MOLDAVIA:

UN PAESE ALLA FAME ALLE PORTE DELL'EUROPA RICCA

il 90% dei bambini sono orfani di genitori vivi ma emigrati

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

INTRODUZIONE

Moldova: il Vescovo di Chisinau lancia l’allarme

 "ogni badante o assistente familiare in Italia è

una madre assente dalla famiglia moldava”.

Fonte web - 15 febbraio 2010

Per mons. Cosa "la grande sofferenza del nostro Paese sono le tante giovani vittime della tratta”.

Preoccupazione per migliaia di bambini che vivono senza genitori e per il fenomeno della tratta. Sono questi i timori della Chiesa della Repubblica di Moldova espressi all’agenzia Sir da mons. Anton Cosa, vescovo di Chisinau.

Il vescovo si è soffermato a parlare della "emigrazione” moldava e spiega che i Paesi di maggiore interesse sono la Russia e l’Italia: cifra significativa è rappresentata dai 25 mila visti rilasciati nel corso del 2009 ai cittadini moldavi dall’Ambasciata di Italia a Chisinau. "La spinta migratoria - commenta - viene dal fatto che la popolazione ha paura della povertà, dovendo vivere con uno stipendio medio di circa 182 euro al mese. La povertà sociale coinvolge molto i ragazzi, che possono essere definiti orfani sociali essendo le loro madri badanti in Italia: ogni badante o assistente familiare in Italia è una madre assente dalla famiglia moldava”.

Altro problema è "il fenomeno del traffico degli esseri umani, e in particolare per scopi sessuali” che "ha rappresentato - commenta mons. Cosa - la grande sofferenza di questo stupendo Paese, che ha visto tante giovani ragazze vittime di sistemi criminali e svendute lungo le strade dell’Europa da parte di uomini senza scrupoli”. Il vescovo di Chisinau lancia un appello all’Europa: "non aspettiamo che queste ragazze diventino vittime lungo le strade per ricordarci di loro, ma andiamo loro incontro in Moldova per dare loro la speranza che non muore mai”. Ma c’è un’altra piaga che preoccupa il presule. "Al ridimensionamento del fenomeno della tratta - dice - ha fatto seguito la crescita del turismo sessuale, che vede la Moldova Paese meta di personaggi che fanno un uso personale, oggetto di mercato, della donna. Oggi la Chiesa cattolica sta lavorando molto sul concetto della dignità della donna e sulla rivalutazione della sua femminilità come valore”.

 

 

In Moldavia i bimbi "orfani" delle madri badanti in Italia

 

 

Diecimila negli istituti per l'infanzia:

nel 90% dei casi i genitori sono vivi,

 ma emigrati

Fonte web

È amore per interposta persona. «Io accudisco questo pensionato italiano con tutta la premura che ho, non lo lascio solo neanche la domenica, perché sono sicura che dio restituisce la stesso bene a mia figlia in Moldova». La badante Liuba Bouroso non vede Victoriz

a da due anni, undici mesi e sette giorni. «A casa avevamo l’orto, le galline, una mucca e due lavori normali. Ma con 90 euro al mese e quattro figli non potevamo sopravvivere».Il padre si è arruolato muratore in Russia, la mamma fa la badante a Torino, la figlia più piccola cresce in un orfanotrofio di Stato in un paese sperduto, Ciniseuti, verso il confine con l’Ucraina. È quello che non si vede: una specie di indotto tragico dell’immigrazione. Diecimila bambini vivono negli internat della Moldova. Meno del 10% hanno perso il padre o la madre, gli altri sono orfani di genitori vivi. Non hanno parenti ad accudirli, aspettano giorni migliori e dei biscotti dall’Italia. Liuba Bourosu cerca di non piangere preparando la cena. «Victoriza mi ha scritto che le danno solo tre fette di pane al giorno. Allora mangio con le lacrime e penso sempre a lei...». Dall’ottavo piano di una palazzone popolare di via Lanzo - profumo di pulito e silenzio, il pensionato già a letto nella stanza a fianco - a 2150 chilometri da sua figlia. Ma per andare a trovare Victoriza la strada è molto più lunga di così. Quello in Moldova è innanzitutto un viaggio nel tempo. «Nessuno conosce l’arretratezza dolorosa del mio paese e tutto quel grigio dominante», ci aveva messo in guardia Elena Putina dell’associazione «Speranza». Dalla capitale Chisinau a Ciniseuti sulla carta sono 97 chilometri, ma per percorrerli in auto servono tre ore. La strada diventa presto un calvario di buche e ghiaccio con nulla intorno. «Le infrastrutture raccontano bene la Moldova», dice abbacchiato il nostro accompagnatore Vitalie Pralea. «Una volta un ingegnere tedesco arrivato a questo punto ha fatto inversione, convinto di aver sbagliato strada. Non riusciva a crederci. E invece bisogna avere fede e continuare...».

Undici gradi sotto zero. Madonne in mezzo alle campagne. Cani randagi. Taglialegna rifugiati dentro baracche di lamiera. Ogni tanto passano carretti trainati da asini, vecchie Lada 1400, pullman decrepiti e storie malinconiche. In Moldova tutti rimpiangono qualcosa. Chi il comunismo, chi una doppia cittadinanza. «Perché se hai passaporto romeno sei salvo, puoi andare ovunque. Altrimenti devi pagare 5000 mila euro ai mafiosi che ti organizzano il viaggio. Ma poi non puoi più tornare indietro». La Moldova è il paese più povero d’Europa. Quello con il più alto tasso di immigrazione, un abitante su quattro è altrove. Quello con il maggior numero di alcolisti, secondo una recente statistica dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ma è proprio vero, Vitalie ha ragione, alla fine della strada, dentro una luce biancastra senza contorni, Ciniseuti compare. Lo certifica un carrarmato sovietico eretto a monumento all’ingresso del paese. Gli internat della Moldova erano stati istituiti per gli orfani della seconda guerra mondiale. A Ciniseuti c’è un solo negozio con le pareti dipinte d’azzurro. Due chiese. Operai stanno montando i primi tre pali della luce sulla stradina principale. Al fondo, nella neve, la casa di Victoriza. La maestra è contenta di annunciare visite. La figlia di Liuba arriva bionda e pallida, sto per compiere quattordici anni, è identica alla madre. «Buongiorno», dice emozionata. Ci fa vedere la sua camera con nove letti, dopo aver chiesto la chiave a un signora con un grembiule verdolino. Non ci sono cassetti, oggetti, giochi, vestiti, pennarelli. Ma la stanza è molto curata, pulita, persino calda, anche se non in senso letterale. Dentro l’internat molti bambini tengono berretti e giacche addosso. «Lo so che non potevamo fare diversamente - dice Victoriza - mia madre una volta al mese mi manda un pacchetto. Dentro ci sono soldi e cibo, mi ha anche regalato un telefonino. La ringrazio tanto per questo. Ma mi manca, ho voglia di vederla». Victoriza ha un’amica con il suo stesso nome e due sogni: «Diventare un’infermiera e vedere l’Egitto. Non sono mai andata via di qua. Mi piace l’idea del caldo». Faccia dura, faccia da bambina, non vuole che sua madre si preoccupi per lei: «Abbiamo tutto quello che serve per vivere e studiare bene. Il problema del pane non è importante. Ma vorrei abitare in Moldova nella casa della nostra famiglia, con abbastanza soldi per stare tutti insieme».

Sotto c’è la biblioteca. Accanto la palestra, cioè una grande stanza vuota. Andrej e Petru si lanciano una pallina di gomma. Qui i bambini sono in tutto 130. Uno ci guarda speranzoso e dice: «Forse sono venuti a portare le scarpe». Qualcuno ti cerca gli occhi, altri tengono lo sguardo basso. E quando si pone il problema delle foto, il direttore dell’internat Ion Corovai chiama a raccolta la classe di Victoriza: «Sono bambini invisibili, una foto può solo fargli bene...». Intanto mostra il grande mosaico sul pavimento dell’ingresso con incisa la data di costruzione: «Era il 1972. Da allora non è stato fatto alcun lavoro di ristrutturazione». I finanziamenti statali sono impietosi: 3 euro al giorno a orfano tutto compreso. «Di questi bambini si sa pochissimo», diciamo al signor Corovai. Lui risponde con un sorriso disarmante: «Della Moldova si sa nulla. E’ come se non esistesse sulla mappa del mondo». Prima di quello di Ciniseuti, abbiamo visitato altri tre orfanotrofi. Carpineni, Chisinau 2 e Chisinau 5. Si assomigliano tutti: vecchi casermoni riscaldati a stento, pieni di bambini disciplinati come soldati. Lo stipendio medio di un educatore è di 100 euro al mese. Per il governo moldavo gli internat sono una vergogna da rimuovere. L’Ue ne ha chiesto la chiusura, come condizione imprescindibile per ipotizzare l’ingresso in Europa. Victoriza fra poco rivedrà sua madre. Liuba Bouroso finalmente ha i documenti pronti, a Pasqua torna a casa. Sette giorni insieme prima di salutarsi ancora una volta, mentre la vita va.

 

 

Una generazione senza genitori alle porte dell'Europa

 

 

"Dai nostri villaggi scappano tutti"

Fonte web

Valentina, Catalina, Maria e Micail vivono in una casetta fatta di niente. Dormono tutti assieme in un unico letto e il solo gioco che hanno è un tabellone dell’alfabeto illustrato appeso alla parente. Loro si divertono a copiare le lettere e le figure. Ad accudirli c’è la nonna, pelle stanca e mani segnate dalla fatica. Dei genitori non si sa più nulla. La mamma è stata trafficata in Turchia e costretta a prostituirsi. E’ tornata a casa per un breve periodo per poi ripartire nuovamente come clandestina in Italia. Ora di lei si sono perse le tracce. Ogni tanto a fine mese arriva qualche soldo, ogni tanto no.

“Mia figlia ha pagato quattromila euro per venire da voi in Italia – racconta la nonna – Ma so che qualcuno paga anche di più, fino a settemila euro, per nascondersi nelle controparti dei treni e passare il confine. Da qui scappano tutti. Io prendo poco di pensione e a fatica riesco a comprare la bombola del gas”.

Guarda i bambini, con lo sguardo preoccupato. Che ne sarà di loro? L’unico aiuto che riceve è quello del prete che fa studiare i bimbi e che si preoccupa che mangino. Ma andare avanti così è impossibile. La Moldavia è fatta così: tante famiglie spezzate, tanti anziani. I giovani se ne vanno e quasi nessuno lavora per il proprio paese. Tutti se ne vanno a cercare fortuna all’estero. Perfino chi ha studiato medicina preferisce venire in Italia a fare la badante piuttosto che lavorare in ospedale in Moldavia: là pagano troppo poco.  

 

 

I bambini imparano così a leggere e a scrivere....

 

 

La storia di Rodika, cresciuta in orfanotrofio

Fonte web

Rodika tiene lo sguardo basso ed è di poche parole. Così è stata abituata all’orfanotrofio: a parlare solo se interpellata. Eppure, quando si lascia andare un po’, vedi che ha un bel sorriso, occhi che luccicano e una vita davanti. Lei forse non lo sa ancora. Nessuno, dove è cresciuta, l’ha incoraggiata a coltivare i suoi sogni, a credere in se stessa.

Ora, a 14 anni appena compiuti, la sua vita è a una svolta. Da poco abita in un appartamento sociale creato dall’associazione Diaconia, il partner di Caritas in Moldavia. Non dorme più in camerate anonime con 40 letti, non fa più la doccia solo nei giorni prestabiliti. Divide la casa con altre 5 ragazze e impara, giorno dopo giorno, a essere indipendente. Presto dimenticherà cosa vuol dire vivere in fila per due e ricevere solo ordini. 

Uno staff di volontari, una psicologa e un’assistente sociale le stanno insegnando a gestire la vita quotidiana, dalle cose più banali. A utilizzare il denaro, a fare la spesa, a cucinare, a cambiare gli asciugamani del bagno, a curare l’igiene. Azioni scontate, per noi. Non per una ragazzina cresciuta in freddi corridoi con le luci al neon e poco affetto, molto poco.  

Le ragazze dell’appartamento sociale frequentano gli istituti professionali e lavoreranno come sarte, cuoche o baby sitter. Altrimenti, con tutta probabilità, sarebbero finite in brutti giri di prostituzione, come tante altre adolescenti della loro età. Si rendono utili anche al villaggio in cui abitano, poco fuori Chisinau: nella loro casetta hanno organizzato anche una piccola lavanderia e fanno il bucato per i vicini di casa e per i poveri che abitano nelle capanne. È da questi piccoli passi che Rodika comincerà la sua nuova vita. Niente divise o numeri di riconoscimento. Ora Rodika è Rodika, punto e basta. 

 

 

Solo i vecchi sono rimasti a casa

 

 

Turismo sessuale e aids: un Paese in ginocchio

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Aids e turismo sessuale. Ecco un’altra piaga della Moldavia, sempre più profonda. Gli uomini di affari arrivano dall’Europa e a Chisinau vanno a caccia di ragazze nei locali privati. Le pagano per trascorrere la notte assieme, in tanti casi le mantengono per mesi in appartamenti del centro. E loro, bellissime, che magari arrivano dai villaggi e dalla povertà più nera, si lasciano abbindolare da due regali e da qualche promessa. Che non viene mai mantenuta.

Il turismo per sesso dilaga in Moldavia, così come l’Hiv. Ma al momento è difficile avere numeri certi sulla diffusione del virus. “Stiamo cominciando solo ora a stilare delle statistiche – racconta Valeriu Beril, presidente di una delle regioni più popolose della Moldavia – E da poco abbiamo aperto un centro vicino all’ospedale grazie a un progetto finanziato dagli Stati Uniti”. 

Beril racconta che la crescita del contagio in Moldavia è più alta rispetto all’Africa e che anche la sifilide è assai diffusa. La Moldavia si sta attrezzando per fronteggiare l’Hiv: il governo obbliga gli stranieri che investono nel Paese a effettuare il test Hiv prima di rilasciare i permessi per consentire l’avvio di un’attività. E se per caso qualche straniero che lavora a Chisinau e dintorni contrae la malattia, allora è obbligato ad andarsene.  

“Secondo i moldavi – spiegano gli assistenti sociali – l’Aids è una malattia portata dagli Occidentali. In gran parte è vero, ma c’è ancora molta strada da fare e ci sono tanti aspetti del problema che vanno fatti conoscere ai giovani”. Da qualche tempo sono partite le campagne di sensibilizzazione. Ed è già un primo passo. 

 

 

 

 

Soroca, l'impero d'oro dei rom

Fonte web

Pagode cinesi e fontane con coccodrilli di marmo bianco. Stucchi liberty e capitelli corinzi, cavalli in bronzo che riproducono quelli del teatro di San Pietroburgo, pennacchi e guglie. Benvenuti a Soroca, la collina dei rom, dove tutto è un’accozzaglia di stili, dove il kitsch significa ricchezza. In mezzo a pianure di capanne che stanno in piedi per miracolo, di edifici austeri, sbeccati e maltenuti, fa effetto vedere ville a tre piani e uno sfarzo tale.

I rom sono tra i pochi a spassarsela in Moldavia. Un benessere sfacciato il loro: girano in Bmw in mezzo ai poveretti che non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena, sfoderano gioielli d’oro grossi come patacche. Una ricchezza tale è nata dai traffici, legali e illegali, e dagli scambi con la Russia e l’Ucraina. Negli anni Settanta il regime comunista impediva tutto, ma i rom vendevano in nero i jeans a 150 ruble, quando un operaio moldavo ci impiegava un mese per metterne assieme 80 di ruble.  

Molti rom hanno acquistato i terreni intorno alla collina d’oro e i contadini più poveri ogni giorno si spezzano la schiena per loro: come in un feudo. Sono trecento anni che gli zingari sono i più ricchi dell’Est Europa e, a sentirli parlare, sembra siano gli unici ad avere un po’ di spirito imprenditoriale. 

“I moldavi – spiega il dirigente rom di una ditta di tessuti – non hanno spirito iniziativa. Non c’è molto orgoglio nazionale qui. Molti hanno il passaporto romeno e sognano di essere annessi alla Romania, altrimenti non entreranno mai in Europa. Del resto, la Moldavia non può esistere da sola”. I rom fanno da sé. Rispettano le leggi degli altri, ma hanno innanzitutto le loro.

 

 

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Il popolo dei poveri ci chiede il dono della

speranza! Vorremmo realizzare

 per loro una mensa nel cuore di Chisinau

 

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DALLA ASSOCIAZIONE REGINA PACIS UN AIUTO AI POVERI

Fonte web

E’ elevato il numero dei pasti che ogni giorno la Fondazione Regina Pacis distribuisce per le strade di Chisinau e Floresti, in Moldova, a beneficio di anziani, indigenti, famiglie sole.

Ci rendiamo conto che tutto ciò non basta!

E giunto il momento per fare di più, per essere accanto a questa popolazione moldava, a molti sconosciuta, che chiede il pane, il cibo, la speranza di poter continuare a vivere.

La gente ci incontra e chiede …

E’ giunto il momento di realizzare una mensa per i poveri nel cuore di Chisinau.

La struttura c’è già, in Strada Avram Iancu 17, collocata nel cuore economico della capitale, purtroppo più attenta agli interessi e agli affari, ma distaccata da questo popolo di bisognosi che scorre silenzioso per le vie della città con lo sguardo rivolto a terra, nella speranza di individuare qualcosa da mangiare, una moneta persa, una sigaretta ancora da usare, un pezzo di cartone per coprire il vetro rotto della propria casetta.

Sentiamo, nel profondo del cuore che questo popolo ci appartiene sempre più e non lo possiamo deludere!

Vogliamo condividere questa scelta con quanti come noi sentono nel cuore di poter fare qualcosa per gli altri, per cui iniziamo un cammino, chiedendo aiuto, dicendo con chiarezza che abbiamo bisogno del denaro per mettere su la mensa e quanto serve, che vorremmo attiva nel più breve tempo possibile.

Si sta redigendo un progetto per l’adeguamento della struttura esistente, si stanno individuando i costi, anche per comprendere fino la quantità di pasti che sarà possibile produrre e distribuire quotidianamente.

 

 

All’interno della struttura ci sarà anche Centro ascolto, dove gli anziani potranno rivolgersi per aiuti di altro genere.

Quanto viene attualmente fatto è sotto gli occhi di tutti, per questo siamo convinti che in questa avventura di carità ed amore per gli ultimi avremo altri compagni di viaggio, ai quali chiediamo aiuto.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

STORIA DELL'ASSOCIAZIONE REGINA PACIS