GLI "haredim"

I TALEBANI D'ISRAELE

 

BREVE VIAGGIO TRA COLORO

CHE "tremano davanti

alla parola di Dio”

 

Gli ebrei ultraortodossi si considerano i veri credenti, l'immagine ideale

 da cui tutti gli altri ebrei derivano. La Israele laica vede in loro dei

 "Talebani ebrei", la cui influenza cresce.

 

(A cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

 

È dalla fondazione dello stato d'Israele, nel 1948, che il conflitto arabo e israeliano insanguina il Medio Oriente. La stessa questione palestinese che sembra non trovare una reale soluzione di pace non fa che acuire un clima da guerra perpetua, dove l'odio e la diffidenza reciproca sembrano entrate perfino nel DNA della gente. I bambini palestinesi imparano nelle strade polverose dei loro villaggi, teatro spesso di conflitti armati con l'esercito occupante, dalla povertà delle loro famiglie e dalla morte che passa spesso davanti ai loro occhi ad odiare Israele. Così, una volta divenuti adulti, saranno già pronti per diventare dei martiri o dei pacchi bomba per il loro nemico. Ma anche il bambino ebreo cresce in questo clima che è un misto di odio e d'insicurezza perpetua.

 

E così l'odio, l'insicurezza e la violenza si trasmettono di generazione come una maledizione, tanto che se questa catena non verrà presto spezzata, essa sarà sicuramente fonte di altre guerre e di altri lutti in tutto il Medio Oriente. Israele, fin dalla sua nascita, ha sempre vissuto con la sindrome da accerchiamento che lo ha portato ad avere il terzo o quarto esercito più forte del mondo. E in effetti il mondo arabo circonda per tre quarti il territorio israeliano, ma tuttavia non verrà dal mondo arabo il colpo fatale. Il suo vero nemico si trova al suo interno, coccolato, protetto e favorito. È cresciuto a dismisura in questi ultimi anni grazie alle ondate immigratorie dagli Stati Uniti e dall'Europa orientale ed alle loro donne prolifiche (anche dieci figli per famiglia), tanto che tra quindici anni potrebbe diventare  un serio problema per lo stesso Stato d'Israele.

 

Stiamo parlando degli Haredim (che significa “coloro che tremano davanti alla parola di Dio”), cioè di tutta quella vasta galassia di gruppi religiosi che formano il cosiddetto fondamentalismo ebraico,  che considerano perfino lo stesso Stato d'Israele una eresia vivente e peccaminosa. Essi, non da meno dei talebani del Corano (vedere qui), mettono la Torah come guida suprema ed assoluta della loro vita. Odiano la democrazia, il Cristianesimo, l'Islam e vorrebbero obbligare tutti gli israeliani a seguire le loro leggi. Tra qualche anno più della metà della città di Gerusalemme sarà nelle loro mani, così come anche il loro peso politico è destinato a crescere nella vita politica israeliana, anche se non partecipano direttamente alla vita politica del paese. I governi che si sono succeduti nei decenni passati hanno favorito una politica degli insediamenti (sulla terra destinata ai palestinesi secondo le risoluzioni ONU), creando intere città per coloro che non vogliono contaminarsi con gli atri israeliani peccatori. Questo fatto ha sempre rappresentato non solo un'ulteriore fonte di conflitto con i palestinesi, ma ora rappresenta sempre di più un vero e proprio suicidio politico dello Stato ebraico.

 

Gli ultraortodossi si dividono in due grandi gruppi:

a) il primo gruppo sono gli "Haredim", che non danno allo Stato alcuna legittimazione religiosa, lo reputano infatti un'eresia, ma lo accettano perché questi gli permette di vivere secondo i loro costumi e ne ottengono un sacco di agevolazioni, come si vedrà più avanti;

b) il secondo gruppo sono i "datiim" (o religiosi), cioè coloro che invece vedono nello Stato d'Israele l'unico luogo adatto per attendere il Messia. Entrambi tuttavia odiano l'Israele laico e democratico. Questo secondo gruppo rappresenta la maggioranza nell'esercito israeliano (fonti israeliane) ed è presente in buona misura anche nella Knesset (il parlamento israeliano).

 

Questi gruppi fondamentalisti sono visti sempre più spesso, dal resto della popolazione israeliana,  come un peso e una minaccia per l'esistenza stessa dello Stato. Pensate che gli ultraortodossi considerano coloro che non seguono alla lettera la loro rigidissima fede religiosa alla stregua di miscredenti senza alcun valore, anche se sono ebrei come loro. Secondo questa visuale, soprattutto da parte dell'ultra-destra religiosa che fa capo ai datiim, non è fuor di luogo pensare che una volta eliminata la questione palestinese (naturalmente non solo fisicamente, ma inducendoli all'esodo), essi costituirebbero il vero problema interno dello Stato israeliano senza escludere con ciò una sanguinosa guerra civile (lo stesso Sharon la temeva), per l'imposizione della loro "sharia" su tutto Israele.

 

In fondo l'ebraismo esiste per un'identità di tipo religiosa ed essi, gli ultraortodossi, si sentono i veri depositari della purezza religiosa, ed è qui che si rischia la probabile degenerazione della società israeliana. Seguendo la storia nei secoli dell'ebraismo, sarà difficile, da parte della componente "laica" israeliana, opporre valide argomentazioni antagoniste. Sì! Credo proprio che il futuro "interno" d'Israele sarà alquanto duro. Ma è anche lo stesso concetto storico di sionismo (visto come Stato laico e democratico a maggioranza ebraica) ad avere un futuro sempre più incerto.

 

Tutto dipenderà da quale gruppo ultraortodosso prevarrà in Israele, gli Haredim (antisionisti) o i datiim (nazionalisti) ed alle alleanze interne che si riuscirà ad attuare con la parte laica e araba del paese, tenendo conto che anche la popolazione arabo-israeliana di fede islamica è in costante aumento. La domanda allora è: gli equilibri all'interno della società israeliana resisteranno alle contraddittorie e sempre più forti sollecitazioni del fondamentalismo religioso senza esplodere?

 

Per concludere, se volete avere un esempio di come la pensano certi rabbini ecco una notizia di questi giorni: «GERUSALEMME - Ad appena due settimane dalla commemorazione di quelli che Israele considera i suoi eroi di guerra, il rabbino Ovadia Yosef, guida spirituale del partito di governo ultraortodosso “Shas”, ribalta questa interpretazione: I soldati israeliani caduti un anno fa durante la guerra in Libano contro gli Hazbollah “sono morti perché non osservavano i comandamenti ebraici”.

Nessun atto di eroismo sembra emergere dalle sue parole, al contrario. “Perché stupirsi che siano morti?”, si è chiesto il rabbino durante il suo sermone. “Loro non rispettavano lo Shabat (il giorno di risposo ebraico, ndr), non osservavano la Torah (il libro sacro, ndr) e non pregavano tutti i giorni. Qualcuno può quindi stupirsi che siano stati uccisi? No, non si è stupito nessuno”, ha affermato il rabbino. Quando al contrario “i soldati credono e pregano - ha concluso Ovadia Yosef - Dio li aiuta in guerra, e questi soldati non vengono ammazzati”».
(vedere qui)

Claudio Prandini

 

 

 

 

Un po' di storia sul

fondamentalismo religioso ebraico

 

 

Questione centrale nel fondamentalismo ebraico è quella della terra, intesa come idea metafisica, luogo in cui le grandi comunità si stringeranno intorno al loro maestro nel rispetto della pratica dei loro precetti. Il sionismo, quale movimento volto alla ricostruzione dello stato di Israele, ha costituito terreno di divisione tra le diverse posizioni fondamentaliste.
Da parte loro, gli ultraortodossi o haredin (“coloro che tremano davanti alla parola di Dio”) sono contrari a questo ritorno perché viola i Tre giuramenti fatti promettere da Dio al popolo ebraico: 1) non usare la forza per entrare in Israele; 2) avere fiducia nella giustizia divina; 3) non precipitare la fine dei tempi. Dopo la Shoah, questa posizione radicale viene, in parte, rivista: se molti haredin vanno in USA, altri guardano alla sicurezza di una patria e si recano in Israele. Con questo, però, non riconoscono allo stato di Israele legittimazione religiosa, ma lo accettano solo perché permette la riproduzione del loro sistema comunitario – ad esempio, negoziano un sistema di istruzione privato e ottengono l’esenzione dal servizio militare. Nascono partiti politici ultraortodossi, che dal 1977 in poi fanno parte di tutti i governi, in quanto necessari al costituirsi di qualunque maggioranza.
Una posizione contrapposta è rappresentata dal sionismo religioso che vede nella costruzione di Israele elemento decisivo per la Redenzione, in quanto permette di riunire il popolo in attesa del Messia. Dalla corrente sionista religiosa radicale, che non ammette negoziazioni sulla cessione dei Territori, nascerà poi il movimento del “Blocco dei fedeli” che considera un obbligo religioso il possesso dell’intera terra di Israele. Questo movimento si legittima istituzionalmente nel 1977 con l’arrivo della destra nazionalista al potere. Quando, nel 1992, salgono al potere i laburisti, le frange radicali del movimento nazionalreligioso non accettano l’intesa con l’OLP di Arafat e la conseguente restituzione di parte dei Territori ai palestinesi. Fino ad arrivare al gesto estremo di un militante nazionalreligioso che nel 1995 uccide Rabin, accusato di aver venduto il suo popolo e interrotto la Redenzione. 
(da I fondamentalismi alla conquista del mondo? Il fondamentalismo e le tre grandi religioni monoteiste”)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Talebani a Gerusalemme

Viaggio nel mondo ultraortodosso israeliano, dove

anche lo Stato è considerato eretico e peccaminoso

di Lorenzo Cairoli

Sull’aereo che mi portava a Tel Aviv consultavo freneticamente le mie guide. Ne avevo tre. Oltre alla solita Lonely e a una Guida Mondadori su Gerusalemme e la Terra Santa acquistata in una libreria del duty-free di Fiumicino, viaggiavo con la guida di Israele del Touring Club, la versione italiana delle ineguagliabili Guides Gallimard. Quest’ultima mi era stata prestata da O.R. con le note a matita della sua grande amica Fernanda Pivano. Ho notato che anche lei aveva sottolineato i chassidici e Meah Shearim. Ho pensato spesso alla Pivano in tutto il mio viaggio in Israele: “Le sarebbe piaciuta questa faccia? - mi chiedevo - Lo avrebbe assaggiato questo piatto? Di che rabbia sarebbe stata capace al cospetto del Muro? Come avrebbe descritto l’amico etilista di Jawad? E’ stato il re dei borseggiatori di Gerusalemme. Ha insegnato l’arte dello scippo a generazioni. Se qualcuno mentre passeggi nel suq, ti sfila il portafoglio dallo zaino, non maledire chi te l’ha preso, maledici il maestro. Adesso è in balìa dell’alcool. Passa gli inverni in carcere e nella bella stagione urla cose oscene agli ultra-ortodossi che sciamano verso il Muro del Pianto. Jawad ogni sera gli allunga un piatto di carne e i soldi per bere”.
 

Nelle due ore e venti di volo, della Touring, ho guardato quasi sempre le stesse pagine, la 262 e la 263 coi bei disegni sui costumi chassidici di Domitille, Jean-Olivier e Jean-Benoît Héron. Me’a She’arim è il luogo in cui li avrei visti tutti quanti in una volta sola. Un po’ il Serengeti dell’ultraortodossia. Sull’aereo, fantasticavo un safari ottico in quel quartiere di Gerusalemme in cui il fanatismo ha fermato il tempo e costringe la sua gente a tirare indietro le lancette dell’orologio di almeno un secolo.

A Tel Aviv c’è un avamposto ultra-ultraortodosso che è B’Nei Brak, collegato con Me’a She’arim grazie a un capillare servizio di taxi-collettivi, gli sherut, ma Erez si rifiutò di accompagnarmi.
E’ inutile che perdi tempo con questi. A Gerusalemme e a Me’a She’arim di cappotti neri ne farai un’indigestione” . Come sempre il mio geniale amico aveva ragione.
Gerusalemme è il loro habitat e a Gerusalemme si riproducono con una fertilità impressionante. Se adesso mi mettessi a raccontare gli ultraortodossi in ogni dettaglio, dagli hasidim ai mitnaggedim, dai zaddik agli admor e così via, più di un lettore perderebbe il senno. Sono ancora pochi gli abitanti di Israele, ma non dimenticatelo mai: dove c’è un ebreo c’è una sciarada.

L’espressione ebraica per definire gli ultraortodossi è haredim, i trepidanti, parola derivata dal verso ‘ascoltate la parola del Signore, voi che trepidate alla sua parola‘ ( Isaia, 66:5 ). Le comunità haredim sono mondi chiusi e protetti che danno ai loro membri un senso di appartenenza e la sensazione di essere tra persone che si prendono cura le une delle altre. Mentre gli uomini studiano nelle accademie rabbiniche, gli yeshivot, le donne sfornano figli e cercano di rendere il ritorno dei coniugi nelle case il più gradevole possibile. Nelle coppie haredi, lituane o chassidiche ci si sposa presto – il 70% delle donne prima dei vent’anni, il 90% prima dei ventidue – e in queste famiglie non è inusuale avere dai sei ai dieci figli. Già da molti anni si parla di un’ascesa degli ultraortodossi nella vita politica israeliana. Molta responsabilità di questa ascesa va al governo di Menachem Begin che nel 1978 fece ai rabbini la più grande delle concessioni: esentare dal servizio di leva tutti gli studenti degli yeshivot. Esenzione totale. In un paese dove gli uomini sono chiamati nell’esercito per almeno tre anni e dove fino a 35 anni sono soggetti a richiami di almeno un mese all’anno, senza contare le emergenze Intifada, l’esenzione ha rappresentato una svolta clamorosa che negli anni successivi ha fatto lievitare il numero degli studenti nelle accademie rabbiniche.
Alla fine degli anni novanta, in Israele ce ne erano più di 40.000 più di quanti ce ne siano mai stati in tutta l’Europa Orientale.

All’esenzione, va aggiunto il contributo che lo Stato israeliano riconosce a questi studiosi. Il 60% degli uomini della comunità ultraortodosse si è posto volontariamente fuori dal mercato del lavoro. Ma in qualità di studiosi rabbinici non devono, come i russi, per fare un esempio, ingegnarsi a sopravvivere con lavori sotto pagati o indebitandosi con lo stato con prestiti e sussidi. Una famiglia con sei figli i cui genitori sono disoccupati riceve in aiuto dallo Stato più di 2000 dollari al mese esentasse, cifra superiore al reddito medio di una famiglia israeliana. Nella filistea di Tel Aviv l’aiuto agli ultraortodossi è contestato aspramente. Disapprovano che il sostegno a questi parassiti avvenga a spese dei contribuenti israeliani. Provate a mettervi nei panni di un Erez Komarovsky. L’idea che una parte dei soldi che versa allo Stato, per quanto piccola venga dirottata a Me’a She’arim o a B’Nei Brak, gli leva il sonno. L’idea che il suo pane aiuti questi fanatici a condizionare sempre di più la vita pubblica e politica di Israele, gli fa sputare veleno. Lo sapevate che quando la Knesset decise di conferire il prestigioso premio Wolf al fisico Stephen Hawking, i cappotti neri fecero un putiferio in Parlamento? Ce l’avevano a morte con la sua teoria del Big Bang perchè sbugiardava la Genesi.

 

 

 

 

E cosa ne pensa dei cappotti neri, Abu Walid Dajani?
Lascio la mia camera, scendo le scale, passo davanti a quella specie di tempietto che i Dajani hanno eretto in onore di Selma Lagerlöf – una bandiera svedese srotolata sulla parete sotto alla quale sono allineate foto incorniciate della scrittrice e sempre incorniciate, pagine del suo libro e ritagli di giornali - attraverso la sala delle colazioni, dai soffitti alti e con tre vestiti di donne palestinesi appesi alle pareti a mò di arazzi. Sono tutti e tre nello stile di Gaza perché in tutti è presente la bordatura a bande di seta a righe verdi e magenta che simboleggia l’inferno e il paradiso. L’odore del New Imperial Hotel la mattina è un odore di fiori secchi, di nobiltà sfiorita, di vecchie signore con abiti larghi e fruscianti di canfora e di tè. Nel riverbero del sole la polvere sembra polline e ristagna nelle stanze in pulviscoli densi e cristallizzati.
Entro nel suo studio, passo sotto la foto di Bocuse, un Bocuse benedicente come un Roncalli lionese e mi siedo davanti a lui. Ora che lo guardo meglio, Abu Walid Dajani, più che un Omar Sharif di Palestina, mi ricorda molto il giudice Borsellino. Gli chiedo degli haredim.
“Nemmeno i conigli sono così prolifici - il signor Dajani ha una voce calda, modi affabili, ma quando c’è da essere lapidari, non si fa pregare - Ancora qualche anno e più della metà di Gerusalemme sarà in mano a loro“
“Tra poco passerà Hatem. Ci accompagnerà a Me’a She’arim“
“ Fate attenzione quando filmerete quella gente “
“ Gireremo quasi tutto con la videocamera. So che dovremo rubare molte immagini…
“ Fate attenzione anche con la videocamera “ - ribatte serio.
“ C’è il rischio che ci prendano a sassate ? “
“ Sono come cani alla catena. C’è sempre il rischio che mordano. E i primi ragazzini a lanciare i sassi non sono stati i nostri. Prima dell’Intifada, molto prima, hanno cominciato i loro figli… “
“ Ah, sì ? “
“ Contro le macchine che circolavano di Shabbat, contro gli archeologi che portavano in superficie le fondamenta della città di David, contro tutti i locali che tenevano aperto il venerdì sera. Vogliono condizionare la vita pubblica di questo paese. Dipendesse da loro, oscurerebbero anche la televisione… “
“ Shabbat dura dal tramonto di venerdì al tramonto del sabato ? “
Dajani annuisce
“ E in quelle 24 ore, vorrebbero che la vita si fermasse. Come negli incantesimi delle fiabe. E’ vietato maneggiare denaro, è vietato scrivere, è vietato lavorare.
Ce l’hanno a morte anche con chi di Shabbat si fa una grigliata nel giardino di casa… “
“ All’indice anche i barbecues ? Non ci posso credere! “
“ L’accensione di fuochi, e quindi di barbecues, di sabato, è in conflitto con le leggi rabbiniche “
“Ho sentito parlare delle guerre del sabato. E’ vero che ci andò di mezzo anche la Cineteca di Gerusalemme?“
“ Sì è vero “
“ L’ho letto sul libro di Mordecai Richler. Dichiararono guerra alla sua fondatrice… “
Lia van Leer? E’ una donna molto in gamba. Ed è anche la direttrice del nostro Festival del Cinema di Gerusalemme. Sì. Hanno provato a renderle la vita impossibile “
“ Presero a sassate la cineteca, vero ? “
“ Fecero anche questo, i primi tempi, perché lei si ostinava a organizzare proiezioni il venerdì sera… “
“Richler l’ha intervista nel suo libro. Lei gli confidò che un rabbino pretese che mettesse una porta girevole proprio come all’ospedale Hadassah così che le anime vaganti che risalivano la valle non restassero intrappolate nella cineteca “
“La cineteca è stata costruita su un altura che sovrasta una delle più belle valli di Gerusalemme, la valle di Hinnon. E’ il luogo secondo la tradizione musulmana dove inizierà la resurrezione dei morti e che da ebrei e cristiani è considerato per antonomasia la porta dell’aldilà. Per essere più chiari, questa era la valle in cui si bruciavano vivi i bambini in onore del Dio Moloch e in cui i sacerdoti battevano i tamburi per coprire le loro urla”
“ Forse – azzardo con una smorfia – un po’ di feng-shui prima di costruire la cineteca o la consulenza di un buon geomante, non sarebbe stata una cattiva idea… “
Dajani sorride
“ Non sarebbe cambiato nulla. Comunque la van Leer è stata bravissima a non cedere “
“ Le risulta che poco dopo, quando ci fu l’Intifada, sostennero che era stata colpa sua, una punizione divina per non aver chiuso di Shabbat ? “
Il signor Dajani adesso ride
“ E’ vero. Tappezzarono Gerusalemme di manifesti in cui scrissero che l’Intifada l’aveva provocata lei. Quella donna ha passione e carattere da vendere. Un altro al suo posto, avrebbe lasciato Israele di corsa… “
“ Non è facile vivere a Gerusalemme… “
“ Non è facile, no, e non solo per colpa loro. Loro sono le gocce d’acqua che fanno traboccare il vaso, ma non è il loro fanatismo che ha riempito il vaso. Penso a loro come a dei tafani. Le punture di un tafano possono essere molto dolorose, mai però quanto il morso di una tigre - mi strizza l’occhio ; la sua metafora non fa una grinza – Ma c’è anche chi se ne frega degli haredim. I russi, per esempio. Nei locali di Shalomgrad, i russi si ubriacano di vodka e vanno a puttane anche di Shabbat “

“ A Shalomgrad ? “

Ha-Neviim Street, la via dei profeti, collega la perdizione con la redenzione, Shalomgrad con Rabbinoburgo. Comincia a sud con l’area russa e coi suoi ristoranti e i suoi locali notturni che se ne infischiano di Shabbat, delle pietre e degli anatemi dei rabbini, concentrati, quasi tutti, intorno a Heleni-ha-Malka, la Petchburi gerosolimita e finisce a nord col quartiere-ghetto di Me’a She’arim. Arriviamo sulla via dei profeti dopo aver superato la scuola di Hatem, il Notre-Dame, che il nostro amico ci mostra con orgoglio. Ci racconta che fu costruita nel 1884 da padri avventisti cattolici per dare ospitalità a pellegrini francesi, ma le sembianze non sono quelle di un ospizio, bensì di una fortezza. Mi ricorda la fortezza Bastiani e mi aspetto, da un momento all’altro, che il tenente Drogo o il volto emaciato di Jacques Perrin si affacci da una delle due torri merlate. Tra il 1948 e il 1967 , quando Gerusalemme era divisa in due, l’ala sud del Notre-Dame fu utilizzata dall’IDF, l’esercito nazionale, come bunker e come posto di frontiera. Quando raggiungiamo il consolato etiope con la sua facciata mosaicata in cui riluce un leone di Giudea oro-blu, Hatem ci informa che siamo entrati nel territorio dei cappotti neri. Il safari è cominciato.

 

 

 

 

Me’a She’arim fu fondato nel 1875 per accogliere ebrei lituani e polacchi e costruito in tre fasi su un progetto di Conrad Schick. Oggi è la roccaforte dell’ultra-ultraortodossia e la sua comunità rifiuta lo Stato di Israele reo di essere eretico e peccaminoso. La Congregazione Haredi boicotta lo Stato, le elezioni e non accetta sussidi da Israele, quegli assegni familiari che invece altri haredim incassano tutti i mesi dalla previdenza sociale senza alcun imbarazzo. Questo estremismo conferiva grande autorità morale alla Congregazione ma negli ultimi anni anche i cappotti neri di Me’a She’arim sono stati costretti a scendere a compromessi; adesso che anche loro sono sul libro paga degli eretici e dei peccatori il loro carisma si è un po’ offuscato.
Nonostante questo i rabbini di Me’a She’arim continuano a considerarsi un gradino sopra tutte le altre congregazioni. Parafrasando Ernest Rutheford, padre della fisica nucleare che sosteneva che : “Nella scienza c’è solo la fisica ; tutto il resto è collezione di francobolli “ i rabbini del ghetto pensano che Dio si debba vivere, pregare e concepire esattamente come lo vivono lo pregano e lo concepiscono loro e che tutto il resto ‘è collezione di francobolli‘.
All’interno della Congregazione oltre ai gerosolimitani (coloro che vivono a Gerusalemme da molte generazioni) ci sono chassidici come gli ungheresi di Satmar che fanno capo alla comunità di Williamsburg, feudo incontrastato per anni del rabbino Moses Teitelbaum e la comunità chassidica di Toldot Aron principale ispiratrice e fomentatrice delle guerre del Sabato. La lingua ufficiale del ghetto è l’yiddish; l’ebraico si utilizza solo nelle funzioni sacre. Nel Novecento le porte di Me’a She’arim venivano chiuse per isolare il quartiere dal resto della città. Oggi i cancelli non esistono più, ma quando è Shabes, nessun turista si azzarda a metter piede nel quartiere, per timore di imbattersi nelle ronde armate di vigilantes che lo presidiano.
Nel quartiere la Halakla è seguita alla lettera, il che significa che la religione irrompe in ogni aspetto della vita quotidiana anche nel più banale.
A cominciare da quando ti vesti la mattina. Prima si infila la scarpa sinistra e poi la scarpa destra, e peste ti colga se fai il contrario. Poi c’è anche, chi non contento di tutte le imposizioni dell’Halakla, ha deciso di personalizzarla, come i rabbini polacchi di Gur che si sono inventati un anti-kamasutra : trentanove regole per non peccare quando si copula con la moglie. Qualche esempio ? Vietato baciare il corpo della donna. Camera da letto completamente oscurata. Coppia coperta dalla testa ai piedi. L’amplesso suggerito dai rabbini di Gur è intimo come un addestramento per palombari in una camera iperbarica. Non tutti i rabbini però la pensano così e c’è chi ha attaccato aspramente questo codice come il rabbino Stapler che ha messo all’indice tutti quegli uomini che non cercano di soddisfare sessualmente la propria moglie. Una cosa è certa. La morale sessuale terrorizza gli haredim più di quanto non li terrorizzi Hamas. Eravate al corrente che alle ragazzine proibiscono di cantare in pubblico? Solo di fronte alla propria famiglia. Il motivo? Perché le loro voci sono considerate organi sessuali.

 

 

 

 

 

 

 

 

Tra 12 anni maggioranza

antisionista in Israele?
 

Fonte web

Molto presto lo Stato d’Israele, così come la conosciamo, potrebbe non esistere più. Tra appena dodici anni, infatti, se le statistiche sono corrette, la maggioranza della popolazione israeliana sarà anti-sionista. Del fattore demografico, una vera e propria bomba a orologeria per i sostenitori dell’ideale sionista, si è già detto e scritto molto: dopotutto, fu anche la crescita costante della popolazione araba israeliana a spingere Ariel Sharon al ritiro da Gaza. Eppure, a guardare bene i numeri, non sono gli arabi a minacciare l’attuale assetto di Israele, almeno non solo. Il problema sono gli ultra-ortodossi, che non riconoscono Israele come lo Stato degli ebrei. Se n’è accorto, di recente, un giornalista di Haaretz, Nehemia Shtrasler, il quale ha notato che già oggi ultra-ortodossi e arabi raggiungono, insieme, la maggioranza della popolazione israeliana.

Moltissimi sono ancora bambini, ma Shtrasler ha calcolato che già nel 2019 arabi israeliani e ultra-ortodossi costituiranno la metà della popolazione votante, con un conseguente stravolgimento della politica israeliana: «Sarà la fine del sionismo», sostiene il giornalista. Il corollario sionista si basa sul concezione di uno Stato, laico e democratico, a maggioranza ebraica: Theodor Herzl, dopotutto, parlava di uno Stato degli ebrei (Judenstaat), e non di uno Stato ebraico (il termine, spesso usato impropriamente per indicare Israele, fa ancora accapponare la pelle ai sionisti duri e puri). Non appena viene a cadere uno di questi tre elementi - laicità, democrazia e maggioranza ebraica - il progetto sionista viene meno. Gli ebrei ultra-ortodossi (in ebraico haredim) sono una comunità in continua espansione, come gli arabi israeliani fanno molti più figli degli ebrei laici e come gli arabi israeliani, pur vivendo pacificamente con il resto della popolazione, non riconoscono la natura sionista di Israele. La maggioranza degli ultraortodossi, che non vanno confusi con i sionisti religiosi (in ebraico datiim, o religiosi, a colpo d’occhio li si riconosce per l’abbigliamento più moderno), non riconosce la sovranità di Israele. La loro opposizione da un lato nasce da una fisiologica antipatia per le autorità secolari, dall’altro da credenze specifiche.

Il Talmud (Ketubot 111) spiega che gli ebrei non devono ritornare alla loro terra prima della venuta del Messia. Per chi segue un’interpretazione letterale del Talmud, quindi, il sionismo è una vera e propria eresia. L’atteggiamento degli ebrei ultra-ortodossi non è però così univoco. Tecnicamente, tutti respingono il sionismo. Ma di fatto alcune correnti ostacolano apertamente Israele, per esempio i Latvish Satmar, o i Neturei Karta (questi ultimi vantano pure una sincera amicizia con Ahmadinejad), mentre altre (per esempio i Lubacitch, considerati molto moderni) hanno accettato di fatto l’esistenza di Israele, chiudendosi in quello che potrebbe definirsi un «silenzio assenso». Alcuni accettano persino di votare, nel tentativo di rendere Israele quanto meno eretica possibile, e hanno fondato persino un partito, chiamato “Bandiera della Torah”. Insomma, anche i più rigidi osservanti delle scritture possono dimostrare un certo senso pratico, ed è difficile pensare che quando gli ulta-ortodossi saranno la maggioranza della popolazione propongano di smantellare lo Stato di Israele. Il rischio, piuttosto, è che la crescita della popolazione ultra-ortodossa possa comprometterne la laicità. E anche questo, in fondo, sarebbe una sconfitta per Herzl e per il suo sogno di uno Judenstaat. Insomma, la fine del sionismo.

 

 

APPROFONDIMENTO

 

“I fondamentalismi alla conquista del mondo?

Il fondamentalismo e le tre grandi religioni monoteiste”.

 

 

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