IL PAPA INDICA L'ALTERNATIVA

ALLO SCONTRO DI CIVILTÀ:

LA CONVERSIONE!

di Claudio Prandini

 

 

 

Papa Benedetto XVI durante

la messa a Monaco

 

 

 

L’omelia del Papa pronunciata domenica 10 a Monaco di Baviera, durante il suo viaggio in Germania, ha confermato ancora una volta che la Chiesa Cattolica non segue, ne seguirà mai, il fondamentalismo manicheo dell'evangelismo americano (1), il cui braccio politico è costituito dai neocon e dai falchi dell'Amministrazione Bush (2)! Il Papa ha fatto così capire, anche se il suo è stato un semplice commento alle letture della domenica, che la Chiesa non vuole e non appoggia alcun scontro di civiltà, ne una supposta superiorità dell'occidente in rapporto ad altre culture. Il Papa ha anche detto di no alla «guerra santa» (necessità dialogo con Islam) e ad un fondamentalismo islamico che vuole convertire con la forza delle armi: "La conversione non può avvenire con la violenza. Se una persona agisce contro la ragione è contrario alla natura di Dio" (Il Tempo).

 

Purtroppo, mentre scrivo, si fanno sempre più accese le proteste del mondo islamico per il "supposto" discorso del Papa contro l'Islam stesso. Dico supposto perché in realtà si tratta solo di una tragica montatura della stampa che ha estrapolato un concetto, da un discorso molto più ampio, e l'ha fatto diventare il discorso stesso! Scrive Padre Samir, professore arabo-cristiano che insegna all'Istituto orientale di Roma e all'universita' dei gesuiti a Beirut, che si «tratta di una prolusione fatta in università, davanti a professori e studenti. E' perciò un gesto accademico, interdisciplinare, fatto per persone specializzate. Il testo diffuso dalla Sala Stampa vaticana dice che le note saranno aggiunte in seguito. Il papa ha dunque preparato un testo da accademico, filosofo, teologo di altissimo rango che forse non tutti riescono a comprendere. I media - che dovrebbero fare un mea culpa - hanno preso solo ciò che poteva colpire in modo immediato, e hanno inserito le parole del papa nel contesto della politica internazionale, del confronto fra occidente e mondo islamico; un ritorno insomma a Samuel Huntington e al conflitto delle civiltà (3). E invece il testo del papa traccia proprio una linea contraria a questo: il suo scopo è proprio il dialogo e la forma più bella di dialogo» (vedere articolo integrale). Ora probabilmente, negli ambienti neocon americani ed europei, qualcuno cercherà di approfittare della situazione per far pagare al Vaticano il suo non allineamento alla linea di Bush per la guerra in Iraq e, più in generale, allo scontro di civiltà da essi portato avanti in questi anni anche attraverso la richiesta, roba di questi giorni, di una nuova legge che permetta in pratica la tortura per i sospetti terroristi in territorio americano (Vedere "L’ira di Bush contro Colin Powell"), vanificando così la Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra. Di fronte all'imbarbarimento delle relazioni internazionali i pericoli per il Papa non verranno solo da chi agita lo stendardo della guerra di civiltà, ma anche dai gruppi fondamentalisti islamici. Bisognerà pregare molto per Papa Benedetto XVI e la Chiesa tutta (vedere l'articolo di Blondet "il Papa e i suoi boia" in appendice), sperando che le ultime precisazioni del Card. Bertone e quelle del Papa stesso durante l'Angelus possano servire a calmare le acque!
 

Ma torniamo al discorso di domenica 10 nel quale il Papa «ha suscitato un inusuale fuoco di fila critico. Ad esempio, il Corriere della Sera ha infilato ben tre articoli contro il Papa. Magdi Allam, in pratica, lo ha accusato di non aver capito l’11 settembre, affermando che le parole del Pontefice rischiano di essere strumentalizzate dai “predicatori dell’odio”. Vittorio Messori, in pratica, lo ha accusato di non aver capito l’islam e la radice della sua “ostilità anticristiana”, che “fu tanto più viva, quanto più l’occidente si ispirava al Vangelo”. Infine Lucio Villari lo ha accusato, in pratica, di non aver capito l’illuminismo e di negarne il valore per la cultura occidentale. Su Repubblica, invece, Gad Lerner ha addirittura accusato Joseph Ratzinger di voler “quasi prefigurare un nuovo asse globale del sacro” e di volere “negare così disperatamente i valori – e sì, diciamolo anche i bisogni e i desideri – che contraddistinguono il nostro vivere”» (Il Foglio). «In realtà, continua l'articolista de Il Foglio, le parole del Papa sono state ampiamente equivocate. Innanzitutto, il suo non era un discorso di natura politica, o rivolto a diplomatici. Era l’omelia domenicale a commento dell’episodio evangelico del sordomuto che Gesù guarisce con la parola “Effatà”, apriti, e il richiamo ad “aprirsi a Dio” era rivolto innanzitutto ai fedeli tedeschi e ai loro pastori».

 

Vediamo ora di farne un breve commento di alcuni stralci dell'omelia del Papa (vedi versione integrale):

 

"Non esiste soltanto la sordità fisica, che taglia l'uomo in gran parte fuori della vita sociale. Esiste una debolezza d'udito nei confronti di Dio di cui soffriamo specialmente in questo nostro tempo. Noi, semplicemente, non riusciamo più a sentirlo – sono troppe le frequenze diverse che occupano i nostri orecchi. Quello che si dice di Lui ci sembra pre-scientifico, non più adatto al nostro tempo. Con la debolezza d'udito o addirittura la sordità nei confronti di Dio si perde naturalmente anche la nostra capacità di parlare con Lui o a Lui. Così, però, viene a mancarci una percezione decisiva. I nostri sensi interiori corrono il pericolo di spegnersi. Con il venir meno di questa percezione viene però circoscritto poi in modo drastico e pericoloso il raggio del nostro rapporto con la realtà. L'orizzonte della nostra vita si riduce in modo preoccupante".

La nostra civiltà, dominata dalla tecnica e dall'economia, ha smarrito se stessa fino a diventare sorda al linguaggio dello spirito. Ci crediamo potenti ma in realtà siamo miseri e privi della consolazione che ci può venire solo se ci poniamo all'ascolto della sua Parola, in quella umiltà e apertura del cuore che ci permettono di udire di nuovo i passi di Dio nella nostra vita. L'uomo non è fatto solo per questo universo fisico e materiale, ma tende naturalmente, a meno che l'ambiente e la cultura gli sterilizzino l'anima, ad andare oltre a ciò che vede e tocca. L'uomo, in origine, è un essere in cui il "senso religioso" sta al centro del suo io profondo! Una civiltà che rifiuta l'idea di Dio è dunque una civiltà che va contro natura!

 

"Anche i Vescovi dei Paesi Baltici, venuti qui prima delle ferie, mi hanno parlato di come i cattolici tedeschi li hanno aiutati in modo grandioso nella ricostruzione delle loro chiese gravemente fatiscenti a causa dei decenni di dominio comunista. Ogni tanto, però, qualche Vescovo africano mi dice: "Se presento in Germania progetti sociali, trovo subito le porte aperte. Ma se vengo con un progetto di evangelizzazione, incontro piuttosto riserve". Ovviamente esiste in alcuni l'idea che i progetti sociali siano da promuovere con massima urgenza, mentre le cose che riguardano Dio o addirittura la fede cattolica siano cose piuttosto particolari e di minor importanza. Tuttavia l'esperienza di quei Vescovi è proprio che l'evangelizzazione deve avere la precedenza, che il Dio di Gesù Cristo deve essere conosciuto, creduto ed amato, deve convertire i cuori, affinché anche le cose sociali possano progredire, affinché s'avvii la riconciliazione, affinché – per esempio – l'AIDS possa essere combattuto affrontando veramente le sue cause profonde e curando i malati con la dovuta attenzione e con amore. Il fatto sociale e il Vangelo non si possono scindere tra loro così facilmente. Dove portiamo agli uomini soltanto conoscenze, abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo poco".

 

Qui il Papa ci ricorda una verità che spesso viene ignorata nella nostra vita di fede, cioè il primato dell'anima sul corpo, dell'evangelizzazione sui progetti sociali. Anche la vita parrocchiale è spesso segnata da questo attivismo che pregiudica la qualità spirituale di una comunità. Bisogna soprattutto, per raggiungere tale meta, che il sacerdote non abbia altri impegni se non quello della catechesi, dei sacramenti e della direzione spirituale, oltre che della preghiera personale (vademecum del buon parroco), mentre tutto il resto sia lasciato ai laici!
 

"Le popolazioni dell'Africa e dell'Asia ammirano le prestazioni tecniche dell’Occidente e la nostra scienza, ma al contempo si spaventano di fronte ad un tipo di ragione che esclude totalmente Dio dalla visione dell'uomo, ritenendo questa la forma più sublime della ragione, da imporre anche alle loro culture. La vera minaccia per la loro identità non la vedono nella fede cristiana, ma invece nel disprezzo di Dio e nel cinismo che considera il dileggio del sacro un diritto della libertà ed eleva l'utilità a supremo criterio morale per i futuri successi della ricerca. Cari amici, questo cinismo non è il tipo di tolleranza e di apertura culturale che i popoli aspettano e che tutti noi desideriamo! La tolleranza di cui abbiamo urgente bisogno comprende il timor di Dio – il rispetto di ciò che per altri è cosa sacra. Questo rispetto per ciò che gli altri ritengono sacro presuppone tuttavia che noi stessi impariamo nuovamente il timor di Dio. Questo senso di rispetto può essere rigenerato nel mondo occidentale soltanto se cresce di nuovo la fede in Dio, se Dio sarà di nuovo presente per noi ed in noi".

 

Su queste parole del Papa si è detto molto in questi giorni, ma bisogna dare atto al pontefice di aver sapientemente distinto tra Cristianesimo e occidente! Quanti anche in casa nostra (i cristianisti nostrani) hanno tentato di accreditare l'equazione, fede cristiana uguale occidente, si sono trovati di fronte a ben due papi che non li hanno seguiti. «Il Papa ha avuto il coraggio di denunciare la “debolezza dell’Occidente” e di distinguere con precisione tra “questo” occidente e il Cristianesimo. Questo occidente non ci rappresenta!. Quella che tutti chiamano “forza” (militare, economica, “valori”…) l’ha definita “debolezza” perché mancante di idealità, di ossatura, (di fede vera e matura, ndr). Il Papa ha smontato la teoria dello “scontro di civiltà” rimproverando con garbo “questo” occidente di non rappresentare nessuna civiltà, tanto meno quella “cristiana”. Non abbiamo “valori” se non il dollaro, l’euro e lo Yen… la Coca Cola, i Mc Donalds, le prosperose frequentatrici dei casinò di Las Vegas e i rampanti maghi dell’economia di Wall Street. Abbiamo un’immensa paura della nostra debolezza culturale… e la paura ci porta a combattere chi non accetta “il nostro modello di vita” (Bush)» (don Gianfranco Formenton).
 

Il Santo Padre termina dicendo: "Il mondo ha bisogno di Dio. Noi abbiamo bisogno di Dio. Di quale Dio? Nella prima lettura, il profeta si rivolge a un popolo oppresso dicendo: "La vendetta di Dio verrà" (vgl 35,4). Noi possiamo facilmente intuire come la gente si immaginava tale vendetta. Ma il profeta stesso rivela poi in che cosa essa consiste: proprio nella bontà risanatrice di Dio. La spiegazione definitiva della parola del profeta, la troviamo in Colui che è morto per noi sulla Croce: in Gesù, il Figlio di Dio incarnato, che qui ci osserva così insistentemente. La sua "vendetta" è la Croce: il "No" alla violenza, "l’amore fino alla fine". È questo il Dio di cui abbiamo bisogno. Non veniamo meno al rispetto di altre religioni e culture, non veniamo meno al profondo rispetto per la loro fede, se confessiamo ad alta voce e senza mezzi termini quel Dio che alla violenza oppone la sua sofferenza; che di fronte al male e al suo potere innalza, come limite e superamento, la sua misericordia. A Lui rivolgiamo la nostra supplica, perché Egli sia in mezzo a noi e ci aiuti ad essergli testimoni credibili. Amen!
 

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Note

(1) Come trasformare 50 milioni di evangelici in militanti di guerra; Il linguaggio religioso di George W. Bush
(2) La campagna di islamofobia in Europa

(3) Samuel Huntington e lo scontro di civiltà

 

 

 

 

 

APPENDICE

 

 

 

Le comunità islamiche italiane:

«Siete ostaggio del materialismo»

 

 

 

Benedetto XVI getta a Ratisbona le

 basi per il dialogo tra le culture

 

 

“Fede, ragione e università”, intervento

del Papa all’Università di Ratisbona

 

 

 

Il Papa e i suoi boia