LIMBO

TRA STORIA E TEOLOGIA

FA BENE LA CHIESA AD ABOLIRLO?

(A cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

 

Dato che il documento della Commissione Teologica, incaricata di esprimere un verdetto sulla questione del limbo, non è ancora uscito nella sua forma integrale, non ci resta che registrare alcuni interventi "a caldo", se così si può dire! Tuttavia, come afferma Francesco Raiola, «la Commissione teologica che ha espresso il "verdetto" non ha assolutamente alcun potere vincolante per il fedele; anche se si tratta, infatti, di un'autorevole studio condotto dalla Santa Sede ed approvato dal Pontefice, esso non appartiene al novero del Magistero ecclesiastico (né ordinario né straordinario); e questa certezza la otteniamo riflettendo su un fatto (indubitabile): i prelati, in questa occasione, non stanno «insegnando la verità», come da ordine evangelico, ma stanno semplicemente «discettando su ipotesi teologiche»; è chiaro che queste conclusioni potranno in seguito avere dei riflessi sull'insegnamento ecclesiastico, ma, per ora, non è così».

 

La questione del Limbo dei bambini nacque per esigenze logiche e teologiche insieme: dove va un bambino morto prima del battesimo? In paradiso no perché c'è il Peccato originale; all'inferno no perché non ha commesso volutamente alcuna colpa mortale; in purgatorio neppure perché non ha fatto in tempo a commettere neanche un peccato veniale... Allora si tirò fuori il  Limbo! Ora, va bene la misericordia divina, che è sempre infinita, ma Dio nel suo amore infinito è anche "ordine" e se è stabilito che nessuno può entrare in Paradiso senza aver tolto, con il battesimo (Gv 3,5), il segno del gran Peccato, vuol dire che un luogo (o una condizione) per quei bambini ci deve pur essere! Tuttavia,  Il Limbo non può essere eterno, perché questo sarebbe in contrasto con la Giustizia divina, che non condanna nessuno se non chi sceglie volutamente il male! Ed è forse questo errore teologico, cioè l'averlo pensato per secoli come luogo eterno, che ora lo sta portando alla sua eliminazione...

 

La stessa Scrittura sembra accennare a questo "ordine" nell'economia della salvezza... San Paolo, ad esempio, afferma: "Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo". (1 Cor. 15,22-23). Se la primizia è Cristo e poi vengono coloro che sono di Cristo, cioè i cristiani battezzati, è giusto ricordare che solo in ultimo, nel giudizio universale, saranno salvati (cioè riceveranno la vita in Cristo) anche coloro che pur non avendo fatto parte della Chiesa, senza alcuna colpa loro, vissero però secondo la retta coscienza e tra questi ci saranno anche i bambini morti senza battesimo.

 

Essi sono quella grande moltitudine che anche l'Apocalisse descrive partendo da un certo ordine: prima coloro che hanno il "sigillo" (simbolo dei santi e dei battezzati) poi tutti gli altri. Si legge infatti: "Poi udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo... da ogni tribù dei figli d'Israele... Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello»" (Ap. 7, 4, 9-10).
 

Stabilito allora che vi è un certo "ordine" nell'economia della salvezza (cioè che non tutti possono godere da subito della visione beatifica di Dio, neanche i bambini morti senza battesimo a ragione del Peccato originale), potremmo chiederci: i mistici cosa dicono riguardo al Limbo visto che dove non arriva la ragione la provvidenza divina non manca di suscitare mistici e veggenti a supporto della fede!?

 

Le rivelazioni private, sebbene non siano fondanti per le formulazioni dogmatiche, se sono affidabili sostengono la riflessione teologica. La beata Caterina Emmerich, di cui conosciamo l'attendibilità, sostiene che le anime dei bambini non battezzati vanno in Purgatorio. La più grande (e attendibile) mistica vivente Natuzza Evolo, li mette invece nel «Limbo» che descrive però come luogo temporaneo (e l'unico luogo temporaneo riconosciuto dogmaticamente è il Purgatorio!). Quindi le rivelazioni private delle due grandi mistiche coincidono sul punto della "provvisorietà" del luogo e della condizione dei bambini morti senza battesimo. Si salva così anche la NECESSITÀ del battesimo ai neonati, per evitare loro il Limbo dei bambini (inteso come luogo inserito nel Purgatorio ma vicinissimo al paradiso, tanto che nessuna sofferenza tocca quei bambini se non la sofferenza della mancanza della Visione Beatifica di Dio!)  in caso di decesso prematuro, o almeno nel dubbio che possano finirci. Ecco il motivo del perché la Chiesa nei secoli passati ha sempre fatto di tutto per battezzare i bambini piccoli!


Natuzza Evolo ci parla del Limbo in una interessantissima rivelazione privata che risale al 1950, di cui dobbiamo la trascrizione al Dott. Nicola Valente di Paravati, che dovrebbe far molto riflettere i teologi odierni, considerato che la mistica è completamente analfabeta, non ha istruzione teologica, e che a quel tempo il dibattito sul Limbo era ancora molto lontano. Ecco cosa le hanno rivelato sull’aldilà le anime del paradiso: «… O mamme e padri di famiglia, pensate all'educazione dei vostri figli! Educateli alla religione, altrimenti sarete responsabili delle loro colpe. Non vi private di figli perché è un peccato grave, potendo venire alla luce delle anime sante. Battezzateli anche in acqua, se non fate in tempo, perché i bambini non battezzati vanno al Limbo - luogo dove si soffre solamente per la mancanza della Visione Beatifica di Dio - non avendo avuto la Grazia Santificante, che viene donata col Battesimo, e vi rimarranno fino al giorno del Giudizio Universale, giorno in cui, ricevendola, saranno assunti in Paradiso. Non essendo però la colpa in dipendenza dalla loro volontà, dopo il Giudizio Universale, la Giustizia compenserà la sofferenza che ha fatto loro acquistare dei meriti relativamente alla sua durata…». (1)
 

Tuttavia, il vero problema della scomparsa del Limbo non è tanto teologico (non è infatti un dogma), ma pastorale ed è racchiusa da questa considerazione fatta da qualcuno: «Io spero che non sia un motivo in più per dire: "Mio figlio deciderà di battezzarsi quando sarà adulto", che sarebbe la logica conseguenza di questa specie di relativismo sacramentale in cui cadrebbe il battesimo dei bambini». Relativismo che è ormai entrato anche nella Chiesa stessa attraverso certe affermazioni di sacerdoti, i quali affermano che Adamo ed Eva non sono mai esistiti, che sono tutte storielle per bambini, e questo nonostante che il Catechismo della  Chiesa cattolica citi, al paragrafo 375, i nostri progenitori come persone concrete e realmente esistite! Ma questa è l'aria che tira nei seminari... La logica conseguenza è che il concetto stesso di Peccato originale viene stravolto o cancellato, tanto che non si capisce più che cosa esso sia e per questo non lo si insegna quasi più neanche a catechismo! 

 

Detto questo, presento due contributi (non miei!) che potranno in qualche modo far luce sia sul tema del limbo a livello storico e teologico ma anche, a mio parere, mostrare la profondità o meno del documento della Commissione Teologica vaticana quando uscirà!

 

 

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(1) Gli spunti su Natuzza Evolo sono presi da un articolo apparso sulla rivista "Segno del Soprannaturale" nel dicembre 2006 a firma di Patrizia Cattaneo, pag. 10, dal titolo: Processo al Limbo.

 

 

 

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    PRIMA PARTE

 

 

 

Pubblicato un documento della

 Commissione teologica internazionale

 

Dal "Bollettino del Centro Cattolico Studi, S.Pio X"


Il Papa abolisce ufficialmente il limbo. Dopo lunghi anni di studio, un documento della Commissione teologica internazionale pubblicato oggi, stabilisce che il limbo - il luogo che accoglie i bambini non battezzati - riflette una «visione eccessivamente restrittiva della salvezza». Ad anticipare il documento è l’agenzia dei vescovi americani, Catholic News, Cns.

Si tratta, per il Vaticano, di «un problema pastorale urgente», perchè il numero dei bimbi morti senza battesimo «è in aumento» e anche perchè in molti casi di troviamo di fronte a «vittime di aborti». Il documento era in discussione alla Commissione teologica dal 2004, quando era il cardinale Joseph Ratzinger a presiederla. È stato l’attuale presidente, il cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, a presentare al Papa il documento, lo scorso 19 gennaio. Benedetto XVI ha approvato il testo e ne ha autorizzato la pubblicazione.

Nel testo si spiega che «la misericordia di Dio vuole che tutti gli esseri umani siano salvati» e che «la Grazia ha priorità sul peccato». Il testo è di 41 pagine ed è intitolato «La speranza di salvezza per i bimbi che muoiono senza essere battezzati».

 

 

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Una piccola riflessione pare necessaria... forse, sarebbe bene attendere che il testo (dell'approvazione papale) sia disponibile. Fino ad allora rimane un dato: dalle anticipazioni è evidente che nessun testo tratto dalla Tradizione è stato preso a fondamento. Ciò rende parecchio problematico quanto vi si afferma. Senza contare i gravissimi problemi che pone circa la necessità e l'utilità del battesimo dei bambini. E poi: da quando o da che età diventa necessario alla salvezza il battesimo, ovvero da quando il bambino non è più coperto da questa "grazia speciale" che lo porta ad essere salvo in caso di morte prematura? Problema gravissimo e gravido di conseguenze. Le risposte che si ricavano non sono assolutamente sufficienti e sono puramente retoriche, senza alcun spessore teologico.

 

 

Friedrich Pacher, Cristo nel Limbo libera le anime dei progenitori e degli antichi patriarchi, 1460 circa, Museum of Fine Arts, Budapest

Friedrich Pacher, Cristo nel Limbo libera le anime

 dei progenitori e degli antichi patriarchi, 1460 circa,

Museum of Fine Arts, Budapest

 

 

 

 

 

 

IL LIMBO NELLA RIVELAZIONE DIVINA
Per una catechesi cattolica sul Limbo

Dal "Bollettino del Centro Cattolico Studi, S.Pio X"

Un'intervista di Bruno Forte

Un Sacerdote, ci scrive: "L'ultima bella: si sta parlando dell'abolizione del Limbo. Tanti Santi Padri ne hanno parlato; atti del Magistero ne fanno espressa menzione; noi con la Chiesa lo abbiamo creduto ed ora la "Chiesa" stessa viene a dirci che non è vero: in altre parole, che ci ha ingannati! Di quante cose potremmo dire lo stesso! Ma basti così".
Da un'intervista rilasciata da mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto, ad Avvenire del 18/1/2006, membro della Commissione Teologica Internazionale «incaricata da papa Wojtyla di studiare "la sorte dei bambini morti senza Battesimo" e che sta preparando un testo da trasmettere a papa Ratzingen».
Il titolo dell'intervista è apparentemente rassicurante: Giù le mani dal Purgatorio (l'intimazione è rivolta al medievalista francese Jacques Le Goff che nega Limbo, Purgatorio ed Inferno); ma rassicurante non è il contenuto dell'intervista, dato che Bruno Forte le mani, a sua volta, le mette sul Limbo.
«L'idea del Limbo - egli dice - era nient'altro [sic] che un'opinione teologica" e, come tale, "non vincolava [sic] in alcun modo [sic] la fede"; perciò «è da molto tempo che una migliore chiarificazione dei termini in questione e il conseguente abbandono dell'idea di "Limbo" erano apparsi ai teologi più avveduti come la prospettiva su cui lavorare». Naturalmente, tra questi teologi "più avveduti" (di chi lo vedremo) Bruno Forte si premura di segnalare "Joseph Ratzinger, l'attuale Benedetto XVI”; esposta quindi la nuova teoria, ci informa che la dottrina cattolica del Limbo è già scomparsa dal nuovo "Catechismo della Chiesa Cattolica" (senza neppure attendere il lavoro di "chiarificazione" di cui sopra). E avrebbe potuto aggiungere che, ancor prima, la cosiddetta "riforma liturgica" aveva introdotto, accanto al rito per le esequie dei bambini battezzati, anche un rito per i bambini non battezzati. In tal modo, capovolgendo la norma liturgica per cui spetta alla lex credendi di stabilire la lex orandi è stata introdotta una lex orandi, che contraddice la rivelazione divina e gli insegnamenti costanti della Chiesa, ma che, ciò nonostante, si spera che diventi un giorno lex credendi. E così dal "si deve pregare come si crede" si è passati al "si deve credere come si prega"!
D'altronde, alla dottrina cattolica del Limbo lo stesso Forte, nell' intervista, già canta il De profundis con i verbi tutti rigorosamente al passato ("era", "non vincolava"), per cui non è affatto temerario pensare che la Commissione Teologica Internazionale si sia radunata, non per "una migliore chiarificazione dei termini in questione", ma per celebrare solennemente i funerali della dottrina cattolica sul Limbo, già abbandonata dalla "nuova teologia".
Seguiamo ora la via per la quale Bruno Forte si sforza di "rivedere gli insegnamenti costanti del magistero e di reinterpretare la rivelazione scritturale iniziale".
Forte comincia con l'affermare che "l'idea del Limbo [...] era nient' altro [sic] che un'opinione teologica, nata per salvaguardare da una parte la tragicità delle conseguenze del peccato originale [minimizzate - spiega subito dopo - dai pelagiani], dall'altra la giustizia e misericordia di Dio".
L'«idea del Limbo» non è nata dalla polemica antipelagiana, ma da una verità formalmente rivelata da Dio.

Ci dispiace per Bruno Forte, ma l'idea del Limbo non è nata affatto dalla polemica antipelagiana, dalla necessità di salvaguardare contro questi eretici la dottrina del peccato originale. L'idea del Limbo è nata, per dirla col Journet, da una "rivelazione scritturale iniziale" e precisamente dalla solenne affermazione di Gesù a Nicodemo sulla assoluta necessità del Battesimo: "In verità, in verità ti dico, nessuno, se non nasce per acqua e Spirito Santo, può entrare nel regno di Dio" (Gv 3, 5); affermazione rafforzata dal mandato di "battezzare" tutte le genti (Mt 28, 19) e dalla precisazione che "chi crederà e sarà battezzato sarà salvo" (Mc. 16,16).
La Chiesa, senza attendere la polemica antipelagiana, trasse da questa verità di fede divina la prima conclusione: che non c'è speranza di salvezza soprannaturale per i bambini che muoiono senza Battesimo prima di aver raggiunto l'età della ragione. Perciò, seguendo la tradizione ricevuta dagli Apostoli, Essa ebbe cura di battezzare anche i bambini: "Ecclesia ab Apostolis traditionem suscepit etiam parvulis baptismum dare", "la Chiesa ha ricevuto dagli Apostoli la tradizione di battezzare anche i bambini" attesta, tra gli altri, Origene (Ad Romanos, VI, 6) e il Concilio di Trento sancirà che si battezzano i bambini appena nati "ex tradizione Apostolorum", "secondo la tradizione ricevuta dagli Apostoli" (Denz. 791).
Anche i Padri, sia greci, sia latini (=Tradizione), non attesero l'eresia di Pelagio per affermare all' unanimità che i bambini morti senza Battesimo, prima dell'età della ragione, sono esclusi dalla visione beatifica e per interrogarsi, come vedremo, sulla sorte di questi bambini nell'aldilà, avviando così la seconda tappa della riflessione teologica che, partendo dalla "rivelazione scritturale iniziale" porterà alla dottrina del Limbo.
La polemica contro i pelagiani diede al Magistero solo l'occasione per riaffermare quella che già era dottrina comune e costante della Chiesa, confermata dalla prassi universale ed incontrastata di battezzare i bambini.
I pelagiani, per eludere la forza dei testi evangelici sulla necessità del Battesimo, favoleggiavano di una "Vita eterna", cioè di una beatitudine soprannaturale, cui sarebbero stati ammessi senza Battesimo i bambini e i giusti pagani, e la distinguevano artificiosamente dal "Regno dei Cieli" cui, secondo la rivelazione di Gesù a Nicodemo, si può accedere solo per il Battesimo. Innocenzo I così riassume e condanna la dottrina dei pelagiani: «che i bambini senza la grazia del Battesimo possano ricevere il premio della vita eterna è cosa da insensati» (P.L.t. 33 col. 785).
La definitiva condanna, con la riaffermazione solenne della dottrina costante e comune della Chiesa, venne, però, dal Concilio di Cartagine (418).
Nel canone 2 di questo Concilio si legge:
«chiunque nega che si debbono battezzare i bambini nati da poco o dice che essi vengono battezzati per la remissione dei peccati, ma che non traggono affatto da Adamo il peccato originate che viene espiato dal lavacro della rigenerazione, da cui consegue che per essi la formula del Battesimo "in remissione dei peccati" viene intesa non come vera, ma come falsa, sia anatema. Infatti non si deve intendere quanto dice l'apostolo [Paolo]. "Per un solo uomo è entrato il peccato nel mondo (e attraverso il peccato la morte), e si estese a tutti gli uomini; in lui tutti hanno peccato" (cf. Rm. 5,12), diversamente dal senso in cui la Chiesa cattolica, ovunque diffusa, sempre lo ha inteso. A motivo di questa regola della fede anche i bambini, che non hanno potuto ancora commettere peccato alcuno, vengono perciò veramente battezzati per la remissione dei peccati, afinchè mediante la rigenerazione venga in essi purificato quanto attraverso la generazione hanno contratto».

E poiché i pelagiani si appellavano a Gv 4, 12, il successivo canone 3 aggiunge:

«se qualcuno afferma che il Signore ha detto: "Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore" (Gv 14, 2), così che si debba intendere che nel regno dei cieli ci sia un qualche luogo intermedio o un qualunque altro luogo, dove vivano beati gli infanti che trapassarono da questa vita senza il Battesimo, senza dei quale non possono entrare nel regno dei cieli, che è la vita eterna, sia anatema. Infatti, giacché il Signore dice: "Chi non sarà rinato dall'acqua e dallo Spirito Santo non entrerà nel regno dei cieli" (Gv 3, 5), quale cattolico può dubitare che parteciperà della sorte del diavolo chi non ha meritato di essere coerede di Cristo? Chi infatti manca dalla parte destra, senza dubbio finirà in quella sinistra"».

Il Concilio di Cartagine - ricordiamo - fu approvato da papa Zosimo e il suo testo sarà ripreso, con l'aggiunta di poche precisazioni, dal concilio di Trento (1546):
«Se qualcuno nega che i bambini appena nati debbono essere battezzati, anche se figli di genitori battezzati, oppure sostiene che vengono battezzati per la remissione dei peccati, ma che non ereditano da Adamo niente dei peccato originale che sia necessario purificare col lavacro della rigenerazione per conseguire la vita eterna, per cui nei loro confronti la forma del Battesimo per la remissione dei peccati non sia ritenuta vera, ma falsa: sia anatema.
Infatti quello che dice l'Apostolo: "A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e col peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché in lui tutti hanno peccato" (Rm 5,12), non deve essere inteso diversamente dal senso in cui la Chiesa cattolica, ovunque diffusa, l'ha sempre inteso. A motivo di questa regola di fede, per tradizione ricevuta dagli Apostoli, anche i bambini, che non hanno ancora potuto commettere da sé alcun peccato, vengono perciò veramente battezzati per la remissione dei peccati, affinchè in essi sia purificato con la rigenerazione quello che contrassero con la generazione. "Se, infatti, uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio" (Gv 3,5)» (Denz. 791).
 

 

 

Beato Angelico, Cristo nel Limbo, 1450 circa, Museo di San Marco, Cella n. 31, Firenze

Beato Angelico, Cristo nel Limbo, 1450 circa,

 Museo di San Marco, Cella n. 31, Firenze


 


 

 

 

 

Il disturbo provocato

dall'eresia pelagiana

 

 

Molto prima della polemica antipelagiana i Padri greci, si erano interrogati sulla sorte nell'aldilà dei bambini esclusi dalla visione beatifica perché morti senza Battesimo e quindi con il solo peccato originale. Essi erano giunti concordemente alla conclusione che questi bambini non avevano da soffrire pene afflittive. Erano gli esordi della dottrina cattolica sul Limbo. Perché se il termine "Limbo", per designare il luogo riservato ai bambini non battezzati, è piuttosto tardivo (XIII secolo), non altrettanto tardiva è "l'idea del Limbo" come sorte o stato particolare riservato a questi medesimi bambini nell'aldilà. E questa "idea" non nasce, come vuole Bruno Forte, dalla polemica contro i pelagiani, ma nasce molto prima, già con i Padri greci, per esplicitazione graduale e coerente del contenuto latente nella verità di fede affermata da Nostro Signore Gesù Cristo in Gv. 3, 5.
I Padri latini, invece, pur affermando concordemente che i bambini morti senza Battesimo sono esclusi dalla visione beatifica, in generale sembrano non essersi posti, al pari dei Padri greci, il problema della loro sorte nell'aldilà. Ora il Concilio di Cartagine del 418 veniva a parlare per essi di "partecipazione alla sorte del diavolo". Ma in che modo doveva intendersi questa partecipazione? Nel senso limitato che i bambini morti senza Battesimo sarebbero rimasti privi della visione beatifica al pari del diavolo oppure nel senso più ampio che, al pari del diavolo, essi sarebbero stati tormentati dalle pene dell'inferno? Si apre così la via anche per i Padri latini ad un'ulteriore riflessione teologica sullo stato nell'aldilà dei bambini morti senza Battesimo.
Si sa che Sant'Agostino, prima della polemica antipelagiana, era giunto nel De Libero Arbitrio (1.3, c.23) ad una conclusione simile a quella dei Padri greci: privazione della visione beatifica a motivo del peccato originale ereditato da Adamo, ma assenza di pene afflittive a motivo dell'assenza di peccati personali. La polemica suscitata dai pelagiani, lungi dal far "nascere" l'idea del Limbo, come vorrebbe Bruno Forte, fu, invece, responsabile di una temporanea deviazione nello sviluppo della dottrina cattolica sul Limbo, perché Sant'Agostino, per salvaguardare la realtà del peccato originale, che i pelagiani riducevano a nulla, indurì la sua posizione e giunse a parlare di "pena", sia pure "mitissima" ("la più mite") e di "damnatio omnium levissima" ("dannazione la più mite di tutte") per i bambini morti senza Battesimo. Questo indurimento, però, non fu senza esitazioni e ripensamenti. "Ma, poiché siamo arrivati alla pena dei bambini, sono, credimi in gravi angustie e non trovo assolutamente nulla da rispondere" scrive, ad esempio, nell'Epistola 166 (c. 6, 16) e altrove confessa di non saper definire "la natura e l'intensità" della "damnatio omnium levissima" riservata a queste anime e che, comunque, egli non si sentirebbe di dire (come per i dannati) che sarebbe stato meglio per loro che non fossero mai nati (Contra Iulianum Pelagianum 1. 5, c. 11).
Queste perplessità dimostrano che Sant'Agostino, nonostante l'occasionale indurimento, continuò a propendere per una sorte dei bambini morti senza Battesimo diversa da quella dei dannati propriamente detti.

 

 

Dal Limbo come "stato" al Limbo come "luogo"

 

 

La speculazione teologica successiva superò la deviazione e l'indurimento occasionale di Sant'Agostino approfondendo la distinzione tra peccato originale, che è ereditato, e peccato attuale, che è personalmente commesso. Per questa via si ritornerà alla posizione più mite dei Padri greci e dello stesso Sant'Agostino prima che scoppiasse la polemica antipelagiana: i bambini, morti senza Battesimo, prima di aver raggiunto l'età della ragione, sono esclusi dalla visione beatifica a motivo del peccato originale, ma è incompatibile con la giustizia divina che chi è colpevole solo di una colpa ereditata sia punito come chi è colpevole di colpe personali.
Questa ripresa nella direzione giusta della riflessione teologica sul Limbo fu stimolata ed accompagnata da una serie di interventi magisteriali.
Nel 1201 Innocenzo III scrive che il peccato originale "è contratto senza consenso", mentre il peccato attuale "è commesso con consenso" e che "la pena del peccato originale è la privazione (carentia) della visione di Dio, mentre la pena del peccato attuale è il tormento della geenna perpetua" (lettera Majores Ecclesiae 1201 Denz. n. 410).
Nel 1274 la professione di fede imposta ed accettata dall'imperatore Michele Paleologo nel Concilio di Lione e testualmente ripresa dal Concilio di Firenze nel 1439 dice che "le anime di quelli che muoiono in peccato mortale o con il solo peccato originale discendono tosto negli inferi, ma per esservi puniti con pene differenti" (Denz. 464). A questo punto nasce, per necessità di chiarezza, il termine "Limbo dei bambini". Mentre fino a quel momento si indicava con il nome generico "inferi" (=luoghi inferiori) la dimora di coloro che erano esclusi dalla visione beatifica, dal XIII secolo, stabilita la sorte diversa, si cominciò ad indicare con il nome "inferno", al singolare, la dimora dei dannati e con il nome di "Limbo dei bambini" il soggiorno dei bambini morti senza Battesimo: uno stato diverso esige un luogo diverso, anche in previsione della "resurrezione della carne" cioè del ricongiungersi delle anime con i rispettivi corpi".
Dalla conclusione dell'assenza di pene afflittive per i bambini morti senza Battesimo e quindi con il solo peccato originale si passerà poi a riflettere sullo stato di conoscenza e di amore di queste anime. Sarà il lavoro delle "Scuole" e particolarmente di San Tommaso d'Aquino.
Nel 1794 Pio VI, condannando la 26a proposizione del sinodo filogiansenista di Pistoia, dichiarò "falsa, temeraria, ingiuriosa per le scuole cattoliche la dottrina che rigetta come una favola pelagiana quel luogo degli inferi (che i fedeli ovunque chiamano con il nome di Limbo dei bambini), nel quale le anime di coloro che muoiono con il solo peccato originale sono punite con la pena del danno [=privazione della visione beatifica] senza la pena del fuoco" (Denz. 1526).
In tal modo la dottrina del Limbo qual era stata precisata dai teologi medioevali, e segnatamente da San Tommaso d'Aquino, qual era da secoli correntemente insegnata nelle "Scuole" cattoliche sotto gli occhi del Magistero (e quindi con la sua almeno tacita approvazione) e qual era comunemente creduta dal popolo cristiano ricevette l'approvazione formale e autorevole del Romano Pontefice: essa non era una favola pelagiana, ma una credenza perfettamente ortodossa. Tanto più che, mentre i pelagiani pretendevano di attribuire ai bambini morti senza Battesimo (e anche ai giusti pagani) la beatitudine soprannaturale, la dottrina del Limbo si limitava a prospettare per loro una beatitudine naturale, quale sgorga dalla conoscenza e dall'amore naturale di Dio portati al più alto grado in esseri che, con la separazione dal corpo, hanno raggiunto il completo esercizio delle proprie facoltà spirituali naturali: intelligenza e volontà.

 

 

Prima conclusione

 

 

A questo punto siamo già in grado di giudicare l'affermazione di Bruno Forte che "l'idea del Limbo [...] era [?] nient'altro [sic] che un' opinione teologica", e, come tale, "non vincolava in alcun modo [sic] la fede". Siamo in grado di giudicare anche l'altra sua affermazione: «è da molto tempo che una migliore chiarificazione dei termini in questione e il conseguente [?] abbandono [sic] dell'idea di "Limbo" erano apparsi ai teologi più avveduti come la prospettiva su cui lavorare». Questo, infatti, potrebbe ammettersi solo se ai teologi fosse lecito di essere "più avveduti" del Vangelo, della Tradizione e del Magistero, perché il "Limbo" non è una questione di "termini" da chiarire, ma è una "dottrina cattolica certa" o "conclusione teologica", cioè una verità gradualmente, ma correntemente dedotta da due premesse, di cui una formalmente rivelata da Dio (l'assoluta necessità del Battesimo) e l'altra conosciuta per via di ragione (la giustizia di Dio).
 

 

 

 

 

Domenico Beccafumi, Discesa di Cristo nel Limbo, 1530-35, Pinacoteca Nazionale, Siena

Domenico Beccafumi, Discesa di Cristo nel Limbo,

 1530-35, Pinacoteca Nazionale, Siena

 

 

 

 

 

La "nuova dottrina"

 

Bruno Forte, però, non si ferma qui. Come abbiamo già accennato, egli passa ad illustrare la "nuova dottrina" che dovrebbe soppiantare nella fede del popolo cristiano la dottrina tradizionale del Limbo ("nuova dottrina" che, intanto, è già stata surrettiziamente introdotta sia nella liturgia "riformata" sia nel nuovo "Catechismo della Chiesa cattolica").
"Il bambino - egli dice - morto senza Battesimo, non colpevole in alcun modo di questa mancanza, viene affidato alla grazia di Cristo che lo salva. Ma chi glielo affida? È qui che si colloca la mediazione sacramentale della Chiesa: è la preghiera del popolo di Dio, a cominciare da quella dei genitori del bambino, che può ottenere questo dono immenso dalla misericordia del Signore".
"Dottrina", questa, non solo affatto estranea alla tradizione della Chiesa, ma anche già riprovata. Quando, infatti, il Gaetano avanzò l'opinione che i bambini morti senza Battesimo dovessero essere ritenuti battezzati a motivo del desiderio della Chiesa e dei genitori, la sua ipotesi corse il rischio di essere condannata come "eretica" nel Concilio di Trento e, comunque, definita "falsa" dal Soto (grande teologo domenicano anche lui), fu fatta raschiare dall'Editio piana delle opere del Gaetano per ordine espresso, come sembra, dello stesso San Pio V. E a ragion veduta, perché la fede della Chiesa e dei genitori può solo portare il bambino al fonte battesimale, ma non può supplire la virtù del Sacramento né, come vedremo, il desiderio del Battesimo, di cui il bambino è ancora incapace.
Bruno Forte, però, ci dice che «una simile visione positiva della salvezza, peraltro, è comune alla grande tradizione cristiana, che la estende senza remore a tutti quei giusti, che, non avendo, conosciuto Cristo senza averne colpa, non per questo sono dannati, partecipano anzi alla comunione dei santi per un inconsapevole e non di meno reale "Battesimo di desiderio"».

Una distinzione cancellata

Ma come può - domandiamo - la "nuova teoria" iscriversi nella "grande tradizione cristiana" del "Battesimo di desiderio", dato che la Chiesa ha sempre parlato di desiderio personale (e non di desiderio altrui) e i bambini, morti senza Battesimo prima di aver raggiunto l'età della ragione, sono affatto incapaci di un siffatto desiderio? Affermare il contrario, che il bambino sia capace di un atto di desiderio personale prima del risveglio della ragione, significa contraddire l'esperienza universale e l'evidenza più comune e, anzitutto, significa contraddire, oltre la prassi costante della Chiesa, una lunga, ininterrotta, serie di documenti del Magistero, che puntualmente distinguono il caso degli adulti da quello dei bambini. Infatti, mentre la Chiesa non tardò ad affermare che per gli adulti il Battesimo d'acqua può essere supplito dal Battesimo di desiderio, per i bambini, privi ancora dell'uso di ragione, non ha mai trovato un equivalente al Battesimo di acqua ed ha costantemente insegnato che, nella normale economia di salvezza, non vi è per loro nessun altro mezzo e perciò incessantemente ha chiesto di battezzarli al più presto.
Abbiamo già citato il can. 3 del Concilio di Cartagine (418), il quale, contro i pelagiani, ribadisce in modo categorico che "i bambini morti senza Battesimo non possono entrare nel Regno dei cieli che è la vita eterna".
Ancora più esplicito il Concilio di Firenze: "Quanto ai bambini, dato il pericolo di morte che spesso può minacciarli, poiché non possono essere aiutati con altro mezzo se non con il sacramento del Battesimo per il quale sono liberati dal dominio del demonio e resi figli adottivi di Dio, la Chiesa ammonisce che il Battesimo non deve essere differito di quaranta o ottanta giorni o altro tempo, secondo certe usanze, ma che sia amministrato il più presto possibile, avendo cura, però, che, in imminente pericolo di morte, siano battezzati subito, senza nessuna dilazione" (Denz. 712).
Il Concilio di Trento nel Decreto sulla giustificazione afferma che il passaggio dallo stato di peccato allo stato di grazia, "dopo l'annunzio del Vangelo, non può avvenire senza il lavacro della rigenerazione (o Battesimo) o senza il suo desiderio". Desiderio che, però, dev'essere personale e non degli altri (di qui il rifiuto dell'opinione de Gaetano). Tanto è vero che il Catechismo Romano, pubblicato da San Pio V per decreto del Concilio di Trento, ancora una volta insiste sulla necessità di battezzare i bambini, incapaci di desiderio personale, al più presto: "Occorre esortare costantemente i fedeli perché portino i loro figli, non appena possono farlo senza pericolo, alla chiesa e li facciano battezzare con la solenne cerimonia. Si pensi che ai piccoli non è lasciata alcuna possibilità di guadagnare la salvezza, se non è loro impartito il Battesimo. Quanto grave dunque è la colpa di coloro che li lasciano privi di questa grazia più del necessario, mentre la debolezza dell' età li espone a innumerevoli pericoli di morte!".
A sua volta il Concilio provinciale di Colonia (1860), i cui decreti furono riveduti e verificati dalla Santa Sede, riassume con estrema precisione l'insegnamento costante della Chiesa: "Gli adulti che non possono ricevere di fatto (re) il Battesimo possono salvarsi ricevendolo con il desiderio (voto). Ma per i bambini, dato che sono incapaci di un tal desiderio, la fede insegna che sono esclusi dal Regno del cielo, cioè dalla beatitudine soprannaturale, se muoiono senza essere stati rigenerati dal Battesimo".
La dottrina universale e costante della Chiesa è riaffermata poi, alla vigilia - si può dire - del Vaticano Il, da Pio XII nel celebre discorso alle ostetriche (29 ottobre 1951): "Se ciò che abbiamo detto finora riguarda la protezione e la cura della vita naturale, a ben più forte ragione deve valere per la vita soprannaturale, che il neonato riceve col Battesimo. Nella presente economia non vi è altro mezzo per comunicare questa vita al bambino, che non ha ancora l'uso della ragione. E tuttavia lo stato di grazia nel momento della morte è assolutamente necessario per la salvezza; senza di esso non è possibile di giungere alla felicità soprannaturale, alla visione beatifica di Dio. Un atto di amore può bastare all'adulto per conseguire la grazia santificante e supplire al difetto del Battesimo; al non ancor nato o al neonato bambino questa via non è aperta".
Infine, contro le deviazioni che qua e là già serpeggiavano nel mondo cattolico, il 18 febbraio 1958 il SantUffizio emanava il seguente Monitum: "Si è diffusa in alcuni luoghi l'abitudine di differire il conferimento del Battesimo per fittizie ragioni di comodità o di indole liturgica. A questa dilazione possono essere favorevoli alcune opinioni [teologiche], prive di solido fondamento, circa la sorte eterna dei bambini che muoiono senza Battesimo. Perciò questa Suprema Sacra Congregazione, con l'approvazione del Sommo Pontefice, ammonisce che i bambini devono essere battezzati al più presto secondo la prescrizione del can. 770 ed esorta i parroci e i predicatori ad insistere sull' esecuzione di questo dovere"'.
Infine nel testo approntato per l'ultimo Concilio dalla Commissione Teologica si legge: "Il Concilio dichiara vane e prive di fondamento tutte le sentenze secondo cui si ammette per i bambini un mezzo [di salvezza] diverso dal Battesimo ricevuto di fatto. Tuttavia non. mancano motivi per ritenere che essi riceveranno eternamente una certa felicità consona al loro stato».
Malgrado la deviazione poi imposta al Concilio dall'agguerrita minoranza modernista, questo testo resta ad attestare che la dottrina del Limbo era un pacifico possesso della Chiesa fino all'ultimo Concilio.
A questi documenti del Magistero corrisponde la prassi costante della Chiesa, che mai, in duemila anni, ha dato ai genitori la minima speranza che il loro desiderio o quello della Chiesa potesse supplire all'assenza del Battesimo. (…)
 

 

 

Benedetto XVI mentre battezza un neonato

Benedetto XVI mentre battezza un neonato

 

 

 

 

 

 

SECONDA PARTE

 

 

 

Esistenza del Limbo:

 tentativo di conciliazione

Francesco Raiola - 23/04/2007

§131. E' grave danno esser fuori dalla Chiesa?
Esser fuori dalla Chiesa è danno gravissimo, perchè fuori non si hanno nè i mezzi stabiliti nè la guida sicura alla salute eterna, la quale per l'uomo è l'unica cosa veramente necessaria.
§132. Chi è fuori dalla Chiesa si salva?
Chi è fuori dalla Chiesa per propria colpa e muore senza dolore perfetto, non si salva; ma chi ci si trovi fuori senza propria colpa e viva bene, può salvarsi con l'amor di carità, che unisce a Dio, e, in spirito, anche alla Chiesa, cioè all'anima di lei.

Si tratta di affermazioni del «Catechismo di san Pio X»; lapidarie, sintetiche, chiarissime.
Di limpidità cristallina, enunciano verità semplici ed eccelse.
Alla luce di tale contenuto, cerchiamo di gettare luce sulla recente vicenda relativa alla «smentita» del Limbo.
Occorre subito chiarire preliminarmente una cosa: la Commissione teologica che ha espresso il «verdetto» non ha assolutamente alcun potere vincolante per il fedele; anche se si tratta, infatti, di un'autorevole studio condotto dalla Santa Sede ed approvato dal Pontefice, esso non appartiene al novero del Magistero ecclesiastico (né ordinario né straordinario); e questa certezza la otteniamo riflettendo su un fatto (indubitabile): i prelati, in questa occasione, non stanno «insegnando la verità», come da ordine evangelico, ma stanno semplicemente «discettando su ipotesi teologiche»; è chiaro che queste conclusioni potranno in seguito avere dei riflessi sull'insegnamento ecclesiastico, ma, per ora, non è così.
Questo, tanto dovuto per chiarezza; così capiamo di cosa stiamo parlando.
Ora, premesso ciò, entriamo nel merito dell argomento e facciamolo partendo dagli stralci del documento redatto di cui siamo in possesso (la prossima integrale pubblicazione è prevista infatti per il 5 maggio 2007) e riservandoci di eventualmente smentire quanto qui sostenuto, successivamente alla lettura di tutto il documento.
«La nostra conclusione - si legge nel testo di cui pubblica ampi stralci l'agenzia dei vescovi americani CNS - è che i molti fattori che abbiamo considerato (...) danno serie basi teologiche e liturgiche alla speranza che i bambini morti senza battesimo siano salvi e godano della visione beatifica». (1)

Come è evidente, dal tenore delle asserzioni sopra riportate, nel testo, in realtà, non emerge con chiarezza un'idea certa e definitiva pronunciata in ordine ad una verità rivelata.
Si sostiene, infatti, che vi siano molti indizi (molti fattori che abbiamo considerato), da cui scaturiscano sospetti (basi teologiche), per arrivare ad una conclusione per nulla risolutiva (… «la speranza che i bambini morti senza battesimo siano salvi e godano della visione beatifica»); tra l'altro, tale evanescenza emerse anche da una dichiarazione (del passato ottobre) di monsignor Bruno Forte (membro della Pontificia Accademia Teologica): «Il peccato originale è una realtà che realmente segna la fragilità della condizione umana; il battesimo è necessario per rimuoverlo, ma nel caso di un bambino che non è stato battezzato, senza alcuna sua colpa, il potere salvifico di Cristo dovrebbe prevalere sul potere del peccato». (2)
L'uso del condizionale (dovrebbe prevalere) lascia pensare che stiamo davvero nel campo delle ipotesi teologiche e non in quello delle definizioni dogmatiche.
Ma allora, cosa è cambiato?
Se il Limbo era soltanto una mera ipotesi teologica, l'attuale costruzione dottrinale non chiarisce molto di più, si limita soltanto a «spostare» il problema in un diverso orizzonte, ma non lascia la mente sgombra da dubbi.
Cosa dobbiamo credere, dunque?
Certamente i passi del Catechismo di san Pio X, riportati in testa all'articolo, ci danno un lume.
Occorre credere, innanzi  tutto, che fuori della Chiesa non v'è salvezza; che l'unica via attraverso la quale l'uomo possa accedere al mistero di Dio, possa entrare per le porte del paradiso è Cristo stesso, vivo e vivente nella sua santa Chiesa.
Coloro che si salvano - tutti (credenti o non credenti, per ignoranza invincibile) - è dai meriti e per i meriti di Gesù e della sua santa Chiesa che vengono redenti.
Ma chi ti ha creato senza di te, non può salvarti senza collaborazione.
Quindi, anche coloro, che fuori della Chiesa - non per propria colpa - si salvano per propria personale adesione a quell'«amor di carità», che, grazie al sacrificio cruento della croce che si effonde sull'umanità decaduta, diviene mezzo per la salvezza del singolo individuo.
In realtà, è verissima l'asserzione per la quale Dio non è «vincolato ai sacramenti» (chi può sondare le vie misteriose e nascoste per le quali l'Onnipotente possa portare a Sé un'anima?), ma soltanto se giustamente «bilanciata» dalla seria consapevolezza che non ci si possa salvare se non per i sacramenti
La coerenza della rivelazione ci obbliga a credere questo.

La Chiesa attualizza il mistero di Cristo, unico redentore dell'umanità, e apre i forzieri del proprio inesauribile tesoro, elargendolo attraverso i segni sacramentali.
I sacramenti, precisamente, conferiscono la grazia, in una parola, la vita eterna, Dio stesso e la sua vita, così come rivelata e donata da Cristo.
I sacramenti sono i mezzi visibili per i quali il mistero di Cristo ci tocchi e divenga vita in noi.
Il sacramento del santo battesimo è, pertanto, assolutamente indispensabile alla salvezza.
Sappiamo infatti che il peccato originale, pur essendo un peccato contratto «per discendenza», è capace di macchiare l'anima e di separare da Dio, eternamente.
Come è possibile, dunque, che ci si salvi e si acceda direttamente in Cielo?
Il Limbo è spiegazione perfettamente coerente e logica con le premesse enunciate: si ha colpa generazionale, ma non peccato personale; non ci può salvare, ma non si può neppure subìre lo stesso castigo di coloro che hanno reiteratamente peccato personalmente contro Dio.
E allora?
Ad avviso di chi scrive, è possibile operare un tentativo di conciliazione tra le «due» opposte posizioni dottrinali: il Limbo, certamente non può essere un'ipotesi liquidata così in fretta; non ci si salva soltanto per il valore infinito del sacrificio di Cristo, ma anche per «l'applicazione» di quel merito all'indegno peccatore; la differenza è sottile, ma è molto suggestiva, perché concerne lo stesso limite che corre tra il «pro multis» ed il «per tutti» pronunciati durante la Transustanziazione.
Sappiamo che, per volontà di Benedetto XVI, le traduzioni in lingua volgare nel Novus Ordo riportanti il «per tutti» dovranno essere corrette nell'arco di circa due anni e sostituite con il «per molti»; l'argomento teologico sotteso a questa intenzione è proprio quello che presuppone da parte del peccatore la ricezione di questa effusione ed aspersione del sangue preziosissimo di Cristo; Gesù versa tutto il suo sangue, ma se lo si rifiuta, non c'è altro fine se non la dannazione eterna.
Quanto detto sembra protendere quindi per una nuova conferma del Limbo ed un rifiuto categorico ed in blocco dello studio della Commissione Pontificia; ma non è così.
Esistono infatti due assiomi importati da ricordare: da un lato, il desiderio del sacramento, che è in grado di supplire, in mancanza d'altro, la stessa efficacia del sacramento stesso, il quale diviene attuale in forza della volontà dell'individuo di ricorrere ad esso come mezzo esclusivo di salvezza.
E dall'altro, il concetto di «vicariato», che, forse oramai caduto nel «dimenticatoio teologico», conservandosi perfettamente valido, può venirci in aiuto per comprendere.
I genitori che battezzano un figlio e professano per lui la fede della Chiesa, si fanno vicari del figlio stesso; questo è più che sufficiente affinchè il Battesimo sia validamente conferito in capo al neonato incosciente.
Questo mistero è grande ed appartiene alla stessa opera salvifica di Cristo, vittima offerta per tutti in espiazione dei peccati.

Possiamo quindi provare a tirare delle conclusioni: il neonato che dovesse perdere la vita prima del santo Battesimo (o il bimbo che venga abortito nel seno della madre) non potrà salvarsi, se non v'è chi desideri per lui (vicariamente) l'effusione del sacramento.
I primi ad essere chiamati a ciò sono proprio i genitori.
Nel caso dell'infanticidio (l'aborto) è difficile pensare che un genitore che decida di togliere la vita ad un figlio lo faccia desiderando per lui quella del cielo, ma è evidente che, come dice la Sacra Scrittura, ove anche una madre si dovesse dimenticare, il Signore non si dimenticherà; quindi è possibile che la preghiera ed il sacrificio delle anime grandi (di tutti i tempi) della Chiesa - coloro che, perfettamente aderite a Cristo, sono una cosa sola con Lui - delle anime sacerdotali ed imperiali, che, vittime per la Chiesa, arrivino ad ogni dove, possano «supplire» in qualche modo, intercedendo per ogni bimbo non battezzato, e, soltanto come Dio sa, ottenere dalla misericordia del Padre l'effusione del sangue di Gesù, senza il quale nessuno può vedere la luce della vita.
E' il mistero di Cristo e della Chiesa: Gesù associa a Sé anime che siano con Lui opera di redenzione e di vittimazione a beneficio dell'umanità intera.
Come è evidente: è sempre e solo la Chiesa a salvare, sempre solo Cristo.


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Note
1) tratto da «Il Papa abolisce ufficialmente il limbo», ANSA.it
2) tratto da «Il Papa: "Il limbo non esiste Dio salva tutti gli esseri umani"», repubblica.it
 

 

 

 

 

 

APPENDICE

 

 

BATTESIMO DEI NON NATI

Gesù mi disse: "Guarda

 questo covo di assassini!".