrenato. Il ridimensionamento dei fidi e delle esposizioni debitorie con il rientro forzato dagli scoperti sta già facendo le sue vittime. Solo nella provincia di Vicenza tre recenti casi eclatanti di imminente default industriale hanno già colpito grandi aziende leader di mercato, passando dal settore tessile a quello metalmeccanico.
La Cassa Integrazione che colpisce migliaia di lavoratori e lo spettro dell'insoluto quotidiano che inquieta il sonno di imprenditori si occuperanno di fare il resto, andando ad alimentare l'altra faccia della crisi quella socioeconomica. Persino Confindustria ormai non riesce più a nascondere la gravità dell'attuale periodo storico, sottolineando come il nostro paese sia in piena recessione, purtroppo di natura strutturale e non ciclica come ci vogliono erroneamente convincere i media.

L'effetto detonatore finale tuttavia lo dovrebbero dare i Credit Default Swaps ovvero i CDS, per non dilungarmi eccessivamente con terminologie tecniche troppo noiose, li potete considerare come sofisticate polizze assicurative che coprono il rischio per un sottoscrittore di un obbligazione che la stessa non venga poi onorata alla scadenza prestabilita. Ecco quindi come si spiega il comportamento discriminatorio della FED riguardo ai recenti fallimenti e salvataggi: alcune banche sono state nazionalizzate (quindi il popolo americano si è preso in quel posto le perdite capitalizzando gli istituti), mentre altre sono state abbandonate al loro destino. Questa strategia discriminatoria è stata implementata sapendo benissimo che ci saranno altre banche da salvare nei prossimi trimestri e soprattutto perchè il fallimento di alcuni istituti come Fannie Mae o Freddie Mac avrebbe comportato perdite per successivi rimborsi assicurativi legati ai CDS notevolmente superiori agli aiuti federali. La Fed e le altre banche centrali non so fino a dove si spingeranno: ormai è una consuetudine ascoltare da più di un anno rumors del tipo sono state imesse ingenti iniezioni di liquidità per stabilizzare il sistema. Questo tipo di notizia viene presentata come se fosse una fenomenale medicina per tutti i mali del sistema, ma purtroppo non è così! Più si vuole intervenire a sostegno del malato moribondo, più si acconsentirà di farlo sopravvivere intubato ed alimentato artificialmente. Solo una crisi dalle conseguenze ingestibili, proprio come quella che stiamo vivendo, potrà gettare le basi e le condizioni per ridisegnare e riorganizzare completamente ripartendo da zero sia il sistema monetario che quello di accesso al credito. Ma questo comporterebbe decretare la fine della globalizzazione e della intoccabile influenza dei potenti banchieri del pianeta, a strepitoso vantaggio di tutti i popoli della Terra.

 

 

La globalizzazione presenta il conto

 

 

Crack bancari: crisi del Sistema

o fallimento controllato?

 

Marcello Pamio - 19 settembre 2008

Quello che purtroppo (o per fortuna?) era stato previsto da anni si sta verificando.
Il Sistema Economico sta letteralmente crollando sotto il peso di debiti, speculazioni, investimenti forsennati e satanici, oppure è arrivato l’occasione e la possibilità di destare le nostre coscienze?
Importantissime banche come Citigroup, Bear Stearns, Lehman Brothers e Merrill Lynch, tanto per citare solo qualcuna, hanno fatto un triste epilogo. La Lehman è fallita e ha già chiesto l’amministrazione controllata (ex articolo 11), la Merrill Lynch è invece stata salvata, o per meglio dire, acquistata dalla Bank of Amerika.

Richard Fuld, il padre-padrone della Lehman (quarta banca d’affari statunitense) esce da questo crack in piedi: “dal 1993 fino al 2007 ha conseguito tra stipendi, bonus, stock options la meravigliosa cifra di 466 milioni di dollari”[1]. Cifra questa di tutto rispetto, ma non completa, perché bisogna sommare la buona uscita di 22 milioni di dollari, maturata prima del fallimento bancario! Non male, vero?
Dall’altra parte Stanley O’Neal, ex numero uno di Merrill Lynch lascia il suo prestigioso ufficio con una pensione da 161 milioni di dollari[2], e questo dopo aver creato una voragine da 40 miliardi di dollari.
Il mega boss della Citigroup, Chuck Prince, si è intascato invece 68 milioni di dollari, e l’ex presidente di Bear Stearns, Jimmy Cayne soli 60 milioni di dollari.[3]

La cosa interessante e che si ripete ogni qualvolta una azienda crolla e/o fallisce, i manager escono sempre a testa alta e con le tasche piene di denaro. Denaro dei contribuenti
Per esempio la Lehman ha creato un buco nero di oltre 639 miliardi di dollari, il maggiore crac della storia economica americana (oltre dieci volte il già gigantesco buco della Enron), e nonostante questo Richard Fuld esce con decine di milioni di dollari.
Questo dovrebbe farci riflettere…

Ecco l’elenco dei più grandi crac della storia moderna:
1) Lehman Brothers (639 miliardi)
2) Worldcom (103,9 miliardi)
3) Enron (63,4 miliardi)
4) Conseco (61,4 miliardi)
5) Texano (35,9 miliardi)
6) Financial Corp. of America (33,9 miliardi)
7) Refco (33,3 miliardi)
8) IndyMac Bancorp (32,7 miliardi)
9) Global Crossing (30,2 miliardi)
10) Calpine (27,2 miliardi).

La questione importante però è un’altra.
Le banche che chiudono i battenti sono il segnale che il Sistema sta crollando o invece anche queste rientrano in manovre occulte da parte di coloro che operano dietro le quinte?

Osservando gli azionisti di Lehman Brothers risultano delle cose molto interessanti:
AXA (9.46%);
FMR Corporation (5.69%);
Citigroup (4.5%);
Barclays Plc (3.92%);
State Street Corporation (3.1%);
Morgan Stanley (3.1%);
Mellon Financial (1.9%);
Vanguard Group (1.9%);
Deutsche Bank AG (1.4%), ecc.

Vediamo gli azionisti di Merrill Lynch:
FMR Corporation (4.8 %);
Barclays Plc (3.5%);
Janus Capital Corp. (2.9%);
Citigroup (2.6%);
AXA (2.40%);
State Street Corporation (0.12%), ecc.

Tutti questi azionisti si possono scremare ulteriormente perché per esempio State Street Corp. è controllata dal gruppo Barclays (quindi Rothschild) della City di Londra.
In pratica le due banche crollate (Lynch e Brothers ma anche tutte le altre) appartengono a quei due gruppi che controllano realmente l'economia planetaria: il ramo statunitense dei Rockefeller e quello europeo dei Rothschild: le due ali dello stesso avvoltoio (o aquila calva del Grande Sigillo statunitense).

Nomi di casate storiche ebraiche che si possono citatare solo nei libri e/o articoli sul complottismo ma sono invece tabù nella carta stampata o in televisione. Chissà come mai…
Quindi il crollo di grosse banche potrebbe rientrare nel cosiddetto “fallimento controllato”. 
Per quale motivo lascerebbero fallire delle proprie aziende?

Lo sfruttamento del Mercato avviene spesso attraverso le cosiddette “Branch” (rami, derivazioni), che vengono create ad hoc per raggiungere determinati obiettivi. Questo ovviamente fino all’esaurimento.
Quando il mercato è stato spolpato ed è divenuto sterile, si chiude la filiale, creata per tale scopo, e gli utili vengono spartiti tra di loro.[4]  
Il buco lasciato? Non ci sono problemi: paga Pantalone, cioè il cittadino suddito!

La Lehman Brothers ha dichiarato fallimento, come una qualsiasi azienda che non vuole pagare i suoi creditori.[5] Più semplice di così: quasi 700 miliardi di dollari di debito che sarà rimpinguato dal Governo (con la tipografia ufficiale Federal Reserve) e quindi dai sudditi.
La Merrill Lynch, Fannie Mae e Freddie Mac (le due società con un portafoglio di circa 6000 miliardi di dollari in mutui ipotecari) e le altre idem.
Questo “fallimento controllato” però non riguarda i grossi Imperi che stanno dietro le quinte, ma le “Branch”, cioè i rami collegati, che come in botanica si possono potare quando diventano marci e inutili.

In pratica bruciano i soldi nostri per poi ributtarsi nella mischia come lupi assatanati alla ricerca di nuovi mercati da sbranare. 
Dall’altra parte, grazie a questi crash controllati, possono far legiferare ai loro camerieri (politici) leggi che stringono ulteriormente le libertà individuali di tutti noi, e che non sarebbero mai passate altrimenti.
Certamente faranno saltare altre banche d’affari, d’investimento, assicurazioni, società mutualistiche (la prossima sarà AIG, American Internationale Group, la più grande società di assicurazioni del mondo, anche se verrà salvata in extremis dal governo): 1929 docet.
Di una cosa però in tutto questo scenario i Burattinai non hanno tenuto conto: tale crisi sistemica dei mercati e delle finanze, pur se controllata, avrà sempre la funzione pedagogica di far prendere coscienza a molte persone di tutto questo Sistema e anche delle possibili soluzioni.

Coscienza che il Sistema è in metastasi e che non potrà quindi avere una vita lunga con le cure allopatiche odierne: iniezioni di liquidità, stampa di moneta, chirurgia bancaria, ecc.
Coscienza che il denaro è un mezzo e non un fine, e che possiamo acquistare (merci e prodotti) SOLO perché NOI lo accettiamo (il denaro).
Un pezzo di carta, un foglietto, uno “Sconto che cammina”, uno Scec, per fare solo dei piccoli esempi, hanno lo stesso valore del denaro: basta accettarli!
La vera guarigione avverrà nel momento in cui si passerà da un Sistema luciferico centrato nel dio denaro e nel potere dell’uomo sull’uomo, ad un Sistema dove invece è l’Uomo al centro e il collante l’Unione e la Solidarietà.

I Grandi Manipolatori possono far crollare decine di banche, piazzare l’esercito nelle città, installare videocamere e microfoni ovunque (cose che stanno realizzando), mettere in ginocchio milioni di persone, far esplodere la bolla immobiliare, ma non possono proprio far nulla a livello di Coscienza Individuale.
Su questo terreno i Rothschild, Rockefeller e tutti gli altri possono solo stare a guardare…(e con invidia).

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[1] “Richard ‘Gorilla’ Fuld vale 466 milioni di dollari”, Marco Mairate, http://new.bluerating.com/protagonisti/59-il-fatto/1280-richard-gorilla-fuld-vale-466-milioni.html

[2] Idem

[3] Idem

[4] “Le branch e il fallimento controllato delle multinazionali”, Etleboro Italia, http://etleboro.blogspot.com/

[5] Idem

 

 

Tremonti pessimista...  il peggio può arrivare!

 

 

 

 

Iniezioni di liquidità:

ne voglio anch’io!

 

Maurizio Blondet - 21 settembre 2008

I rialzi incredibili, spasmodici delle Borse mondiali hanno qualcosa di sinistro: come il benessere di un canceroso terminale a cui viene annunciata una cura «rivoluzionaria», e già si sente meglio.

La cura rivoluzionaria annnunciata dal potere americano è la Resolution Trust Corporation, una immane pattumiera in cui il governo getterà, dopo averli comprati a sconto, gli «attivi non-liquidi» e «tossici» (ossia obbligazioni e titoli che nessuno vuol comprare), con la speranza di poterli vendere a poco a poco negli anni seguenti, quando ci sarà la ripresa. Magari perfino con un profitto da parte dello Stato, dicono gli ottimisti.

Perchè, dicono questi ottimisti, non dimentichiamo che cosa c’è sotto gli attivi tossici che nessuno vuole a nessun prezzo: ci sono immobili, case. Di cui i proprietari non hanno potuto pagare il mutuo, e che quindi sono crollate di valore. Ma fra cinque, dieci anni, gli immobili saliranno; lo Stato li venderà, e il costo del salvataggio, che oggi appare colossale per i contribuenti, sarà più che ragionevole.

In realtà, vari Resolution Trust furono messi in atto durante il New Deal, senza alcuna ripresa: dieci anni dopo, a salvare l’America dalla depressione fu l’entrata in guerra (grande consumatrice di prodotti industriali, e assorbitrice di disoccupati).

Ma ammettiamo che gli ottimisti abbiano ragione (1). Allora la domanda è: perchè il potere americano - che ha iniettato 900 miliardi di dollari di liquidità alle banche, senza alcun risultato - non ha invece iniettato un po’ di liquidità nelle tasche dei cittadini col mutuo, in modo che potessero pagarlo?

Non si dice di pagar loro il rateo intero; bastava pagare la differenza tra l’interesse richiesto dai creditori, e quello che i piccoli debitori potevano pagare. Con una frazione minima di quel che la FED ha dilapidato nei vani tentativi di salvataggio, si sarebbero ottenuti i seguenti risultati: non ci sarebbero stati pignoramenti per insolvenze dei piccoli debitori; milioni di case sequestrate non sarebbero state gettate sul mercato deprimendo i prezzi (-20%); i cittadini sarebbero rimasti nelle loro case, assicurandone la manutenzione contro il degrado sociale; i ratei dei mutui sarebbero stati pagati regolarmente; e dunque, anche i titoli confezionati dagli speculatori mescolando e frazionando quei mutui, non avrebbero perso valore, non sarebbero diventati «tossici». E non ci sarebbe stata la crisi.

Insomma: se si fosse iniettata liquidità in basso - ai poveri debitori - si sarebbe mantenuto l’intero ordine economico e sociale ad un prezzo più che ragionevole.

Naturalmente, i teologi del liberismo vi risponderanno: perchè sarebbe stato regalare qualcosa a gente che non lo merita, una casa a chi non poteva permettersela. Nel capitalismo di mercato, «non si danno pasti gratis» (no free lunch). Se si sbaglia, si fallisce. Il liberismo è moralistico.

Questa obiezione è diventata alquanto debole negli ultimi giorni, perchè le Banche Centrali hanno regalato enormi pasti gratis a speculatori criminali dell’alta finanza, a gente che sicuramente non li meritava.

Nel penultimo (e vano) intervento di «iniezione di liquidità», la FED, con il soccorso della BCE, della Banca centrale giapponese ed altre, ha versato nelle tasche dei veri criminali 180 miliardi di dollari: che è, tanto per confronto, dieci volte il bilancio della NASA. Siccome non bastava, ha alzato l’iniezione a 247 miliardi.

Come già detto, l’insieme degli interventi delle settimane precedenti tocca i 900, i mille miliardi: abbastanza per regalare ad ogni americano l’assistenza sanitaria, più grandi programmi di manutenzione infrastrutturale, più chissà quali altri programmi di ricerca e sviluppo allo scopo di trovare nuove fonti di energia, una dozzina di Progetti Manhattan.

Insomma: il potere ha preferito regalare miliardi agli straricchi, rovinatisi con le loro mani, che qualche milione ai poveri cittadini. Quelli da cui, dopotutto, dipende la stabilità economica e persino della finanza speculativa.

Perchè tutte le creazioni finanziarie e gli strumenti più fantasiosi creati per aumentare i profitti a debito inventati dai genii di Goldman e di Morgan, si basano, in ultima istanza, su un presupposto: che milioni di cittadini anonimi, con un buon lavoro e un decente stipendio, continuino regolarmente a pagare il rateo del mutuo, la rata per l’automobile, la quota sulla carta di credito. Ora, è questa base che è stata rovinata, e dunque per questo niente risanerà la finanza.

La globalizzazione ha portato via, in Cina ed India, i lavori ben pagati degli americani; da tempo gli americani non potevano più comprare la nuova auto a rate, se non accendendo ipoteche sulle loro case; questo ha funzionato solo finchè il valore delle case saliva, ma oggi - che è sceso a precipizio - non è più possibile.

L’ideologia liberista applicata fanaticamente ha precarizzato il lavoro: e a milioni di lavoratori con contratto trimestrale mica si può far credito per comprarsi una casa e una macchina. Ma se non si può indebitare il cittadino commune, tutto il grande casinò sovrastante si blocca.

La facilità di ottenere credito a buon prezzo è assolutamente centrale nel sistema americano, del sogno americano a vendite rateali; ora questo meccanismo è rotto, ed è stato rotto dal basso. Ecco perchè gli interventi dall’alto, mettere soldi nelle tasche degli speculatori, non sono serviti.

Con questi soldi regalati, le banche dovevano riprendere a farsi prestiti vicendevoli di routine; invece, le banche hanno usato i fondi per accaparrarsi Buoni del Tesoro, insomma se li sono incamerati in un investimento (relativamente) sicuro. Sia per aumentare il capitale di fronte a perdite di cui loro sole sanno l’entità, sia perchè sanno benissimo che le altre banche sono - come loro - insolventi, e quindi non credibili come debitrici. Quante siano le perdite, quanto enormi siano i buchi, è una cosa che le banche non vogliono far sapere. Sarebbe come mostrare le carte in una partita di poker, diventata rischiosissima.

Per questo sono così allegre oggi all’annuncio del Resolution Trust governativo: tutte quante getteranno i loro «attivi» tossici insieme, mostreranno tutte insieme le loro scartine. Sperano così di ricominciare il vecchio giocco: tornare a indebitare i cittadini sulle carte di credito, sulle vendite rateali, aprendo fidi ad indebitamento continuo alle imprese (2), concedendo mutui a rischio, indebitandosi enormemente per speculare (come fanno gli hedge fund). Ma se sotto non ci sono milioni di lavoratori industriali, che ricevono salari perchè producono merci buone e vendibili, la giostra non può più riprendere.

L’attuale generazione è stata scottata abbastanza dal crack: prima che arrivi un’altra generazione senza memoria del disastro, da convincere che conviene investire in Borsa e fare debiti permanenti, è difficile che nell’economia ci sia abbastanza capitale (pseudo-capitale) da finanziare una ripresa. La scritta «non si fa credito» resterà sull’economia per almeno 15 anni.
Una delle idiozie che si sentono dire dai liberisti terminali è: con questi salvataggi di banche che il mercato ha condannato, il governo USA sta diventando socialista. Ha nazionalizzato Fannie, Freddie, AIG… L’idiozia è duplice.

Anzitutto, non si tratta di socialismo, ma di fascismo economico: quella che viene annunciata è una colossale IRI. Ma l’IRI fascista incamerò aziende che producevano beni industriali, per salvare posti di lavoro qualificati, impedire la dispersione di competenze tecniche preziose, mantenere aree di eccellenza e modernità al Paese.

Invece la IRI americana salva finanziarie. Che non producono niente, se non titoli di debito, «pagherò», cambiali. E peggio. Il fascismo nazionalizzò la Ansaldo siderurgica; il Tesoro americano ha nazionalizzato Las Vegas.

Voglio vedere se le banche al Resolution Trust conferiranno i loro derivati. La sola J.P. Morgan ha un’esposizione in derivati di 90 trilioni di dollari: quasi sette volte il PIL americano, e quasi il doppio del prodotto lordo mondiale. Si tratta di un nozionale, ma che comunque può comportare perdite di 7-9 trilioni di dollari. Abbastanza da sfondare anche la più robusta pattumiera (3).


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1) L’ultimo Resolution Trust è stato creato in USA negli anni ‘80, per superare la crisi delle casse di risparmio (Saving & Loans), che si erano messe a speculare nell’ingegneria finanziaria, rovinandosi (un po’ come i Comuni italioti, acqusitando prodotti «strutturati»). Il governo mise sotto tutela 747 casse di risparmio e digerì 394 miliardi di dollari di attivi tossici di queste, che riuscì a vendere in parte, però nel giro di sette anni. Alla fine, le perdite per le finanze pubbliche (leggi: contribuenti) risultarono 75 miliardi di dollari. Il Resolution Trust per risanare la finanza dopo la crisi dei subprime dovrà spendere molto di più: nell’ordine non di 75 miliardi, ma di migliaia di miliardi di dollari, «trilioni».
2) Le aziende grandi hanno preso l’abitudine - il vizio da drogati - di riciclare i loro debiti, continuamente accendendone di nuovi per pagare i vecchi. Alle banche infatti non interessa che il debito sia restituito (non è denaro loro, ma dei risparmiatori) bensì che i debitori continuino a pagare gli interessi. Il guaio è che, quando si instaura una crisi del credito - come oggi - le imprese non possono contrare nuovi debiti per pagare quelli vecchi, o possono farlo solo a tassi d’interesse proibitivi. E’ in questo modo che la crisi finanziaria si ripercuote sull’economia reale. Ma qui c’è un motivo di ottimismo: l’indebitamento delle imprese è migliorato dal 2001. Il tasso di autofinanziamento delle aziende americane è passato dal 75% al 92%, quello delle europee dal 75% all’88%. Ciò conferma che la finanza ha solo una parte marginale come ausiliaria dell’economia reale; il resto è mero gioco d’azzardo, spreco distruttore.
3) L’ultimi idiozia che si sente ripetere: questo «non sarà il ‘29», perchè adesso le Banche Centrali iniettano liquidità ad alluvione... Il motivo della crisi attuale è identico a quella del 1929: l’abuso di indebitarsi non per produrre, ma per speculare in Borsa. Piccola differenza: allora ad indebitarsi furono dattilografe e fattorini, che si facevano prestare diciamo 2.000 dollari dalla banca, li gettavano in Borsa, ne guadagnavano (finchè saliva) 2.500, ed erano in grado di pagare gli interessi e tenere un piccolo lucro. Oggi, ad indebitarsi non sono le dattilografe ma i fondi speculativi e le banche d’affari. E non per 2 mila dollari, ma per 60-80 volte il loro capitale.
 

 

 

APPROFONDIMENTO

 

CURARE LE CAUSE E NON GLI EFFETTI

Chi pensa che questi danni strutturali si possano risolvere in qualche mese si sbaglia di grosso. Serviranno anni e anni. Sempre che si cominci finalmente a curare la cause e non gli effetti del problema. Cosa dalla quale siamo ben lontani.

 

CRISI: 200 ECONOMISTI USA BOCCIANO IL PIANO

 

Ecco il documento contro il progetto salva-Wall Street firmato da alcuni dei migliori accademici e professori di economia e finanza degli Stati Uniti. Critici divisi in due scuole di pensiero, sul salvataggio Paulson.
 

 

 

LaRouche: no al salvataggio

di un cadavere

 

La decisione del segretario al Tesoro Paulson & Co. di creare un ente che riacquisti i titoli tossici dal sistema finanziario, che dispone di 700 miliardi di dollari, mette in moto una spirale inflazionistica criminale.

 

 

 

Buio in sala stampa

Oggi abbiamo letto gran parte della stampa italiana cartacea per cercare di capire come venivano percepiti ed eventualmente criticati gli eventi di ieri. Nessuna traccia di indignazione come invece si ritrova un po' ovunque e in maniera anche molto intelligente in parecchi siti inglesi e americani pro market. Ma in italia, lo sappiamo, si preferisce vivere prevalentemente di favole, calcio e chiacchiere inutili.

 

Farsi trovare pronti

Tra coloro che si interessano di questioni economiche in maniera seria e disinteressata – sono dunque esclusi tutti gli operatori del campo e i giornalisti che scrivono per le testate mainstream – molti da anni ponevano l'attenzione sulla fragilità dell'attuale sistema economico internazionale, una figura mitologica sempre evocata ma mai ben compresa.