LA PILLOLA DAI PRESUPPOSTI NAZISTI DA FINE FEBBRAIO 2008
POTREBBE ESSERE DISPONIBILE ANCHE IN ITALIA - IL PAPA:
SI AD OBIEZIONE DI COSCIENZA PER I FARMACISTI
(A cura di Claudio Prandini)
LO SAPEVATE CHE...
L'industria farmaceutica Hoechst che, con la Roussel-Uclaf produce la pillola assassina RU486, è nata dopo la guerra dallo smantellamento della società Ig-Farben, il gigante industriale tedesco che aveva prodotto, tra l'altro, il gas per i campi di sterminio nazisti? Come dire: gli spettri di morte del nazismo sono ancora oggi vivi e vegeti attraverso una semplice pillola definita anche "il Pesticida umano". |
DITECI DOVE STA LA DIFFERENZA???
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prigionieri che aspettano la loro fine nelle camere a gas naziste |
Un bambino ucciso dai nuovi Hitlerdell'aborto
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CON PROCEDURA DI MUTUO RICONOSCIMENTO,
OK POTREBBE ARRIVARE A FINE FEBBRAIO 2008
Roma, 6 novembre 2007. - (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Sara' all'esame dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ufficialmente da domani, la documentazione necessaria per la richiesta di autorizzazione nel nostro Paese della pillola abortiva Ru486, con procedura di mutuo riconoscimento. A confermarlo all'ADNKRONOS SALUTE e' Catherine Denicourt, responsabile farmaceutico dell'azienda produttrice del medicinale, la Exelgyn Laboratoires. Secondo la portavoce dell'industria francese, la data di conclusione della procedura di 'via libera' sara' il 19 febbraio 2008. Dopo quella data la Ru486 dovrebbe essere disponibile in Italia, come alternativa all'aborto chirurgico.
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DON ORESTE
BENZI
FONDATORE DELLA COMUNITÀ PAPA GIOVANNI XXIII
RECENTEMENTE TORNATO AL PADRE DI TUTTI I POPOLI
Sull'aborto il più grande peccato è tacere.
Diceva Martin Luther King: “Non temo la cattiveria dei malvagi, temo piuttosto
il silenzio dei giusti”. Se tutti i cattolici si mettessero a urlare, questa
ingiustizia smetterebbe! Non sono colpevoli solo i medici e i politici, ma anche
tutti quelli che rimangono indifferenti. La gente deve accorgersi di questo male
enorme!
Non dobbiamo però giudicare le donne: esse non sanno. I medici però dovrebbero
chiedere il consenso informato all'intervento: dovrebbero far sì che la donna
sia consapevole di portare in grembo una vita, dovrebbero farle vedere
un'ecografia del bambino, perché sia davvero consapevole della scelta che fa.
Erode ha fatto male o no ad uccidere i bambini di Betlemme? E che differenza c'è
tra chi li uccide così e chi li uccide in altro modo, per il bambino?
“I.V.G.” vuol dire “Interruzione Volontaria di Gravidanza”: ma si potrebbe
chiamare così se fosse il bambino a chiederla! Dicono: “La donna può fare quello
che vuole del suo corpo!”: ma noi parliamo del corpo del bambino, non di quello
della madre!
Anni fa c'erano i campi di sterminio; oggi gli stermini avvengono negli
Ospedali. Quando dico queste cose mi dicono: “Sei un barbaro!”. Ma perché?
Perché difendo la vita? E tu che la uccidi cosa sei?… Il Direttore Sanitario
deve essere mosso da dolore per ciò che avviene nel suo Ospedale.
I primi Cristiani si distinguevano per il fatto che loro non uccidevano i
bambini, né con l'aborto né con l'esposizione. Così diceva anche la Lettera a
Diogneto. (don Oreste Benzi)
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LA TESTIMONIANZA
«Io ho 23 anni e mi definirei molto negligente sulla protezione. Io sono la madre di tre bambini anche se sono stata incinta più volte. Io sarei un ipocrita se negassi di essere stata pro-choice. Io pensai che la pillola abortiva fosse un modo più benigno di terminare la gravidanza e così usai quel metodo. Ricordo di aver letto sulle istruzioni che poiché la gravidanza era appena all’inizio, non ci sarebbe stato alcun embrione visibile e sarebbe sembrato come un normale ciclo.
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questa è la foto che ho scatto io stessa |
Quelle informazioni mi furono confermate poi sia dal tecnico delle ecografie, sia dal responsabile del consultorio. La gravidanza era alla settima settimana. Dopo avere bevuto il methotrexate, io tornai casa con una prescrizione per antidolorifici e un pacchetto di tavolette di misoprostol.
Cinque giorni più tardi come da istruzioni, io ingerii le tavolette ed aspettai. Alcuni ore più tardi sopraggiunsero dei crampi severi e cominciarono così come delle perdite di “tessuto di gravidanza”. Mentre mi pulivo, notai qualche cosa di argenteo attaccato al tessuto. Guardai più da vicino quanto basta per comprendere che io stavo fissando il mio bambino abortito. Io potevo distinguere la prominenza del suo torace dove solo sei giorni fa, un cuore aveva battuto. Gli occhi stavano cominciando già a formarsi. Nessuno mi aveva avvertito che ciò poteva accadere, anzi, mi era stato detto che non sarebbe potuto accadere. Non sarò mai più la stessa.» (
Sabrina)
(da materiale di redazione)
L'aborto è forse un moderno
metodo di discriminazione?
La storia offre numerosi esempi di discriminazioni. Essa insegna
anche che il rifiuto delle discriminazioni e dei privilegi che vi erano
congiunti è stato un potente motore verso società più democratiche. Discriminare
significa sempre invocare ragioni in forza delle quali certi esseri umani sono
votati alla servitù e alla morte. Talvolta significa duplicare una debolezza
oggettiva con una debolezza legale.
Il regime nazista ha discriminato gli ebrei, gli zingari, i «non uomini». A
Norimberga questa condotta fu denominata «crimine contro l'umanità»; da allora
la memoria degli uomini si è venuta scaricando di questi imbarazzanti ricordi.
Altri regimi hanno discriminato i contestatori o gli oppositori relegandoli, per
esempio, nelle cliniche psichiatriche. Attualmente si discriminano non solo i
bambini - e addirittura gli adulti - affetti da malformazioni o da handicap
grave, ma anche i poveri.
La liberalizzazione dell'aborto legalizza una discriminazione nuova, quella di
cui possono essere impunemente vittime degli esseri umani che si trovano in
un'estrema condizione di debolezza e di dipendenza. L'ideologia di cui si
ispirano i fautori dell'aborto non è, nonostante tutto, diversa da quella
nazista?
Vi sono nel medesimo, differenze di espressione e una profonda comunanza di
ispirazione. Le giustificazioni esplicite sono presentate in imballaggi
differenti, ma le pratiche cui in ultimo pervengono sono le stesse. Quando si
tratta di eliminare qualcuno - ebreo, zingaro, handicappato, bambino non nato o
non desiderato, adulto malato incurabile - i motivi addotti possono essere
differenti, ma l'orrore è il medesimo. Che importa la diversità delle ideologie,
se le pratiche sono le stesse? Non bisogna tuttavia concedere che, se le
pratiche sono le stesse, le ideologie presentano forti differenze?
Le ideologie concepite per «legittimare» il nazismo e l'aborto non ricorrono
alla stessa formulazione, ma hanno questo in comune: « legittimano »
discriminazioni del tutto arbitrarie fra gli esseri umani. Di qui i punti comuni
all'ideologia del genocidio e ai sostenitori dell'aborto: in entrambi i casi
l'altro non e riconosciuto come un essere umano; in entrambi i casi la vittima è
innocente; la grande differenza è che gli abortisti uccidono molto prima. A
questo bisogna aggiungere che, secondo le statistiche dell'Organizzazione
mondiale della sanità, le vittime dell'aborto sono incomparabilmente più
numerose di quelle del genocidio perpetrato dai nazisti.
Che legame c'è tra gli ideologi della
discriminazione e gli ingegneri biomedici?
a) Gli ideologi della discriminazione elaborano pseudomorali
con le quali spiegano a ingegneri biomedici compiacenti che essi sono
«giustificati» a eliminare gli esseri non rispondenti alle «norme» imposte
dall'ideologia.
Questi ideologi precisano che gli ingegneri biomedici sono «motivati» a operare
inesorabili selezioni «per il bene» di alcuni individui, della tale razza, della
società o della specie -a secondo.
Così, dopo essersi adoperato con ogni mezzo per aver ragione di una segregazione
fondata sulle «classi sociali», il nostro secolo si prodiga al presente per
instaurare una nuova segregazione che poggia su «classi genetiche».
b) Gli ideologi della discriminazione conferiscono perciò una
pseudolegittimazione a molteplici abusi di potere. Spregevole è l'abuso del
potere economico, politico, giudiziario. Più spregevole ancora è l'abuso di
potere dei medici. Ma il più spregevole di tutti è l'abuso di potere degli
intellettuali, poiché ferisce l'uomo nella sua intelligenza, che più lo rende
simile a Dio.
I tecnocrati del nuovo ordine mondiale sono abituati a queste raffinate forme di
abuso di potere.
Non si ritrovano qui, invocati a giovamento della società,
criteri analoghi a quelli invocati a vantaggio delle coppie?
Gli argomenti invocati dalle donne, o dai loro partners , in
favore dell'aborto si fondano sull'interesse, sull'utilità, sul diritto al
piacere senza rischio. L'efficacia deve essere totale quando si tratta di
evitare quel «male» che è la procreazione, eventuale conseguenza di quel «bene»
che è il piacere. I più forti possono perciò conciliare il diritto con le
proprie convenienze e «legittimare» l'aborto.
a) Gli interessi della società umana sono definiti dai più forti, concretamente
da coloro che hanno successo e/o si impongono. Quelli che non raggiungono il
successo sono di ostacolo alla felicità di coloro che riescono a ottenerlo.
Minacciano persino la loro sicurezza. Perciò, pensano i ricchi, la nostra
sicurezza è il fondamento del nostro diritto e noi siamo giustificati a
difenderci contro le minacce che vengono dai più poveri, i quali, per il loro
grande numero, costituiscono per noi un pericolo. Occorre dunque ridurne la
proliferazione con ogni mezzo, tanto più che non sono solvibili sul mercato
mondiale.
b) È un cammino analogo a quello che i sviluppò a beneficio, se si può così
dire, della società. Lo si intraprese fin dal 1926 nell’Unione Sovietica, dove
l'aborto fu legalizzato affinché la popolazione potesse essere totalmente
sottomessa alle esigenze della pianificazione imposta dallo Stato. L'URSS fu
così il primo Paese a legalizzare l'aborto per ragioni di Stato.
c) In conclusione costatiamo che, contrariamente a quanto pensano i ricchi, sono
essi a costituire una minaccia per i poveri.
Il rifiuto di ogni rischio precipita dunque inesorabilmente in una spirale di
mera efficacia?
Intollerabile per i partners sessuali, il rischio è tale anche per la società.
Ecco perché, muovendo dalla contraccezione, la logica dell'efficacia porta
all'aborto e, poi, all'eugenismo, per sfociare infine nell'eutanasia.
Un'idea comune è sottesa a queste diverse pratiche: quando si afferma che una
vita umana non risponde a talune «norme qualitative», e dunque non vale la pena
che sia vissuta, a tale conclusione, essa può essere soppressa con i più
efficaci mezzi di cui si dispone.
A proposito dell'aborto, si può parlare di
«crimine imprescrittibile contro l'umanità»?
Dopo la seconda guerra mondiale, una volta conosciuta meglio
l'ampiezza delle atrocità naziste, si è provveduto a denunciare i «crimini
contro l'umanità». Insieme ai crimini di guerra e a quelli contro la pace, è
stato soprattutto quello il capo d'accusa dibattuto al processo di Norimberga.
A quei crimini sono connessi gli omicidi, lo sterminio di massa, il genocidio,
la tortura, l'arresto arbitrario, e altre violenze ancora. Dopo la Convenzione
adottata il 26 novembre 1968 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, i
crimini contro l'umanità sono considerati imprescrittibili . Sono appunto tali
perché devono essere sempre condannati in nome di una legge iscritta nel cuore
dell'uomo e anteriore a ogni legge positiva. Al contrario, è proprio questa
legislazione positiva a essere sottomessa alla sanzione della legge iscritta nel
cuore dell'uomo.
A Norimberga si sottolineò che i crimini nazisti contro l'umanità non potevano
essere prescritti perché erano stati commessi in nome di leggi inique. E queste
leggi erano inique perché non rispettavano i diritti inalienabili di ogni essere
umano.
La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo , del 1948, definirà gli
insegnamenti tratti dalla guerra e dal processo di Norimberga. Essa esplicita,
dichiara , le ragioni ultime per le quali bisognava - e sempre bisogna - lottare
contro il nazismo, condannarne i crimini e prevenire il suo ritorno.
La liberalizzazione dell'aborto rimette perciò in discussione i princìpi stessi
sui quali è stata fondata la condanna del nazismo.
È immaginabile che ci si dimentichi di trarre lezioni,
peraltro evidenti, dall'esperienza nazista?
Gli uomini hanno la prodigiosa capacità di occultare il passato, compreso quello
recente, anche se l'hanno sofferto nella propria carne. Si pratica la damnatio
memoriae : la memoria viene condannata perché il passato è percepito come
pericoloso, dal momento che la sua conoscenza permetterebbe di giudicare il
presente.
In tal maniera difficilmente ci rendiamo conto che, con il pretesto di obbedire
alle leggi del III Reich e a «ordini superiori», dei medici e altri carnefici
hanno ucciso masse di innocenti. Di più, non ci rendiamo conto che ad averci
salvato dal nazismo sono stati quei resistenti che hanno disobbedito alle leggi
perché inique. Costatiamo anche che, per un macabro ricorso storico, taluni
sopravvissuti agli orrori nazisti grazie a questi resistenti si prodigano oggi
per ripristinare leggi inique, del tutto simili a quelle cui i loro liberatori
avevano rifiutato di prestare obbedienza, appunto per salvarli...
Ora, siccome questi fatti della storia contemporanea sono nascosti, si nasconde
evidentemente anche che la storia si ripete o, se si preferisce, si prolunga.
Infatti, è in nome di leggi non più imposte da un tiranno, ma votate dai
parlamenti, che si continua a uccidere degli innocenti.
La fedeltà alla memoria delle vittime è sufficiente
a vaccinarci contro una nuova barbarie?
a) Tra coloro che si prodigano per far approvare leggi inique, in nome delle quali vengono uccisi esseri indifesi, figurano persone che rimproverano - giustamente - ai carnefici nazisti di aver obbedito a leggi criminali. A Norimberga, dove ieri, gli accusati si trinceravano dietro la legge iniqua per tentare di giustificare i loro crimini; oggi si chiede al legislatore di dare a crimini analoghi la garanzia della legge.
b) Sarebbe aberrante che qualcuno si
richiamasse al sacrificio degli innocenti di ieri per reputarsi autorizzato a
introdurre oggi il principio di nuove discriminazioni legali tra gli esseri
umani. Il sacrificio dei martiri dei totalitarismi passati è cosa sacra. Nessuno
può trincerarsi dietro la memoria di quei morti per presumere di essere
immunizzato contro le derive totalitarie attuali.
c) Si vorrebbe che qualcuno di quelli che hanno sofferto la barbarie nazista non
rigettasse, né in teoria né in pratica, gli argomenti, sempre attuali,
richiamati - a loro favore e contro i loro carnefici - da quanti hanno
testimoniato che tutti gli uomini, al di là di ogni distinzione, posseggono la
stessa dignità, il medesimo diritto alla vita e alla libertà.
Come spiegare questa incongruenza che spinge oggi a
legalizzare pratiche ieri condannate perché illegittime?
L'incongruenza esaminata precedentemente è drammatica, poiché rivela che in
alcuni ambienti non è stata percepita la malizia profonda del nazismo. È la
ragione per cui la porta è cosi aperta all'ultranazismo. Termine con il quale
intendiamo il nazismo al suo stadio supremo, divenuto mondiale e iscritto nella
prassi, nelle leggi, nelle istituzioni e persino nell'etica.
a) Non si è compreso che tale malizia non stava principalmente nel regime che
connotava il nazismo, bensì nella sua natura profonda. Non si è visto che
l'essenza del nazismo è la sua natura totalitaria, cioè la sua volontà di
distruggere l'io, sia fisico sia psicologico. Il nazismo è ossessionato dalla
volontà di infliggere la morte.
b) Nonostante i rumorosi dinieghi di coloro che ne sono gli animatori, le
correnti che, dopo aver fatto legalizzare l'aborto, si adoperano per legalizzare
l'eutanasia, si iscrivono oggettivamente in questa tradizione, consumandone
tutta la perversione, andando cioè al di là del nazismo. Infliggere infatti la
morte non è semplicemente un «diritto» che la società può esercitare su quelli
la cui vita ritiene indegna da vivere; è anche un «dovere» di cui la società
stessa deve garantire l'attuazione per coloro che desiderano «morire con
dignità», a motivo del fatto che la loro vita non è degna di essere vissuta.
Alla considerazione del diritto della società di infliggere la morte agli esseri
la cui vita è indegna di essere vissuta, propria del nazismo, si aggiunge dunque
qui quella tipica del liberalismo, del diritto dell'individuo a «morire con
dignità».
c) Ma in entrambi i casi addotti, e al di là dei travestimenti ideologici,
l'atto di infliggere la morte è coperto dalla legge e la sua esecuzione è
affidata a personale medico. In sintesi, la legge legittima l'omicidio a opera
di medici.
d) Per la stessa ragione, quando uno Stato accorda ai genitori il «diritto» di
uccidere i propri bambini, finisce ben presto per accordare ai bambini il
«diritto» di uccidere i loro genitori.
Così, in entrambi i diversi casi, la «legge» è chiamata a «legittimare» la «medicalizzazione»
dell'omicidio.
e) Questa alleanza totalitaria tra la menzogna e la violenza è stata
implacabilmente denunciata da André Frossard: «Il bugiardo sa di mentire, il
criminale nasconde o nega il suo crimine, e i sistemi politici più
diabolicamente ingiuriosi per la specie umana si credono tenuti ad abbellire le
loro ignominie con il decoro della giustizia e a scimmiottare il diritto ogni
volta che lo violano» (1).
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1. Cfr André Frossard, Défense du Pape , Paris, Ed. Fayard, 1993, p. 48.
Il ricordo del passato può essere disturbante per
alcuni. Ma per coloro che oggi ricercano, preparano
e distribuiscono farmaci abortivi, non è altrettanto
sconvolgente costatare l'efficacia dei loro prodotti?
a) È
ben noto che gli uomini sono facilmente inclini a parlare di «giustificazioni»,
in apparenza coerenti, che ispirano il loro comportamento, mentre esitano a
guardare in faccia le motivazioni profonde che li animano. Questa tipica
condotta è ben conosciuta dagli psicologi, che in proposito parlano di
«razionalizzazione» di un comportamento. Più o meno volontariamente gli uomini
possono nascondersi, o nascondere agli occhi degli altri, i veri motivi che
animano i loro comportamenti.
b) È quanto talvolta avviene con alcuni propagandisti dell'aborto chimico. A
seconda che le circostanze lo consentano, essi non insistono troppo sulle
«virtù» meramente abortive dei loro prodotti. Ne esagerano invece l'efficacia -
reale o supposta - nei casi di cancro al seno, di endometrite, di tumore
cerebrale, di morbo d'Alzheimer, di depressione, e in altri ancora.
c) Come si può costatare, questa «razionalizzazione» richiama la damnatio
memoriae , la condanna della memoria. Qui si nasconde un passato scomodo, la si
occultano motivazioni attuali imbarazzanti. I due processi si intrecciano
spesso, accrescendo così l'effetto del nascondimento.
Nonostante tutto, non è poco verosimile che coloro
che hanno messo a punto e commercializzato metodi
efficacissimi di aborto chimico siano assolutamente
insensibili alle lezioni del passato?
Il
fenomeno della damnatio memoriae, la condanna della memoria, è la nota
peculiare di tutti i gruppi che hanno cattiva coscienza.
a) Si cancella il passato anzitutto perché se ne ha vergogna. Antiche potenze
imperiali bloccano tuttora l'accesso agli archivi delle loro conquiste. Non
poche colonie, diventate Stati indipendenti da molto tempo, hanno distrutto la
quasi totalità dei documenti relativi alla schiavitù.
Ma si cancella il passato anche perché si ha paura che possa illuminare il
presente, permettendo di giudicarlo. Questo timore è particolarmente frequente
nelle società a forte connotazione totalitaria. Mao Ze-dong purgò la storia
della cultura cinese, perché i cinesi della Cina comunista vi avrebbero trovato
ampia materia per demistificare l'ideologia del Grande Timoniere. La conoscenza
del passato e la sua rievocazione vengono rifiutate perché consentono di
pervenire a una presa di coscienza allarmante. La riattivazione della memoria,
tramite il richiamo alla storia, è dunque percepita come inopportuna,
addirittura impertinente, perché essa può smascherare brutalmente le certezze
menzognere
della cattiva coscienza.
b) Nel caso che stiamo esaminando, questa riattivazione potrebbe, per esempio,
indurci a chiedere se non va preparandosi un nuovo genocidio. Questo genocidio
non avrebbe più come vittime quelle designate dal nazismo «storico»; il
bersaglio sarebbe oggi soprattutto l'immensa moltitudine dei poveri. Osservatore
tanto perspicace quanto interessato, il dottor Baulieu afferma che, «in accordo
con l'Organizzazione mondiale della sanità, la ditta Hoechst ha deciso che ai
Paesi del Terzo Mondo, che costituiscono i veri grandi mercati, la pillola [RU
486] sarà venduta a un prezzo molto basso o addirittura ceduta gratuitamente.
LA MEDICINA AL SERVIZIO DELLA MORTE
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il dottor Baulieu, padre della RU486 |
Il dottor Mengele, criminale nazista |
c) Nel caso dei laboratori Hoechst, che, con la Roussel-Uclaf produce la RU 486,
il timore di questa ripresentazione del passato è stato finemente analizzato
dallo stesso dottor Baulieu. In una intervista a L'Espresso egli notava: «Sono
appunto i dirigenti della filiale americana della Hoechst ad aver influenzato
l'opinione della casa madre tedesca. Hilger, il suo presidente, anche se è un
cattolico bavarese, non è mai stato contro la pillola [RU 486]. Ma oggi ha
paura. I suoi timori sono alimentati anche da certi vecchi fantasmi del passato.
La Hoechst è nata dopo la guerra dallo smantellamento delta società Ig-Farben,
il gigante industriale che aveva prodotto, tra l'altro, il gas per i campi di
sterminio nazisti. Hilger è terrorizzato all'idea che i gruppi antiabortisti
scatenino una campagna per accusare la Hoechst di continuare a uccidere come ai
tempi di Hitler» (2).
Se si comprende, certamente, questo «terrore», meno si comprendono i blocchi che
limitano la percezione al presidente della Hoechst.
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2.
Si veda il dossier di Carlo Gallucci su "La pillola maledetta", L'Espresso ,
20 ottobre 1991, pp. 156-165.
Non è sconcertante suggerire un parallelo tra i
carnefici del regime nazista e gli abortisti di oggi?
Spesso
la gente immagina che il nazista tipico sia un individuo feroce e sanguinano.
Questa figura di nazista è certamente esistita, e molti ignobili individui hanno
rivaleggiato in umiliazioni raffinate, in torture e nei diversi modi di
infliggere la morte.
Ma il nazista classico non era generalmente un essere brutale e crudele. In
maggioranza i nazisti erano persone apparentemente senza storia, come la maggior
parte delle persone di oggi. Erano semplicemente entrati con tutta tranquillità
nel «sistema». Di concessione in concessione, di viltà in viltà, nonché per
interesse, diventarono zelanti funzionari del regime. Nell'eseguire gli
ordini, credevano cosi di compiere il loro dovere.
Il pericolo più grave che la liberalizzazione dell'aborto fa oggi pendere sulle
nostre società non va cercato, principalmente, nei maneggi di individui
notoriamente cinici e spietati. Si trova nella generalizzata mancanza di
coraggio dinanzi alla «banalità del male».
Pillole ammazza bambini RU486
Ci sono discussioni che non andrebbero nemmeno intavolate: chi
per esempio voglia discettare circa la bontà del genocidio in Ruanda non merita
nemmeno una risposta. La nostra civiltà ha raggiunto un livello di
consapevolezza dei propri principi di base che non ammette obiezioni su
questioni cardine. Una di queste, che unisce diversissime e spesso contrastanti
culture all’interno del multiforme paradigma occidentale, è l’inviolabilità
della vita umana, il rispetto per un bene considerato supremo per ogni
individuo.
Capita però che anche sulle mostruosità si voglia cavillare. C’è chi, costruendo
la propria identità esclusivamente in negativo (cioè «contro» qualcuno), finisce
per devastare, con sprezzo del ridicolo, ogni punto fermo della nostra civiltà:
punto fermo raggiunto dopo secoli di elaborazioni culturali e, perché no, di
errori. Il tutto nella logica malata che non esisterebbe principio o valore che
non sia relativizzabile. Ecco dunque che perfino il valore della vita umana
diventa relativo: la vita non è più considerata valore in sé ma legato a
pericolose considerazioni sulla «qualità», sulla «dignità», sulla «felicità».
Obiettivi, ovviamente, da perseguire, ma che non definiscono in sé – soprattutto
se è qualcun altro a decidere per noi – se sia lecito decretare la morte di un
altro essere umano.
Poiché è capitato che a difendere il diritto dei bambini a vivere si sia trovato
chi rappresenta il nemico giurato di alcune culture politiche che, appunto,
costruiscono la propria identità in negativo, ecco che perfino su un tema le cui
conclusioni dovrebbero essere ovvie per ogni persona civile e dotata di senno
diventa terreno di scontro, con la pretesa di creare un dibattito e l’accusa di
non accettarlo se si guarda a «talune teorie d’Oltralpe» con il disprezzo che
meritano.
Non è la democrazia il solo metro per misurare la civiltà di un popolo: anche in
democrazia si incorre in mostruosità. Né l’essere stati vittime del nazismo è
sufficiente a essere esenti dal praticare misure che ricordano il nazismo. La
democraticissima Svezia ha, alle sue spalle (non più di trent’anni fa), la vergogna
dell’eugenetica di Stato, con tanto di sterilizzazioni di massa di donne
sospette d’essere portatrici di geni non perfetti: sono recenti i mea culpa
e le cause di indennizzo. La Svezia non è (e non era all’epoca) un paese
nazista, anzi è una delle nazioni considerate più civili d’Europa, tant’è che
appena tagliano un albero lo rimpiazzano con un albero nuovo. Ma l’eugenetica di
Stato è una pratica nazista. Non vogliamo chiamarla nazista? Poco importa, è
soltanto un’etichetta (anche se storicamente motivata): la letteratura
scientifica pre-nazista dell’ottocento è ricchissima di tentativi di
giustificare ciò che oggi riteniamo un orrore.
I Paesi Bassi sono un paese civilissimo e democratico, su questo non c’è dubbio
alcuno. Sorge qualche perplessità sulle loro capacità di affrontare le sfide del
XXI secolo, se pensiamo alla realtà sociale e culturale che si nasconde dietro
ai delitti Fortuyn e Van Gogh (per fare due esempi recenti). Tuttavia anche
l’Olanda può rendersi colpevole di aberrazioni, quantunque democratiche: una di
queste è l’uccisione eugenica dei bambini malati, secondo quello che viene
definito “Protocollo di Groningen”. Non si tratta, benché possa sembrarlo a
prima vista, di un prodotto propagandistico dell’Okhrana, ma di un testo del
dottor Eduard Verhagen pubblicato su una seria rivista scientifica, il
«New England Journal of Medicine» (poi ci vorranno dire, gli amici radicali,
perché il NEJM è serio se pubblica il protocollo, e non lo è più se dice che la
pillola RU486 è pericolosa per la salute delle donne).
Cosa dice il protocollo? Che ogni anno in Olanda su 1000 bambini che non
raggiungono il primo anno di età circa 600 muoiono in seguito a una decisione
medica. La maggior parte di questi neonati uccisi rientra nelle prime due
categorie considerate: la prima è quella dei bambini senza possibilità di
sopravvivere. La seconda viene presentata così
dal giornale on-line dei radicali:
Nel secondo [gruppo], i neonati che «sono sottoposti a terapia intensiva», «con
gravi malformazioni cerebrali o con gravi ed estesi danni ad altri organi
causati da ipossemia». Anche se «sopravvivono oltre il periodo di cure intensive
essi hanno una prognosi estremamente negativa e una qualità di vita estremamente
bassa».
Il testo riportato non è completo, si salta in malafede un pezzo cruciale. Ecco
il testo vero:
Questi pazienti possono sopravvivere dopo un periodo di terapia
intensiva, ma l’aspettativa sulle loro condizioni future è molto cupa. Sono
neonati con gravi malformazioni cerebrali o con gravi ed estesi danni ad altri
organi causati da ipossemia. Quando questi neonati riescono a sopravvivere dopo
il periodo di cure intensive, hanno una prognosi estremamente negativa e
una bassa qualità di vita.
Come si può notare, il testo completo presenta qualche dettaglio più
inquietante: uno su tutti il «possono sopravvivere». Il solo lumicino del dubbio
e della possibilità di sopravvivenza dovrebbe chiudere ogni discussione. Il
notiziario dei radicali ha cercato invece di chiuderla con le omissioni. Ciò che
maggiormente inquieta, però, è che nella decisione della soppressione della vita
umana sia valutato un elemento tutt’altro che scientifico, la «qualità di vita».
Che cosa vuol dire? Come può un medico decidere quanto sia accettabile la
«qualità di vita» di un paziente non in grado di comunicare? Sulla base di quali
canoni? E qui casca il relativista, che improvvisamente vuole definire per legge
(o per decisione medica) un dato così soggettivo e contestualizzabile qual è la
«qualità di vita». Esistono milioni di persone la cui «qualità di vita» agli
occhi di un europeo è scadente e penosa: chi mai potrebbe sopportare di soffrire
la fame e la sete, le intemperie e le guerre, le malattie e le privazioni che
patiscono – per esempio – i ruandesi? Eppure nessun tutsi è grato agli hutu per
aver posto fine alle sofferenze dei suoi figli.
Il terzo gruppo indicato dal prof. Verhagen comprende, aprite bene le orecchie,
«neonati con prognosi senza speranza che provano quella che genitori e medici
pensano sia una sofferenza insopportabile». Capito? Un’opinione, una
supposizione di medici e genitori. Non solo:
Benché sia difficile definirlo in astratto, questo gruppo
comprende pazienti che non sono dipendenti da trattamenti medici intensivi ma
per i quali è prevista una davvero bassa qualità della vita, insieme con una
sostenuta sofferenza.
Agghiacciante è dir poco: lo stesso Verhagen afferma che non si può definire un
confine preciso che comprende questo gruppo di neonati. Un’affermazione
aberrante che ammette l’esistenza di una discrezionalità del medico e dei
genitori che non si muovono su basi scientifiche ma su dati soggettivi! Non
solo: la motivazione principale è, ancora una volta, la «qualità di vita», e una
sofferenza – anche qui – solo vagamente definita. Secondo il notiziario dei
radicali non sarebbe vera la denuncia di Giovanardi secondo cui si ucciderebbero
bambini affetti da spina dorsale bifida. Ah no? Leggiamo il testo che i radicali
ancora una volta omettono:
Per esempio, un bambino con la più seria forma di spina bifida avrà una qualità
di vita estremamente bassa, anche dopo molte operazioni.
Si parla, dunque, di bambini che altrimenti vivrebbero. Ed ecco un altro passo
raggelante:
Dopo
che la decisione è stata presa e il bambino è morto, un’autorità legale esterna
dovrebbe stabilire se la decisione era giustificata.
Perciò prima si uccide il bambino e poi si stabilisce se era giusto ucciderlo:
certo, il medico potrà essere perseguito, ma quanto può una condanna riparare
all’omicidio?
Il prof. Verhagen, citando un suo studio di 22 casi di neonati affetti da spina
bifida e uccisi secondo i criteri sopra enunciati, presenta una tabella davvero
inquietante. Dei 22 bambini, tutti e 22 sono stati soppressi per la «qualità di
vita estremamente bassa» (i ruandesi vi rientreranno?) e per una «prevista
mancanza di autosufficienza» (i paraplegici vi potranno prima o poi rientrare?).
18 casi presentavano una «prevista incapacità di comunicare» (gli autistici
saranno le prossime vittime?), 17 una «supposta dipendenza dall’ospedale» (e chi
è in dialisi?). Terrificante l’ultimo dato: 13 di loro avevano una «lunga
aspettativa di vita». In quest’ultimo caso, per rendere meno rilevante il dato,
il prof. Verhagen specifica che «il peso delle altre considerazioni è maggiore
quando l’aspettativa di vita è lunga in un paziente che soffre». Insomma, se c’è
un dato che ci rompe le uova nel paniere, gli diamo una rilevanza minore e così
lo sistemiamo!
Definire nazista questa prospettiva non è esagerato. Anche il nazismo
giustificava le proprie aberrazioni con l’obiettivo di una felicità
promessa ai cittadini. E’ preoccupante che nel cuore d’Europa si sia aperto
questo varco ai cultori della morte e mercificatori della vita. Se si apre un
varco alla follia, il rischio che si vada ben oltre è imminente: quando i casi
che i Protocolli hanno cercato di giustificare, peraltro su basi deboli e
inquietanti, saranno diventati routine, ci sarà sempre qualcuno che vorrà
alzare la posta ed eliminare – sempre per compassione, ovviamente – altre
tipologie di malati. Una terribile spirale che, secondo Leonardo Sciascia,
tocca «coloro che quando la pena di morte non c’è dicono che ci vorrebbe e
quando c’è vorrebbero che toccasse non solo agli omicidi, ma anche ai
rapinatori, ai borsaioli e ai ladri di polli: e particolarmente nel caso in cui
i derubati son loro» [L. Sciascia, Porte aperte].
Il flacone con la RU486
(Che girano su milioni e milioni euro)
Qualcuno ha definito la RU486
il Pesticida umano che sradica dalla vita
Eugenia Roccella (Avvenire 28 giugno 2007)
Un crollo. Non si può definire altrimenti la vertiginosa discesa del ricorso all'aborto chimico nella regione Toscana, leader della campagna a favore della pillola Ru486. I dati degli ultimi mesi, richiesti dal capogruppo Udc in Consiglio regionale Marco Carraresi, sono espliciti: dai 48 interventi di maggio 2006 si è passati ai 2 dello stesso mese di quest'anno, conuna diminuzione del 96%. Eppure, secondo i promotori della Ru, si tratterebbe di un metodo più semplice e meno doloroso per interrompere una gravidanza; non si capisce, dunque, come mai le donne non vi ricorrano in massa...
La verità è che abortire con la pillola è un massacro fisico e psicologico, e che gli unici interessati a promuoverla sono i medici stanchi di praticare interventi, e i politici che vogliono modificare la legge 194. Con la pillola, infatti, l'aborto avviene fuori dall'ospedale, ed è la donna che deve gestire l'intero processo; questo alleggerirebbe il carico dell'organizzazione sanitaria, ma ridurrebbe le garanzie previste dalla legge italiana sia per la donna che per il bambino. Una volta che la pratica dell'aborto chimico a domicilio si fosse diffusa, la sinistra radicale chiederebbe di adeguare le norme alla situazione di fatto, esattamente come è accaduto in Francia, ottenendo di stravolgere la legge attuale.
Ci sono, dunque, interessi politici e interessi corporativi nella battaglia per l'introduzione della Ru486, ma non c'è nessun interesse da parte delle donne. Sull'edizione inglese della rivista femminile Marie Claire una testimonianza lo spiega chiaramente, a partire dal titolo: «Tradita da una pillola». Non sono i dolori, benché acutissimi («non ero preparata alle lancinanti fitte al ventre»), a spaventare la donna che racconta la propria esperienza, né l'emorragia che dura 14 giorni, e nemmeno le bolle che le copriranno il collo e le spalle dopo l'assunzione del misoprostol; sono la depressione e il disordine emotivo e mentale sopraggiunti dopo l'aborto, la difficoltà espressiva, l'estrema stanchezza che le impedisce qualunque attività. Secondo i medici, si tratta di effetti collaterali che colpiscono circa una donna su 3, ma che vengono sottovalutati, e abitualmente non registrati negli studi.
Nonostante gli antidepressivi, questo stato di incapacità e confusione è durato circa 9 mesi, e pare sia dovuto al caos ormonale che il farmaco crea nel corpo femminile. I dati europei sull'uso della pillola abortiva, del resto, parlano chiaro: se non ci sono pressioni da parte dell'organizzazione sanitaria e dei governi, la Ru486 non ha successo. Anche senza contare gli eventi avversi e gli effetti collaterali, chi potrebbe preferire un metodo il cui rischio di mortalità è 10 volte più alto dell'intervento chirurgico, con una percentuale di fallimento significativamente maggiore (se non si usano trucchi contabili), e che dura almeno 15 giorni invece di un quarto d'ora? A questo bisogna aggiungere i dolori, le nausee, i crampi, e la necessità di controllare continuamente l'emorragia da sole, anche se si è ricoverate in ospedale: una signora di Trento a cui i medici avevano consigliato l'aborto chimico, ha raccontato di essere stata invitata a verificare che l'embrione fosse stato espulso, cercandolo personalmente nel wc.
L'orrore trasformato in pratica quotidiana, in banale routine medica. Ma anche se sulla grande stampa non sono mai passate nemmeno le notizie sulle 15 donne morte, pian piano la verità si è fatta strada, e il mito dell'aborto facile si è sgonfiato. La sperimentazione a Torino è stata sospesa dagli stessi politici che l'avevano appoggiata; la diffusione tramite importazione diretta nei singoli ospedali, con l'appoggio di qualche assessore regionale alla Sanità (come il toscano Enrico Rossi), è rallentata, e il numero degli aborti chimici scende
APPENDICE
PER UN BIMBO MAI NATO
(dolore e rimpianto dopo un aborto spontaneo)
di Patrizia Vivanti
(da: http://donnaemadre.wordpress.com/2007/07/10/per-un-bimbo-mai-nato/)
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Il mio bambino è
morto.
Senza avermi sorriso
e senza piangere.
Senza aver stretto il mio indice forte
con la sua piccola mano.
E’ morto
senza aver visto i miei occhi
e senza chiedere.
Senza avermi mai fatto alzare
per sentirlo, la notte,
respirare.
L’ho ucciso senza saperlo,
senza volerlo,
senza sapere che, forse,
lo volevo.
Sei morto,
col tuo musetto
che mi è restato nel cuore.
E tu,
suo padre,
con le tue mani armoniose,
coi tuoi discorsi da grande,
con la tua curiosità soddisfatta,
e insoddisfatta,
e soddisfatta ancora.
Col tuo stupore
e con la tua paura,
con la tua nuova presenza
e la tua assenza,
il tuo crearci
e il tuo lasciarci morire,
lasciandoci così,
senza capire…
APPROFONDIMENTO
ABORTO: chi protegge la RU486?
Avvenire 08-11-2007 – Eugenia Roccella
Ecco la posizione di Carlo Casini,
presidente del Movimento per la vita
Casini: 'Dove sono finiti
i difensori della
legge?'
ELENCO DI ARTICOLI SULLA RU486
Baulieu (il padre della ru486) promette
una pillola per arrivare a 120 anni