GRECIA AL COLLASSO E

L'AREA EURO TREMA

 

A QUESTO PUNTO IL DEFAULT E' INEVITABILE E GLI

ULTERIORI AIUTI NON SERVIRANNO A SALVARLA

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

Il cavallo nero dell'Apocalisse, simbolo della miseria e

della fame che colpirà il mondo negli ultimi tempi

 

 

INTRODUZIONE

"L’economista statunitense Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve dal 1987 al 2006, ritiene “quasi certo” il default della Grecia e lo ha ribadito nel corso di un’intervista televisiva su New York Tv.

Secondo Greenspan è impossibile che il sistema politico attuale sia in grado di risolvere una situazione tanto grave. La crisi del debito in Grecia potrebbe generare importanti perdite per diverse banche e creare le condizioni per un dissesto bancario simili a quelle della crisi finanziaria del 2008.
La recessione colpirebbe anche gli Stati Uniti. Per questo la Casa Bianca sostiene il governo del premier Papandreou, incoraggiandolo a portare avanzi gli sforzi per le riforme malgrado le forti opposizioni e i disordini scoppiati in diverse città per protesta contro le misure di austerità imposte dal governo.

I timori di un contagio della penosa situazione economica greca stanno già penalizzando altri paesi della Zona euro. Mentre giovedì i tassi greci hanno raggiunto un nuovo record, il tasso delle obbligazioni su due anni è salito oltre il 30%. In Spagna le obbligazioni si sono stabilizzate ai livelli più alti dell’ultimo decennio e il governo di Madrid è stato costretto a limitare l’importo della sua emissione di debito".... (fonte web)

"Dopo averne tante volte parlato qui un esempio per tutti, ci siamo: la Grecia, con interessi sui bond stabilmente oltre il 20%, veleggianti verso il 30%, con una economia definitivamente devastata dalla stretta economica imposta da BCE e FMI per concedere l'ultimo prestito/overdose, è ufficialmente in coma e non sono in vista antidoti.

La sua dipartita dal consesso delle nazioni solventi è data all 85%. il rating B-  (per quel che vale) è ad un passo da quelli dei junk-bonds di famigerata memoria.

 Già un anno fa, a parte il sottoscritto che per l'occasione "inventò" il termine backlash economy, si sapeva che il disgraziato paese non ce l'avrebbe fatta.

I numeri erano li per mostrarlo.

Troppo alto il deficit, troppo alto il debito accumulato, troppo debole e troppo sotto schiaffo l'economia, troppo sfilacciato il tessuto sociale, per poter pensare, credibilmente, di riuscire ad attuare un piano di recupero lacirme e sangue, come quello imposto dai creditori. Si è deciso, scientemente, di non decidere, SAPENDO, perfettamente, che si sarebbe distrutto un altro bel pezzetto di futuro e un sacco di risorse monetarie, morali ed umane nell'impossible intento di scansare l'amaro calice.

Alla fine il momento è arrivato e, questa volta, sarà la Grecia a dettare le condizioni.

Non avendo più niente da perdere, i politici ed i cittadini del paese metteranno la BCE di fonte ad un ultimatum: o accettate una PESANTE ristrutturazione del debito o la Grecia uscirà dall'Euro.

Ma la ristrutturazione non basterebbe, in ogni caso, a salvare l'economia del paese, ormai al tracollo.

QUINDI la Grecia farà probabilmente di più: chiederà una MORATORIA dei prestiti concessi E una ridiscussione degli interessi concordati dei medesimi.

I grandi istituti bancari Inglesi, francesi e tedeschi (ed anche italiani) che hanno speculato, forti dell'appoggio della BCE su questa triste vicenda, vedranno delle voragini aprirsi nei loro conti, con un impatto simile, in peggio a quello della crisi Argentina.

In alternativa, come pare più probabile, I maggiori istituti coinvolti nella vicenda, in qualità di azionisti di maggioranza, si faranno stampare dei bei soldini nuovi fiammanti dalla BCE a copertura delle loro malefatte ( l'hanno fatto le banche Amerikane: perchè noi no?). L'inflazione indotta sarà compensata dalla recessione e deflazione striscianti e... "poggi  e buhe fanno pari" come si dice dalle nostre parti.

Ma questo è solo l'inizio di una lunga storia. Nonostante il nostro paese sia sempre nel'occhio del ciclone, quando si parla di debiti sovrani, i paesi che hanno guai più gravi di quello greco e che si sono tenuti su, sostanzialmente, con una operazione di signoraggio mediatico, politico, militare  e finanziario, stanno seguendo, in grande, la stessa inesorabile traiettoria. Sto parlando, ovviamente di USA e Gran Bretagna"..... (Fonte web)

 

 

La Grecia come l'Argentina

 

La Grecia deve dichiarare insolvenza e uscire dall'euro

 

 

Quella Interminabile Tragedia Greca

Fonte web

E' oramai un anno che il teatrino della Grecia va avanti. La gente si è totalmente assuefatta al flusso di notizie che arrivano da Atene, Francoforte e Bruxell che oramai non ci fa neanche più caso. Come scritto nell'ultimo articolo anche le menti più critiche si sono convinte che in fondo non succederà nulla e il tutto verrà risolto senza grossi traumi.

Invece ci sono segnali che ci stiamo avvicinando a un epilogo significativo. Sembra tutto allineato alla perfezione. L'oro in Euro ha fatto nuovi massimi di tutti i tempi proprio questa settimana, nonostante ancora in pochi abbiano compreso le ragioni che continuano a spingerlo su, in TUTTE le principali valute del pianeta (nuovi massimi storici anche contro la sterlina proprio oggi).

Le borse dopo un anno di jo-jo, sono nuovamente su supporti molto delicati, mollati i quali si aprirebbero scenari di caduta non indifferenti. Anche il settore bancario europeo, che a gennaio e febbraio sembrava aver preso il volo, ha fatto, come ipotizzato, la fine di Icaro, e si ritrova adesso su supporti altrettanto fragili. Gli spread di paesi come Spagna e Italia sono tornati rapidamente verso i massimi e sembrano impostati per schizzare su da un momento all'altro.

Insomma le nubi si stanno addensando e non preannunciano nulla di buono. Chi in questo ultimo anno ha cercato di impedire l'inevitabile, comprando solo tempo e facendo ulteriori danni alla struttura economica, potrebbe avere ancora qualche carta da giocare. Non lo metto in dubbio. Ma a questo punto riuscirebbe a comprare qualche altro mese appena, non certo un altro anno.

La verità è che il tempo è quasi scaduto. Come scopriremo tra qualche settimana leggendo anche in italiano La Tragedia dell'Euro, la moneta unica europea era nata principalmente per realizzare un disegno politico francese. Tuttavia, è stata fondata su basi fragilissime e a questo punto non mi sorprenderebbe affatto se giungesse al proprio capolinea in maniera rapida e spettacolare.

E' mia opinione piuttosto nota ai lettori di questo sito che tutto il sistema monetario mondiale sta procedendo a passo spedito verso un clamoroso fallimento. Il prezzo dell'oro, in silenzio, da lungo tempo, sta segnalando proprio questo. Tuttavia con il fallimento definitivo della Grecia e il probabile contagio che seguirà (la Grecia come la Bear Sterns, Irlanda e Portogallo come Fannie Mae e Freddie Mac, e la Spagna come la Lehman? non manca qualcosa?), la resa dei conti di questa valuta potrebbe giungere con largo anticipo.

Essa ha cercato di unire paesi troppo diversi tra loro, molti dei quali, secondo i parametri inizialmente stabiliti, non sarebbero mai dovuti entrare a farne parte. Quei parametri si sono rivelati piano piano paletti inesistenti. Tutti hanno sforato, Germania compresa. Ma non è solo questo: anche la BCE, sorta a immagine e somiglianza della tedesca Bundesbank, dalla quale aveva ereditato il prestigio, in questi anni ha visto perdere buona parte della propria credibilità.

Per quel che mi riguarda tale credibilità della BCE ha rotto ogni supporto (come se fosse un grafico di borsa) quando il tedesco Alex Weber è stato fatto fuori dalla corsa alla presidenza a causa delle forti critiche espresse con riferimento alle politiche di sostegno dei PIIGS. La BCE di fatto non è più modellata sulla rigida Bundesbank tedesca, come era nelle intenzioni iniziali, ma sulle gestioni di manica molto larga che caratterizzavano fino a un decennio fa i paesi mediterranei.

Per assaporare in pieno la caduta libera di credibilità basta salire sulla giostra di commenti che continuano ad arrivare dalla agenzie stampa. Comunicati, affermazioni, smentite, in questi ultimi dieci giorni abbiamo visto e sentito, sul caso greco, tutto e il contrario di tutto. Addirittura lo scorso 19 maggio sono giunte voci di una sfuriata di Trichet contro Junker che aveva proposto di "riprofilare" il debito greco. Un'altra parola della neolingua per dire fallimento. Solo che Trichet la neolingua la conosce alla perfezione e la soluzione non gli sta bene. 

Insomma quello che sta succedendo è abbastanza chiaro: i moniti di Weber lanciati tempo fa a Trichet si sono rivelati corretti. Supportare i paesi periferici, acquistando titoli di Stato, è stato per la BCE un grave errore. La situazione adesso è davvero imbarazzante, anche se concettualmente è la stessa in cui si trova Bernanke con il suo Quantitative Easing. Il problema è che a differenza del dollaro, della Fed, e dei titoli di stato americani, la situazione europea è ben diversa, decisamente più fragile, più vulnerabile, e con un morto già in casa che nessuno ha il coraggio di sotterrare.

 

 

 

 

Grecia, il consenso negato

Il primo ministro Ghiorgos Papandreou pare muoversi su un

 filo teso sul deserto politico creato dalla crisi economica

Fonte web

La giornata di mercoledì potrebbe iscriversi nel manuale di storia greca contemporanea, come ''la giornata nera'' di un primo ministro in preda al panico.

Mentre Atene era invasa dalle migliaia di manifestanti dello sciopero generale che convergevano tutti sulla piazza del Parlamento con gravi scontri tra forze dell'ordine e dimostranti in piazza Syntagma, al Parlamento, blindato dalle barriere di ferro poste dalla polizia, veniva presentata la nuova manovra finanziaria di 28 miliardi di lacrime e sangue.

In vista della prossima votazione della legge, sempre mercoledì pomeriggio, le dimissioni di due deputati del Pasok, aprivano la via per la crisi all'interno del partito di governo, da tempo dilaniato dalla scelta tra rifiuto e sottomissione a politiche che non hanno nessuna parentela ideologica col partito socialista ellenico.

Eppure, questo era solo l'inizio, perché a mezzogiorno, ambienti prossimi alla presidenza del consiglio facevano trapelare che, d'accordo con Antonis Samaras, presidente della Nuova Democrazia, maggior partito dell'opposizione, il primo ministro si sarebbe dimesso, al fine di formare un governo di unità nazionale.

A sera, invece, un Ghiorgos Papandreou impacciato annunciava a reti televisive unificate di voler andare avanti da solo con un rimpasto di governo, senza mancare di accusare le opposizioni per il mancato consenso alla sospirata alleanza.

Stando a Papandreou, infatti, solo una sintesi politica potrebbe salvare il paese dalla crisi economica e quella di mercoledì non è stata la prima volta, nel corso degli ultimi mesi, in cui il primo ministro ha fatto appello al senso patriottico di Antonis Samaras (peraltro accentuato, generalmente), pressato all'intesa con il governo anche dall'Ue e dal Fmi.

In un bailamme di ipotesi, analisi e scommesse, è passato un pomeriggio intero nel corso del quale pareva che Papandreou e Samaras avessero raggiunto l'accordo per la formazione di un governo che comprendesse esponenti dei due maggiori partiti del paese.

Samaras, faceva sapere la presidenza, aveva accettato ponendo tre condizioni al tanto sospirato consenso: le dimissioni di Papandreou, appunto, la revisione del memorandum firmato in occasione del prestito di 110 miliardi del maggio 2010, le elezioni anticipate.

Se tali condizioni parevano accolte nel pomeriggio, a sera non lo erano più, dimostrando, ancora una volta come Papandreou scelga, spesso e male, date le continue sconfitte, la partita del ricatto di esponenti politici e corpo elettorale col dilemma ''o si procede sulla strada che il governo ha tracciato o il paese è spacciato''.

Certo, le motivazioni dei ripetuti rifiuti di Samaras non sono scevre di calcoli politici: non si tratta tanto di un'opposizione ideologica, infatti le posizioni sull'economia della Nuova Democrazia non sono tanto lontane da quelle del memorandum. Si tratta, molto semplicemente, di un appello, in parte vincente, al forte malcontento che le misure di austerità generano in un corpo elettorale che ha molto appreso e capito, nel corso dell' ultimo anno.

 

 

 

 

IL COLLASSO STA ARRIVANDO!

SIETE PRONTI?

Fonte web

Non va tutto bene. E le cose andranno peggio... molto peggio. L'economia è sull'orlo del baratro. Le guerre si espandono come incendi. Il mondo è sulla lama di un rasoio.

I leader mondiali e gli esperti dei media dicono che non è così. Sì, ci sono problemi, ma finanza e politica ne sono a conoscenza. Sono già state prese le politiche e le misure per correggere questi problemi.

Che siano economie fallimentari, vecchie guerre irrisolvibili o nuove che imperversano, dall'alto si sostiene sempre che sono stati fatti progressi costanti e si conforta la popolazione assicurando che le menti più brillanti e i migliori generali si occupano del caso. Su tutti i fronti il successo è certo e la vittoria è a portata di mano. E' necessaria solo "pazienza"... assieme a più uomini, più tempo e più soldi.

Per quanto riguarda questi "leader" e i loro mezzi di comunicazione, l’unica opinione valida viene da un gruppo ristretto di esperti, da fonti ufficiali e dai loro politici favoriti. Solo loro hanno le credenziali per poter parlare con autorità e fornire previsioni attendibili. Il fatto che queste siano spesso, se non sempre, errate pare non diminuire la loro credibilità.

Come può una persona pensare che gli stessi banchieri centrali, gli stessi operatori finanziari e politici responsabili della crisi economica, possano anche risolverla? A pochi giorni dal suo annuncio, noi avevamo predetto che il TARP (Troubled Asset Relief Program) di Bush era destinato a fallire, poi predimmo lo stesso per il pacchetto di stimoli di Obama (The American Recovery and Reinvestment Act). Non erano altro che una copertura: non ci sarebbe nessun recupero.

Ecco il Nuovo Piano, Uguale al Vecchio Piano

Non fa differenza se sono Democratici o Repubblicani. Nonostante la solita retorica, la soluzione dei problemi economici ha poco a che vedere con il partito al governo, riguarda la competenza professionale. Entrambi gli schieramenti hanno avuto la loro occasione. Entrambi hanno usato il loro potere per avviare politiche che hanno creato problemi. Entrambi avevano l'occasione per rimediare ai danni da loro stessi causati. Entrambi hanno fallito, come avevamo predetto. Dato chi sono e cosa hanno fatto, possiamo predire con sicurezza per il futuro una sequenza ininterrotta di fallimenti bipartisan.

Gli incompetenti della politica sono al timone. Quale persona con un sano principio di autoconservazione può credere alle promesse dei politici o fidarsi dei giudizi dei banchieri centrali o dei finanzieri di Wall Street, quando i loro veri interessi sono solo i loro interessi?

Non è "Business as Usual". Nel 1920 il presidente americano Calvin Coolidge dichiarò: "Il business dell'America è il vero business". Novant'anni dopo, la guerra è diventato il business dell'America: i quaranta anni della Guerra alla Droga, i dieci anni di Guerra al Terrorismo, la guerra in Afghanistan (la più lunga della storia americana), la guerra in Iraq che dura da nove anni e non se ne vede la fine, le guerre segrete in Pakistan e Yemen e più recentemente l'"azione militare a tempo limitato, scopo definito" in Libia.

Mentre le giustificazioni per entrare in questi conflitti sono state sempre diverse, si è sempre trattato di assassini immorali, interminabili, rovinosamente costosi e fallimentari. Perché si dovrebbe credere alle comunicazioni ottimiste rilasciate dai generali e ufficiali che continuano a rassicurare il pubblico sostenendo che l'applicazione di vecchie strategie fallimentari, questa volta, porteranno al successo?

Eppure, anche di fronte ai loro fallimenti e alla loro totale incompetenza, chiunque provi a mettere in discussione la linea del partito o la saggezza tradizionale viene tacciato come un "allarmista", un "pessimista" e un "alimentatore di paure". Sebbene le nostre previsioni possano essere sgradite - pessimismo, ottimismo, che piacciano o meno è irrilevante - conta solo la loro accuratezza. Abbiamo accuratamente previsto:

- che la guerra in Afghanistan e Iraq sarebbero state un guaio;
- lo scoppio della bolla immobiliare;
- la corsa all'oro;
- la crisi del 2008;
- la crisi dell'Unione Monetaria Europea;
- il fallimento del piano di salvataggio e degli stimoli americani per rianimare il mercato immobiliare e creare posti di lavoro;
- la caduta di governi, la diffusione di guerre civili e di sconvolgimenti sociali su scala mondiale.

Abbiamo detto anche che la previsione economica della Federal Reserve sui "green shots" nel marzo 2009 era un "miraggio" e avevamo predetto che il loro vantato "recupero" non era altro che una soluzione temporanea, un tappabuchi, a cui sarebbe seguita "la più grande depressione". Ed ora, a giugno 2011, con il Dow Jones in trend negativo e i dati economici che puntano verso la crisi, Washington e Wall Street continuano a negare. L'unico dibattito tra gli "esperti" è se un "doppio tonfo" di recessione sia probabile o meno.

Comunque, per l' uomo comune, colpito dalla diminuzione dei salari, dall'aumento dei prezzi, dalla disoccupazione senza controllo, dall'aumento delle tasse e dalle repressive misure di austerity, la "Depressione", non la "Recessione" e di sicuro non la "prosperità", è dietro l'angolo.

Secondo un sondaggio della CNN e Opinion Research Corporation del 8 giugno, il 48% degli americani crede che un' altra Grande Depressione possa essere probabile nei prossimi anni - la percentuale più alta mai raggiunta. Il sondaggio indica anche che poco meno della metà degli intervistati vive in una famiglia dove un membro ha perso il lavoro o è preoccupato che la disoccupazione possa colpirlo nel futuro prossimo.

Improvvisamente, dopo anni di disagi economici per milioni di Americani - e solo quando la sofferenza e il dolore non possono più essere mascherati con astrazioni o statistiche precotte - i media osano pronunciare la parola vietata che inizia con "D".

Per i lettori del Trends Journal, avvisati dell'emergere di questa tendenza circa tre anni fa, la prospettiva di una depressione non dovrebbe essere una sorpresa. E nemmeno l'idea che, quando la crisi colpirà e non potrà più essere negata, una gran parte della popolazione sofferente scenderà in piazza.

Quando la feci, questa previsione fu oscurata da gran parte dei maggiori organi di stampa. Ora però, quando qualcuno, in maniera esitante ed in ritardo, solleva questa possibilità, diventa subito una grande notizia e lui viene elevato al grado di grande saggio. Ai primi di giugno lo stratega dei Democratici James “It’s the Economy, Stupid” Carville, dopo aver appreso che 2 piu 2 fa 4, ha avvertito che le condizioni di un'economia in declino accrescono il rischio di disordini civili.

Come ho descritto anni fa: "Quando le persone perdono tutto e non hanno altro da perdere, perdono anche quello".

Previsione della Tendenza: Le guerre si moltiplicheranno e i disordini civili si intensificheranno. Come previsto, le rivolte ispirate dai giovani nel Nord Africa e nel Medio Oriente si stanno spandendo in Europa. (vedi “Off With Their Heads”, Trends Journal, autunno 2010)

Data la tendenza in atto e le persone al potere, il collasso economico a certi livelli è inevitabile. I governi e le banche centrali saranno inesorabilmente determinati a strappare ogni dollaro, sterlina o euro al popolo attraverso le tasse, mentre confiscano i beni pubblici (chiamale privatizzazioni) per coprire le scommesse perse da banche e finanzieri.

Quando le persone verranno dissanguate finanziariamente e non avranno più nulla da dare, il sangue scorrerà per le strade.

Lezione sulla Tendenza: Impara dalla storia. Ricordi quando divenne evidente per la prima volta che l'economia statunitense era in grave difficoltà e che si stava avviando verso la crisi del 2008? Non molti lo ricordano. La maggior parte della gente era con la mente in vacanza. Era la fine di luglio 2007 quando il mercato azionario è improvvisamente sceso sotto l' euforico livello di 14000.

Nonostante noi avessimo avvertito nel Trends Journal dell'estate 2007 (uscito a giugno di quell'anno) che "gli indici di tendenza prevedono una grossa crisi che colpirà il mercato finanziario fra luglio e novembre", il Dow in picchiata è stato minimizzato come un semplice "incidente d percorso"... un periodo di pausa tra picchi di espansione.

L' errore più grande in un mercato azionario in caduta

Le enormi oscillazioni del Dow Jones stanno ponendo interrogativi agli investitori. Ma togliere i vostri soldi dal mercato ora potrebbe essere l' errore più grande di tutti.

NEW YORK - Lo scorso giovedì è stato il secondo peggior giorno dell'anno per il Dow Jones Industrial Average. Ma ricordate, solo una settimana fa il Dow ha chiuso sopra i 14000 per la prima (e unica) volta. Le fluttuazioni del mercato non dovrebbero toccare gli investimenti del 401(k). Tenete a mente il vostro orizzonte temporale: molti dei nostri stanno per essere investiti nel mercato fino a che non andiamo in pensione, di solito fra qualche decina di anni. CNN 27 luglio 2007.

Dopo quattro anni e miliardi di dollari persi in azioni e 401(k), quel tipico consiglio di "fare un respiro profondo e mantenere la rotta" appare totalmente sbagliato. Il Dow avrebbe perso più di metà del suo valore ed ora, a giugno 2011, è sceso sotto i 12000.

La morale della storia è di non lasciar andare in vacanza la vostra mente. Le condizioni si deteriorano rapidamente ed è imperativo rimanere all'erta. Un altro episodio negativo in ambito finanziario è incombente. Può essere scatenato dall'economia (per esempio, dal contagio delle insolvenze e dalla crisi del debito in Europa, dal crollo del dollaro o dall'impennata dei prezzi delle materie prime), potrebbe essere il terrorismo (vero o false flag), un disastro provocato dall'uomo (un'altra Fukushima) o uno provocato da Madre Natura... o una combinazione di tutto questo.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Trichet, lo strangolatore

Imperturbabile nell’applicazione del protocollo dottrinale del banchiere centrale, Jean Claude Trichet, il capo della Banca Centrale Europea, ha rincarato i tassi d’interesse primari dello 0,25%. Il che significa il rincaro del denaro in tutta Europa. Per stroncare l’inflazione, dice. Ora, l’inflazione in Europa (oltre il 2%) è determinata dal rincaro mondiale delle materie prime, anzitutto del petrolio; un fenomeno che non dipende dalle scelte della BCE, e che non cambierà con il rincaro dei tassi. In realtà, l’Europa versa piuttosto in un clima di deflazione, data la recessione e la disoccupazione di massa; solo la piena occupazione innesca la rincorsa tra salari e prezzi delle merci, che è il motore classico delle inflazioni; e con indici di disoccupazione giovanile del 30%, e la riduzione reale dei salari attraverso i meccanismo della precarizzazione, il rischio è perlomeno remoto. ....