QUALE COMUNITA' E QUALE PASTORALE

PER LA CHIESA REGGIANA DEL DOMANI?

 

LETTERA APERTA ALLA CHIESA REGGIANA

o cambiare o morire!

(di Claudio Prandini)

 

Santificazione del sacerdote, edificazione del Popolo di Dio, ricerca di interiorità e fraternità sacerdotale, sono stati i quattro punti della coraggiosa meditazione del Card. Silvio Oddi, mandata in linea la scorsa settimana (vedere qui). Coraggiosa perché ha messo il dito su punti che scottano nella vita quotidiana del sacerdote diocesano e che inevitabilmente si ripercuotono su tutto il corpo ecclesiale, in particolare sulla parrocchia. Il Card. ha pure messo in rilievo una caratteristica che rischia di snaturare il sacerdozio, cioè la "superstimolazione odierna", come egli la chiama, che toglie al sacerdote il tempo per la preghiera personale e la crescita della propria vita interiore.

Senza preghiera e vita interiore il sacerdote rischia di essere solo un funzionario del culto...!

 

 

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Quale chiesa ci aspetta in un prossimo futuro? Spesso sento dire dai sacerdoti: "Ho troppe cose da fare!"..."Ho il tempo contato!". E io dico a quei sacerdoti: "Dovete imparare a delegare ai laici, magari dopo aver loro dato loro un minimo di formazione, tutto quello che non rientra strettamente nell'ambito sacerdotale!". Al sacerdote compete la S. Messa, i Sacramenti e la direzione spirituale delle anime, mentre le altre cose più o meno pratiche debbono essere i laici ad occuparsene. In fondo questa è stata una delle prime scelte della Chiesa di Gerusalemme (cfr At 6, 1-5). Andiamo verso tempi dove ci saranno sempre meno preti, una società sempre più secolarizzata e una comunità cristiana sempre più sparuta e bisognosa di sacerdoti non in affanno da "superstimolazione" di cose da fare...

Ecco che occorre allora un deciso cambiamento, anche se graduale, della struttura pastorale della parrocchia e del vicariato in cui essa è inserita. Lasciare il modello tradizionale di parrocchia per adottare quello più snello ed adatto ai nostri tempi, cioè quello missionario. Il modello missionario prevede soprattutto una "fraternità sacerdotale" più stretta e concreta tra i sacerdoti a cui viene affidato un territorio: casa comune, pastorale comune, ecc. Il vecchio concetto del prete di parrocchia che cura esclusivamente il suo orticello sta andando in crisi, sia per i cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi 30-40 anni, sia anche e soprattutto perché il numero dei sacerdoti è in continuo calo!

Bisogna, prima di essere costretti a farlo per forza e con l'acqua alla gola (come già in parte avviene sulle nostre montagne), abituare i sacerdoti alla vita in comune iniziando proprio dai seminari (il che non è sempre scontato, anzi...!) e ad una pastorale fatta insieme, responsabilizzando il più possibile i laici che vivono nelle varie parrocchie ad occuparsi della propria parrocchia, sia nelle cose pratiche che nella pastorale non sacramentale: catechismo, incontri sulla parola, attività culturali, ecc.., mentre i preti si occupino di tutto quello che i laici non possono fare: S. Messa, Sacramenti e direzione spirituale!

"Il Vaticano II nel decreto sull'Ordine del Presbiterato indica con chiarezza nella vita comune un aiuto alla vita sia spirituale che intellettuale e ad una pastorale più efficace. Questa vita comune non è sempre facile... il che però non esclude una generosa disponibilità verso i confratelli, coltivando una genuina vita spirituale e favorendo le occasioni di incontro con i propri confratelli in spirito di amicizia sacerdotale per pregare insieme, confrontarsi e sostenersi a vicenda" (Card. Silvo Oddi - fonte web).

Questo è quello che i tempi richiedono... Occorre che tutta la diocesi, vescovo e preti per primi, s'interroghi su quale chiesa locale si vuole per il futuro!? Quella basata essenzialmente sulla parrocchia tradizionale o quella basata sul territorio? Quale modello di struttura pastorale risponde al meglio per l'attuale epoca storica? Se non ci poniamo queste domande, avendo nel frattempo il coraggio del cambiamento, si rischia di morire di inedia, si rischia che ogni progetto pastorale "rinnovato" abbia le gambe corte perché impiantato su un corpo vecchio, che non riesce più a stare in sella con le esigenze e i problemi del nostro tempo! Il vangelo stesso avverte: non si mette una toppa nuova su un vestito vecchio....

Oggi, ad esempio, nella catechesi dei ragazzi, il rischio è che il metodo pedagogico prevalga sui contenuti, per cui non abbiamo più il "catechismo", ma tanti catechismi quanti sono i loro autori o curatori: «Catechismo plurale», lo chiamano…(vedere qui) Occorre invece puntare su una  pastorale per i ragazzi più univoca e aderente alle verità della fede, dove la memorizzazione dei contenuti abbia di nuovo un suo posto preciso, mentre per gli adulti, dev'essere basata sui seguenti cardini della fede: La Preghiera; L’Eucarestia; La Sacra Scrittura; Il Digiuno; La Confessione. Tanto per dirne alcuni!

In questo dibattito sul futuro della nostra chiesa locale c'è un certo silenzio (a parte il nostro vescovo che ne parla fin dalle prime lettere pastorali).  Tace il laicato (non educato e culturalmente impreparato a porsi e a porre domande, perché tanto sono cose da preti) e tace l'intellighenzia cattolica, spesso rinchiusa nei suoi recinti culturali e quasi paurosa di porre domande, considerazioni e proposte alla propria gerarchia ecclesiale. E questo, in tempi d’emergenza come l'attuale, non è certamente un bene!

La Chiesa è il corpo mistico di Cristo, essa appartiene tanto al vescovo, che ha il compito di guidarla, che al singolo cattolico praticante! Essa non è qualcosa di statico ma è una realtà dinamica e vitale. Per cui mi è lecito, in quanto membro di questo corpo, chiedermi e chiedere il come s'intendano affrontare i problemi che la chiesa locale incontra nella sua opera di evangelizzazione, come anche di proporre strade diverse! Questo è un diritto comune che ci viene principalmente dal Battesimo... Infatti, tutti partecipiamo del Sacerdozio Regale e Profetico di Cristo!

La mia non è una critica alla struttura della parrocchia in quanto tale (essa può continuare a sussistere finché ci sono laici che la fanno vivere), ma un cercare soluzioni adeguate alla evangelizzazione per i tempi di oggi e soprattutto di domani... Non si può rimanere schiavi del passato o di una struttura, sia pure gloriosa, mentre il mondo dell'evangelizzazione richiede che si inizi a pensare anche ad altri modelli ecclesiali, capaci di incidere di più sul territorio in termini di fede, di evangelizzazione, di forze in campo e di conversione della gente!

Il modello missionario di pastorale non richiede affatto il venir meno della parrocchia in quanto comunità locale, quanto piuttosto una dislocazione diversa del sacerdote diocesano, non più legato alla singola parrocchia ma ad un territorio e coadiuvato in questo da altri sacerdoti...  Qualcuno, a questo punto, potrebbe obiettare: "Ma i vescovi continuano a puntare sulla parrocchia tradizionale!!?". Risposta: "Bene! Ma questo non significa affatto che occorra non pensare anche ad altri modelli di evangelizzazione, se i tempi lo richiedono!".

La Chiesa, nei suoi duemila anni di storia, si è sempre adattata, con la nascita di una miriade di ordini religiosi e di movimenti ecclesiali (in tempi più recenti) per rispondere al meglio al comando del suo Signore, rimanendo con ciò sempre se stessa: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato." (Mt 28,19-20).

Non pretendo di avere tutte le soluzioni in tasca, ma questo camminare della nostra chiesa locale quasi alla giornata, pur sapendo della ormai cronica penuria di preti e dell'aggravamento certo di tale situazione, con tutte le sue ricadute per la pastorale e l'evangelizzazione, mi spronano a pensare anche ad altri modelli pastorali, a parlarne e ad aprire una discussione in diocesi, senza per questo voler passare davanti a nessuno, tanto più a coloro che istituzionalmente hanno questa responsabilità, vescovo per primo.

Da povero laico che ama la Chiesa di Cristo mi sia concesso di parlare... Mi sia concesso di chiedere che si parli, che si discuta, in modo pacato e sereno, di quale volto dare alla nostra chiesa locale in un prossimo futuro, in rapporto alle sfide che ci attendono!!!

Concludo questa lettera, un po' provocatoria, con le parole di ammonimento del Papa, nell'omelia pronunciata durante la Santa Messa di apertura dell'assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi, svoltasi nella basilica di San Pietro il 2 ottobre scorso: "...Il Signore, nell’Antico come nel Nuovo Testamento, annuncia alla vigna infedele il giudizio. Il giudizio che Isaia prevedeva si è realizzato nelle grandi guerre ed esili ad opera degli Assiri e dei Babilonesi. Il giudizio annunciato dal Signore Gesù si riferisce soprattutto alla distruzione di Gerusalemme nell’anno 70. Ma la minaccia di giudizio riguarda anche noi, la Chiesa in Europa, l’Europa e l’Occidente in generale. Con questo Vangelo il Signore grida anche nelle nostre orecchie le parole che nell’Apocalisse rivolse alla Chiesa di Efeso: "Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto" (2,5). Anche a noi può essere tolta la luce, e facciamo bene se lasciamo risuonare questo monito in tutta la sua serietà nella nostra anima...".