OCCUPY WALL STREET
IL DISAGIO DELLA CLASSE MEDIA AMERICANA
STA DIVENTANDO UN DISAGIO GLOBALE
(a cura di Claudio Prandini)
Il giornale di "Occupy Wall Street" sullo stile del Wall Street Journal
INTRODUZIONE
Occupy Wall Street: il movimento si estende
Dalla primavera araba, agli indignati spagnoli, al movimento
anti capitalista americano: il mondo
reagisce alla crisi.
Tutto è cominciato con il movimento 15-M (ovvero del "15 Maggio", giorno in cui Puerta del Sol a Madrid è stata occupata da una folla di giovani poi rinominati "indignados"). Anzi, forse tutto è cominciato un po' prima, con le rivolte dei giovani arabi che hanno portato a vere e proprie rivoluzioni in Egitto, Tunisia e Libia.
Oggi, la reazione della popolazione mondiale alla crisi della finanza e dell'economia si sta diffondendo in ogni direzione.
Il movimento Occupy Wall Street (segui la pagina facebook), fatto di giovani, ma anche di uomini e donne di ogni età, razza e religione, è accampato sotto Wall Street da circa due settimane. Il presidio non è capeggiato da nessun leader riconosciuto, né da alcuna organizzazione pre-costituita.
In questi giorni, il sito "Occupy Together" sta annunciando manifestazioni di solidarietà al movimento newyorkese. Sono previste iniziative in molte città, tra cui Los Angeles, Chicago e Boston, dove è prevista l’occupazione di una piazza nel distretto finanziario della città. A Washington è prevista una prima manifestazione il 6 ottobre. Alcuni sindacati e gruppi di attivisti politici, tra cui il celebre gruppo di azione progressista MoveOn e il SEIU, un sindacato con oltre 1,8 milioni di iscritti, hanno espresso il loro supporto al movimento.
La rivolta contro le regole della finanza (l'1% della popolazione mondiale possiede tante ricchezze quanto il 99%, uno degli slogan più ricorrenti del movimento) si estende, quindi. Negli Stati Uniti, come in Europa. In Italia invece i giornali sono impegnati a parlare dei processi di un settantacinquenne con il parrucchino che vorrebbe ricandidarsi alla guida del paese per la quinta volta consecutiva. Ma questa è un'altra storia.
Manifestazione di Occupy a New York
Il movimento di Occupy Wall Street si diffonde....
Occupy Wall Street: la protesta degli
indignati si estende in rete
Alla quarta settimana di protesta il movimento Occupy Wall Street è riuscito non soltanto a coinvolgere la società civile statunitense ma anche, grazie alla rete Internet, a far risuonare le sue rivendicazioni in ogni parte del pianeta. Un’azione che convergerà nella "rivoluzione globale pacifica" prevista per il prossimo 15 Ottobre.
Sembrano lontani i primi giorni di protesta delle poche centinaia di giovani newyorkesi nei quartieri della finanza della Grande Mela. Alla quarta settimana di protesta Occupy Wall Street (OWS) è un movimento consolidato capace di attrarre l’attenzione della società civile, di scuoterla e spronarla ad esprimere apertamente il proprio malcontento.
Oggi OWS conta sulla partecipazione delle famiglie, degli anziani, degli operai, dei sindacati dei lavoratori, degli insegnanti, degli studenti, dei negozianti e persino di alcune figure rilevanti del mondo economico e finanziario e di quello dello spettacolo.
Incalzato dalla presenza di migliaia di indignati a pochi metri dalla Casa Bianca, anche il presidente Obama, ricercato speciale in queste ultime settimane, si è infine espresso, lo scorso venerdì 7 Ottobre, dichiarandosi solidale alle frustrazioni dei manifestanti attribuendole a quella crisi economica ed occupazionale scaturita dalla crisi finanziaria che in prima persona sta tentando di lottare (dichiarazione scontata visto che siamo alla vigilia dell’inizio della campagna elettorale).
Gli indignati newyorkesi erano partiti con tutti gli sfavori dei pronostici a causa di un’iniziale censura mediatica e a causa dei metodi intimidatori della polizia utilizzati sin dalle prime battute come deterrente per tenere lontani dalla protesta i meno coraggiosi ed i meno convinti e, allo stesso tempo, per smembrare e disunire i primi disobbedienti civili.
Ed invece il passaparola, i racconti di pochi giornalisti liberi e soprattutto il web hanno fatto breccia in un sistema che sembrava blindato e poco curante di quattro ragazzotti frustrati.
La fotografia attuale è ben diversa. La protesta si è estesa alle grandi e alle piccole città degli States; gli aderenti sono centinaia di migliaia e lentamente e in modo quasi del tutto naturale il movimento ha trovato degli spazi mediatici non solo nel continente nordamericano ma anche nel resto del mondo a tal punto che il grido di protesta è giunto in Europa ed in Asia. Gli attivisti statunitensi hanno fatto leva su uno dei pochi strumenti d’azione di cui disponevano, il web, e grazie alla sua forza immediata e dirompente, in poche settimane hanno diffuso i loro slogans; le loro rivendicazioni sono state condivise e recepite da un capo all’altro del globo arrivando a pungolare anche i giovani cinesi.
Il fermento nelle piazze dei vari continenti cresce esponenzialmente e viaggia dunque sulla rete. Cresce la convinzione per una lotta legittima contro il modello affarista creato e gestito da pochi. L’idea della disobbedienza civile e pacifica accomuna diverse realtà sociali del pianeta e traina ad un’azione concreta dei popoli del mondo.
Un’azione che convergerà in una sorta di 'rivoluzione globale pacifica' il prossimo 15 Ottobre, quando al grido “trova la tua piazza” persone di diversa cultura, razza, idee politiche e di diversi continenti proveranno ad unirsi per una battaglia comune, quella della difesa dei diritti civili ed umani e quella del raggiungimento di una maggiore equità sociale contro il sistema economico mondiale e contro le speculazioni finanziarie.
Sarà il primo atto di ribellione di massa in barba a chi, i governi, il mondo politico tutto ed i media, ha tentato in ogni maniera di censurare e spegnere i focolai di indignazione e di malcontento popolare nati localmente per evitare che l’emulazione e l’effetto domino potessero portare ad una rivolta planetaria.
Aspetteremo con impazienza e curiosità la giornata del 15 Ottobre, il giorno del risveglio pacifico del 99% contro l’1%. E chissà verso dove condurrà questa nuova maniera di esprimersi.
I potenti del mondo abituati a confrontarsi con il PIL, il rating, i dati e gli indici di borsa dovranno rapidamente ravvedersi e capire che esiste un mondo reale, quello fatto di persone ed umanità meritevoli di rispetto e dignità che rappresentano, con il loro valore e la loro creatività, la principale ricchezza di una società.
La consapevolezza popolare internazionale è la nuova energia dei nostri tempi, è la lava fuoriuscita dal cratere che lascerà la sua impronta e che comunque modificherà il territorio ricoperto indipendentemente dalla durata dell’eruzione.
Chi rimane in casa quando inizia la
battaglia e lascia la lotta agli altri dovrà stare attento, perché chi non
condivide la lotta condivide la sconfitta. E la lotta è evitata solo da chi
vuole evitarla. Dunque chi non lotta per la propria causa lotta per la causa
nemica.
Berthold Brecht
OCCUPY WALL STREET
Occupy Wall Street, la protesta
che nasce anche sul web
Dalla primavera araba a quello che alcuni hanno definito l'autunno americano. Riferimento al periodo dell'anno ma anche al declino dell'egemonia Usa che la rivolta nel cuore del sistema finanziario di queste settimane contribuisce a enfatizzare.
E se i tratti somatici dei manifestanti di “OccupyWallStreet”, i numeri e gli atteggiamenti non ricordano quelli dei loro omologhi di Piazza Tahir, l'uso creativo del Web per fare da cassa di risonanza alle istanze e alle gesta dei ribelli risulta fondamentale anche dall'altra parte dell'Atlantico. Dopo tutto, Internet è nata qui, le nuove tecnologie sono pervasive e dunque la rete pullula di luoghi e strumenti attraverso cui è possibile seguire le imprese degli aspiranti rivoluzionari a stelle e strisce. Eccone alcuni.
CINGUETTII RIBELLI –
Come già per le rivolte del sud del Mediterraneo anche OccupyWallStreet ha
scelto Twitter come veicolo di elezione per l'aggiornamento immediato sugli
eventi. A cominciare da
@OccupyWallSt,
l'account “ufficiale” della rivolta che conta più di 40 mila follower e
funziona da aggregatore e propagatore di informazioni dalla costellazione di
account locali che stanno proliferando in ogni angolo del Paese. Primo per
nascita e numero di seguaci (quasi 30 mila) @OccupyWallStNYC viene utilizzato
anche come strumento di servizio: “C'è qualcuno che ci può portare pennette
digitali?”, recitava un
messaggino del 4 ottobre. Sull'esempio della Grande Mela sono nati in pochi
giorni oltre cento “presidi” Twitter (una
lista qui), alcuni piuttosto seguiti, come
Los Angeles
(oltre 5 mila follower), altri con poche decine di interessati, vedi Gainsville
in Florida (70 abbonati) e altri ancora (come ad esempio
Pensacola
sempre in Florida), che al momento in cui andava online questo articolo dovevano
ancora cominciare a emettere i loro cinguettii. Sms rivoluzionari che hanno
invece cominciato a provenire anche da fuori dagli Stati Uniti. Dal
Canada, per
esempio, o dal Regno
Unito e anche dal
Giappone. Per
conservare un cappello unitario al movimento mentre globalizza c'è, accanto al
sito originario della rivolta,
OccupyTogether in
cui campeggia, in alto a sinistra, una mappa dei focolai di protesta nel mondo
che, insieme al nome del sito, è un'indicazione programmatica. Da non perdere
anche il sito dell'Assemblea generale
di New York, l'organismo democratico composto dalla totalità degli occupanti
di Zuccotti Park, che offre aggiornamenti sulle prospettive politiche e le
istanze del movimento. Qui è stata pubblicata la prima
dichiarazione articolata di una ribellione che, soprattutto all'inizio, era
stata accusata di
vaghezza di obiettivi.
LA RIVOLTA IN DIRETTA – Le informazioni sincopate in pochi
caratteri non sono l'unico mezzo attraverso cui la lotta contro Wall Street si
diffonde sul web. Facebook ovviamente non può mancare e la pagina di
Occupy Wall
Street conta quasi 100 mila fan (54
mila per Occupy Together). Intanto, vari focolai di OccupyWallStreet in giro
per gli Stati Uniti si sono attrezzati per offrire immagini in diretta
attraverso il live-streaming. Nella città di New York una
videocamera
fissa piazzata in Liberty Park a Manhattan permette ai partecipanti di dire
la loro contro il capitalismo finanziario e la debolezza dello stato sociale in
America. Una soluzione analoga messa in piedi da OccupyBoston, che ha offerto la
possibilità di seguire l'esperimento di democrazia messo in piedi sul campo
attraverso le
assemblee generali. Analoghe dirette – che per lo più colgono opinioni,
pensieri e sentimenti dei manifestanti - provengono da
Chicago,
New Orleans,
Los Angeles
e Portland.
Sempre sul fronte immagini in movimento, su
YouTube e
Vimeo i video che documentano le protese sono ormai centinaia. Tra questi
quello che ha permesso l'identificazione e la controversa denuncia pubblica di
un poliziotto che ha usato spray urticante contro i
manifestanti. Mentre il canale
YouTube Occupy
TVNY offre sintesi video delle giornate a Zuccotti Park e dintorni.
SCENE (E VOLTI) DA UNA RIVOLUZIONE – Dall'immagine che si muove a
quella statica, su Flickr decine di utenti condividono istantanee delle
manifestazioni. Per lo più si tratta di fotografie che documentano scene di
quotidiana occupazione, come nel caso degli utenti
_Pauls_,
Mat
McDermott o
Breet Casper.
Altri frequentatori della rete vanno invece alla ricerca di elementi particolari
e creano veri e propri reportage tematici. E' caso della
galleria realizzata dall'utente Facebook Adam Nelson che si è dedicato a
ritrarre in bianco e nero cartelli e volantini degli indignados americani: da “The
people are to big to fail” (“il popolo è troppo grande per fallire”), un
riferimento ironico ai piani di salvataggio delle banche, fino al casereccio
manifesto della “Granny
Peace brigade”, la brigata delle nonne per la pace. Ma l'esperimento forse
più interessante, tra documentazione, attivismo e partecipazione, è stato
realizzato dal blog
We Are the 99
percent dove gli utenti sono invitati a inviare una foto del proprio volto
accompagnata da un messaggio di solidarietà alle ragioni della protesta. Le
immagini raccolte, al momento, sono più di 700 e restituiscono un prezioso
spaccato delle motivazioni di una ribellione, snobbata all'inizio, e che ora
qualcuno
comincia a paragonare a una sorta di
Tea Party
di sinistra.
Se stare dietro agli eventi e alle segnalazioni che provengono dai media sociali
risulta troppo faticoso, il consiglio è di sfruttare il lavoro antologico
realizzato dal collettivo
AdBusters che ogni giorno usa il
servizio Storify per realizzare delle sintesi delle giornate di protesta
attraverso la raccolta delle reazioni sui vari
social network.
New York, manifestanti sfilano contro la polizia
Chi sono quelli di Occupy Wall Street
L'Atlantic racconta le cinque facce più visibili del movimento senza leader
Occupy Wall Street si definisce come un movimento “orizzontale”, senza capi né gerarchia. Tutte le decisioni, dice, vengono prese nelle riunioni che si tengono a Zuccotti Park, la piazza vicino a Wall Street occupata dai manifestanti. In oltre quattro settimane di proteste, però, qualche persona è comparsa più spesso di altre in televisione e qualcuna è stata protagonista di episodi che hanno avuto molta attenzione. L’Atlantic ha raccolto qualche informazione sulle cinque persone più celebri – finora, e per quello che vale – del movimento.
Jesse LaGreca – LaGreca ha 28 anni ed è uno scrittore di New York. Sta lavorando al suo secondo romanzo. Mercoledì 28 settembre è stato intervistato da un giornalista di Fox News per On the Record, un programma di attualità condotto da una celebre giornalista televisiva della Fox, Greta van Susteren. L’intervista non è stata mandata in onda, ma è comparsa il 3 ottobre sul sito del New York Observer (che ne ha pubblicato anche la trascrizione). Nell’intervista LaGreca attacca molto duramente Fox News e il modo in cui i mezzi di comunicazione, in primo luogo i più conservatori, influenzano in negativo la vita politica del paese. Il discorso, molto articolato e diretto, è stato notato e ripreso da molti siti di informazione statunitensi, da Gawker al Washington Post.
Un attivista di Occupy Wall Street
Patrick Bruner – Bruner ha 23 anni, vive a Brooklyn e ha appena finito il college. Cerca lavoro da quattro mesi. Da quando sono iniziate le proteste di Occupy Wall Street, è stata una delle persone che hanno parlato più spesso con la stampa ed è identificato come il principale portavoce del movimento. Qualche giorno fa ha messo in giro la voce che venerdì scorso avrebbero suonato i Radiohead, notizia poi rivelatasi falsa. Bruner ha dovuto scrivere una email di scuse a nome del movimento.
Jeanne Mansfield – Mansfield è stata una delle persone colpite con spray urticante dal poliziotto Anthony Bologna lo scorso 24 settembre, e ha descritto la reazione eccessiva della polizia in un reportage sul Boston Review, il bimestrale politico-letterario in cui lavora. La sua descrizione degli eventi è stata molto ripresa, e secondo molti, senza il comportamento aggressivo della polizia alla manifestazione del 24 settembre, Occupy Wall Street sarebbe rimasto per molto più tempo fuori dall’attenzione dei mezzi di comunicazione.
David Graeber – Graeber, 50 anni, è l’unica persona di questo elenco che avesse una qualche notorietà prima dell’inizio delle proteste. Antropologo e attivista anarchico (una delle sue pubblicazioni, del 2004, si chiama “Frammenti di un’antropologia anarchica”), è lettore di antropologia sociale a Goldsmiths, University of London, e scrive su diversi quotidiani, tra cui il Guardian. Proprio sul Guardian ha scritto un editoriale lo scorso 25 settembre per illustrare gli scopi del movimento, di cui è stato uno degli organizzatori iniziali.
Betsy Fagin – La biblioteca della piazza occupata, chiamata People’s Library, ha ricevuto molta attenzione sui mezzi di comunicazione. Chi l’ha pensata è Betsy Fagin, una schiva ragazza di Brooklyn che ha studiato letteratura e scrittura creativa, e che ha pubblicato cinque libri di narrativa e diverse poesie presso piccole case editrici.
APPROFONDIMENTO
Occupy Wall St: volti e slogan della protesta
"Non siamo solo un gruppo di hippies". Questo il mantra ripetuto da giorni dai dimostranti di Occupy Wall Street, negli Statin Uniti, per contestare quella che secondo loro è un'immagine errata del movimento data dai media. I ritratti dei volti degli indignados americani sembrano, in effetti, dar ragione ai manifestanti: ragazze e ragazzi, anziani, casalinghe. La protesta che sta invadendo Manhattan appare molto eterogenea - VIDEO SCHEDA Chi sono gli indignados Usa
NOTIZIE DAL WEB SU "OCCUPY WALL STREETY"
Da Wall Street, cuore della finanza mondiale, fino al resto del pianeta. E' ormai globale la protesta degli Indignados, declinata in differenti connotazioni a seconda dei Paesi ma legata dal filo rosso della contestazione alle corporazioni, alle speculazioni finanziarie, alle banche, alla corruzione, alle lobby politico-economiche. ''Siamo il 99 per cento'', e' lo slogan piu' urlato dai manifestanti statunitensi, ripetuto oltreoceano anche dagli studenti italiani. ''Siamo quelli che combattono l'avidita' dell'1 per cento che ha tutto''.