TRATTATO DI LISBONA,

 

OVVERO LA DITTATURA DI

DOMANI IN PUNTA DI PIEDI

 

(a cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

Rappresentazione de "I viaggi di Gulliver di Johnatan Swift"

Con il Trattato di Lisbona la favola rischia di diventare realtà

I popoli europei legati dalla dittatura di Bruxelles?.

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

Il 13 dicembre 2007 i leader dell’Unione europea hanno firmato il trattato di Lisbona, mettendo fine a diversi anni di negoziati sulla riforma istituzionale. 

 

Voi lo sapevate? Eppure il Trattato sarà la nuova Costituzione europea che tenderà ad annullare le Costituzioni dei singoli paesi europei, quindi una cosa molto seria. Ciò nonostante tutto è passato come se nulla fosse. I politici hanno taciuto e i media pure. Perché? Semplicemente perché a Bruxelles, gli oligarchi, hanno paura che la gente usi il cervello, che la gente chieda di essere interpellata mediante referendum. Meglio che la gente non sappia nulla... Meglio tenerla all'oscuro. Stanno così legando i popoli europei con funi piccole ma resistenti, quasi in punta di piedi, per impedire che gli europei si pronuncino sul loro futuro. Tale dinamica però non fa altro che accreditare le più sinistre ipotesi... Intanto l'Europa si appresta a celebrare l'aborto come un diritto giuridico a scapito del diritto alla vita del bambino. Il diritto della morte superiore al diritto diritto naturale alla vita. Ecco il futuro che ci stanno preparando...
 

Tanto che il Movimento Solidarietà in Europa ha lanciato una campagna contro il Trattato di Lisbona, che impone una dittatura oligarchica annullando le Costituzioni nazionali e il potere legislativo dei Parlamenti, soprattutto in politica economica. Il Movimento rilancia l'iniziativa per un referendum contro il Trattato promossa in Germania ed Austria dai costituzionalisti guidati dal Prof. Schachtschneider (docente di diritto pubblico all'Università di Norimberga) e dall'ex ministro della Giustizia austriaco Klecatzky. Essi denunciano l'anticostituzionalità del Trattato che, col suo linguaggio volutamente incomprensibile e centinaia di clausole scritte in piccolo, vanifica le Costituzioni nazionali e mette fine alla sovranità in politica economica.

 

L'iniziativa tedesca si ispira all'Art. 20 della Grundgesetz, la Costituzione tedesca, che afferma che deve essere il popolo tedesco, e non il Consiglio Europeo, a decidere di cambiare la Costituzione. In Austria fa appello alla clausola di neutralità dell'Austria e denuncia il cavillo sulla pena di morte in tempo di guerra. L'impostazione del trattato riecheggia inoltre le proposte europeiste avanzate nel 1962 a Venezia da Sir Oswald Mosley, il leader del British Union of Fascists incarcerato durante la II Guerra Mondiale per il suo sostegno ad Hitler, che già nel 62 chiese che la politica economica venisse decisa da un governo europeo, e che salari e pensioni venissero unificati al minimo comune denominatore.

 

E' quanto accadrà se la politica economica, fiscale, monetaria e commerciale sarà decisa dall'UE invece che dai governi e dai Parlamenti, affossando non solo le Costituzioni ma anche il potere legislativo dei Parlamenti, come rileva il Prof. Schachtschneider. LaRouche ritiene che questo tentativo di imporre una dittatura in Europa vada di pari passo con il progetto elettorale del sindaco di New York Bloomberg, che spera di sostituirsi ad Obama dopo una serie di scandali e di imporre misure corporativiste fasciste anche negli Stati Uniti.
 

 

 

 

Helga Zepp-LaRouche

 

 

 

 

Intervento di Helga Zepp-LaRouche,

presidente del Movimento Solidarietà

 tedesco alla conferenza di Roma (28.02.08)

 

Fonte web

Col Trattato di Lisbona l’Europa si trova ad affrontare un pericolo più grave di quello che la persona media immagina. Nel novembre 2007 il presidente francese Sarkozy ha presieduto una riunione segreta con alcuni parlamentari francesi e, stando alla stampa inglese, ha dichiarato che se ci fosse stato un referendum sul trattato di Lisbona nei Paesi europei, sarebbe stato sconfitto.
 
Quindi il 13 dicembre, i capi di stato europei a riuniti a Lisbona hanno firmato il Trattato di Riforma Europea, che ha preso il nome di Trattato di Lisbona. Non c'è dubbio che l'intenzione era quella di dire "procediamo a ratificare questo trattato il prima possibile, senza un dibattito pubblico, senza un dibattito parlamentare, altrimenti saremo sconfitti".
 
Ad esempio, in Germania il testo del nuovo trattato non è stato pubblicato, quello che è stato pubblicato è il testo della Costituzione bocciata dal referendum in Francia e in Olanda nel 2005. A questo è stato aggiunto un testo che dice "al trattato vecchio si applicano le seguenti modifiche... articolo 1, comma b... la frase
tot sostituisce la frase tot..."
 
State sicuri che due parlamentari in tutto, forse un giornalista, hanno letto tutte queste modiche; ma nessun'altro. Perché il testo originario, quello del trattato originale, è già così impenetrabile che non si capisce, a meno che il lettore non sia un esperto giurista.
 
Solo perché un bravo studente di legge di Lipsia s'è preso la briga di leggere tutta questa roba, e poi a pubblicarlo sul sito di un parlamentare tedesco (l’on. Gauweiler), il Governo è stato costretto a far circolare la versione provvisoria del Trattato.
 
Nel frattempo, alcuni giuristi di fama internazionale hanno scritto delle perizie sul nuovo trattato, che io raccomando veramente a tutti di voi. Una è quella prof. Schachtschneider, che è uno dei giuristi tedeschi che ricorse in appello, alcuni anni fa, contro il Trattato di Maastricht, e contro l'euro. Un altro è il prof. Klecatzky, ex ministro della Giustizia, che è uno dei padri della Costituzione austriaca.
 
Io ho studiato il nuovo testo, sulla base delle perizie di questi professori, e ho scoperto delle cose che adesso vi spiegherò.
 
La cosa più importante è che questo Trattato trasformerebbe quella che è un'alleanza di nazioni europee in uno Stato federale, che sarebbe governato per mezzo di un'oligarchia. Ad esempio, la cosiddetta "clausola generale" prevede che il Consiglio d'Europa e la Commissione Europea legiferino su tutto quel che vogliono, tranne che sulla politica estera e sulla politica di difesa.
 
Il Parlamento Europeo verrebbe ascoltato, ma solo come opinione, non avendo alcun potere legislativo, decisionale, ecc. Lo stesso dicasi per i parlamenti nazionali. A quel punto le direttive che vengono da Bruxelles, che oggi costituiscono il 70-80% della legislazione europea (il resto spetta ai governi e ai parlamenti nazionali), diventerebbero il 100%.
 
Poi c'è la cosiddetta "clausola di solidarietà": essa chiama in causa non meglio precisate "minacce terroristiche", tutte da definire, in base alle quali si definisce un'azione militare, che può essere un'azione di "peacekeeping", può essere un'azione militare difensiva, può essere un'azione militare offensiva. E nessun Paese ha la possibilità di veto, perché si decide a maggioranza, e se un Paese è contrario, è comunque tenuto a partecipare.
 
Quindi senza dibattito, senza dibattiti parlamentari o pubblici, l'Unione Europea verrebbe trasformata in un'allenza militare, in cui si è obbligati a mantenere degli obblighi di riarmo, ad esempio.
 
Se, poi, teniamo in considerazione che dei 27 Paesi dell'Unione Europea, 22 fanno anche parte della NATO, si viene a creare un intreccio di quasi corrispondenza, di identificazione della nuova allenza militare con la NATO: allora si capisce perché da questo punto di vista, da un po' di tempo, la Russia e la Cina abbiano, nei loro attacchi alla NATO, parlato di una politica di accerchiamento della NATO con l'espansione ad oriente dell'Unione Europea.
 
I Russi, compresi alcuni leader con cui ho parlato, considerano la politica di accerchiamento della Russia da parte della NATO, come una potenziale causa di una guerra mondiale.
 
Il modo in cui questa nuova Europa viene venduta all'opinione pubblica è, ad esempio, con l'argomentazione che l'Europa deve diventare forte, deve assumere un ruolo forte, da protagonista nel mondo, per controbilanciare, magari contenere, la politica aggressiva americana.
 
Ma questa è un'altra delle menzogne che vengono raccontate, perché se ci sarà una coincidenza tra la possibile affermazione di Bloomberg negli Stati Uniti e una dittatura di Lisbona in Europa, io penso che ci avvicineremo a questa Terza Guerra Mondiale.
 
Si capisce da come l'Europa si è comportata di fronte alle pressioni americane, in special modo del ministro della Difesa americano Gates per un maggior coinvolgimento in Afghanistan. Oppure si pensi al modo precipitoso con cui l'Europa si è mossa nei confronti del Kossovo, quando ancora c'era un disaccordo tra i Paesi membri dell'Eurapa, eppure la burocrazia europea aveva già deciso, inviato 1800 persone, come personale di amministrazione, polizia, ecc. Tuttora c'è il disaccordo tra i Paesi dell'Unione Europea.
 
Il riconoscimento dell'indipendenza del Kossovo ha aperto un vaso di Pandora, perché adesso tutti vogliono la loro indipendenza, a cominciare dai Baschi, dai Curdi, passando per l'Ossezia, per 'Abkazia, fino a Taiwan, e alla Lega Nord. E' giusto quel che hanno detto alcuni leader russi, e cioé che con un colpo solo si è buttata a mare un'intera tradizione secolare giuridica, internazionale, che veniva dal Trattato di Westfalia.
 
Un altro punto indicato dal prof. Schachtshneider è che il Trattato di Lisbona reintroduce furtivamente la pena di morte, una pena di morte che soprattutto l'Italia ha fatto di tutto per abolire, guidando un movimento mondiale che si è affermato col voto alle Nazioni Unite lo scorso dicembre.
 
Naturalmente la pena di morte non viene reintrodotta ufficialmente, ma furtivamente, con una nota a pie' pagina della Carta Europea, poiché il Trattato di Lisbona integra la Carta Europea. Sulla Carta Europea c'è scritto che la pena di morte è abolita. Questo lo riportano nel testo del trattato; però c'è una nota a pie' pagina che dice "eccetto che in casi di guerra, di disordini, di insurrezioni, ecc."
 
Ritengo che sia urgente un dibattito pubblico, su questo.

Ritengo che questo sia un cambiamento così grave delle costituzioni europee, che ci debbano essere un dibattito e un referendum.

Per cui chiedo a tutti voi di aiutarmi a mobilitare la popolazione europea per questo dibattito e per questo voto.

 

 

Alcune immagini della manifestazione contro il Trattato a Vienna

 

 

 

 

 

PRIMA GRANDE MANIFESTAZIONE CONTRO

il Trattato di Lisbona a Vienna

Fonte web

Il 29 aprile si è tenuta a Vienna la prima di una serie di manifestazioni per un referendum contro il Trattato di Lisbona, all'insegna di "Salviamo la neutralità: no al Trattato UE". 10.000 dimostranti si sono riuniti di fronte al Teatro dell'Opera, ed hanno dato vita ad un corteo con slogan come "referendum! referendum!" e cartelli significativi quali "Dittatura di Bruxelles: no grazie". Il corteo si è concluso con i comizi degli organizzatori, alcuni comitati di cittadini per il referendum, tra cui Rettet Oesterreich (salvate l'Austria) guidati dai Prof. Hans Peter Aubauer e Adrian Hollaender, che hanno esortato il governo a non ratificare il trattato prima di aver ascoltato il volere popolare, ricordando loro la clausola di neutralità della Costituzione austriaca che verrebbe vanificata dal Trattato e dai progetti di militarizzazione dell'Europa che lo ispirano. Manifestazioni simili si sono tenute anche a Berlino ed Essen.

 

 

Alcuni dei capi di governo che hanno sottoscritto il Trattato

 

 

Prende forza il movimento

contro il Trattato di Lisbona

Fonte web

Nonostante, o anche a motivo del fatto che il 20 febbraio il 78% del parlamento europeo abbia votato a favore del Trattato di Lisbona, in Europa prende vigore un movimento di opposizione. Per il momento un referendum è previsto solo in Irlanda, ma la richiesta si fa insistente anche in altri paesi. Se soltanto uno dei 27 paesi dell'Unione Europea vota contro il Trattato esso non potrà entrare in vigore. Fin ora lo hanno ratificato solo cinque paesi: Francia, Ungheria, Romania, Slovenia e Malta.
Irlanda: il partito Sinn Fein ha iniziato la distribuzione di un milione di volantini che chiedono il “no” al Trattato in un referendum di cui dev'essere ancora decisa la data.
Austria: i partiti di opposizione sono contrari al Trattato e il Libero Partito Democratico ha iniziato la raccolta firme per il referendum.
Slovacchia: l'opposizione al Trattato è tale per cui il governo ha deciso di rimandare il voto per la ratifica, perché teme di essere sconfitto.
Slovenia: il Partito Nazionalista Sloveno, all'opposizione, continua la propria mobilitazione contro il trattato sebbene il presidente del parlamento abbia respinto una sua mozione per chiedere il referendum.
Finlandia: dai sondaggi risulta che il 69% della popolazione è contraria al Trattato, che è visto come una rinuncia alla tradizionale neutralità del paese mentre prospetta solo di alimentare le tensioni nei confronti della Russia.
Svezia: il referendum è stato chiesto dai leader del movimento giovanile del partito di governo e da altri gruppi, come i sindacati, che sono contrari alla politica economica dell'UE. Questo movimento si oppone alla decisione del Primo ministro di far ratificare il Trattato dal parlamento il prossimo novembre. Dai sondaggi risulta che il 69% dei “colletti blu” svedesi è contrario al Trattato.
Repubblica Ceca: il partito di governo ODS ha ingiunto ai suoi rappresentanti di votare contro il Trattato nel Parlamento Europeo ed ha annunciato una petizione che sarà sottoscritta da almeno un milione di cittadini per ottenere emendamenti del Trattato.
Italia: la senatrice Lidia Menapace ha scritto nella sua lettera ampiamente diffusa su internet che il trattato porrà fine alla sovranità nazionale nella politica economica ed è una clausola tombale sullo stato sociale".
Francia: su iniziativa di un giurista, un gruppo di cittadini sta avviando una procedura contro lo stile da “colpo di stato” con il quale è stato ratificato il Trattato. A seguito dell'iniziativa sono più di 1.100 i cittadini francesi che si sono rivolti alla Corte Europea dei Diritti Umani per ottenere l'annullamento del processo di ratificazione del trattato e ottenere che su di esso si esprima l'intera popolazione con il referendum.

 

 

Jacques Ziller

 

 

L’occhio del giurista sul

 Trattato di Lisbona

 

INCONTRO CON Jacques Ziller ALL'UNIVERSITà BOCCONI DI MILANO

 

Fonte web

Taurillon Professore, nel vostro volume comparate l’Europa a Gulliver: perché questo paragone ?

Jacques Ziller : Il paragone è molto semplice. In francese, utilizziamo spesso l’espressione « Gulliver empêtré » (Gulliver legato). È l’immagine di Gulliver che giace al suolo imprigionato dalle funi dei Lillipuziani. Leggendo tutte le dichiarazioni e i protocolli aggiuntivi che sono stati annessi al Trattato di Lisbona, si ha la stessa impressione di essere attorcigliati in una serie di funi più o meno visibili. Così mi è venuta in mente l’immagine di Gulliver, questo gigante che giace al suolo – nel primo capitolo de I viaggi di Gulliver di Johnatan Swift – perché i Lillipuziani hanno paura di quel che succederebbe se si alzasse. I Lillipuziani hanno paura dell’ignoto. È la stessa paura che gli uomini politici o certi tecnici hanno dell’Unione europea: la paura di un’entità che non conoscono bene o che hanno paura di spiegare alla gente, ma che in fondo non è un pericolo per loro nonostante sia un gigante rispetto agli attuali stati membri. Ecco spiegata la metafora.

Cosa pensa della possibilità, prevista dal Trattato, di avere degli opt-out, in particolare in relazione alle scelte recenti di Danimarca e Polonia ?

Bisogna fare una distinzione: a partire dal Trattato di Maastricht vi è la possibilità di opt-in od opt-out, che lascia a un paese l’opportunità di scegliere se partecipare a una politica comunitaria in futuro o, al contrario, di decidere subito di non volerne far parte. La prima cosa da dire è che con il Trattato di Maastricht abbiamo avuto un cambiamento totale rispetto alle regole precedenti. Prima di allora, era tutta la Comunità a fare tutto insieme o a non farlo affatto. A partire dal Trattato di Maastricht ci si è resi conto che non era possibile andare avanti tutti insieme alla stessa velocità. In questo senso, il fatto di avere degli opt-out e degli opt-in è il solo modo di proseguire. Per il modo in cui sono previsti nel Trattato di Lisbona, però, vi è un pericolo in particolare per quel che riguarda la possibilità di opt-in per il Regno Unito, perché è soprattutto questo paese che si tratta – e un po’ anche per la Danimarca nel terzo pilastro.

Qual è il pericolo?

Si è già riscontrato negli anni passati all’interno del terzo pilastro in due casi, come quello del Regno Unito di ricorrere all’opt-in per Schenghen. Un governo dice: «Sì, sì. Vogliamo partecipare a questo progetto». Vi partecipa e, se lo trova necessario, ne detta le condizioni impedendo agli altri di andare più lontano. Poi all’ultimo minuto dice: «Non mi piace». A questo punto, gli altri teoricamente possono dire: «Rimanendo tra di noi, possiamo comunque andare più lontano». Ma la dinamica è tale per cui una volta che il testo è emendato e pronto non ci si ritorna più sopra. Abbiamo assistito più volte al caso di un governo che alla fine non partecipa a una politica comune a cui ha ad ogni modo aggiunto delle condizioni. E questo è molto pericoloso e si trova ad essere rafforzato dal sistema di opt-in e opt-out del Trattato di Lisbona. Faccio un ultimo commento: l’opinione pubblica non è per forza favorevole a queste scelte di governo. Il Regno Unito ha fatto grandi sforzi per ottenere questo assurdo protocollo sulla Carta dei Diritti, che alcuni presentano come un opt-out – non lo è a tutti gli effetti, ma poco importa. Il risultato è che l’indomani del Summit del giugno 2007, i sindacati britannici hanno detto: «Vogliamo un referendum perché noi non vogliamo l’opt-out sulla Carta». Il fatto che i governi cambino posizione sugli opt-out dimostra che non sanno prevedere su cosa si rivolgerà l’attenzione dell’opinione pubblica.

Il Trattato di Riforma è stato concepito, tra le altre cose, per evitare i referendum di ratifica. Pensate che sia una soluzione vantaggiosa o potrebbe presentare degli inconvenienti?

Siamo chiari, non c’è alcun dubbio che il trattato ha voluto evitare i referendum in certi stati membri. Ma la scelta di fare un referendum, tranne in Irlanda, è una scelta puramente politica. La questione è di avere o meno il coraggio di dire: «Facciamo un referendum». Questo – tranne in Irlanda - non è mai dovuto al fatto che c’è una regola costituzionale che obbliga ad avere un referendum. Aggiungerei che il trattato è stato concepito per evitare i referendum, ma soprattutto per evitare di dover spiegare il Trattato costituzionale. Questo evidentemente è pericoloso perché tutti gli euroscettici vogliono appropriarsi dell’argomento e lo fanno già, dicendo: «Ci stanno mentendo. Ci costringono ad accettare la stessa cosa che è stata rifiutata dai referendum». Quel che mi sembra pericoloso è che invece di avere il coraggio – farlo ora sarebbe pure troppo tardi, bisognava farlo nell’estate del 2005 – in Francia e in Olanda, ma anche nel Regno Unito, di spiegare esattamente le novità che c’erano nel Trattato costituzionale, ci si è solo limitati a dire che il popolo sovrano si era espresso a sfavore senza sapere bene cosa avesse rifiutato.

Quindi il referendum mette in difficoltà i politici…

In realtà il problema per i politici non è stato quello di essere obbligati a indire dei referendum e poi di trovare il modo di evitarli. Quello che non sono stati capaci di fare è quello che già il governo danese e irlandese avevano fatto nel 1992-3 e nel 2001-2 e, cioè, di avere il coraggio di dire ai loro cittadini: « Qual è il problema? Cosa non condividete del trattato? Allora cerchiamo di risolvere il problema». E questo mi porta a pensare: effettivamente esiste il pericolo che se il trattato viene ratificato oggi, ci sarà il rischio di una sfiducia crescente degli elettori in futuro. L’abbiamo già sperimentato con Maastricht: c’è stato un referendum quasi perso in Francia, ma abbiamo dimenticato la lezione e il referendum successivo è stato negativo. Perciò la prossima volta che ci saranno dei referendum nazionali ci sarà un rischio ancora maggiore che vinca il no perché in ogni paese, anche se si parla di Europa, non si parlerà d’altro che dell’Europa che si vuole nel paese in questione e non nell’insieme dei paesi europei.

Significa che un referendum è una scelta sbagliata di per sé?

Non necessariamente. Quel che è sbagliato è avere dei referendum separati in date diverse e in diversi paesi perché se un paese vota «no» non può permettersi di riaprire la porta da solo una volta chiusa, contrariamente a quel che accadrebbe con un referendum europeo.

Potremo sperare un giorno di ratificare la Costituzione europea con un referendum europeo?

Potremmo sperarlo. Direi che sarebbe meglio non avere nessun referendum piuttosto che tanti referendum nazionali non coordinati tra loro. Personalmente, sono favorevole a un referendum soprattutto perché obbliga i politici a spiegare le cose. E un referendum europeo obbligherebbe a spiegare l’Europa diversamente da come lo si fa durante i dibattiti per le ratifiche nazionali.

Non si può escludere che un giorno i governi nazionali prenderanno coscienza dell’utilità di un referendum. Soprattutto perché se ci fosse un referendum europeo sarebbe possibile prevedere un’alternativa come è stato in Francia nel 1946. Abbiamo avuto due referendum di seguito sulla Costituzione francese nel ’46: dal momento che il primo ha avuto un esito negativo, abbiamo immediatamente avuto l’elezione di una nuova assemblea costituente.

Con un referendum europeo si può dire: «Se votate «no» volete eleggere una assemblea costituente o dare un nuovo mandato al Parlamento europeo e al Consiglio affinché venga riscritto un nuovo testo che sarà poi accettato». Questo è possibile ma soltanto con un referendum europeo, certamente non con i referendum nazionali.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Sgreccia: La risoluzione sull'aborto

 del Consiglio d'Europa

... l'affermazione relativa al "diritto di aborto" introdotta contro la logica della prevenzione e dell'educazione, verrebbe in ogni caso ad annullare il diritto alla vita del bambino concepito e rappresenta un'interpretazione selettiva e soggettivistica del diritto stesso, contraria all'originaria accezione dei diritti umani in cui il diritto alla vita è originario, fondamentale e preliminare rispetto a tutti gli altri diritti dell'uomo.

 

Jens-Peter Bonde si dimette dal Parlamento

Europeo per combattere il Trattato di Lisbona

 

Dopo 29 anni da europarlamentare per la Danimarca, Jens-Peter Bonde ha annunciato ieri, in un’intervista mattutina sull'emittente tedesca Deutschlandfunk, le sue dimissioni... “Sono stato eletto per impedirlo”, ha detto, “ma devo anche renderlo noto al pubblico, poiché il cancelliere tedesco Merkel e i suoi colleghi hanno deciso di muoversi in opposizione ad un referendum e ostacolando la pubblicazione [del testo del trattato]… La Sig.ra Merkel non ha letto il trattato, perché è praticamente illeggibile”. Queste sono osservazioni simili a quelle esposte da Helga Zepp-LaRouche negli ultimi mesi.