LE SETTE PROTESTANTI ALLA
CONQUISTA DELL'AMERICA LATINA
PAPA RATZINGER: "GLI USA PROMUOVONO LA
PROTESTANTIZZAZIONE DELL'AMERICA LATINA"
a cura di Claudio Prandini
PRESENTAZIONE
"...Forse si deve qui osservare anche che gli Stati Uniti promuovono ampiamente la protestantizzazione dell'America Latina e quindi il dissolvimento della Chiesa cattolica ad opera di forme di chiese libere, per la convinzione che la Chiesa cattolica non potrebbe garantire un sistema politico ed economico stabile, in quanto dunque fallirebbe come educatrice delle nazioni, mentre ci si aspetta che il modello delle chiese libere renderà possibile un consenso morale e una formazione democratica della volontà pubblica, simili a quelli caratteristici degli Stati Uniti" (Joseph Ratzinger, 2004).
Queste non sono parole di un teologo della teologia della liberazione, ma le parole del Card. Joseph Ratziger che un anno dopo diventerà Papa Benedetto XVI! Qui il Papa dice due cose essenziali: a) gli USA promuovono attivamente la protestantizzazione del continente latino americano; b) perché la parcellizzazione delle chiese di matrice protestante rende, in sostanza, la fede funzionale al progetto neo-liberista ed egemonico che essi hanno sull'america latina.
Le origini di questo progetto risalgono agli anni '60 con il famoso Rapporto Rockefeller del 1969, da cui poi nacque il "Counter intelligence Program" che prevedeva "la possibilità di dare spazio, soldi e appoggio a culti o sette come quella, per esempio, degli arancioni del reverendo Moon, che un giorno arrivò a comprarsi anche uno dei quotidiani della capitale degli Stati Uniti, il Washington Time, per poter meglio condizionare le coscienze dei cittadini più fragili o meno informati (vedere: L'alleanza blasfema)... L'appoggio strumentale alle congregazioni cristiane protestanti da parte degli USA, è un punto centrale della storia ecclesiastica latinoamericana... Già nel 1912 il presidente Theodore Roosevelt indicava nel cattolicesimo il principale ostacolo alla penetrazione degli Stati Uniti in America Latina (cfr. M. Stefanini, Geopolitica dell'avanzata protestante in America Latina, in "Limes" n° 3, giugno-agosto 1993, p. 176). Il "pauperismo" cattolico (ricordiamo che l'America Latina è stata evangelizzata per la maggior parte dagli Ordini Mendicanti, Francescani e Domenicani, ma anche dai Gesuiti, i quali per primi cercarono di attivare le forze interne al continente sia in campo economico che politico) cozzò da subito con l'individualismo imprenditoriale protestante dei nordamericani, creando problemi alle politiche neo-colonialiste statunitensi." (Storia disinvolta dell'America Latina)
Anche ultimante leggendo alcuni brani tratti dal recente volume "Who Are We? The Challenges to America's National Identity", scritto da Samuel P. Huntington, forse il più noto politologo neocon vivente (e persona influente nell'attuale amministrazione Bush), autore del fortunato e discusso "Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale" (tr. it. Garzanti; ndr), salta fuori il vecchio odio dell'America protestante verso il cattolicesimo. Infatti, ecco alcuni passaggi: «L'America sarebbe stata l'America di oggi se nel secolo XVII e XVIII fosse stata conquistata non dai protestanti inglesi, ma dai cattolici francesi, spagnoli o portoghesi? La risposta è no. Non sarebbe stata l'America di oggi, sarebbe stata Québec, Messico o Brasile». «In America la riforma protestante ha creato una nuova società; unica tra tutti i Paesi, l'America è figlia di queste riforme, senza queste non ci sarebbe l'America come la conosciamo». «Per più di 200 anni gli americani hanno basato la loro identità sulla opposizione al cattolicesimo: il cattolico veniva prima combattuto e poi escluso e poi discriminato e visto come opposizione. Tuttavia il cattolicesimo americano ha assimilato molti dei tratti del clima protestante e fu a sua volta assimilato dalla corrente principale americana. La scomparsa di attitudini e attività apertamente anticattoliche fu in parallelo e direttamente collegato all'americanizzazione del cattolicesimo» (vedere su Tracce.it).
Queste parole dovrebbero quanto meno far pensare quei cattolici nostrani che non nascondono le loro simpatie per i neocon e la loro ideologia politica. Essi, dando il loro assenso acritico all'attuale politica globale americana, stanno indirettamente favorendo la protestantizzazione e la marginalizzazione della Chiesa Cattolica in America latina. Una vera zappata sui piedi!!!
Tuttavia il successo di questo fenomeno, malgrado tutto l'appoggio proveniente dagli Stati Uniti, non si può spiegare se non partendo dal fatto che le nuove chiese, soprattutto i Pentecostali e gli evangelisti, danno in qualche modo ai poveri una forte identità cristiana che li aiuta e li solleva dalla dura realtà quotidiana. C'è dunque qualcosa che non va nella pastorale cattolica, diventata troppo razionalista e appesantita dalle sue strutture (e questo lo si nota ancora di più nella nostra vecchia Europa!) nella quale la via carismatica dei tempi apostolici, compresa la via di operare guarigioni in nome di Gesù, non ha più posto nella ordinaria vita ecclesiale!
Il boom dei pentecostali nel Sud del mondo
STRUMENTO DELL'IMPERIALISMO O CULTURA POPOLARE?
La crisi delle istituzioni e delle strutture politiche distrugge i sensi di appartenenza e i punti di riferimento. Sullo sfondo di un tessuto economico e sociale disgregato, si diffondono quindi le sette. Il dibattito che ne scaturisce è confuso: in America latina e in Africa il culto pentecostale e la sua teologia conservatrice sono stati visti con favore e aiutati dagli Stati uniti. Ma questa Chiesa, anche se riproduce l'ideologia dominante, è pur sempre il riflesso di una cultura popolare.
Il suo più grande successo la Chiesa universale del regno di Dio l'ha ottenuto il 12 ottobre 1995, festa del santo patrono del Brasile, quando, sulla più importante rete televisiva del paese, un suo vescovo ha tentato, colpendo ripetutamente una statua di Nossa Senhora Aparecida, di persuadere i fedeli dell'idolatria dei cattolici. Con quel gesto, implicitamente, voleva anche denunciare il confessionalismo di uno stato che si definisce laico. Quel giorno molti brasiliani, che mai avevano prestato attenzione alla Chiesa universale, s'indignarono per i metodi sensazionalistici, ma parecchi altri si sentirono segretamente fieri di quella multinazionale dai colori brasiliani.
In settanta paesi del mondo, la Chiesa universale propone un unico messaggio:
«Smetti di soffrire». Posta sotto inchiesta dalle commissioni parlamentari
contro le sette in Francia (1995) (1) e in Belgio
(1997) - secondo quest'ultima sarebbe «teatro di molti scandali sessuali» - ,
appare invece in forte espansione in America latina e in Africa.
Anche a Kinshasa (Congo, ex Zaire), una città totalmente devastata dalla
miseria, il culto pentecostale dilaga. Nelle chiese i fedeli in trance si
rotolano a terra urlando «Gesù, Gesù!», istigati da pastori dotati di grande
carisma, a volte definiti «truffatori di Dio (2)».
Capaci di far dimenticare fame e malattie, smascherano «gli attacchi della
stregoneria, cui è esposto chiunque soffra di delusioni personali, di oscura
malinconia e d'incredulità» come recita l'estratto di sermone pronunciato nella
capitale del Congo. Sanno far sognare una «prosperità miracolosa». Le Chiese
invadono le strade, con canti e grida che di sera risuonano ovunque, e si
servono inoltre di tv, videocassette e addirittura di Internet. «Se non si
prendono misure drastiche, tra dieci anni la nazione congolese sarà costituita
da una generazione di folli o psicotici», profetizza il professore Mweze, decano
delle Facoltà cattoliche di Kinshasa (3).
La Chiesa cattolica, oltre «all'influenza minacciosa di un islam estremista in
espansione in Asia e in Africa», teme «la concorrenza spietata, nelle grandi
metropoli del terzo mondo, delle Chiese evangeliche, delle sette e di un"culto
pentecostale" senza freni (4)». Eppure, alcuni
teologi protestanti (5) si domandano se «il culto
pentecostale non sia il futuro del cristianesimo nel terzo mondo». In ogni caso,
in Africa e in America latina, le conversioni aumentano a ritmo serrato.
Le Chiese si moltiplicano e hanno i nomi più diversi, alcuni ben noti -
Assemblea di Dio o Chiesa di Dio - , altri meno - Dio è Amore, Chiesa vivente,
Tempio di Sion, Chiesa della vittoria, ecc. Raramente vengono definite
«pentecostali»; in genere per indicarle si parla di «evangeliche».
Cosa si intende per culto pentecostale? La sua specificità dottrinale (che non
ha niente di eterodosso rispetto alle Chiese riconosciute) considera attuali i
doni dello Spirito santo - «parlare lingue sconosciute» (espressione verbale
apparentemente incomprensibile che significa lode a Dio), guarire, profetizzare,
esorcizzare, ecc. - riportati nel racconto della Pentecoste degli Atti degli
Apostoli.
Nato nel protestantesimo e quasi nello stesso periodo - all'inizio del XX secolo
- nelle Chiese nere degli Stati uniti, in Sudafrica, in Brasile e in Cile, dal
1980 il movimento del risveglio cresce in modo vertiginoso. In Sudafrica, se si
considerano anche le Chiese sioniste (6) e
apostoliche, coinvolge quasi la metà della popolazione - mentre ne toccava
appena un quarto vent'anni fa. In altri paesi, come Cile o Guatemala, attira dal
15% al 25% della popolazione. In Africa e in America latina il numero
complessivo degli adepti di questi culti supererebbe i 100 milioni.
Senza dubbio si tratta di «sette», nel senso corrente del termine, perché ai
suoi membri viene richiesto proselitismo e un forte impegno.
Tuttavia, il movimento non risponde a molti degli altri criteri che
caratterizzano questo tipo di aggregazione (in particolare il carattere
ultraminoritario) perché, nel senso sociologico del termine, non c'è
esclusivismo (ciò che conta è la «conversione a Gesù», mentre la formula «fuori
della Chiesa non c'è salvezza» non è utilizzata) e il ritiro rispetto al «mondo»
è sempre meno presente.
Comunque sia, è il moltiplicarsi di denominazioni, il loro scavalcare le
frontiere (Kenya, Uganda, Congo, Ruanda, Burundi, Tanzania o Brasile, Venezuela,
Uruguay, Argentina) che dà la misura dell'eccezionalità di questa crescita.
Peraltro, ciò che colpisce nei nuovi riti è l'uniformità.
Come spiegarne le somiglianze in Ruanda, Zimbabwe, Costa d'Avorio, Bolivia,
Brasile, Guatemala e Haiti? Sono effetto o espressione della globalizzazione?
Fino alla fine degli anni '80, sul dilagare di questi nuovi culti, che negli
ambienti cattolici vengono risolutamente definiti «sette», circolava un'unica
spiegazione. E faceva riferimento tanto al «Rapporto Rockefeller del 1969» che
al «documento di Santa Fe» del 1980, piattaforma ideologica del presidente
americano Ronald Reagan. Entrambi i documenti parlavano del rischio di
infiltrazioni marxiste nella Chiesa cattolica e dei pericoli della teologia
della liberazione. Anche la gerarchia cattolica, peraltro, dava segni di
preoccupazione. L'Università di Lovanio non aveva forse tentato, fin dal 1969,
appoggiata con discrezione dalla Cia, di fondare un centro di etica cristiana
per lo sviluppo, al fine di controllare meglio i teologi latino-americani della
cui formazione era in parte responsabile?
In ogni caso, per controbilanciare sul campo l'influenza della teologia della
liberazione, la strategia suggerita da questi rapporti consisteva soprattutto
nell'appoggiare le Chiese evangeliche che cominciavano a moltiplicarsi. C'è
dunque qualcosa di concreto nella diffusa opinione che vede nelle Chiese
pentecostali il «braccio spirituale» dell'imperialismo americano.
Nel 1990, due libri di successo - uno di un americano dallo spirito critico,
David Stoll (7), l'altro dell'inglese David
Martin, noto sociologo delle religioni (8) -
mettono un freno a queste semplificazioni.
Se è vero che Washington può vedere di buon occhio lo sviluppo dei movimenti
evangelici in quanto portatori di elementi di cultura americana destinati a
controbilanciare l'influenza più europea del cattolicesimo, non è assolutamente
provato che la straordinaria espansione di questi movimenti sia dovuta a fondi
americani. Né che essi abbiano ricevuto importanti sostegni finanziari (comunque
più sostanziosi di quelli di cui beneficiano le diverse correnti cattoliche).
In realtà molte di queste Chiese sono completamente autonome. L'espansione della
Chiesa universale del regno di Dio fornisce anche un eloquente contro-esempio
circa la direzione dei flussi finanziari. Nel suo caso, sono i soldi dei
brasiliani poveri che permettono alla Chiesa di insediarsi in tutti i continenti
(incluse le nazioni del nord).
Un argomento più solido a favore della tesi del «braccio spirituale» è invece
fornito dalla conformità degli stili di religiosità e di dottrina al modello
americano. Ovunque in Africa e in America latina, grandi raduni attirano negli
stadi masse impressionanti di adepti o di curiosi, programmi televisivi dedicati
alla «guarigione divina», talvolta diffusi ventiquattro ore su ventiquattro,
coinvolgono strati crescenti della popolazione e, anche nelle città più piccole,
i best-seller di devozione tradotti dall'americano sono disponibili nelle
librerie evangeliche. Il tutto è associato ai nomi di qualche grande
tele-predicatore come Jimmy Swaggart, Pat Robertson, Kenneth Copeland, Reinhard
Bonnke o Paul Yonggi Cho, alcuni dei quali, negli Stati uniti sono a capo della
Coalizione cristiana e fanno parte dell'entourage presidenziale.
D'altronde, come spiega Paul Gifford (9), che ha
mostrato i nessi tra culti pentecostali ed estrema destra sudafricana, le sue
principali dottrine sono parzialmente (e in modi diversi) di origine americana,
che si tratti della teologia della prosperità - Dio non ama la povertà
(arricchirsi non è peccato) - , di quella della liberazione e della guerra
spirituale - bisogna cacciare Satana dai nostri corpi, dai nostri spiriti e dai
nostri paesi - , o ancora di ciò che Gifford chiama il sionismo cristiano.
Questo giustifica il continuo riferimento a Israele che ricorre nelle
predicazioni sia in Africa che in America latina, come pure l'invito rivolto ai
fedeli a recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme, come i musulmani vanno alla
Mecca. Questa guerra spirituale dal tono millenarista prende anche forme
inattese: in Costarica, un pastore-vedette, celebre pentecostale, ha sorvolato
il paese «dalla frontiera con il Nicaragua a quella con Panama e da Puantarenas
a Limon benedicendo con olio santo ogni 6 chilometri», per «liberare dal male il
territorio nazionale allo scopo di facilitare l'evangelizzazione
(10)!».
Visto che il pentecostalismo classico, il
nuovo culto pentecostale («neopentecostalismo») e le Chiese dello stesso tipo,
adattano i «poveri» alle esigenze del mercato, abbiamo forse a che fare con il
«braccio spirituale» non solo dell'imperialismo americano, ma anche del
neo-liberismo trionfante? Con la «macchina narrativa» che rende conto del loro
successo mondiale e che si rivolge agli individui (generalmente poveri) e non
alle fasce proletarizzate in quanto gruppo, i nuovi culti arrivano
effettivamente ad attutire l'impatto negativo dei programmi di aggiustamento
strutturale. Offrono ai convertiti quello che la Banca mondiale auspica, cioè l'empowerment
(la concessione di diritti) alle donne e agli uomini, la fiducia in sé e nella
capacità di vincere le avversità! Permettono agli esclusi della società di non
lasciarsi schiacciare, permettono loro di «rilanciarsi».
Inebriati dall'emozione di culti esaltanti, i credenti attraversano così, senza
protestare, le nuove prove che la globalizzazione neoliberale impone loro, con
la promessa che alla fine godranno di un arricchimento rapido, come i loro
pastori che viaggiano in fuoristrada... Date, e Dio ve lo renderà centuplicato!
Nuovo «oppio dei popoli»? È bene non dimenticare la prima parte della famosa
frase di Marx: «La religione è il sospiro della creatura oppressa, il calore di
un mondo senza cuore, come è lo spirito delle condizioni sociali, da cui lo
spirito è escluso». Da questo punto di vista, bisogna ammettere che
cattolicesimo e protestantesimo storici in questi ultimi secoli sono stati
trascinati in una razionalizzazione crescente, nel disincanto, in quello che Marcel Gauchet definisce una sorta di «uscita dalla religione», e che in genere
esse non offrono più né calore né consolazione.
Ma, di contro, si affermano nel
mondo contemporaneo nuovi bisogni religiosi - bisogno di emozione, bisogno di
sacro (in particolare con la rappresentazione di forze che incutano terrore),
bisogno di partecipazione. In America latina, il pentecostalismo si ricollega a
una devozione e a un misticismo popolari molto diffusi nel XIX secolo -
espressione «pagana» che la Chiesa cattolica ha voluto disciplinare, a partire
dall'ultimo terzo di quel secolo, con la cosiddetta «romanizzazione».
In Africa, il pentecostalismo s'innesta sul profetismo - un miscuglio di
apertura e resistenza. Di fronte alla spinta della razionalizzazione e della «virtualizzazione»,
gli oppressi del mondo rivendicano il calore dell'emozione e il senso dello
stare insieme; rappresentano scene che esprimono l'atrocità del male che li
opprime e vi trovano il senso del sacro. Felicità illusoria? Spesso hanno la
certezza che i veri illusi siano coloro che, in modo irresponsabile, promettono
rivoluzioni che finiscono per opprimerli ancora di più.
La «macchina narrativa» del pentecostalismo si rivolge agli individui e non mobilita le classi sociali. A volte uomini e donne sono parcellizzati, a volte si vivono in un universo olista dove tutto è in tutto. Impregnati di cultura medianica - credono nella presenza degli spiriti - si sentono vicini alla natura e alla loro comunità, che cercheranno di ricreare quando verrà distrutta. L'olismo si manifesta nella sua espressione più alta nella cosiddetta «guarigione divina». Questa pratica rappresenta, a livello individuale, un nuovo approccio con il proprio corpo, con il rapporto con gli altri, con i bisogni spirituali; la «guarigione divina» non è un semplice cambiamento di stato fisiologico, è una rigenerazione. Si ottiene con una «nuova nascita» (born again), un modo per l'individuo di ritrovarsi e per la comunità di riconciliarsi.
I pentecostali irritano gli intellettuali. Questi ultimi vedono nel loro
misticismo solo gesticolazioni grottesche e nei credenti dei creduloni, dei
subnormali, se non degli opportunisti. I pentecostali amano l'ipermodernità (in
particolare le loro reti transnazionali e l'utilizzazione dei media), ma nello
stesso tempo appaiono retrogradi, in quanto credono negli spiriti maligni
(trasposti in manifestazioni di Satana). A volte si mostrano molto austeri
(proibizione di alcol, tabacco, sessualità molto castigata, ecc.), altre volte
molto sensuali (talvolta i culti somigliano a balletti abbastanza erotici).
Rivendicano un'applicazione letterale della Bibbia, pur adattandosi
all'esperienza individuale. Così, se la teologia della prosperità, poggiando su
una lettura letterale della prosperità di Abramo benedetta da Dio, si presenta
come l'espressione del desiderio popolare di vincere una grande lotteria, nello
stesso tempo è l'affermazione di un diritto, quello di uscire dall'umiliazione,
dalla miseria e dalla dipendenza.
Consacrandosi al Cristo, si diventa «vincenti».
La cultura del «cattivo gusto» e lo stile da «supermercato della fede» del
pentecostalismo sono ormai osservati senza troppi giudizi di valore. Che lo si
ami o no, ci si rende conto che si ha a che fare con un'espressione della
cultura popolare. Una cultura che non vuole restare ai margini di ciò che
succede nel mondo - un tempo cultura di ritiro e di rifugio, il pentecostalismo
è diventato una cultura di adattamento - anche se non rinnega le sue
tradizioni, spesso considerate superstizioni dall'esterno.
Il fenomeno si diffonde in tutto il mondo. Si parla molto del suo sviluppo in
Asia (e anche in Cina) (11). E, quanto alla
percezione che ha di se stesso, il pentecostalismo si considera nei termini di
guerra totale. «Gli anni '90 sono la testimonianza decisiva della guerra
spirituale più intensa che la Chiesa abbia conosciuto in duemila anni di storia
- si insegna nelle scuole bibliche. Non esistono zone smilitarizzate!».
Dappertutto si seguono gli stessi rituali, lo stesso uso dei media, le stesse
«macchine narrative».
Eppure, questa standardizzazione è lungi dal livellare le culture.
È come una «chiave inglese» che permette di serrare dadi delle più diverse
dimensioni. Ma quando i dadi sono serrati, appaiono nuove configurazioni. Si
affermano identità a volte più ristrette delle identità nazionali pur senza
essere di tipo etnico, spesso anzi più vaste delle frontiere. La cosa più
interessante è che non si tratta di una geopolitica condotta dall'alto (le sigle
si contano a migliaia e anche le più importanti sono in genere molto
decentrate), ma di una geopolitica condotta dal basso, da sconosciuti pastori
«dai piedi scalzi» che sviluppando rapporti con altri paesi, tentano
semplicemente di ottenere considerazione in famiglia e tra i vicini.
Nella loro certezza della «guarigione divina», i credenti inventano una nuova
cultura in contrade dimenticate sotto tutti gli aspetti (incluso il livello
sanitario). Si può ben parlare di cultura popolare, salvo che essa non è
riconosciuta come tale dalle élite intellettuali.
Si tratta dunque di una cultura di resistenza che produce suo malgrado
l'ideologia dominante. In questo senso, il pentecostalismo è effettivamente il
nuovo oppio dei popoli. Sarà bene ricordare il contesto nel quale si situano le
parole di Marx: è emozione in un mondo senza emozione.
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note:
* Politologo, membro del Gruppo di ricerca sull'immaginario politico in America
latina (Gripal), Montreal.
(1) Leggere Bruno Fouchereau, «Le
sette, cavallo di Troia degli Stati uniti in Europa», Le Monde diplomatique/il
manifesto, maggio 2001.
(2) Ruth Marshall- Fratani, «Prospérité
miraculeuse: pasteurs pentecôtistes et argent de Dieu au Nigéria», Politique
africaine, n° 82, Karthala, Parigi, giugno 2001, pp- 24-44.
(3) Marc Vanwesse, «Lavage de cerveaux»,
Dossier, supplemento di Soir, (Bruxelles), 7 settembre 2001.
(4) Le Monde, 22 febbraio 2001.
(5) Cfr. Walter Hollenweger, Cahiers de
l'Irp, n° 39, Università di Losanna, aprile 2001.
(6) Secondo quest'ultimo orientamento
dottrinale, Dio non ha mai abbandonato Israele.
(7) David Stoll, Is Latin America
Turning Protestant? The Politics of Evangelical Growth, University of California
Press, Berkeley, 1990.
(8) David Martin, Tongues of Fire: The
Explosion of Protestantism in Latin America, Blackwell, Oxford, 1990.
(9) Paul Gifford, «The Complex
Provenance of Some Elements of African Pentecostal Theology», in André Corten e
Ruth Marshall-Fratani (a cura di), Between Babel and Pentecost: Transnational
Pentecostalism in Africa and Latin America, op. cit., pp. 62-79.
(10) Jean-Pierre Bastian, in André e
Mary Corten (a cura di), Imaginaires politiques et pentecôtismes: Afrique/Amérique
latine, Karthala, Parigi, 2001, p. 220.
(11) Quando si tratta della Cina, le
cifre sono dotate di un coefficiente inflattivo: 60 milioni è la cifra proposta
da alcuni ambienti evangelici.
Convention Globale du pentecôtisme, Los Angeles, maggio 2001.
(Traduzione di G.P.)
Clodovis Boff sui Pentecostali in Brasile
"Il criterio per giudicare il fenomeno non è la chiesa cattolica, ma
il Regno di Dio. Ciò che conta è che Cristo sia annunciato"
Clodovis Boff, teologo e
fratello di Leonardo Boff
Clodovis Boff, brasiliano, religioso dell'ordine dei Servi di Maria, è uno dei principali esponenti della teologia della liberazione latinoamericana. L'agenzia NEV lo ha intervistato ad Ariccia, dove ha svolto due relazioni sul rapporto fra la Chiesa cattolica e le nuove Chiese, sotto il profilo teologico e dell'impegno sociale, nell'ambito del seminario promosso dal SEDOS - un organismo che riunisce varie congregazioni missionarie cattoliche - sul tema "Ecumenismo e missione".
Professor Boff, quali sono le dimensioni del fenomeno pentecostale in America Latina?
Si tratta di un fenomeno in crescita e di grande visibilità. I dati non sono certi, ma si parla di tre milioni e mezzo di cattolici che ogni anno, in America Latina, diventano pentecostali: 400 persone all'ora! Per il Brasile abbiamo statistiche più sicure: nel '91 i pentecostali erano il 10% della popolazione (13 milioni), e oggi sono già 22 milioni. Insomma, alcuni dicono che se questa tendenza continua fra vent'anni l'America Latina sarà un continente pentecostale.
E questo crea una grande preoccupazione in casa cattolica?
Sì, anche se personalmente ritengo che quello delle nuove chiese sia un problema secondario. Il vero problema è il fatto che la loro crescita è il risultato di un triplice abbandono. Anzitutto, un abbandono sociale: le nuove Chiese sono la religione dei poveri, sono - come mi diceva con una immagine efficace un taxista battista a Rio de Janeiro - il "centro di rianimazione dei miserabili". Paul Freston, un sociologo britannico che lavora in America Latina, afferma che la miseria sociale svuota le chiese convenzionali e riempie le sette. In secondo luogo, la crescita pentecostale è frutto di un abbandono esistenziale, della crisi del senso della vita nella società moderna, secolarizzata e spersonalizzante. Infine, vi è un abbandono pastorale, che per la Chiesa cattolica è dovuto senz'altro a fattori quantitativi - la grande crescita demografica, la mancanza di quadri e strutture - ma anche qualitativi: dov'è la nostra creatività pastorale?
Quello che sappiamo proporre è quasi sempre solo il modello parrocchiale classico. Le nostre strutture sono troppo pesanti e accentrate per adattarsi alle nuove realtà, e sono anche troppo razionalizzate. Quello che ci manca è mistica, potere di appello, di convocazione. Le nostre chiese funzionano bene, ma siamo troppo preoccupati da questioni dottrinali, morali, amministrative e ci manca la fiamma dello Spirito. Infine vorrei dire a chi si preoccupa tanto delle "perdite" di fedeli: erano veri cattolici quelli che diventano pentecostali? Di solito si tratta di cattolici all'acqua di rose, persone che hanno un rapporto molto debole con l'istituzione e una fede molto tradizionale. In questo senso, per molti di loro passare a una nuova chiesa è un progresso religioso, è fare un'esperienza cristiana autentica. Insomma, è un successo dell'Evangelo. Il successo delle "sette", bisogna riconoscerlo, si deve più ai loro pregi che alle nostre mancanze.
E quali sono i pregi del movimento pentecostale?
unità pentecostali; il forte senso di identità, che dà autostima e crea dignità; la partecipazione comunitaria a culti vivi, la preghiera fatta non con formule ma in libertà, la partecipazione attiva ai vari ministeri; ancora, un messaggio vitale cristocentrico, un rigore etico, un entusiasmo nell'evangelizzazione. Come fattori oggettivi menzionerei la capacità di penetrazione fra le fasce più povere della popolazione, la flessibilità istituzionale, la grande capacità di comunicazione, l'intraprendenza apostolica. I pastori pentecostali sono dei professionisti della pastorale: anche se spesso la mentalità non è moderna, lo sono i metodi pastorali. Sono dei grandi comunicatori: nel caso di un dibattito fra un pastore pentecostale e un vescovo cattolico, di solito è il primo ad avere la meglio: perché il vescovo ha la lingua legata dai dogmi e dai canoni, mentre il pastore ha la libertà dello Spirito.
Naturalmente, accanto a queste luci si possono intravvedere altrettante ombre: l'emozione rischia di diventare emozionalismo ai limiti dell'isteria, a volte non si crea comunità ma una sorta di supermercato religioso, il forte senso di identità può trasformarsi in arroganza e settarismo, la lettura biblica è fondamentalista e vi è una carenza di cultura teologica, il rigore etico può scadere in perbenismo, vi è il rischio di manipolazione delle masse, posizioni politiche spesso alienate e alienanti, un atteggiamento antiecumenico e antidialogico. Ma se mettiamo sulla bilancia luci e ombre il bilancio è fondamentalmente positivo. L'arcivescovo brasiliano dom José Maria Pires sostiene che dal punto di vista dei poveri il pentecostalismo è fondamentalmente benefico: i poveri ci guadagnano. E io sono sostanzialmente d'accordo con lui: alle volte mi viene da ringraziare Dio perchè le chiese pentecostali consolano i poveri, li inquadrano, danno loro dignità. Il criterio per giudicare il fenomeno non è la chiesa cattolica, ma il Regno di Dio. Ciò che conta è che Cristo sia annunciato.
Quale può essere una possibile strategia per un rapporto positivo fra le chiese storiche e i pentecostali?
Non è facile instaurare un rapporto perchè in generale queste chiese si caratterizzano per uno spirito fortemente antiecumenico. Occorre però capire le ragioni del loro antiecumenismo: anzitutto la "psicologia dei convertiti", destinata a temperarsi nella seconda generazione, poi una identità forte affermata nel contesto di una notevole competitività sul "mercato religioso"; infine spesso l'ecumenismo - caratteristico delle chiese protestanti storiche, fortemente impegnate sul piano sociale - è malvisto perché accusato di "comunismo". Credo comunque che sia sbagliato demonizzare le nuove chiese, e che una strategia di contrapposizione frontale sia perdente. Penso piuttosto che bisogna sforzarsi di capire queste nuove realtà, di rispettare le scelte religiose delle persone, di operare un discernimento delle pratiche, apprezzando ciò che vi è di positivo e rifiutando gli aspetti negativi, ed infine occorre sfruttare tutti gli spiragli di incontro, cercando di vedere queste chiese non come concorrenti ma come compagne di strada nella predicazione del Vangelo.
In fondo, si tratta di chiese che vivono nella storia, e quindi cambieranno, e già si vedono spiragli. Molte di queste chiese, nel continente, aderiscono agli organismi ecumenici come il Consiglio latinoamericano delle chiese o il Consiglio ecumenico. Ci si comincia ad incontrare sul piano dell'impegno sociale, vi è una sete di approfondimento della fede, per cui accade che ai corsi biblici organizzati dalle Chiese storiche vi sia una certa presenza pentecostale. Anche al recente incontro delle Comunità ecclesiali di base del Brasile vi era una significativa partecipazione pentecostale. Insomma, occorre approfittare delle brecce che si aprono, affidandosi allo Spirito, che è sempre imprevedibile.
APPENDICE
CARATTERISTICHE DEL MOVIMENTO CARISMATICO
da Wikipedia, l'enciclopedia libera
LA RISPOSTA CATTOLICA AI PENTECOSTALI
Rinnovamento Cattolico Carismatico italiano...
fa parte del Movimento Carismatico Cattolico
a livello internazionale
---------------
Presente con questa denominazione solo in Italia
come movimento ecclesiale cattolico.
In pratica è il risultato della scissione con il
Movimento Carismatico italiano.