IL RITORNO DELLE REALTÀ ULTIME

INFERNO, PURGATORIO E PARADISO

"Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa

la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che

entrano per essa" (Mt 7,13)

 

(Prima parte - Seconda parte - Terza parte)

 

(A cura di Claudio Prandini)

 

 

 

 

PREMESSA

 

Cominciamo questa settima con uno sguardo sulle realtà ultime secondo la dottrina cristiana. Lo facciamo soprattutto perché il popolo cristiano, almeno per quel che ne è rimasto, ha quasi rimosso quelle parti della dottrina che più appaiono scomode e difficili da capire razionalmente, ma non per questo essenziali per un corretto uso della vita. Per questo inizieremo dalla realtà più scomoda e sconcertante per l'uomo del duemila, cioè l'Inferno!

 

 

 

 

Prima parte

 

 

 

 

L'INFERNO

«Nel bel mezzo di cammin di nostra vita mi ritrovai per una

selva oscura ché la diritta via era smarrita» (Inferno, Dante).

 

 

 

Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti,

nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. (Mt 25,41)
 

 

 

(visioni mistiche)

 

 

 

Ecco come lo ha visto santa suor Faustina Kowaska (Dal suo diario apprendiamo quanto segue… 20.x.1936. - II° Quaderno)

 

Fonte web

 

«Oggi, sotto la guida di un angelo, sono stata negli abissi dell'inferno. E un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho viste: la prima pena, quella che costituisce l'inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi di coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena è il fuoco che penetra l'anima, ma non l'annienta; è una pena terribile: è un fuoco puramente spirituale acceso dall'ira di Dio; la quinta pena è l'oscurità continua, un orribile soffocante fetore, e benché sia buio i demoni e le anime dannate si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sesta pena è la compagnia continua di satana; la settima pena è la tremenda disperazione, l'odio di Dio, le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie. Queste sono pene che tutti i dannati soffrono insieme, ma questa non è la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall'altro. Sarei morta alla vista di quelle orribili torture, se non mi avesse sostenuta l'onnipotenza di Dio. Il peccatore sappia che col senso col quale pecca verrà torturato per tutta l'eternità. Scrivo questo per ordine di Dio, affinché nessun'anima si giustifichi dicendo che l'inferno non c'è, oppure che nessuno c’è mai stato e nessuno sa come sia. Io, Suor Faustina, per ordine di Dio sono stata negli abissi dell'inferno, allo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l'inferno c'è. Ora non posso parlare di questo. Ho l'ordine da Dio di lasciarlo per iscritto. I demoni hanno dimostrato un grande odio contro di me, ma per ordine di Dio hanno dovuto ubbidirmi. Quello che ho scritto è una debole ombra delle cose che ho visto. Una cosa ho notato e cioè che la maggior parte delle anime che ci sono, sono anime che non credevano che ci fosse l'inferno. Quando ritornai in me, non riuscivo a riprendermi per lo spavento, al pensiero che delle anime là soffrono così tremendamente, per questo prego con maggior fervore per la conversione dei peccatori, ed invoco incessantemente la Misericordia di Dio per loro. O mio Gesù, preferisco agonizzare fino alla fine del mondo nelle più grandi torture, piuttosto che offenderTi col più piccolo peccato».

 

 

A FATIMA

 

Fatima. Nella terza apparizione della Beata Vergine, 13 giugno 1917,  a Francesco, Giacinta e Lucia, i tre pastorelli di Cova di Iria, (i primi due fatti santi il 13 ottobre 2000 da Papa Giovanni Paolo II) sono stati testimoni della reale esistenza dell’inferno… Racconta  Lucia…  “Dicendo queste ultime parole, la Signora aprì le mani, come aveva fatto durante i due mesi precedenti. La luce proveniente da esse sembrava penetrare la terra e vedemmo un mare di fuoco. Immersi in questo fuoco c’erano demoni e anime che sembravano tizzoni trasparenti, alcuni neri o bronzei, in forme umane, portate intorno dalle fiamme che uscivano da essi assieme a nuvole di fumo. Essi cadevano da tutte le parti, proprio come le scintille cadono dai grandi fuochi, leggere, oscillanti, tra grida di dolore e di disperazione, che ci atterrirono fino a farci tremare di paura. (Deve essere stata questa vista che mi fece gridare; la gente infatti dice di avermi sentita dare un grido). I demoni potevano essere  distinti dalla loro somiglianza a orribili ripugnanti e sconosciuti animali, incandescenti come carboni accesi. Atterriti e come per supplicare aiuto, alzammo gli occhi verso Nostra Signora, la quale ci disse con gentilezza, ma anche con tristezza: “Avete visto l’inferno, dove vanno le anime dei poveri peccatori. Al fine di salvarli Dio desidera di stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato””…  Lucia, Francesco e Giacinta (Vedere qui).

 

A MEDJUGORIE

 

Dopo il purgatorio – continua Vicka – la Gospa ci ha mostrato l’inferno. E’ un posto terribile. Nel mezzo c’è un gran fuoco, ma non come quello che conosciamo sulla terra. Abbiamo visto gente assolutamente normale, come quelli che si incontrano per la strada, che si gettavano da soli in quel fuoco. Quando ne uscivano assomigliavano a belve feroci che gridavano il loro odio e la loro ribellione e bestemmiavano… Era difficile credere che fossero esseri umani, tanto erano sfigurati, cambiati… Davanti a questo spettacolo eravamo spaventati e non capivamo come una cosa così orribile potesse succedere a quella gente. Fortunatamente la presenza della Gospa ci rassicurava. Abbiamo anche visto una ragazza molto bella gettarsi nel fuoco: dopo sembrava un mostro. La Gospa allora ci ha spiegato quello che avevamo visto e ci ha detto: - Quella gente è andata all’inferno di sua volontà. E’ una loro scelta, una loro decisione. Non abbiate paura! Dio ha donato a ciascuno la libertà. Sulla terra ognuno può decidersi per Dio o contro Dio. Certe persone sulla terra fanno sempre tutto contro Dio, contro la sua volontà, pienamente consapevoli: cominciano così l’inferno nel loro cuore; quando viene il momento della morte, se non si pentono, è lo stesso inferno che continua. – Gospa – le abbiamo allora chiesto – queste persone, un giorno, potranno uscire dall’inferno? – L’inferno non finirà, coloro che sono là non vogliono ricevere più niente da Dio, hanno scelto liberamente di essere lontani da Dio, per sempre! Dio non vuole forzare nessuna ad amarlo. –  Allora chiedo a Vicka: - Se Dio ha il cuore buono, non gli importa lasciare che i suoi figli si perdano così, per sempre? Perché non mette una barriera davanti all’inferno, per esempio, o perché non prende nelle sue braccia tutti quelli che si apprestano a gettarsi nel fuoco per convincerli ad andare con lui invece che con Satana? - Ma Dio fa di tutto per salvarci! Tutto! Gesù è morto per ognuno di noi e il suo amore è grande per tutti. Ci invita sempre ad avvicinarci al suo cuore ma cosa può fare quando non si vuole accettare il suo amore? Niente! L’amore non si può imporre! - Alla fine la Gospa affida loro una missione: Vi ho mostrato tutto questo,  perché sappiate che esiste e lo diciate agli altri. Come siete tornati a casa? – Nello stesso modo! Siamo ridiscesi attraverso il tetto e ci siamo ritrovati in camera di Jakov! (Vedere qui)

 

 

(DALLA CRONACA)

 

 

 

 

Inferno dantesco... le anime verso il loro supplizio eterno

 

 

 

 

"Non se ne parla ma l'Inferno c'è"
Ratzinger: pene eterne per chi non si pente

Il Papa in una parrocchia romana evoca la figura
del demonio. Gli scenari delineati nel nuovo Catechismo

 

di ORAZIO LA ROCCA

CITTÀ DEL VATICANO - "L'Inferno esiste ed è eterno, anche se non ne parla quasi più nessuno". Papa Ratzinger torna a rilanciare il luogo della dannazione eterna evocato da secoli dalla tradizione cristiana, declassato, però, negli ultimi tempi ad argomento di serie b nell'immaginario collettivo del popolo dei credenti. Il posto scelto per ribadire l'attuale "pericolosità" di Satana non è la scenografica basilica di San Pietro, ma una anonima parrocchia della periferia romana - la chiesa di Santa Felicita e Figli Martiri della borgata di Fidene - visitata ieri mattina da Benedetto XVI nella sua veste di vescovo di Roma. Nell'omelia, come un vecchio parroco, il pontefice tiene una ferma lezione di teologia partendo dal significato del "perdono cristiano così come ci è stato insegnato nel Vangelo attraverso la parabola dell'adultera", la donna salvata dalla lapidazione dalla famosa frase "chi è senza peccato scagli la prima pietra" rivolta da Gesù ai suoi accusatori. Uno dei più noti episodi evangelici dal quale il Papa parte per mettere in guardia i cattolici dalle "insidie" del demonio "se non si pentiranno dei peccati e non chiederanno il perdono divino".

"La fede cristiana - è il ragionamento di Ratzinger - è un annuncio, una offerta all'uomo, mai una imposizione". Ogni persona - "se vuole", sottolinea il Pontefice - può "accettarla spontaneamente" con "tutta la sua carica salvifica che ci viene da Dio, il nostro Padre misericordioso che è sempre pronto ad aiutarci, ad accoglierci, anche quando sbagliamo". "Perdono e salvezza divina" intesi, quindi, come "doni" che ogni uomo nel corso della sua vita ha la possibilità di accettare, a patto che - avverte Ratzinger - "ammetta le sue colpe e prometta di non peccare più". E quanti continuano a peccare senza mostrare nessuna forma di pentimento? Per questi - rammenta Benedetto XVI - la prospettiva è la dannazione eterna, l'Inferno, perché "l'attaccamento al peccato può condurci al fallimento della nostra esistenza". Tragico destino che spetta a chi "vive nel peccato senza invocare Dio" perché - è la spiegazione del Papa - "solo il perdono divino ci dà la forza di resistere al male e non peccare più". Ecco perché Benedetto XVI ricorda, a conclusione dell'omelia nella parrocchia periferica romana, che "Gesù è venuto per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l'Inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore".

Si tratta - in sostanza - degli stessi scenari previsti nel Compendio del nuovo Catechismo della Chiesa cattolica alla voce Inferno firmato da Ratzinger poco tempo dopo la sua elezione pontificia. L'Inferno - vi si legge tra l'altro - "consiste nella dannazione eterna di quanti muoiono per libera scelta in peccato mortale" e "la pena principale dell'Inferno sta nella separazione eterna da Dio". Su questo insegnamento si è sempre mosso il teologo Joseph Ratzinger, sia da vescovo che da cardinale. In perfetta sintonia con papa Wojtyla, che durante il suo lungo pontificato in più occasioni ha invitato i cattolici "a pregare Dio perché nessuno sia o vada all'Inferno", spiegando che al luogo della dannazione eterna sono destinati coloro i quali "usano male la libertà offerta loro da Dio". Ma uno dei più grandi teologi del secolo scorso, Urs Hans von Balthasar, ha teorizzato che "l'Inferno c'è, ma potrebbe anche essere vuoto" perché "la misericordia di Dio è infinita come il suo perdono".
 


 

Una realtà sgradevole e misteriosA
Ma necessaria alla libertà dell'uomo

 

di Vittorio Messori - Corriere della Sera, 26 marzo 2007.

<<Eminenza, perchè i preti nelle loro infinite omelie (più di 25.000 ogni domenica nella sola Italia) non parlano più dell’aldilà e, soprattutto, rifuggono dal pronunciare una parola che è divenuta tabù: inferno?>>. Alla domanda, l’allora Prefetto dell’ex Sant’Uffizio, Joseph cardinal Ratzinger, mi guardò un po’ ironico: <<Il fatto è che oggi tutti, anche nel clero, ci crediamo talmente buoni da non poter meritare altro che il paradiso. Siamo impregnati di una cultura che, a forza di alibi e di attenuanti, vuol togliere agli uomini il senso della loro colpa, del loro peccato. Lo osservi: tutte le ideologie della modernità sono unite da un dogma fondamentale. E , cioè, la negazione di quella realtà che la fede lega all’inferno: il peccato >>.

Ben consapevole che si tratta di una realtà misteriosa e sgradevole ma non rimovibile (parola di Gesù stesso: << I malvagi se ne andranno all’eterno supplizio>>) Ratzinger, prima come cardinale e ora come papa, non pratica sconti sul Credo e anche di inferno ha parlato e parla, con quel suo tono didattico e zelante e quel suo volto da fanciullo ottantenne. Lo ha fatto anche ieri nella parrocchia della periferia romana, mettendo in guardia chi amasse il peccato, chi volesse chiudere le porte a Dio. Chi insomma, all’inferno proprio volesse andarci. Perché, in effetti, proprio qui sta il problema: non Dio ci condanna, siamo noi stessi a farlo, a respingere –per qualche autodistruttività enigmatica– il perdono, la salvezza, la gioia.

C’è qualcosa di sospetto nella reazione spesso violenta del “mondo“, quando la Chiesa riafferma la sua convinzione dell’esistenza di un realtà che non può rimuovere, essendo su questo troppo recisa e chiara la Scrittura. Per il non credente anche, soprattutto l’inferno dovrebbe rientrare nei miti oscurantisti di una fede da respingere con uno scuotimento di spalle. E, invece, proprio qui certa cultura sembra reagire, come turbata ed inquieta, non con l’ironia ma con l’invettiva. Tanto che in quel Perché non sono cristiano, che è una sorta di summa delle ragioni del rifiuto del moderno Occidente, Bertrand Russell finì col restringersi a uno scandalo supremo, inaccettabile fra tutti: l’inferno, appunto.

Simili reazioni dimenticano che il vangelo si chiama così -<<buona notizia>>- perchè annuncia in Gesù il perdono di Dio, la redenzione, la salvezza. Ciò che la Chiesa predica, sulla scorta di quel vangelo, è il paradiso, è l’eternità di vita, di gioia, di luce in cui il Padre attende ciascuno. L’inferno non è creazione di quel Dio di misericordia, bensì dell’uomo. Dio lo ha forgiato libero, non ha voluto degli schiavi ma dei figli, non impone la Sua presenza proprio per rispettare la loro totale autonomia. La rispetta sino in fondo: sino, dunque, alla possibilità del rifiuto, ostinato e pervicace, della proposta di alleanza e di amore; sino alla possibilità di preferire le tenebre alla luce, il male al bene. Come ha detto qualcuno, con un paradosso non infondato, <<senza l’inferno, il paradiso sarebbe un lager>>. Sarebbe, cioè, un luogo (o, meglio, un misterioso “stato“, non essendovi nell’aldilà il tempo e lo spazio), un luogo di destinazione obbligata cui nessuno potrebbe sottrarsi. La vita come una linea ferroviaria con un solo capolinea. Con l’abolizione conseguente della libertà di scegliere in tutta autonomia la propria destinazione. Foss’anche suicida.

A conferma del rispetto del mistero, la Chiesa, facendo beati e santi, impegna la sua autorità nel proclamare che un defunto è certamente in paradiso. Ma mai ha fatto, né mai farà, “canoni“, cioè elenchi, di dannati. Certo, malgrado ogni spiegazione, la prospettiva di una punizione eterna, senza riscatto, ha provocato e provoca interrogativi e reazioni nella Chiesa stessa. Qualche teologo ha ipotizzato che l’inferno esista sì, ma che sia vuoto. Eppure, non a torto qualcuno gli ha replicato: <<Potrebbe anche essere vuoto. Ma ciò non toglie che proprio tu ed io potremmo essere i primi ad inaugurarlo>>.

 

 

 

 

(DAL CATECHISMO DELLA CHIESA)
 

 

V. L'inferno (Vedere qui)

1033 Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: “Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna” ( 1Gv 3,15). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli [Cf Mt 25,31-46 ]. Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola “inferno”.

 

1034 Gesù parla ripetutamente della “Geenna”, del “fuoco inestinguibile”, [Cf Mt 5,22; Mt 5,29; 1034 Mt 13,42; Mt 13,50; Mc 9,43-48 ] che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l'anima che il corpo [Cf Mt 10,28 ]. Gesù annunzia con parole severe che egli “manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno. . . tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente” ( Mt 13,41-42), e che pronunzierà la condanna: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!” ( Mt 25,41).

 

1035 La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, “il fuoco eterno” [Cf Simbolo “Quicumque”: Denz. -Schönm., 76; Sinodo di Costantinopoli: ibid., 409. 411; 274]. La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira.

 

1036 Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” ( Mt 7,13-14).

 

Siccome non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove “ci sarà pianto e stridore di denti” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48].

 

1037 Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; [ Cf Concilio di Orange II: Denz. -Schönm. , 397; Concilio di Trento: ibid. , 1567] questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole “che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi” ( 2Pt 3,9):

 

Accetta con benevolenza, o Signore, l'offerta che ti presentiamo noi tuoi ministri e tutta la tua famiglia: disponi nella tua pace i nostri giorni, salvaci dalla dannazione eterna, e accoglici nel gregge degli eletti [Messale Romano, Canone Romano].

 

 

 

 

 

APPROFONDIMENTO

 


L'INFERNO ESISTE

 

 

L’INFERNO IN SANTA TERESA D'AVILA
E SANTA CATERINA DA SIENA

 

 

UN PRETE DANNATO RACCONTA