SIRIA SOTTO ATTACCO:

I CRISTIANI STANNO CON ASSAD

LE MENZOGNE DELL'OCCIDENTE STANNO FALLENDO E ALLORA SI STA

 PREPARANDO UN'ALTRA GUERRA NATO SULLO STILE LIBICO.

PER ARRIVARE ALL'IRAN BISOGNA PRIMA PASSARE PER DAMASCO.

 

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

Da Cipro i primi attacchi alla Siria?

La guerra in Siria potrebbe essere molto vicina. E' attualmente in corso l'operazione semi-clandestina delle forze alleate, dal nome in codice L*****d, che porterà sul territorio siriano i primi contingenti di uomini e mezzi di sostegno alla rivolta sovversiva del potere di Assad. La Francia coordinerà le azioni di aiuto da Cipro, da cui partiranno i convogli di mercenari e di armi. Segretamente, passa alla fase esecutiva l'azione di aggressione della Siria, già cominciata lo scorso anno con l'infiltrazione tra i manifestanti di guerriglieri e terroristi. Una strategia militare che è stata ben collaudata con le rivolte del Nord Africa, sapientemente coperta dalla disinformazione su scala internazionali da CNN, BBC e Al Jazeera. Come per la Libia, la debolezza dell'Italia sarà quindi fatale e fondamentale per garantire il successo di questa nuova guerra. Ministro Terzi, non è anche questo un crimine?

Mons. Philip Tournyol Clos racconta la chiave di lettura di leader cristiani e musulmani siriani, che affermano: “I nemici della Siria hanno arruolato i Fratelli Musulmani al fine di distruggere le relazioni fraterne che esistevano tradizionalmente tra musulmani e cristiani Eppure, ad oggi, non ci riescono: hanno provocato una reazione contraria e le due comunità sono unite più di prima”. I soldati siriani infatti, continuano a trovarsi di fronte combattenti stranieri, mercenari libici, libanesi, militanti dei paesi del Golfo, afgani, turchi.
Chi li ha mandati e chi li paga?

 

 

 

INTRODUZIONE

La NATO sta preparando un colpo di stato in Siria

Fonte web

Tra pochi giorni, a mezzogiorno, i siriani che vorranno guardare i canali nazionali li vedranno sostituiti sui loro schermi dalle televisivi create dalla CIA. Immagini realizzate in studio mostreranno massacri attribuiti al governo, manifestazioni pubbliche, ministri e generali che danno le loro dimissioni, il presidente al-Assad che fugge, i ribelli che si radunano nel cuore delle principali città, e un nuovo governo che s’installa nel palazzo presidenziale.

Questa operazione, direttamente guidata da Washington da Ben Rhodes, viceconsigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, è destinata a demoralizzare i siriani e a consentire un colpo di stato. La NATO, che si scontra con il doppio veto di Russia e Cina, giungerà a conquistare la Siria senza doverla attaccare illegalmente. Qualunque sia il giudizio sugli eventi attuali in Siria, un colpo di stato metterebbe fine ad ogni speranza di democratizzazione.

Molto ufficialmente, la Lega Araba ha chiesto agli operatori satellitari Arabsat e Nilesat d’interrompere la ritrasmissione dei media siriani, pubblici e privati (Syria TV, al-Ekbariya, ad-Dunya, Cham TV, ecc.). C’è un precedente, dal quando la Lega aveva già lavorato alla censura televisiva libica, per evitare che i leader libici comunicassero con il loro popolo. Non c’è nessuna rete radio in Siria, per cui le televisioni sono ricevute esclusivamente via satellite. Ma questo taglio non lascerà gli schermi neri.

Infatti, questa decisione pubblica è solo la punta dell’iceberg. Secondo informazioni, parecchi incontri internazionali si sarebbero tenuti in questa settimana, per coordinare l’operazione di disinformazione. I primi due, di ordine tecnico, tenutisi a Doha (Qatar), il terzo politico, tenutosi a Riyadh (Arabia Saudita).

Alla prima riunione hanno partecipato gli ufficiali della guerra psicologica “embedded” in alcuni canali satellitari, tra cui al-Arabiya, al-Jazeera, BBC, CNN, Fox, France 24, Future TV, MTV. Sappiamo che dal 1998 gli ufficiali dell’Unità Operazioni di Guerra Psicologica (PSYOP) dell’US Army sono stati inseriti nella redazione di CNN; dopo, questa pratica è stata estesa dalla NATO ad altre stazioni TV strategiche. Hanno preparato in anticipo delle false informazioni, secondo un “racconto” sviluppato dal team di Ben Rhodes alla Casa Bianca. Una procedura di convalida incrociata è stata messa a punto, ogni media riporterà le menzogne degli altri, per renderle credibili presso i telespettatori. I partecipanti hanno inoltre deciso non solo di requisire le reti TV della CIA in Siria e Libano (Barada, Future TV, MTV, Orient News, Syria Shaab, Syria Alghad), ma anche una quarantina di canali TV wahhabito che invocano il massacro settario al grido di “I cristiani a Beirut, gli alawiti nella tomba!”

Il secondo incontro ha riunito ingegneri e sviluppatori per programmare la produzione di immagini di fiction, miscelando una parte realizzata negli studi a cielo aperto e una parte realizzata con la computer grafica. Degli studi sono stati costruiti nelle ultime settimane, in Arabia Saudita, per riprodurre i due palazzi presidenziali siriani e le piazze principali di Damasco, Aleppo e Homs. Vi sono già studi di tale tipo a Doha, ma sono insufficienti.

Alla terza riunione vi hanno partecipato il generale James B. Smith, ambasciatore degli Stati Uniti, un rappresentante del Regno Unito, e il principe Bandar Bin Sultan (che il presidente George Bush padre ha designato come figlio adottivo, al punto che la stampa statunitense l’ha definito “Bandar Bush”). Si tratta di coordinare i media e “l’esercito libero siriano”, di cui i mercenari del principe Bandar formano il grosso degli effettivi.

L’operazione che è in gestazione da mesi, è stata accelerata dal Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, dopo che il presidente Putin ha comunicato alla Casa Bianca che la Russia si opporrà con forza a qualsiasi intervento militare illegale della NATO in Siria.

Questa operazione consiste in due flussi simultanei: da una parte diffondere false informazioni e dall’altra impedire ogni possibilità di rispondervi. Il fatto di oscurare le TV satellitari per condurre una guerra, non è nuovo. Così, sotto la pressione di Israele, Stati Uniti e Unione europea hanno oscurato in successione le reti TV libanesi, palestinesi, irachene, libiche e iraniane. Nessuna censura è stata condotta verso i canali satellitari di altre parti del mondo.

La diffusione di notizie false, non è una novità. Tuttavia, quattro passi importanti sono stati adottati nell’arte della propaganda, durante l’ultimo decennio.

• Nel 1994, una stazione di musica pop, Radio Libera delle Mille Colline (RTLM) ha dato il segnale del genocidio ruandese, invocando “l’uccisione degli scarafaggi!”.

• Nel 2001, la NATO ha usato i media per imporre una interpretazione degli attentati dell’11 settembre e giustificare gli attacchi in Afghanistan e in Iraq. Anche allora, fu Ben Rhodes ad esser stato incaricato dall’amministrazione Bush a scrivere la relazione della Commissione Kean/Hamilton sugli attentati.

• Nel 2002, la CIA ha usato cinque canali, Televen, Globovision, Meridiano, ValeTV e CMT, per far credere che delle enormi manifestazioni avevano costretto il presidente del Venezuela Hugo Chavez a dimettersi, mentre era stato vittima di un colpo di stato militare.

• Nel 2011, France 24 funse da Ministero dell’Informazione de facto del Consiglio Nazionale della Libia, con il quale era legata da un contratto. Nella battaglia di Tripoli, la NATO ha fatto realizzare in studio e diffondere da al-Jazeera e al-Arabiya le immagini dei ribelli libici che entravano nella piazza centrale della capitale, mentre erano ancora lontani dalla città, in modo che i residenti, convinti che la guerra fosse persa, cessassero ogni resistenza.

Ora i media non si accontentano più di sostenere la guerra, la fanno. Questa disposizione viola i principi fondamentali del diritto internazionale, a cominciare dall’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo relativa al fatto “di ricevere e diffondere senza riguardo per le frontiere, le informazioni e le idee attraverso ogni mezzo di espressione che sia”. Soprattutto, viola le risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, adottate dopo la seconda guerra mondiale per impedire le guerre. Le risoluzioni 110, 381 e 819 proibiscono “le barriere al libero scambio di informazioni e idee” (in questo caso l’oscuramento delle reti siriane) e “la propaganda che rischia di provocare o incoraggiare ogni minaccia alla pace, violazione della pace, o atto di aggressione”. Nel diritto, la propaganda di guerra è un crimine contro la pace, il crimine più grave, dal momento che rende possibili crimini di guerra e genocidi.

 

 

Terrore in Siria made in occidente

 

ABC (AU) Svela Le Bugie Sulla Siria.

 

 

La crisi in Siria e la disinformazione:

una testimonianza da Damasco

Fonte web

Sono in Siria da quasi tre mesi. Una premessa sull’informazione.

1) Fin dall’inizio della “crisi siriana” l’informazione dei media internazionali – la maggior parte dei quali non aveva corrispondenti sul posto – è stata scorretta. L’ho potuto constatare, in diverse occasioni, come testimone diretta. Mi riferisco, in questo caso a Damasco.

E ne ho scritto qui sul mio blog poi sul quotidiano on line www.Lettera43.it nelle mie corrispondenze, “Diario da Damasco”.
Durante questo periodo ho raccolto testimonianze di attivisti, di oppositori, di sostenitori del regime, di esponenti del partito comunista, di gente comune. Persone in carne ed ossa con un nome, un volto, un mestiere. Penso più attendibili quindi di voci anonime telefoniche. Eppure non le ho mai divulgate come “verità” in quanto le testimonianze non erano confermate da fonti indipendenti.

Leggo spesso “lo affermano testimoni”. Chi sono? C’è qualche conferma? E qualcuno verifica Twitter e i post su Facebook? Io ho provato, più volte, e anche in questo caso, spesso, ho trovato notizie false.

Le testimonianze che ho raccolto, sul “terreno” e non, a Beirut o in Giordania, sono sempre state contraddittorie. E bisognerebbe tenerne conto. Personalmente – dagli stessi attivisti con cui sono in contatto – a volte ho ricevuto informazioni diverse da quelle che poi leggevo sui grandi media, riguardo, per esempio, il numero dei partecipanti alle manifestazioni. Quasi sempre, inferiori. E ancora.

A volte, vivendo qui, ci si trova contagiati da suggestioni, paure che vengono trasformate in realtà. Un esempio recente. Sabato 7 maggio sono andata con il bus di linea ad Homs. I negozi erano aperti e ho pranzato con alcuni amici in un piccolo ristorante. Verso l’una e mezza, mentre ero vicino alla chiesa siriaco-cattolica, i negozianti hanno chiuso in fretta la serranda e hanno cominciato a dirmi “Musahara, manifestazione, c’è una manifestazione”.

In un caffé ho chiesto notizie e mi è stato riferito “che in centro si era formato un corteo di 20 mila persone e che la strada per la stazione dei bus era interrotta”. Con un taxi ho fatto un giro in centro. Non c’era nessuno e sono ritornata senza problemi alla stazione. Che cosa è successo quindi? Venerdì, Homs era stata teatro di manifestazioni e, il giorno seguente, il sabato, dopo la preghiera, la gente spaventata, aveva trasformato un timore, in un fatto reale.

Io ho controllato la notizia. Mi domando quanti l’avrebbero invece “sparata” da un sito internet, una tv, una radio senza accertarsi prima. Sono pochissimi i media che hanno voluto o sono riusciti a mandare un corrispondente a Damasco. Il regime siriano, poliziesco e autoritario, ha allontanato i giornalisti, è vero. Ma la mia impressione è che alle influenti catene televisive come Al Arabiya, Al Jazeera o la BBC non importi molto il ritrovamento diretto e incrociato delle notizie.

Troppo spesso le informazioni vengono prese in rete e sono pubblicate solo quelle che parlano di proteste oceaniche, guerriglia nelle strade. Le altre sono scartate.

Credo sia stata ignorata dai media occidentali la notizia recente delle dimissioni dalla tv Al Arabiya, della giornalista Zeina Al Yaziji in polemica per come sono seguite le manifestazioni in Siria. Per la stesse ragioni ha dato le dimissioni, il direttore della redazione siriana di Aljazeera, Abdel Harid Tawfiq. E già da metà aprile, l’editorialista Ghassan ben Jiddo, ha lasciato la direzione dell’ufficio corrispondenza da Beirut.

Vivendo a Damasco, girando il Paese (per quanto possibile), restando in contatto con la poplazione e registrando i cambiamenti di atmosfera, le voci, i timori, si possono fare alcune considerazioni.

È fuori di dubbio che nel Paese stiano agendo gruppi spontanei portatori di istanze democratiche. Esistono comunque alcuni punti oscuri. E la polemica sull’esistenza o meno di gruppi armati stranieri che “cavalcano la protesta” per destabilizzare la Siria, in occidente rischia di diventare ideologica. Ma dopo aver raccolto qui, tante testimonianze, non mi sento di escluderla. Anche Bassam Al Qadi, ex esponente del partito comunista siriano (7 anni di carcere, tuttora privo dei diritti civili e della possibilità di andare all’estero), che ho intervistato a fine marzo e ad aprile, sostiene la tesi.

Dello stesso parere sono Osama Maghout (intervista del 28 aprile su La Voce del popolo” quotidiano del Partito Comunista Siriano) e il decano dell’opposizione Haitan Al Maleh. Moltissimi testimoni mi hanno riferito di aver visto “in mezzo ai manifestanti pacifici bande di uomini armati che sparano ai militari e i civili per creare disordine”. Anche amici, conoscenti che vivono a Douma, a Dar’aa. Non ho assistito direttamente alle sparatorie ma credo di dover riferire ciò che mi è stato raccontato.

Sono lecite, credo, due domande che si pongono i siriani.

“Perché le manifestazioni più significative si siano finora svolte in centri sunniti vicini ai confini giordano (Dar’aa) e libanese (Homs, Banias)”? ( Sia in Giordania che in Libano è ben radicato il sunnismo di matrice saudita).

E “il nostro è un Paese chiave, nel quadro medi-orientale, come non pensare a interventi Usa o europei?”.

Nella capitale, e non solo, la notizia diffusa da Wikileaks - sugli ingenti finanziamenti dell’amministrazione Bush prima e di quella Obama dopo all’opposizione siriana - ha avuto grande eco.

2) Gran parte dei siriani ha davvero paura di una divisione territoriale e confessionale. Di un “effetto Iraq o Libano”. Di una guerra civile. Sono orgogliosi dell’unità nazionale e della convivenza pacifica di gruppi appartenenti ad etnie e religioni diverse.

Che questa paura faccia comodo al regime, non la rende comunque meno vera. La parte moderata della città e le minoranze, soprattutto quella cristiana (il vescovo caldeo di Aleppo, Antoine Audo si è espresso senza mezzi termini) si siano schierate compatte a favore di Bashar. Damasco, la capitale, non scende in piazza. E questo è successo per 9 venerdì di seguito, nonostante gli appelli dei gruppi di rivolta presenti su Fb. Anche quando non era controllata dall’esercito.

Nella capitale, come anche Aleppo, vive una larga fetta di borghesia che appoggia il regime. Ma anche chi non ha interessi economici, per ora sta a guardare. Aspetta. Ci sono poi settori della società che non amano gli Assad ma che si chiedono se l’alternativa proposta dalle opposizioni non sia peggiore rispetto all’attuale status quo.

3) A Damasco si parla infatti molto della mancanza di una opposizione “reale”. Della mancanza di leaders e piani precisi. Da sfatare anche il luogo comune che i siriani non siano informati su ciò che sta accadendo nel Paese. Seguono tutte le emittenti televisive, anche quelle straniere e navigano in internet. Soprattutto i giovani.

In molti obiettano. “I gruppi su Facebook operano dall’America. Non abbiamo fiducia nei fuoriusciti, seguiamo le dichiarazioni che fanno in Rete, dal loro mondo dorato all’estero.

Viene citato spesso Ammar Abdulhamid, oppositore esiliato nel 2005, che oggi vive nel Maryland, negli Stati Uniti. “Lui, come gli altri ingenui, minimizza il pericolo.”Di fatto gli oppositori e gli attivisti che ho ascoltato non hanno saputo darmi risposte. Oppure hanno ventilato una soluzione provvisoria “gestita dai vari gruppi confessionali”. Proprio ciò che fa paura ai siriani. Questa incertezza, questa paura del vuoto di potere, di cui potrebbero approfittare potenze straniere, o gruppi religiosi conservatori, o addirittura vecchi esponenti del Partito Ba’th come l’ex vicepresidente Khaddam, in esilio in Francia, (originario di Banyas) sono reali non frutto di opinioni o “scuole di pensiero”. Ma si possono “registrare” solo vivendo sul “campo” e ascoltando ciò che dice la gente.” Ieri era aumentata visibilmente la presenza di forze di sicurezza. Nei dintorni della capitale, nei sobborghi dove nelle scorse settimane si sono registrati disordini come Duma, Harasta, Barzeh, la polizia hanno allestito posti di blocco.

 

 

|Venti di Guerra in Siria| - L'intervento di Domenico Losurdo

 

L'arroganza dei guerrafondai atlantici

 

 

La NATO attaccherà la Siria cominciando con la disinformazione

Fonte web

La tecnica è ormai consolidata e si basa sulla diffusione di notizie false con la realizzazione di vere e proprie fiction televisive per creare consenso e giustificare qualsiasi aggressione militare.

Chi non ricorda le fiction ambientate in Libia ma girate altrove? I libici presenti in Europa erano ben in grado di accorgersi che quelle scene di rivolta viste in TV non erano girate nel proprio Paese, o quantomeno non in "quella piazza"!

E le riprese del cimitero sulla spiaggia spacciato per fosse comuni di ribelli uccisi dal "regime"?

Purtroppo l'Opinione Pubblica oltre ad essere molto superficiale e credulona, ha anche la memoria corta.

Si è potuto apprezzare la tremenda efficacia delle campagne mediatiche di guerra con l'Afghanistan, con la faccenda dei falsi attentati dell'11 settembre, col ribaltamento della leadership in Tunisia, con la stessa aggressione all'incolpevole Iraq, con l'invasione e la sottomissione della Libia per la quale occasione sono riusciti a convincere il mondo "di superficie" che il popolo libico odiasse il suo storico benefattore!

L'Italia è coinvolta suo malgrado in questa organizzazione imperialista e guerrafondaia e sarebbe proprio il caso di uscirne, non solo per la nostra salvezza ma almeno in ossequio al principio di rifiuto della guerra sancito dalla Costituzione.

Gli Stati membri della NATO e del GCC stanno preparando un colpo di stato e un genocidio settario in Siria. Se volete opporvi a questi crimini, agite subito: mettete questo articolo in rete e segnalatelo ai vostri eletti.

Tra pochi giorni, forse già venerdì 15 giugno, a mezzogiorno, i siriani che vorranno guardare i canali nazionali li vedranno sostituiti sui loro schermi dalle televisivi create dalla CIA. Immagini realizzate in studio mostreranno massacri attribuiti al governo, manifestazioni pubbliche, ministri e generali che danno le loro dimissioni, il presidente al-Assad che fugge, i ribelli che si radunano nel cuore delle principali città, e un nuovo governo che s’installa nel palazzo presidenziale.
Questa operazione, direttamente guidata da Washington da Ben Rhodes, viceconsigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, è destinata a demoralizzare i siriani e a consentire un colpo di stato. La NATO, che si scontra con il doppio veto di Russia e Cina, giungerà a conquistare la Siria senza doverla attaccare illegalmente. Qualunque sia il giudizio sugli eventi attuali in Siria, un colpo di stato metterebbe fine ad ogni speranza di democratizzazione.

Molto ufficialmente, la Lega Araba ha chiesto agli operatori satellitari Arabsat e Nilesat d’interrompere la ritrasmissione dei media siriani, pubblici e privati (Syria TV, al-Ekbariya, ad-Dunya, Cham TV, ecc.). C’è un precedente, dal quando la Lega aveva già lavorato alla censura televisiva libica, per evitare che i leader libici comunicassero con il loro popolo. Non c’è nessuna rete radio in Siria, per cui le televisioni sono ricevute esclusivamente via satellite. Ma questo taglio non lascerà gli schermi neri.
Infatti, questa decisione pubblica è solo la punta dell’iceberg. Secondo informazioni, parecchi incontri internazionali si sarebbero tenuti in questa settimana, per coordinare l’operazione di disinformazione. I primi due, di ordine tecnico, tenutisi a Doha (Qatar), il terzo politico, tenutosi a Riyadh (Arabia Saudita).

Alla prima riunione hanno partecipato gli ufficiali della guerra psicologica “embedded” in alcuni canali satellitari, tra cui al-Arabiya, al-Jazeera, BBC, CNN, Fox, France 24, Future TV, MTV. Sappiamo che dal 1998 gli ufficiali dell’Unità Operazioni di Guerra Psicologica (PSYOP) dell‘US Army sono stati inseriti nella redazione di CNN; dopo, questa pratica è stata estesa dalla NATO ad altre stazioni TV strategiche. Hanno preparato in anticipo delle false informazioni, secondo un “racconto” sviluppato dal team di Ben Rhodes alla Casa Bianca. Una procedura di convalida incrociata è stata messa a punto, ogni media riporterà le menzogne degli altri, per renderle credibili presso i telespettatori. I partecipanti hanno inoltre deciso non solo di requisire le reti TV della CIA in Siria e Libano (Barada, Future TV, MTV, Orient News, Syria Shaab, Syria Alghad), ma anche una quarantina di canali TV wahhabito che invocano il massacro settario al grido di “I cristiani a Beirut, gli alawiti nella tomba!

Il secondo incontro ha riunito ingegneri e sviluppatori per programmare la produzione di immagini di fiction, miscelando una parte realizzata negli studi a cielo aperto e una parte realizzata con la computer grafica. Degli studi sono stati costruiti nelle ultime settimane, in Arabia Saudita, per riprodurre i due palazzi presidenziali siriani e le piazze principali di Damasco, Aleppo e Homs. Vi sono già studi di tale tipo a Doha, ma sono insufficienti.

Alla terza riunione vi hanno partecipato il generale James B. Smith, ambasciatore degli Stati Uniti, un rappresentante del Regno Unito, e il principe Bandar Bin Sultan (che il presidente George Bush padre ha designato come figlio adottivo, al punto che la stampa statunitense l’ha definito “Bandar Bush”). Si tratta di coordinare i media e “l’esercito libero siriano”, di cui i mercenari del principe Bandar formano il grosso degli effettivi.

L’operazione che è in gestazione da mesi, è stata accelerata dal Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, dopo che il presidente Putin ha comunicato alla Casa Bianca che la Russia si opporrà con forza a qualsiasi intervento militare illegale della NATO in Siria.

Questa operazione consiste in due flussi simultanei: da una parte diffondere false informazioni e dall’altra impedire ogni possibilità di rispondervi.

Il fatto di oscurare le TV satellitari per condurre una guerra, non è nuovo. Così, sotto la pressione di Israele, Stati Uniti e Unione europea hanno oscurato in successione le reti TV libanesi, palestinesi, irachene, libiche e iraniane. Nessuna censura è stata condotta verso i canali satellitari di altre parti del mondo.

La diffusione di notizie false, non è una novità. Tuttavia, quattro passi importanti sono stati adottati nell’arte della propaganda, durante l’ultimo decennio.

• Nel 1994, una stazione di musica pop, Radio Libera delle Mille Colline (RTLM) ha dato il segnale del genocidio ruandese, invocando “l’uccisione degli scarafaggi!“.

• Nel 2001, la NATO ha usato i media per imporre una interpretazione degli attentati dell’11 settembre e giustificare gli attacchi in Afghanistan e in Iraq. Anche allora, fu Ben Rhodes ad esser stato incaricato dall’amministrazione Bush a scrivere la relazione della Commissione Kean/Hamilton sugli attentati.

• Nel 2002, la CIA ha usato cinque canali, Televen, Globovision, Meridiano, ValeTV e CMT, per far credere che delle enormi manifestazioni avevano costretto il presidente del Venezuela Hugo Chavez a dimettersi, mentre era stato vittima di un colpo di stato militare.

• Nel 2011, France 24 funse da Ministero dell’Informazione de facto del Consiglio Nazionale della Libia, con il quale era legata da un contratto. Nella battaglia di Tripoli, la NATO ha fatto realizzare in studio e diffondere da al-Jazeera e al-Arabiya le immagini dei ribelli libici che entravano nella piazza centrale della capitale, mentre erano ancora lontani dalla città, in modo che i residenti, convinti che la guerra fosse persa, cessassero ogni resistenza.

Ora i media non si accontentano più di sostenere la guerra, la fanno.Questa disposizione viola i principi fondamentali del diritto internazionale, a cominciare dall’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo relativa al fatto “di ricevere e diffondere senza riguardo per le frontiere, le informazioni e le idee attraverso ogni mezzo di espressione che sia“. Soprattutto, viola le risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, adottate dopo la seconda guerra mondiale per impedire le guerre. Le risoluzioni 110, 381 e 819 proibiscono “le barriere al libero scambio di informazioni e idee” (in questo caso l’oscuramento delle reti siriane) e “la propaganda che rischia di provocare o incoraggiare ogni minaccia alla pace, violazione della pace, o atto di aggressione“. Nel diritto, la propaganda di guerra è un crimine contro la pace, il crimine più grave, dal momento che rende possibili crimini di guerra e genocidi.

 

 

|Venti di Guerra in Siria| - L'intervento di Patrick Boylan (Rete NO WAR)

 

Wesley Clark del Pentagono rivela: guerre in Libia Siria Iran sono state decise da 10 anni

 

 

L’OMICIDIO DEL CRISTIANESIMO IN SIRIA. IL PATRIARCA

CATTOLICO: CRISTIANI USATI COME SCUDI UMANI DAI RIBELLI

Fonte web

Cristiani siriani usati come scudi umani dai ribelli negli scontri a fuoco con l’Esercito regolare di Assad. A denunciarlo è il patriarca Gregorio III Laham, massima autorità cattolica di Damasco, Patriarca di Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melchiti. Il patriarca racconta di rapimenti notturni dei fedeli della sua diocesi, con pagamenti fino a 200mila dollari Usa per il riscatto, case confiscate o fatte saltare per aria, continue incursioni armate di musulmani sunniti nei quartieri cattolici. ... E sulla strage di Hula sottolinea: “E’ contro ogni logica che sia stata compiuta dal governo. L’artiglieria dell’Esercito si trovava fuori dal villaggio, mentre le esecuzioni sono state perpetrate da qualcuno penetrato nel centro abitato”. Patriarca Gregorio III, com’è la situazione per i cristiani in Siria? La loro situazione è problematica non soltanto in quanto cristiani ma anche in quanto cittadini in ...

... difficoltà. I ribelli entrano nei loro quartieri, mettendoli in fuga dalle loro case: è successo a Homs, Yabroud, Rabli e altrove nella Valle dei Cristiani. Il risultato è un vero e proprio esodo dei cristiani siriani che non si sentono più sicuri nel loro Paese.

A chi appartengono i gruppi che cacciano i cristiani dalle loro case?

Sono musulmani sunniti appartenenti alle fazioni ribelli, ma spesso anche terroristi o banditi. Bisogna dirlo chiaramente: in Siria non si fronteggiano più soltanto governo e opposizione, ma c’è anche un terzo elemento che punta soltanto a sovvertire la legge. I cristiani sono vittime del caos nel Paese che è stato causato dagli oppositori.

Che cosa fanno i “banditi” una volta entrati nei quartieri cristiani?

La loro semplice presenza è già di per sé un elemento di insicurezza, perché crea un’atmosfera terroristica. Appena si insediano in un luogo hanno inizio gli scontri con l’Esercito regolare. I terroristi uccidono soldati o funzionari, come è successo a Homs e nei villaggi intorno alla città.

I ribelli aggrediscono i cristiani?

I ribelli usano i civili cristiani, i loro quartieri e le loro case come scudi umani negli scontri con l’Esercito. E allora accade quello che accade. Non capisco perché questi musulmani sunniti vengano in quartieri e villaggi che non sono i loro.

Quali altre violenze sono subite dai cristiani?

I banditi estorcono denaro ai cristiani o li rapiscono nottetempo e li rilasciano dopo due o tre giorni in cambio di riscatti del valore fino a 200mila dollari. In alcuni casi questi gruppi hanno confiscato le case dei civili, magari per poi distruggerle.

Che cosa è possibile fare per proteggere i cristiani siriani?

Se l’Europa vuole salvare i cristiani siriani, deve incoraggiare il piano di pace di Kofi Annan. Qualsiasi piano alternativo, come pure l’ipotesi di nuove sanzioni, indebolisce soltanto gli sforzi del mediatore Onu. La comunità internazionale ha affidato la missione ad Annan e bisogna lasciarlo lavorare. Il problema è che prima l’Europa gli ha affidato un mandato e ora è contro di lui. E’ questo che impedisce al piano Annan di fare dei passi avanti.

Chi è responsabile delle violazioni della tregua?

La tregua è stata violata dai ribelli e non da Assad. Il regime non ha alcun interesse a fare fallire il piano Annan. Su 10mila morti dall’inizio della rivolta, si contano migliaia di vittime anche tra i soldati. Il governo deve proteggere l’intero Paese, e non soltanto i manifestanti che sono sempre armati. A nome anche degli altri vescovi siriani, posso affermare che non è mai avvenuto che una manifestazione disarmata fosse attaccata dall’Esercito. Il governo non attacca se non è attaccato. A Hula sono stati uccisi 15 soldati prima della strage, che non è stata compiuta dai fedeli di Assad.

Ne è davvero certo?

Non riesco a immaginare che un governo e un esercito organizzato possano uccidere dei bambini così. Soprattutto in un momento in cui si trova sotto gli occhi del mondo intero.

In un primo momento a essere accusata è stata l’artiglieria dell’Esercito …

L’artiglieria si trovava fuori dal villaggio, mentre è più probabile che chi ha compiuto la strage siano state le forze dell’opposizione all’interno del centro abitato. Non ho elementi per affermarlo con certezza, ma è la cosa che mi sembra più logica.

I ribelli, che chiedono solo democrazia, avrebbero invece dei motivi per uccidere i bambini?

La democrazia non c’entra, all’origine delle rivolte c’è la volontà internazionale e locale di distruggere le Siria. Noi abbiamo già abbastanza democrazia, anche se non al cento per cento, e siamo sulla via per rafforzarla. Negli ultimi dieci anni il clima del mio Paese è diventato più liberale e democratico, nonostante la presenza dei servizi segreti. Noi cristiani siamo i primi a chiedere un cambiamento, ma riteniamo che quest’ultimo non possa venire da una rivoluzione armata.

Perché i cristiani si sentono più sicuri con Assad che con l’opposizione?

Perché non sappiamo chi siano questi oppositori. I cristiani sono protetti quando c’è sicurezza nel Paese. Attualmente invece la Siria è nel caos, e a provocarlo non è certo il governo. (…)

 

 

L'informazione sta uccidendo la Siria...

 

 

«I ribelli ci uccidono. L’esercito deve restare»

Ci sentiamo indignati e impotenti di fronte al tipo di informazioni che circolano in Europa e fanno opinione, sostenendo le sanzioni internazionali

Fonte web

Siria, Maalula, Monastero S. TeclaViviamo in Siria da più di sette anni, amiamo questo Paese e il suo popolo. Ci sentiamo indignati e impotenti di fronte al tipo di informazioni che circolano in Europa e fanno opinione, sostenendo le sanzioni internazionali, una delle armi più inique che l’Occidente usa per tenersi le mani pulite e dirigere comunque la storia di altri popoli. Pulite fino a un certo punto: si moltiplicano le segnalazioni della presenza di personale militare inglese, francese (e di altri Paesi) a fianco degli insorti per organizzare le azioni di guerriglia, grave violazione internazionale che passa sotto silenzio.
Sono state raccolte firme e fondi per aiutare la “primavera” del popolo siriano.

Ma chi ha dato – in perfetta buona fede – offerte e sostegno della “liberazione” della Siria deve sapere che ha finanziato assassini inumani, procurando loro armi, contribuito alla manipolazione dell’informazione, fomentato una instabilità civile che richiederà anni per essere risolta. Sconvolgendo l’equilibrio in un Paese dove la convivenza era pane quotidiano. Perché intervenendo senza conoscere la realtà non siamo più liberi, ma funzionali ad altri interessi che ci manipolano.

Non è nostro compito fornire una lettura socio-politica globale della vicenda siriana, altri lo stanno facendo meglio di noi. E chi lo vuole davvero può trovare informazioni alternative. Noi ci limitiamo a raccontare solo ciò che i nostri occhi vedono, qui nel piccolo villaggio di campagna dove viviamo. E dove, quasi ogni notte, i soldati presenti nella piccola guarnigione che lo presidia sono attaccati. Sia dagli insorti presenti nella zona, sia da bande mercenarie che passano il confine siriano nel tentativo di sopraffare l’esercito e aprire un varco per il flusso di armi e combattenti. I militari rispondono? Certo, e la gente ne è contenta perché di armi e mercenari il Paese è già pieno.

Sta per scadere l’ultimatum per il ritiro dell’esercito, che qui nessuno – nel senso letterale del termine – vuole. La gente si sente sicura solo quando i militari sono presenti. Ormai le violenze compiute dai cosiddetti liberatori nelle città, nei villaggi, sulle strade, sono tante e così brutali che la gente desidera solo vederli sconfitti. Gli abusi sono continui: uccisioni, case e beni requisiti o incendiati, persone, bambini usati come scudi umani. Sono i ribelli a bloccare le strade, a sparare sulle auto dei civili, a stuprare, a massacrare e rapire per estorcere denaro alle vittime. Invenzioni? La notte del Venerdì Santo, non lontano da dove abitiamo, hanno ucciso un ragazzo e ne hanno feriti altri due: tornavano alle loro case per celebrare la Pasqua. Il ragazzo morto aveva 30 anni ed era del nostro villaggio. Non sono i primi tra la nostra gente a pagare di persona. Ormai prima di spostarsi a fare la spesa o anche solo per andare a lavorare ci si assicura che l’esercito controlli la zona. Anche a noi è capitato di trovarci bloccati dalle sparatorie per tre ore in un tratto di autostrada e siamo riusciti a ripartire solo quando si è formato un corridoio di carri armati che proteggevano gli automobilisti in transito dai tiri dei rivoltosi.

Perché di tutto questo non si parla? Perché non si parla dei tanti militari assassinati in vari agguati, gli ultimi ieri ad Aleppo? Sono tanti i drammatici esempi che potremmo citare. Il fratello di un nostro operaio, tenuto prigioniero a Homs dai ribelli insieme ad altri civili, è ormai considerato morto, due padri di famiglia del nostro villaggio sono stati sempre a Homs dai rivoltosi perché compravano e distribuivano pane a chi era rimasto isolato. La questione che qui, però, ci preme sottolineare e per la quale invitiamo tutti a mobilitarsi è quella delle sanzioni internazionali. Chi sta pagando e pagherà ancora di più fra poco, è la gente povera.
Non c’è lavoro, non ci sono le materie prime e le esportazioni di prodotti locali, come bestiame e uova, sono ferme. Quel poco che c’è, poi, si vende a prezzi esorbitanti.

Tra le principali urgenze c’è quella del latte per i bambini. I prezzi dei cartoni sono raddoppiati, passando da 250 lire siriane a 500 (la paga giornaliera di un operaio è di 7-800 lire). Scarseggia il mangime per il bestiame: le poche confezioni disponibili sono passate da 650 a 1850 lire. Mancano i medicinali specialistici, scarseggia l’elettricità perché i ribelli hanno fatto saltare più volte le centrali e le linee di conduzione. Non c’è gasolio (e l’inverno è stato molto freddo quest’anno), perché la Siria non può più esportare il suo greggio in cambio di petrolio raffinato. I trattori quindi sono fermi e non si può lavorare la terra. Sono bloccati perfino i camion che prelevano la spazzatura. Ci sono problemi con l’acqua perché le pompe funzionano col gasolio. Il nostro villaggio e quello vicino – che condividono lo stesso pozzo – hanno acqua un unico giorno alla settimana e solo per 3-4 ore. Si rischia una vera carestia per l’avvenire: presto mancherà il grano e quindi anche il pane, il solo alimento che, per ora, il governo riesce a distribuire a un prezzo calmierato, anche ai più poveri. E poi si protesta perché la Croce Rossa non può portare aiuti. È possibile arrivare a sanzionare addirittura l’importazione di pannolini per i lattanti?

Tutto questo è profondamente ingiusto. Non si è riusciti a rovesciare il governo con le armi, lo si vuole fare esasperando la gente. Certo, è proprio questa la logica delle sanzioni. Quando, però, una grande maggioranza della popolazione – che piaccia o meno – non vuole un cambiamento violento della situazione, tale sistema diventa una vera sopraffazione. Chiediamo con forza a chi può fare qualcosa di sospendere le sanzioni e di intervenire. Che la nostra tanto osannata democrazia si dimostri capace di servire il vero bene del popolo

 

 

Barack Obama ha deciso l'attacco alla Siria:

non più questione del 'se' ma del 'quando'

 

 

L’opposizione siriana crea la sede estiva a Miami

Fonte web

Ricevimento dei partecipanti al seminario cubano-siriano tenuto dal governatore della Florida Rick Scott (1 maggio 2012).La CIA sta attuando un dispositivo per sabotare il piano Annan e qualsiasi tentativo di pace in Siria. Tornando ai suoi metodi da guerra fredda, quando ha creato gruppi sovversivi nel blocco orientale per infiltrarsi nei fronti di combattimento internazionali, la CIA ha organizzato un seminario di formazione congiunto a Miami per i membri delle opposizioni armate cubana e siriana.

tilizzando la comunità cubano-americana che agisce sotto il loro patrocinio a Miami, così come gli oppositori siriani che vivono sul loro territorio, i servizi segreti statunitensi mirano ad associare Cuba ai disordini in corso in Siria, secondo un dispaccio dell’agenzia spagnola EFE che "svela" che i "dissidenti siriani e cubani a Miami hanno creato un fronte per combattere Castro e al-Assad".

"Le resistenze siriana e cubana hanno creato un fronte unito per la libertà e la democrazia di entrambi i popoli lotta contro ’regimi dittatoriali", ha riferito il corrispondente dell’agenzia di Madrid a Miami, considerata la base di tutte le trame anti-cubane degli Stati Uniti.

I rappresentanti della "principale organizzazione dell’opposizione siriana" e membri della cosiddetta Assemblea della Resistenza cubana (CRA) di Miami, hanno firmato un "accordo per coordinare i loro sforzi" e dare un’immagine di instabilità di Cuba.

"La Siria è finita in una spirale di violenza dal 15 marzo 2011, quando migliaia di persone sono scese per le strade", ha aggiunto EFE.

"Questo offre una straordinaria opportunità: un fronte unito che riavvicina i popoli di Siria e Cuba per combattere insieme per la libertà e la democrazia", ha detto Silvia Iriondo, "presidente" di Madri e donne contro la repressione (MAR Por Cuba), nella sua intervista con il corrispondente di EFE a Miami.

Silvia Iriondo, il cui vero nome è Silvia Goudie, è la figlia di un mercenario che ha preso parte alla fallita invasione della Baia dei Porci. Vive a Miami, dove fa vivere le sue bugie e il suo "fantomatico" MAR Por Cuba, gentilmente finanziato dall’USAID. Quando il piccolo cubano di 6 anni Elian Gonzalez venne rapito dai suoi parenti a Miami, questa signora e i membri della sua organizzazione, dichiararono che avrebbero preferito vederlo morire piuttosto che restituirlo alla famiglia a Cuba.

Il Dipartimento di Stato e le sue "controllate" l’hanno sempre impiegata nella loro "servizio estero" partecipando alle loro riunioni contro Cuba, Europa e America Latina.

Nel marzo 2004, Robert Ménard, ex segretario generale di Reporter senza frontiere, e Frank "Paquito" Calzon, ufficiale della CIA e direttore del Centro per una Cuba Libera (CFC), apparvero con lei in pubblico, durante un incontro con i parlamentari europei organizzati dagli amici dell’ex primo ministro spagnolo, Jose Maria Aznar presso l’Unione Europea.

Robert Ménard è diventato famoso dopo aver riempito i suoi conti bancari "cubani" in Virginia con i soldi dell’USAID, mentre, Felipe Sixto, il braccio destro di Calzon al CFC, veniva arrestato e condannato per essersi appropriato di mezzo milione di dollari.

Nel 2007, la International Society for Human Rights, una organizzazione apertamente anticomunista gestita dalla CIA, aveva organizzato un seminario sul "problema cubano" presso il Dresden Bank Communications Center di Francoforte, Germania, invitando al podio Silvia Iriondo assieme a Calzon , Pedro V. Roig (direttore dell’Office of Cuba Broadcasting e responsabile di Radio Martí e TV Martí, allora sotto inchiesta per frode), il "Comandante traditore", Hubert Matos, legato al traffico di droga, e Angel Francisco de Fana Serrano, membro di Alpha 66 (arrestato in California nel 1995, per possesso di un arsenale di armi da usare in un attacco terroristico contro Cuba).

Nel novembre 2009, Silvia Iriondo insieme al capo di Uno América, una organizzazione fascista ideologicamente affine all’Operazione Condor, e Alejandro Peña Esclusa, attualmente sotto processo a Caracas per terrorismo, erano nel gruppo di "osservatori" che aveva legittimato le elezioni generali tenute sotto la dittatura di Roberto Micheletti in Honduras.

In quell’occasione, fu di nuovo gomito a gomito con Matos e altre "figure" della mafia anticubana, come il milionario "anti-Castrista" Orlando Gutierrez Boronat che condivide con la sua camerata le fanfare su "Cuba-Siria".

Un destinatario, come Iriondo, di generose iniezioni di dollari dell’USAID, Gutierrez si è auto-incoronato Segretario Nazionale del Cuban Democratic Directorate (Directorio Democrático Cubano), ed è stato anche accusato da alcuni, di utilizzare i sussidi per viaggiare in tutto il mondo.

Salutato da EFE, una agenzia di stampa fondata dal nonno franchista di Aznar, questo "accordo" non è il primo tentativo di "associare" Cuba alla Siria, in cui Iriondo è stata coinvolta.

Poche settimane prima, questa "attivista" al soldo del Dipartimento di Stato ha partecipato a un briefing al Congresso, organizzato dalla cosiddetta Association of Cuban-American lawyers (CABA), incentrata sul tema "La primavera araba a Cuba", in presenza di legislatori mafiosi come Mario Diaz-Balart, Ileana Ros-Lehtinen e David Rivera.

Tra i firmatari dell’"accordo" acclamato da EFE, vi appare anche Horacio Garcia, del Council for the Freedom of Cuba (CLC) ed ex direttore della Cuban American National Foundation (FNCA). Va notato che questo signore è stato pubblicamente indicato dal terrorista di origine cubana Luis Posada Carriles come uno dei principali "finanziatori" delle sue attività criminali.

Per la "parte siriana", EFE cita Mohamed Kawam, della cosiddetta Task force siriana di emergenza, e Niman Shukairy, affiliato all’United for a Free Siria - rispettivamente medico e dentista - che sembrano avere più il gusto per il denaro facile piuttosto che nell’esercitare la loro professione. Due attivisti siriani residenti negli Stati Uniti, le cui posizioni di destra gli hanno permesso di essere strettamente associata alla propaganda del dipartimento di Stato e ai meccanismi di destabilizzazione.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Colpi di avvertimento russi

Il conflitto siriano potrebbe degenerare in una guerra mondiale

 

Siria e Iran, le prossime due guerre sono già iniziate

Metto in fila i fatti. Il 15 maggio ha preso avvio al confine giordano-siriano, la più grande esercitazione militare congiunta mai fatta in Medio Oriente. Vi partecipano 12.000 soldati di 47 paesi Nato e arabi, inclusa l’Italia. Dopo qualche giorno una serie di potenti esplosioni scuotono Damasco, uccidendo decine di soldati e ufficiali. Passa ancora qualche giorno e, mentre Bashar Assad è a colloquio con Kofi Annan, si viene a sapere di un orrendo massacro di oltre 100 persone nel villaggio di al-Houla.

 

Syrian Free Press

not censored by Zion-Western media

 

DALLA LIBIA ALLA SIRIA: LA SCOMPARSA DEL PACIFISMO

A fronte di questi eventi colpisce la completa scomparsa del cosiddetto “movimento pacifista”. Una guerra conclusasi (per modo di dire) in Libia ed un’altra sul punto di esplodere in Siria, tutta l’area nordafricana e del vicino oriente destabilizzata e nessuno che protesti, manifesti o proponga qualche riflessione perlomeno originale o non conformista. Chi non ricorda, solo pochi anni fa, le piazze d’Italia riempirsi di manifestanti che si opponevano alla guerra di Bush? Chi non ricorda lo sventolio delle costituzioni italiane a ricordare che “l’Italia ripudia la guerra”? E chi non ricorda le manifestazioni civili e religiose al tempo dell’intervento italiano nei Balcani, davanti alla base americana di Comiso? Che ne è rimasto di tutto questo?

 

SIRIA: “La desolazione di Homs e la guerra di

informazione”: le parole di un Vescovo greco-cattolico

 

Mons. Philip Tournyol Clos racconta la chiave di lettura di leader cristiani e musulmani siriani, che affermano: “I nemici della Siria hanno arruolato i Fratelli Musulmani al fine di distruggere le relazioni fraterne che esistevano tradizionalmente tra musulmani e cristiani Eppure, ad oggi, non ci riescono: hanno provocato una reazione contraria e le due comunità sono unite più di prima”. I soldati siriani infatti, continuano a trovarsi di fronte combattenti stranieri, mercenari libici, libanesi, militanti dei paesi del Golfo, afgani, turchi.