IL RITORNO DELLE REALTÀ ULTIME

INFERNO, PURGATORIO E PARADISO

"Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa

la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che

entrano per essa" (Mt 7,13)

 

(Prima parte - Seconda parte - Terza parte)

 

(A cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

PREMESSA

 

Continuiamo anche questa settimana il nostro viaggio, come novelli Dante Alighieri, nelle realtà ultime dell'esistenza umana secondo la dottrina cristiana. Lo facciamo soprattutto perché il popolo cristiano, almeno per quel che ne è rimasto, ha quasi rimosso quelle parti della dottrina che più appaiono scomode e difficili da capire razionalmente, ma non per questo meno essenziali per un corretto uso della vita. La volta scorsa abbiamo visto l'Inferno mentre ora vedremo il Purgatorio!

 

 

 

 

Seconda parte

 

 

 

 

IL PURGATORIO

 

«Per correr miglior acque alza le vele ormai la navicella del mio

 ingegno,  che lascia dietro a sé mar sì crudele; e canterò di

 quel secondo regno dove l'umano spirito si purga e di

salire al ciel diventa degno» (Dante, Purgatorio).

 

 

 

«In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia

pagato fino all'ultimo spicciolo!» (Mt 5,26)
 

 

 

(visioni ED ESPERIENZE mistiche)

 

 

 

Ecco come lo ha visto santa suor Faustina Kowaska ha visto il Purgatorio

 

Fonte web

 

"Poco tempo dopo mi ammalai. La cara Madre Superiora mi mandò, assieme ad altre due suore, a passare le vacanze a Skolimòw, un po' fuori Varsavia. In quel tempo domandai al Signore Gesù: « Per chi ancora devo pregare? ». Gesù mi rispose che la notte seguente m'avrebbe fatto conoscere per chi dovevo pregare. Vidi l'Angelo Custode, che mi ordinò di seguirlo. In un momento mi trovai in un luogo nebbioso, invaso dal fuoco e, in esso, una folla enorme di anime sofferenti. Queste anime pregano con grande fervore, ma senza efficacia per se stesse: soltanto noi le possiamo aiutare. Le fiamme che bruciavano loro, non mi toccavano. Il mio Angelo Custode non mi abbandonò un solo istante. E chiesi a quelle anime quale fosse il loro maggior tormento. Ed unanimemente mi risposero che il loro maggior tormento è l'ardente desiderio di Dio. Scorsi la Madonna che visitava le anime del purgatorio. Le anime chiamano Maria « Stella del Mare ». Ella reca loro refrigerio. Avrei voluto parlare più a lungo con loro, ma il mio Angelo Custode mi fece cenno d'uscire. Ed uscimmo dalla porta di quella prigione di dolore. Udii nel mio intimo una voce che disse: « La Mia Misericordia non vuole questo, ma lo esige la giustizia ». Da allora sono in rapporti più stretti con le anime sofferenti del purgatorio..."

 

Ed ancora...

Questa sera è venuta da me una delle suore defunte: mi ha chiesto un giorno di digiuno e di offrire per lei in quel giorno tutte le pratiche di pietà. Le ho risposto che ero d'accordo. Il giorno dopo fin dal mattino ho espresso l'intenzione di offrire tutto a favore di quella suora. Durante la santa Messa per un momento ho vissuto il suo tormento, ho provato nell’anima una fame così grande di Dio che mi sembrava di morire per il desiderio di unirmi a Lui. La cosa è durata un breve momento, ma ho capito che cos'è la nostalgia delle anime del purgatorio. Subito dopo la santa Messa ho chiesto alla Madre Superiora il permesso per il digiuno, ma non l'ho ottenuto perché sono ammalata. Quando sono entrata in cappella, ho sentito queste parole: «Se lei, sorella, avesse digiunato, avrei ottenuto il sollievo soltanto questa sera, ma per l'obbedienza, che le ha proibito di digiunare, ho ottenuto il sollievo immediatamente. L'obbedienza ha un grande potere». Dopo tali parole udii: «Dio gliene renda merito».

 

Dalle visioni della Beata Anna Katharina Emmerick

Fonte web

[....] Vidi la Santa Vergine avvicinarsi alla Chiesa e stendere su di lei il suo mantello, radunando sotto di esso molti poveri, malati e storpi. Mi apparvero Gesù e gli Apostoli nel più alto Coro della Chiesa e sentii che dalla distribuzione dell'Eucarestia si emanava come una nuova energia tutt'intorno tra i fedeli. In un luogo, che mi sembrò di purificazione, vidi permanere delle anime, altre invece salire in cielo dopo solo un giorno o due. Erano immagini del Purgatorio e della Chiesa sofferente. Mi apparve un altro luogo di attesa, sotto una volta angusta, dove sembrava che le anime avessero la loro prigione. Un Angelo consolatore giunse a confortarle, portando loro un'offerta; vidi la luce rossa di una candela su un altare. Venni a sapere che le povere anime, se non possono aiutare nemmeno se stesse, tuttavia pregano per la Chiesa. Qualche volta mi appare l'immagine della situazione generale della Chiesa, allora vedo tra occidente e settentrione, un buco nero profondo, dove non penetra nessun raggio di luce: mi sembra che questo sia l'inferno. Vidi una grande celebrazione nella Chiesa e molti si univano alla stessa. Vidi allora molte chiese, o meglio sarebbe dire luoghi di preghiera, con banderuole in cima ai tetti. Mi sembra di vedere molta gente senza ordine e relazione con la Chiesa celeste, ma anche senza alcuna relazione con la Chiesa sofferente. Costoro non facevano parte di una comunità fondata e sviluppata, nel senso ecclesiastico della Chiesa militante, sofferente e trionfante e non ricevevano il Corpo del Signore nell'Eucarestia, bensì solo pane. Essi correvano dove si distribuiva il pane. Ma, pur nell'errore, innocentemente, aspiravano in modo devoto e fervente al Corpo di Cristo e venivano appagati nei loro sentimenti religiosi, anche senza il conforto di quest'Eucarestia, mentre i soliti che si confessavano senza vero amore e fervore non ricevevano assolutamente nulla, poiché i veri figli della Chiesa sono coloro che amano il Signore nel profondo del cuore e ricevono da Lui la vera forza. [....]

Ed ancora...

Il 2 novembre 1819 Anna Katharina così raccontò: Giunsi con la mia guida in un luogo oscuro, mi inoltrai nel medesimo per consolare le anime che potevo vedere solo parzialmente, di alcune vedevo soltanto il volto. Si trovavano le une vicino alle altre, immerse nell'oscurità, ma ognuna separata come in una propria cella. Alcune soffrivano la sete, altre il freddo, altre ancora il caldo, e non potevano aiutarsi reciprocamente, erano immerse in un'infinita sofferenza e nostalgia. Vidi moltissime di queste ultime venire redente e trasferite in un luogo sopraelevato, è impossibile descrivere la loro gioia; durante il breve passaggio verso questo luogo più alto ricevevano di nuovo la veste e le insegne del rango che avevano ricoperto durante la loro vita sulla terra. Questo luogo sopra il Purgatorio era quello delle loro riunioni ed era come se fosse stato recinto da spine. Qui vidi redimersi molti medici, essi furono accolti dai loro compagni di categoria in una specie di processione, e furono guidati in questo luogo sopraelevato. Vidi pure molti soldati prelevati, gioii per quelle povere anime che avevano ucciso, così anche alcune monache e giudici; in particolare notai molte ragazze, le quali avrebbero avuto l'opportunità sulla terra di dedicarsi alla vita conventuale, venire prelevate da suore beate. C'erano antichi sovrani e anime provenienti da famiglie reali, religiosi e anche molti contadini. Tra tutte queste anime si trovavano molti miei conoscenti ed altri che provenivano dai più diversi luoghi, riconoscibili per il loro abbigliamento. Tali anime erano raggruppate per categorie e a seconda di queste si muovevano verso diverse direzioni, dove perdevano la loro caratteristica terrena per acquisire una veste beata di luce. Nel Purgatorio riconobbi non solo dei miei conoscenti ma anche i loro parenti che non avevo mai visto prima. Vidi povere anime abbandonate dai parenti sulla terra o che non sono ricordate da nessuno, e fedeli, che non pregano. Prego sempre particolarmente per loro.
 

Il viaggio di Vicka di Medjugorje (intervista di Padre Livio, direttore di Radio Maria)

Fonte web

Vicka: Anche il Purgatorio è un grande spazio. In Purgatorio, però, non si vedono le persone, ma solo si vede una grande nebbia e si sente...

Padre Livio: Che cosa si sente?

Vicka: Si sente che le persone soffrono. Sai, si sentono dei rumori....

Padre Livio: Ho appena mandato alle stampe il mio libro: "Perché credo a Medjugorje", dove scrivo che nel Purgatorio si sentirebbero come dei pianti, delle grida, dei colpi...E' esatto? Anch'io facevo fatica a trovare le parole giuste in lingua italiana per dare il senso di quello che tu dici in croato ai pellegrini.

Vicka: Non si può dire che si sentono dei colpi e neppure che si sentono dei pianti. Lì non si vedono le persone. Non è come il Paradiso.

Padre Livio: Che cosa si sente allora?

Vicka: Si sente che soffrono. E' una sofferenza di diverso genere. Si sentono delle voci e anche dei rumori, come uno che si picchia...

Padre Livio: Si picchiano fra di loro?

Vicka: Si sente così, ma io non ho potuto vedere. E' difficile, Padre Livio, spiegare una cosa che tu non vedi. Una cosa è sentire e un'altra è vedere. In Paradiso tu vedi che camminano, cantano, pregano, e quindi lo puoi riferire con esattezza. In Purgatorio si vede solo una grande nebbia. Le persone che si trovano lì aspettano le nostre preghiere per poter andare quanto prima in Paradiso.

Padre Livio: Chi ha detto che attendono le nostre preghiere?

Vicka: La Madonna ha detto che le persone che si trovano in Purgatorio aspettano le nostre preghiere per poter andare quanto prima in Paradiso.

Padre Livio: Senti, Vicka: la luce del Paradiso potremmo interpretarla come la divina presenza in cui sono immerse le persone che si trovano in quel luogo di beatitudine. La nebbia del Purgatorio, invece, che cosa sta ad indicare, secondo te?

Vicka: Per me, la nebbia è sicuramente un segno di speranza. Loro stanno soffrendo, ma hanno la certa speranza che andranno in Paradiso.

Padre Livio: Mi colpisce che la Madonna insista sulle nostre preghiere per le anime del Purgatorio.

Vicka: Sì, la Madonna dice che hanno bisogno delle nostre preghiere per andare prima in Paradiso.

Padre Livio: Allora le nostre preghiere possono abbreviare il Purgatorio.

Vicka: Se noi preghiamo di più, loro vanno prima in Paradiso.

 

 

(DAL MAGISTERO DELLA CHIESA)

 

VI° incontro sul pensiero di papa Benedetto XVI (a partire da testi

 dell’allora cardinal J.Ratzinger): Resurrezione dei morti,

 Vita eterna, Anima, Inferno, Purgatorio, Paradiso.

 

 

 

Dante e Virgilio in purgatorio

 

 

 

 

IL PURGATORIO

 

Fonte web

La dottrina cattolica del purgatorio ha ricevuto la sua forma ecclesiale definitiva in quei due Concili del Medioevo che intendevano promuovere l’unione con le Chiese orientali; in seguito essa venne formulata ancora una volta in sintesi dal Concilio di Trento, in occasione delle dispute con i movimenti riformatori. Con queste constatazioni è insieme già accennato il suo luogo storico e la sua problematica ecumenica...

Nella dottrina del purgatorio la Chiesa ha conservato qualcosa dell’idea dello “stadio intermedio”: sebbene con la morte la vita dell’uomo è decisa in modo definitivo e irrevocabile (DS 1000), l’uomo non necessariamente deve raggiungere immediatamente il destino definitivo; può anche essere che la scelta di fondo d’un uomo sia in certo qual modo coperta da scelte secondarie e debba essere, per modo di dire, ancora tratta alla luce: è questo lo “stadio intermedio” che nella tradizione occidentale è definito “purgatorio”...

I greci, pur rifiutando la dottrina di una pena e di un’espiazione nell’al di là, condividono però con i Latini l’intercessione per i defunti mediante preghiere, elemosine, opere buone e anzitutto l’offerta dell’Eucarestia per i defunti (Karmiris, 116 s), mentre i riformatori vedono proprio nella “Messa funebre” un attacco contro l’efficacia espiatoria universale della morte in croce del Cristo (cfr. CA XXIV). D’altronde, pure la loro dottrina della giustificazione non lasciava spazio all’espiazione nell’al di là...

La formula più sintetica risulta quella di Trento: “Illuminata dallo Spirito Santo, attingendo dalla Sacra Scrittura e dall’antica tradizione dei Padri, la Chiesa cattolica ha insegnato nei sacri Concili e in ultimo in questa assemblea plenaria: esiste un “luogo di purificazione” (purgatorium) e le anime ivi trattenute trovano aiuto nelle intercessioni dei credenti, ma soprattutto nel sacrificio dell’altare a Dio accetto” (DS 1820). Il Concilio di Trento vi aggiunge inoltre un’esplicita esortazione ai Vescovi a opporsi energicamente a ogni cavillosità, curiosità e superstizione: la protesta dei riformatori contro la prassi corrente e i suoi abusi viene accolta e tradotta in un mandato di riforma; viene respinta la confutazione della dottrina, ottenebrata dagli abusi, e del modo d’agire religioso a essa coordinato.
Le prime radici della dottrina del purgatorio ci rinviano nuovamente, come d’altronde l’intera questione dello “stadio intermedio”, all’ambito arcaico-giudaico; in 2 Mac 12,32-46 (1° sec. a.C.) viene riferito che sui caduti ebraici erano stati trovati degli amuleti pagani, per cui la loro morte venne interpretata come punizione per l’apostasia dalla Legge. Secondo il racconto, si ricorse alla preghiera, “supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato”. Inoltre si fece una colletta che venne inviata a Gerusalemme, affinché vi fosse offerto un sacrificio espiatorio. L’autore loda un tale comportamento come espressione della fede nella resurrezione dei morti...

(Il fatto che l’ancoramento ecclesiale dell’uomo non viene interrotto o revocato dalla morte) si fonda sul pensiero paolino-giovanneo (Fi1,21; Gv3,16-21), secondo il quale la vera linea della distinzione non corre tra la vita terrena e la non-vita, bensì tra l’ “essere con Cristo” e l’essere senza di lui o contro di lui. Per cui nel battesimo è avvenuto il passaggio decisivo, il quale, benché divenga definitivo con la morte terrena, può tuttavia continuare ad approfondirsi e purificarsi oltre la soglia della morte nell’attraversare il fuoco del giudizio della vicinanza del Cristo e nell’essere parte della comunità della Chiesa tutta...

Nella nostra conversazione con i Padri avevamo incontrato 1Cor 3,10-15, dove si dice che sul fondamento posto – Gesù Cristo – gli uni costruiscono con oro o con argento oppure con pietre preziose; gli altri con legno, fieno o paglia, ma che “l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno (del Signore) che si manifesterà col fuoco e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco”. J.Gnilka ha dimostrato che questo fuoco di verifica indica il Signore stesso che viene, che esso (in riferimento a Is 66,15s) è la “raffigurazione della Maestà di Dio che si manifesta... dell’inavvicinabilità del tutto Santo” (126). Con ciò è liquidata per lui (contro J.Jeremias, in GLNT, II, 378-380) ogni interpretazione nel senso d’un purgatorio; poiché non esiste alcun fuoco: esso è il Signore; non esiste alcun tempo, perché si tratta dell’incontro escatologico con il Giudice; non esiste purificazione, ma unicamente l’affermazione che un simile uomo “sarà salvato a stento” (LThK EV, 51). Proprio accettando questa esegesi, si dovrà sincerarsi nuovamente se la sua impostazione sia giusta, oppure se anche qui il suo metro sia troppo ristretto. Premettendo un concetto semplicistico-oggettivante del purgatorio, non troveremo certamente alcuna risposta al riguardo. Ma d’altro canto possiamo anche obiettare che, proprio al contrario, il “purgatorio” diviene un concetto specificamente cristiano se lo si intende nel senso cristologico, cioè, che il Signore stesso è il fuoco giudicante, che trasforma l’uomo e lo rende “conforme” al suo Corpo glorificato (cfr. Rom 8,29; Fi3,21). Non consegue forse la vera cristianizzazione dell’immagine arcaico-giudaica del purgatorio proprio dalla conoscenza che la purificazione non avviene tramite un fattore qualsiasi, ma mediante la forza trasformante del Signore, che scioglie e fonde col suo fuoco le catene del nostro cuore e lo rimodella affinché diventi idoneo a essere inserito nell’organismo vivente del suo Corpo? E inoltre, che cosa significa concretamente l’asserzione di Gnilka, che gli uomini verrebbero salvati “a stento”? In che cosa consiste questo “a stento”? Non diviene la sua affermazione mitica se non ci dice nulla circa l’uomo stesso, circa la sua ricerca personale della salvezza, in modo che questo “a stento” non si riferisca a un fattore a lui estraneo, ma invece espressamente alla difficoltà del suo cuore di poca fede di avvicinarsi al fuoco del Signore che lo libererà da se stesso e lo purificherà perché possa ascendere a lui?

Il “momento” trasformante di questo incontro si sottrae alle misure di tempo terrene: esso non è eterno, ma un passaggio; tuttavia volerlo qualificare come molto breve o molto lungo, secondo le misure di tempo derivate dalla fisica, sarebbe altrettanto ingenuo e non farebbe alcuna differenza. La sua “misura di tempo” sta nella profondità degli abissi di questa esistenza, i quali vengono misurati a passi e trasformati nel fuoco. Voler misurare un simile tempo di “esistenza” col metro del tempo terreno significherebbe travisare la particolarità dello spirito umano nel suo rapporto col mondo e nel suo distacco da esso.

Con ciò si è ora chiarita l’interpretazione cristiana della natura del purgatorio: esso non è una sorta di campo di concentramento dell’al di là (come per Tertulliano), dove l’uomo debba espiare delle pene che gli vengono assegnate in un modo più o meno positivistico. Piuttosto, esso è quel processo necessario della trasformazione spirituale dell’uomo, che lo pone in grado di essere vicino al Cristo, vicino a Dio e di unirsi all’intera Communio sanctorum. Chi osservi l’uomo anche solo con un minimo di realismo comprenderà la necessità di un simile processo, nel quale non è che la grazia venga sostituita con le opere, ma la grazia può vincere pienamente come grazia. Ciò che salva è il “sì” alla fede. In realtà però, nella maggior parte di noi questa scelta di fondo è coperta da grandi quantità di fieno, di legna e di paglia; soltanto a fatica essa fa capolino dall’intreccio degli egoismi che l’uomo non è stato capace di rimuovere. Egli riceve sì misericordia, ma dev’essere trasformato. L’incontro con il Signore è questa trasformazione, il fuoco che lo tramuta in quella forma priva di scorie che può diventare recipiente della gioia eterna (cfr Balthasar, I novissimi nella teologia contemporanea, 47). Una simile concezione contrasterebbe con la dottrina della grazia solamente qualora la penitenza fosse in contraddizione con la grazia e non la sua forma, la possibilità gratuita che ne scaturisce.

E’ possibile che qualcun altro partecipi al processo estremamente personale dell’incontro con il Cristo, del trasformarsi di un “Io” nel fuoco della sua vicinanza? Non è questo un fatto che si svolge esclusivamente nell’intimo di quel determinato uomo, per cui non consente né sostituzione né rappresentanza? Non si fonda tutta la religiosità riguardante le anime in pena sul fatto che la loro sofferenza viene valutata in base al criterio dell’ “avere”, mentre, secondo le nostre considerazioni, si tratta invece del loro “essere”, ossia di ciò che non è delegabile? A queste obiezioni possiamo replicare che neppure l’essere dell’uomo è una monade chiusa, poiché sia nell’amore sia nell’odio l’uomo è in rapporto con gli altri, il suo essere personale è quindi presente negli altri o come colpa o come grazia. L’uomo non è mai solamente se stesso, o meglio, egli è se stesso soltanto negli altri, con gli altri e mediante gli altri. Se gli altri lo maledicono o lo benedicono, oppure se gli perdonano e tramutano la sua colpa in amore, tutto questo fa parte del suo destino personale. L’affermazione che anche i Santi “giudicano” significa che l’incontro con Cristo è un incontro con l’intero suo Corpo, un incontro della mia colpa nei confronti delle membra sofferenti di questo Corpo con il suo amore, che scaturisce da Cristo e che perdona.

Questa intercessione è l’unico e fondamentale aspetto del “giudicare” dei Santi; proprio perché giudicano, essi, come oranti e salvatori, fanno parte della dottrina del purgatorio e della rispettiva pratica cristiana...

Per il cristiano le possibilità di aiutare e di donare non si estinguono con la morte, ma coinvolgono l’intera Communio sanctorum al di qua come al di là della soglia della morte. Fin dai tempi più remoti, la possibilità e il dovere di un simile amore oltre le tombe sono stati addirittura il principio portante di questo ambito della tradizione, principio che ha trovato una prima chiara espressione in 2 Mac 12, 42-45 (forse già in Sir 7,33). Questo principio di fondo non è nemmeno mai stato fatto oggetto di controversie tra l’Occidente e l’Oriente e fu messo in discussione (certamente a motivo di pratiche in parte gravemente devianti) soltanto dalle confessioni riformate. Forse qui potrebbe essere individuato pure il cammino dell’ecumene, almeno tra l’Oriente e l’Occidente, riguardo al nostro problema: la pratica del “potere e del dovere pregare” è ciò che è veramente primaria; mentre in una unione delle Chiese l’interpretazione del suo corrispondente nell’al di là non ha bisogno di essere stabilita in modo unitario e vincolante, sebbene, come è stato dimostrato, il contenuto e i motivi della dottrina occidentale siano ancorati nella più antica tradizione e in principi centrali della fede.

 

 

 

(DAL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA)
 

 

 

 

Sempre Dante e Virgilio in Purgatorio

 

 

 

 

III. La purificazione finale o purgatorio (Vedere qui)

1030 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo.

1031 La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt'altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al purgatorio soprattutto nei Concili di Firenze 621 e di Trento. 622 La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, 623 parla di un fuoco purificatore:

« Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c'è, prima del giudizio, un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12,32). Da questa affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo futuro ». 624

1032 Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui la Sacra Scrittura già parla: « Perciò [Giuda Maccabeo] fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato » (2 Mac 12,45). Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, 625 affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti:

« Rechiamo loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio del loro padre, 626 perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione? [...] Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere ». 627

 

 

APPROFONDIMENTO

IL SITO SUL PURGATORIO

ALTRE TESTIMONIANZE SUL PURGATORIO

IL PURGATORIO IN PADRE PIO

IL PURGATORIO NELLA CATECHESI

 DI PADRE LIVIO DI RADIO MARIA